Nel corso del Lucca Comics & Games 2024 abbiamo avuto la possibilità di seguire gli eventi dedicati a Baron Yoshimoto, uno dei grandi autori giapponesi che ha contribuito alla diffusione nel manga nel mondo e colonna portante, insieme al suo amico Monkey Punch, di Manga Action, la prima rivista manga seinen della storia. Riconosciuto come uno dei maestri del gekiga, ha lavorato anche in America per la Marvel, e come illustratore e pittore sotto lo pseudonimo di Ryu Manji. Per la prima volta in veste di mangaka, arriva in Italia per partecipare all'edizione di quest'anno del Lucca Comics & Games, ospite di Coconino Press. La casa editrice ha presentato, proprio in anteprima a Lucca, i due volumi de Le leggende del judo, opera tradotta per la prima volta fuori dai confini del Giappone, sotto il marchio editoriale Doku.
Per la sua importanza nel mondo del fumetto a livello globale, l'organizzazione di Lucca Comics & Games ha voluto inserire Baron Yoshimoto nella Walk of Fame della manifestazione, prendendo il calco delle sue mani. Nei giorni della fiera il maestro ha partecipato a molti eventi tra cui un round table dove ha risposto alle domande degli addetti ai lavori, e uno showcase dove ha disegnato il protagonista de Le leggende del judo e interagito con il pubblico presente in sala. Noi di AnimeClick eravamo presenti a entrambi gli eventi, e vi lasciamo scoprire qui sotto la personalità eclettica dell'autore, il quale si è messo a nudo raccontando la sua vita lavorativa ma anche pensieri e aneddoti personali.
Ci può raccontare qualcosa degli inizi della sua carriera? Come mai ha scelto questa professione in un'epoca in cui non era facile diventare un mangaka?
Ho iniziato con i volumi in prestito come si usava fare all’epoca in Giappone. I disegnatori proponevano i loro manga che venivano “affittati”, e anche io quindi ho avuto molte possibilità di farmi conoscere e di portare avanti le mie storie.
Durante il suo soggiorno negli Stati Uniti il maestro penso abbia avuto l'opportunità anche di conoscere una nuova cultura, interagire con un mondo un po’ diverso, anche con arti visive differenti. Volevo sapere come questa esperienza ha arricchito la sua visione artistica e anche come ha influenzato i suoi lavori successivi.
Durante il periodo in cui sono stato in America la cosa che mi ha colpito è stata la popolarità del western nei cinema, e quell'atmosfera si sentiva anche nelle strade e nella vita quotidiana. I film western americani sono stati una fonte importante di ispirazione per le mie opere; ne sono stato così avvolto che anche oggi il mio stile, il mio modo di vestire è ancora parte integrante di quel mondo. Successivamente ho scoperto anche i film francesi e i western italiani e anch'essi mi hanno aiutato verso una piena maturazione come artista.
Ci può raccontare qualcosa in più sulla sua esperienza negli Stati Uniti?
Mi sono recato a San Diego per il festival del fumetto insieme ad altri mangaka giapponesi, e tra questi c’era anche Osamu Tezuka. Nel viaggio di ritorno in aereo, mi ritrovai seduto al fianco proprio di Tezuka e discutemmo di quanto fosse stato interessante l’evento; così presi la palla al balzo e proposi al maestro di stabilirci in America per un certo periodo di tempo per evitare continui e lunghi viaggi avanti e indietro dal Giappone. L’idea di andare con altri autori poi non è andata in porto ma io decisi comunque di proseguire nel mio intento… così, anche se da solo, acquistai una villa con piscina a Santa Monica! È in quel periodo che ho iniziato a proporre alcune mie opere alla Marvel ma purtroppo, per un motivo o per l’altro, nessuno dei miei lavori è stato accettato. Non avendo la possibilità di fare nuove amicizie negli Stati Uniti, spesso rimanevo solo a casa e mi divertivo a osservare la natura del posto, gli uccellini, le farfalle e in generale tutto ciò che mi circondava. A un certo punto, ho notato qualcosa che si muoveva e che emanava un odore nauseabondo, così, armato di bastone, sono andato a controllare e mi sono accorto che era una puzzola. L’animale è fuggito via spaventato e ha rilasciato la sua puzza in tutta la casa; l’odore era così forte e insopportabile che sono dovuto stare circa una decina di giorni in hotel (ride ndr).
