L’ultima fatica di Masaaki Yuasa (Kaiba, Mind Game, The Tatami Galaxy, Ping Pong the Animation, Ride your wave), Inu-Oh, già presentato in anteprima alla scorsa edizione del Far East Film Festival e di recente doppiato e distribuito nelle sale italiane dalla casa editrice Hikari, è una sorprendente fusione di storia, musica, teatro e animazione che trascina lo spettatore in un affascinante viaggio nell'antico Giappone. L'opera, che prende spunto da un saggio storico di Hideo Furukawa, è ispirata a una figura realmente esistita in epoca Muromachi (1336-1573), un popolare interprete e sceneggiatore del teatro Sarugaku Nō di cui si erano perse le tracce nel corso dei secoli.
.
Riconosciuto come uno dei più innovativi registi di animazione del panorama contemporaneo, Masaaki Yuasa ha abituato il suo pubblico ad ardite sperimentazioni già dai tempi di Mind Game e The Tatami Galaxy. Anche in questo caso non delude le aspettative continuando a sfidare le convenzioni del cinema di animazione con una storia audace che conserva intatto il suo tocco visionario e psichedelico. Il film combina in modo efficace la narrazione storica, le coreografie teatrali e le sfavillanti animazioni a base di computer grafica, mentre le scene musicali lunghe e coinvolgenti, catturano la potenza della musica come veicolo di trasformazione e purificazione.
Il risultato è una potente rock opera che rispolvera e rinverdisce una tradizione ricca di illustri predecessori, da Tommy a The Wall, passando per Bohemian Rhapsody. Il tutto reso possibile dall’eccellente lavoro sulla colonna sonora da parte di Otomo Yoshihide, capace di contaminare felicemente la raffinatezza di strumenti tradizionali come il biwa, il taiko e flauto giapponese con il sound ruvido e trascinante del classico organico rock (chitarra/basso/batteria).
Siamo di fronte a un musical dominato dai virtuosismi di Mirai Moriyama, che presta la voce a Tomona, e di Avu-chan, cantante trans leader della band fashion punk Queen Bee, che interpreta Inu-Oh con vertiginosi vocalizzi perfettamente amalgamati alle sequenze animate. Nella soundtrack spiccano i brani originali Burial Mound of Arms, Dragon Commander e The Whale (cantate da Avu-chan) ma soprattutto il tema principale Inu-Oh in tutte le sue varianti (cantate da Mirai Moriyama), oltre ai numerosi estratti di autori anonimi del repertorio tradizionale.
Il racconto viaggia su due binari paralleli alternando il punto di vista di Tomona, musicista cieco tormentato dai fantasmi del passato, e di Inu-Oh, demone deforme che aspira a rapire bambini e compiere altre malefatte, ma che subirà una metamorfosi (fisica e morale) grazie all’incanto della musica e al potere liberatorio della danza. Ma non siamo di fronte a un patetico freak show, i due si rivelano autentici animali da palcoscenico, mettendo in scena una serie di numeri pirotecnici a base di potenti riff di chitarra elettrica/biwa e di mastodontiche scenografie che attirano babeliche folle di fan deliranti, oltre all’invidia delle altre compagnie teatrali depositarie della tradizione. Assistere a una Woodstock nell'antico Giappone o a una recita Nō in stile break dance potrebbe risultare spiazzante e ucronistico, ma ripaga con una spettacolare esperienza audiovisiva.
Il character design originale di Taiyo Matsumoto (Tekkonkinkreet, Ping Pong, Sunny, GoGo Monster) che aveva già collaborato con Yuasa ai tempi di Ping Pong the Animation, mette in mostra il suo tratto spigoloso e stilizzato che dipinge due protagonisti memorabili, vitali ed espressivi. Tomona è un personaggio puro e romantico, sexy proto-rocker che si destreggia come un Jimi Hendrix del biwa, tutto teso nella sua ricerca di una musica nuova che solleciti le corde più profonde dell’anima; la figura di Inu-Oh, provocante e trasgressiva come un giovane Iggy Pop, ne esce come un simbolo della lotta per l'accettazione di ciò che non è conforme, una sorta di messia eccentrico che professa la rivincita dei reietti dalla società. La sua trasformazione attraverso l'arte rappresenta il potere della creatività di superare le barriere sociali e le deformità fisiche, mentre la relazione velatamente queer tra Inu-Oh e Tomona strizza l’occhio ad altre famose coppie rock e celebra il potere della musica di liberare da ogni forma di repressione sessuale.