Volevo chiederle come mai ha deciso di utilizzare lo pseudonimo di Ryu Manji nei suoi lavori come illustratore?
Le illustrazioni, e la pittura in generale, sono sempre state una mia grande passione, così per un periodo di circa 20 anni mi sono dedicato quasi esclusivamente a questo, mettendo da parte la carriera di mangaka. All'epoca il nome Baron Yoshimoto era molto famoso quindi ho voluto utilizzare uno pseudonimo diverso per poter ricominciare da zero; una sorta di sfida con me stesso per vedere se, con un nome sconosciuto, la gente avrebbe apprezzato ugualmente i miei lavori come illustratore, senza farsi influenzare dal nome da mangaka. Non volevo di certo rinnegare la mia carriera nel mondo del fumetto ma avevo bisogno di nuove sfide e di ottenere soddisfazione anche nel campo della pittura.
I suoi manga presentano molti personaggi affascinanti e al tempo stesso realistici. In che misura sono ispirati a storie vere, magari di persone che ha conosciuto o di cui ha sentito parlare?
Su quest’aspetto mi sono basato molto sulla scuola di Tezuka. I personaggi, per me, devono avere caratteri ben definiti, diversi tra loro e soprattutto autentici, realistici. Per fare ciò mi sono sempre concentrato molto sulle espressioni e i comportamenti delle persone nella vita di tutti i giorni. Addirittura, quando andavo a vedere le corse dei cavalli, più che interessarmi alla gara in sé, preferivo scrutare gli spettatori per cogliere le loro espressioni e reazioni più autentiche. Sono sempre stato affascinato dall'essere umano nel suo profondo.
Volevo sapere qual è l'opera a cui si sente più legato e che meglio rappresenta la sua visione artistica.
Il lavoro in cui mi sento probabilmente più legato è Juukyouden (Le leggende del Judo, in Italia), opera a cui ho dedicato ben dieci anni della mia vita.
Il maestro all'inizio della sua carriera ha conosciuto altri mangaka illustri quali Monkey Punch o Kazuo Kamimura. Ci può raccontare qualche aneddoto o episodio su di loro, sia dal punto di vista lavorativo che umano?
La prima persona che ho incontrato nel mondo dei manga è stata Monkey Punch. Con lui parlavamo di tutto tranne che di fumetti e facevamo lunghe chiacchierate sui film, in particolare sulla nostra passione comune che era Star Trek. Con Kazuo Kamimura eravamo veramente molto amici e con lui ogni scusa era buona per uscire a bere qualcosa.
Si è ispirato a dei film, come ad esempio quelli sui samurai, nella sua opera “Le leggende del judo”? Se sì, quale in particolare?
Sicuramente al film “I sette samurai” ma anche a molti romanzi che leggevo all'epoca, soprattutto per la caratterizzazione dei personaggi dell’opera. In particolare, mi sono ispirato molto al Bodhisattva della Compassione, un romanzo fiume molto lungo. Quindi le letture e i film sono in sostanza la mia più grande fonte d’ispirazione nel mio lavoro.
Come mai ha scelto il judo come tema principale in una delle sue più famose opere?
Ho scelto il judo perché è un’arte marziale che mi ha sempre affascinato e che ho iniziato a praticare, spinto da mio padre, a 13 anni. Ho praticato anche il Kendo ma il judo è sicuramente la disciplina che ho più amato nel corso della vita e alla quale ho dedicato tanti sforzi. Sono arrivato a raggiungere il diploma e sono ufficialmente un “atleta” in questa arte marziale.
Come si sente a essere così amato anche in Occidente e non solo in Giappone?
Davvero? È la prima volta che sento questa cosa (ride ndr). A parte gli scherzi sono sempre molto onorato di essere apprezzato in tanti paesi del mondo, fuori dal Giappone.
Ha avuto altre influenze dall'Italia, a parte i già citati spaghetti western?
Oltre agli spaghetti western, che in Giappone vengono chiamati Maccaroni Western, ho sempre ammirato tutto ciò che riguarda il neorealismo italiano. In particolare, reputo strepitoso “Ladri di biciclette” di Vittorio De Sica, un film che ha avuto un enorme successo in Giappone. Forse voi italiani non riuscite a rendervi conto quante cose italiane sono famose e apprezzate in Giappone, come ad esempio la musica di Sanremo o i film horror. Noi giapponesi apprezziamo moltissimo la cultura italiana nel suo insieme ed è forse per questo che l’Italia è uno dei paesi che amiamo di più in assoluto.
Visto che si parlava di spaghetti western, qual è il suo film preferito di quel filone?
Il mio preferito è “Le colt cantarono la morte e fu... tempo di massacro” del regista Franco Nero. Anche “C’era una volta in America” e “C’era una volta il West” di Sergio Leone sono due film fantastici. Adoro Giuliano Gemma, Gian Maria Volonté e soprattutto… adoro Claudia Cardinale (ride ndr).
È rimasto particolarmente impressionato da qualche aspetto della cultura italiana, intesa anche come piccoli gesti o atti quotidiani?
Io cerco di vedere ogni persona che incontro come un personaggio con il suo carattere e devo dire che non trovo molta differenza tra gli italiani e i giapponesi nei gesti o atti quotidiani.
Cosa ne pensa del manga europeo? Le è capitato di leggerne qualcuno? E che consigli darebbe ai giovani che entrano in questo percorso?
Non conosco il manga europeo o italiano però devo dire che, nel mio precedente viaggio in Italia, trovai in un negozio il libro illustrato di Pinocchio e ricordo che colsi molti aspetti dell’opera affini al manga giapponese. Devo assolutamente colmare questa mia mancanza al più presto… Scusate davvero! (ride ndr)
Ha qualche nuovo progetto in cantiere?
In questo momento non ho particolari progetti in cantiere; come ho sempre fatto nella mia carriera, non sono il tipo che riesce o vuole guardare molto avanti nel futuro. Preferisco ragionare sul presente e continuare a fare quello che mi piace, in particolare tutto ciò che riguarda l’osservazione delle persone e dei comportamenti umani.
So che ha iniziato a disegnare un nuovo fumetto. Vuole dirci qualcosa riguardo questa nuova opera?
Il mio nuovo manga è tratto da un racconto di Terayama Shuji, un famoso scrittore, regista e poeta. È una personalità poliedrica che ha attraversato un po’ tutto il periodo degli anni ’60 e ’70 ed è una figura fondamentale della controcorrente culturale giapponese. Leggendo questa storia ho trovato il protagonista, ma anche tutti gli altri personaggi, davvero molto interessanti, e sono rimasto affascinato soprattutto da come l’autore ha saputo gestire i rapporti e le interazioni tra di loro. È incredibile come nel romanzo non ci sia un personaggio simile a un altro ma tutti al tempo stesso sono caratterizzati alla perfezione. Sono rimasto così colpito dall'opera che ho avuto subito il desiderio di trasporre il racconto in un manga.
Nei lavori del maestro molti dei protagonisti hanno uno spiccato senso di ribellione e di ricerca della libertà personale. Quest’aspetto fa parte anche del suo carattere o semplicemente è un tema che la affascina in modo particolare?
Ci sono dei punti del mio carattere che sono in comune con i miei personaggi. Mi piace pensare che il mio spirito, spezzettato in varie parti, entri qua e là nei protagonisti dei miei racconti.
Lei e altri grandi autori giapponesi, siete tutti nati o hanno vissuto la loro infanzia in Manciuria, in un periodo difficilissimo e nel pieno della seconda guerra mondiale. Quell'esperienza ha cambiato o influenzato lei come persona e come artista?
Io sono nato in Manciuria e ho vissuto in quella regione fino a sei anni. All’epoca avevo una spiccata passione per l’avventura e spesso finivo per mettermi nei guai; in realtà non ero io che andavo alla ricerca di guai ma erano loro che, in un modo o nell’altro, venivano da me (ride ndr)… Tutte le avventure e le disavventure che mi sono capitate in quel periodo si ritrovano qua e là nei miei lavori, quindi sì, posso dire con certezza che la mia infanzia in Manciuria abbia influenzato molto la mia vita come persona e come artista. Aggiungo che è proprio in quel periodo che è nato il mio desiderio di voler comprendere meglio ogni aspetto dell’essere umano.