Il film offre anche una riflessione sulla tradizione del teatro Nō e sul suo impatto sulla cultura giapponese. Le scene musicali rimandano all’estetica del Nō, ma allo stesso tempo, si trasformano in una sorta di danza cosmica che sfida e supera la tradizione ieratica e imbalsamata delle liturgie buddiste. L'uso delle maschere Nō, il linguaggio visivo che gioca con le texture e i volumi cambiando continuamente l'equilibrio tra figurativo e astratto, le rappresentazioni iconiche delle battaglie storiche e le scene realizzate nello stile della pittura a inchiostro e delle antiche stampe ukio-e, il tutto contribuisce a creare un’atmosfera rarefatta e coinvolgente.
Lo spirito anarchico e visionario di Inu Oh ricorda quello di film cult come Belladonna of Sadness (1973), per rimanere in Giappone, o Heavy Metal (1981), per citare un caso occidentale: realizzare attraverso l'animazione un sogno radicale di libertà. Si tratta di un'opera che celebra la storia giapponese, il teatro Nō, il rock e la creatività (in tutte le sue forme) come forza primordiale che può cambiare il destino dei personaggi, rievocando l'importanza di abbracciare l'individualità e la libertà espressiva.
.
Epoca Heian (794-1185). Dopo la sanguinosa battaglia tra i clan Genji e Heike per il predominio sul Giappone, i membri sconfitti di quest'ultimo vivono ai margini della società e le loro storie, tramandate dai monaci buddisti suonatori di biwa e dalle rappresentazioni teatrali delle compagnie Nō, si ripetono immutabilmente nel tempo. Due secoli dopo, il giovane pescatore Tomona rimane accecato dall’incantesimo di un artefatto Heike ritrovato in fondo al mare, diventando a sua volta un bonzo suonatore di biwa con un talento straordinario. In uno dei suoi pellegrinaggi Tomona incontra una creatura demoniaca, anch’essa vittima di una maledizione, Inu-oh, dall'aspetto mostruoso ma capace di danzare con un’agilità e una destrezza mai vista prima. I due formeranno un sodalizio in grado di liberare gli spiriti inquieti dei guerrieri Heike caduti in battaglia che forniranno loro tante nuove storie da raccontare. Inizierà così una rivoluzione artistica che rifiuterà i vecchi canoni del repertorio Heike e abbraccerà uno stile fresco e innovativo, almeno fino a quando lo shogun non metterà fine alla radicale riforma.
Riconosciuto come uno dei più innovativi registi di animazione del panorama contemporaneo, Masaaki Yuasa ha abituato il suo pubblico ad ardite sperimentazioni già dai tempi di Mind Game e The Tatami Galaxy. Anche in questo caso non delude le aspettative continuando a sfidare le convenzioni del cinema di animazione con una storia audace che conserva intatto il suo tocco visionario e psichedelico. Il film combina in modo efficace la narrazione storica, le coreografie teatrali e le sfavillanti animazioni a base di computer grafica, mentre le scene musicali lunghe e coinvolgenti, catturano la potenza della musica come veicolo di trasformazione e purificazione.
Il risultato è una potente rock opera che rispolvera e rinverdisce una tradizione ricca di illustri predecessori, da Tommy a The Wall, passando per Bohemian Rhapsody. Il tutto reso possibile dall’eccellente lavoro sulla colonna sonora da parte di Otomo Yoshihide, capace di contaminare felicemente la raffinatezza di strumenti tradizionali come il biwa, il taiko e flauto giapponese con il sound ruvido e trascinante del classico organico rock (chitarra/basso/batteria).
Siamo di fronte a un musical dominato dai virtuosismi di Mirai Moriyama, che presta la voce a Tomona, e di Avu-chan, cantante trans leader della band fashion punk Queen Bee, che interpreta Inu-Oh con vertiginosi vocalizzi perfettamente amalgamati alle sequenze animate. Nella soundtrack spiccano i brani originali Burial Mound of Arms, Dragon Commander e The Whale (cantate da Avu-chan) ma soprattutto il tema principale Inu-Oh in tutte le sue varianti (cantate da Mirai Moriyama), oltre ai numerosi estratti di autori anonimi del repertorio tradizionale.
Il racconto viaggia su due binari paralleli alternando il punto di vista di Tomona, musicista cieco tormentato dai fantasmi del passato, e di Inu-Oh, demone deforme che aspira a rapire bambini e compiere altre malefatte, ma che subirà una metamorfosi (fisica e morale) grazie all’incanto della musica e al potere liberatorio della danza. Ma non siamo di fronte a un patetico freak show, i due si rivelano autentici animali da palcoscenico, mettendo in scena una serie di numeri pirotecnici a base di potenti riff di chitarra elettrica/biwa e di mastodontiche scenografie che attirano babeliche folle di fan deliranti, oltre all’invidia delle altre compagnie teatrali depositarie della tradizione. Assistere a una Woodstock nell'antico Giappone o a una recita Nō in stile break dance potrebbe risultare spiazzante e ucronistico, ma ripaga con una spettacolare esperienza audiovisiva.
Il character design originale di Taiyo Matsumoto (Tekkonkinkreet, Ping Pong, Sunny, GoGo Monster) che aveva già collaborato con Yuasa ai tempi di Ping Pong the Animation, mette in mostra il suo tratto spigoloso e stilizzato che dipinge due protagonisti memorabili, vitali ed espressivi. Tomona è un personaggio puro e romantico, sexy proto-rocker che si destreggia come un Jimi Hendrix del biwa, tutto teso nella sua ricerca di una musica nuova che solleciti le corde più profonde dell’anima; la figura di Inu-Oh, provocante e trasgressiva come un giovane Iggy Pop, ne esce come un simbolo della lotta per l'accettazione di ciò che non è conforme, una sorta di messia eccentrico che professa la rivincita dei reietti dalla società. La sua trasformazione attraverso l'arte rappresenta il potere della creatività di superare le barriere sociali e le deformità fisiche, mentre la relazione velatamente queer tra Inu-Oh e Tomona strizza l’occhio ad altre famose coppie rock e celebra il potere della musica di liberare da ogni forma di repressione sessuale.
Il film offre anche una riflessione sulla tradizione del teatro Nō e sul suo impatto sulla cultura giapponese. Le scene musicali rimandano all’estetica del Nō, ma allo stesso tempo, si trasformano in una sorta di danza cosmica che sfida e supera la tradizione ieratica e imbalsamata delle liturgie buddiste. L'uso delle maschere Nō, il linguaggio visivo che gioca con le texture e i volumi cambiando continuamente l'equilibrio tra figurativo e astratto, le rappresentazioni iconiche delle battaglie storiche e le scene realizzate nello stile della pittura a inchiostro e delle antiche stampe ukio-e, il tutto contribuisce a creare un’atmosfera rarefatta e coinvolgente.
Lo spirito anarchico e visionario di Inu Oh ricorda quello di film cult come Belladonna of Sadness (1973), per rimanere in Giappone, o Heavy Metal (1981), per citare un caso occidentale: realizzare attraverso l'animazione un sogno radicale di libertà. Si tratta di un'opera che celebra la storia giapponese, il teatro Nō, il rock e la creatività (in tutte le sue forme) come forza primordiale che può cambiare il destino dei personaggi, rievocando l'importanza di abbracciare l'individualità e la libertà espressiva.
Pro
- Storia originale
- Regia
- Animazioni e CGI
- Character design
- Interpreti
- Colonna sonora
- Canzoni originali
- Fondali scenografici
- Doppiaggio italiano
Contro
- Qualche passaggio dell'intreccio potrebbe risultare intricato
Io ho dato 9,5 al film, in pratica un voto identico.
Le uniche cose che non mi sono piaciute sono gli effetti CG e il ritmo un po' frenetico per cui avrei preferito un minutaggio superiore.
Ma in entrambi i casi si tratta di difetti che impattano davvero (troppo) solo in certi momenti.
Nel complesso l'ho trovato geniale e suggestivo.
L'idea di mescolare Storia e musical, fiaba e politica, rende l'insieme estremamente poetico.
A suo modo un poderoso atto d'amore alle arti della musica, del teatro, del perduto stile dei cantastorie e degli aedi, e in generale del mondo dello spettacolo.
Ho trovato sublime il modo in cui viene resa l'ottica dei ciechi. Quel tripudio di percezioni sfumate (di suoni e colori) che un vedente può ipotizzare sia il loro modo "di vedere" la realtà.
Azzeccata la scelta di intersecare l'odierno e l'antico nel prologo e nell'epilogo (quest'ultimo pregno di una poetica commovente ma non lacrimevole).
Ben congegnata l'idea di rendere il mondo degli umili e degli ultimi con una vis dal tono chiaramente politico senza però mai scadere nel retorico o nel patetico.
Per certi versi sembra una via di mezzo fra la serie "Racconti Giapponesi", che andava in onda in Rai decenni fa, e un musical di Broadway. Con tutta la potenza espressiva e coinvolgente che si può provare durante un concerto punk rock.
Il perfetto esempio di come si può tranquillamente mischiare tutto e il contrario di tutto (dalla filosofia zen al rock and roll, dal senso mitopoietico delle fiabe alla cultura pop) in un perfetto incastro che riesce ad essere contemporaneamente retrotopico e neotopico senza stonare affatto, e conferendo anzi valore aggiunto.
A prima vista anche a me era venuto in mente lo stile di Iggy Pop,
Considerando che io non sono il fan numero uno di Yuasa e del suo stile, tutto ciò non è un risultato da poco per me.
È un vero peccato che il film non abbia ricevuto la minima promozione, non se ne è parlato da nessuna parte e sia stato distribuito in poche sale, per lo più d'essai.
Una domanda per chi l'ha visto doppiato, perché a parte nel riassunto vicino al voto non l'ho trovato indicato. Io l'ho visto sottotitolato e mi chiedevo come fosse stato un film che per buona parte del tempo è cantato/recitato, insomma non il solito testo che può essere letto stile buona la prima. Sono quindi curioso sul lavoro svolto.
I doppiatori hanno fatto un buon lavoro a mio avviso.
Ah molto semplice, le canzoni sono sottotitolate.
Il cinema dove l'ho visto lo tiene fino a mercoledì, sono quasi 2 settimane. Non è detto però che qualche cinema non lo recuperi più avanti, io lo spero.
"Noi siamo qui" dicono Tomona e Inu-oh.
"Noi siamo qui" possono finalmente dire i protagonisti delle storie a cui prestano voce e corpo.
"Noi siamo qui" possono dire tutti i protagonisti dell'intreccio di storie che è la Storia di questo mondo a patto che la loro voce non venga dimenticata, distorta o soffocata da chi trasforma la ricerca della Forma nella prigione del formalismo.
Graficamente e musicalmente potente: durante alcune scene mi sono ritrovato a sorridere allo schermo da tanto ero preso!
Già
Spero facciano qualcosa di particolare...
Ho amato tantissimo anche io il film (che ho visto sottotitolato, non doppiato, all'anteprima a Torino):
mi ha emozionato tantissimo, per la scelta dei temi, per la capacità di comunicare visivamente le sensazioni di una persona che non vede (non facile), perché narra attraverso la musica e ascoltare Tomoari è elettrizzante, perché gli spettacoli di Inu-Oh e i suoi effetti di scena sono grandiosi e ti ricordano perché il teatro è bello.
Questi due li ho proprio amati tantissimo
Veramente un filmone!
Probabilmente il suo stile così "artsy" va contro la mia idea di anime come intrattenimento puro.
Si vede la maestria, ma è davvero uno stile a sé, che mi lascia non pochi dubbi.
Si vede che questa volta, rispetto ad altri prodotti come Devilman Cry Baby e Ping Pong The animation non sono andati al risparmio e si sono presi il loro tempo per fare BENE il loro lavoro.
La trama invece è semplice ma molto carina, con un finale molto triste e amaro.
Ci sta. Indubbiamente non è un prodotto per tutti, non è mainstream né stilisticamente né contenutisticamente. Nemmeno io ne vedrei cento così, ma ho apprezzato l'esperienza perché ci ho trovato qualcosa che non ho ricevuto altrove e la visione mi ha catturato. Poi è stato bello vedere così tanta gente in sala, almeno dove sono andato io.
Una cosa che ho apprezzato molto è che quando il punto di vista si sposta su Tomona, che é cieco, si é cercato di visualizzare quello che "vede" una persona cieca attraverso il tatto e vista. Quindi ad esempio ascoltando lo scalpitio dei cavalli li immagina nella mente, e crea una visione mentale del bonzo anziano toccandogli la faccia, bellissimo. Conosco delle persone cieche ed é secondo me assolutamente riuscito l'elemento dei medaglioni con i nomi dei bonzi intagliati nel legno (così che toccandoli riescano a "leggere" i nomi, una persona non vedente preferisce toccare oggetti che hanno dettagli in rilievo).
Nella mia testa, sin dalle prime info, ho sempre pensato a Inu-oh come a un ipotetico sequel dello Heike Monogatari della Yamada, e poiché quello mi era piaciuto molto e ne avrei voluto ancora (con maggior distensione, possibilmente), su Inu-oh la curiosità non mi passa proprio, non può passarmi finché non lo avrò visto X3
Comunque, non ho visto il film nemmeno una volta nella top 10 del box Office giornaliero.
Purtroppo è uscito veramente in troppe poche sale: anche a riempirle non si fanno grandi numeri.
E con la promozione praticamente nulla ci saranno tanti che nemmeno sapevano venisse proiettato.
È la mia opera preferita di Yuasa.
Da grande fan dei Queen Bee è stato davvero bello sentire Avu-chan su Inu-oh.
È stato trattato davvero male per quanto riguarda la distribuzione nei cinema, un vero peccato. Per fortuna sono riuscito a vederlo una domenica mattina in un cinema d'essai. Spero esca presto in home video.
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.