Per la sua importanza nel mondo del fumetto a livello globale, l'organizzazione di Lucca Comics & Games ha voluto inserire Baron Yoshimoto nella Walk of Fame della manifestazione, prendendo il calco delle sue mani. Nei giorni della fiera il maestro ha partecipato a molti eventi tra cui un round table dove ha risposto alle domande degli addetti ai lavori, e uno showcase dove ha disegnato il protagonista de Le leggende del judo e interagito con il pubblico presente in sala. Noi di AnimeClick eravamo presenti a entrambi gli eventi, e vi lasciamo scoprire qui sotto la personalità eclettica dell'autore, il quale si è messo a nudo raccontando la sua vita lavorativa ma anche pensieri e aneddoti personali.
Ci può raccontare qualcosa degli inizi della sua carriera? Come mai ha scelto questa professione in un'epoca in cui non era facile diventare un mangaka?
Ho iniziato con i volumi in prestito come si usava fare all’epoca in Giappone. I disegnatori proponevano i loro manga che venivano “affittati”, e anche io quindi ho avuto molte possibilità di farmi conoscere e di portare avanti le mie storie.
Durante il suo soggiorno negli Stati Uniti il maestro penso abbia avuto l'opportunità anche di conoscere una nuova cultura, interagire con un mondo un po’ diverso, anche con arti visive differenti. Volevo sapere come questa esperienza ha arricchito la sua visione artistica e anche come ha influenzato i suoi lavori successivi.
Durante il periodo in cui sono stato in America la cosa che mi ha colpito è stata la popolarità del western nei cinema, e quell'atmosfera si sentiva anche nelle strade e nella vita quotidiana. I film western americani sono stati una fonte importante di ispirazione per le mie opere; ne sono stato così avvolto che anche oggi il mio stile, il mio modo di vestire è ancora parte integrante di quel mondo. Successivamente ho scoperto anche i film francesi e i western italiani e anch'essi mi hanno aiutato verso una piena maturazione come artista.
Ci può raccontare qualcosa in più sulla sua esperienza negli Stati Uniti?
Mi sono recato a San Diego per il festival del fumetto insieme ad altri mangaka giapponesi, e tra questi c’era anche Osamu Tezuka. Nel viaggio di ritorno in aereo, mi ritrovai seduto al fianco proprio di Tezuka e discutemmo di quanto fosse stato interessante l’evento; così presi la palla al balzo e proposi al maestro di stabilirci in America per un certo periodo di tempo per evitare continui e lunghi viaggi avanti e indietro dal Giappone. L’idea di andare con altri autori poi non è andata in porto ma io decisi comunque di proseguire nel mio intento… così, anche se da solo, acquistai una villa con piscina a Santa Monica! È in quel periodo che ho iniziato a proporre alcune mie opere alla Marvel ma purtroppo, per un motivo o per l’altro, nessuno dei miei lavori è stato accettato. Non avendo la possibilità di fare nuove amicizie negli Stati Uniti, spesso rimanevo solo a casa e mi divertivo a osservare la natura del posto, gli uccellini, le farfalle e in generale tutto ciò che mi circondava. A un certo punto, ho notato qualcosa che si muoveva e che emanava un odore nauseabondo, così, armato di bastone, sono andato a controllare e mi sono accorto che era una puzzola. L’animale è fuggito via spaventato e ha rilasciato la sua puzza in tutta la casa; l’odore era così forte e insopportabile che sono dovuto stare circa una decina di giorni in hotel (ride ndr).
Volevo chiederle come mai ha deciso di utilizzare lo pseudonimo di Ryu Manji nei suoi lavori come illustratore?
Le illustrazioni, e la pittura in generale, sono sempre state una mia grande passione, così per un periodo di circa 20 anni mi sono dedicato quasi esclusivamente a questo, mettendo da parte la carriera di mangaka. All'epoca il nome Baron Yoshimoto era molto famoso quindi ho voluto utilizzare uno pseudonimo diverso per poter ricominciare da zero; una sorta di sfida con me stesso per vedere se, con un nome sconosciuto, la gente avrebbe apprezzato ugualmente i miei lavori come illustratore, senza farsi influenzare dal nome da mangaka. Non volevo di certo rinnegare la mia carriera nel mondo del fumetto ma avevo bisogno di nuove sfide e di ottenere soddisfazione anche nel campo della pittura.
I suoi manga presentano molti personaggi affascinanti e al tempo stesso realistici. In che misura sono ispirati a storie vere, magari di persone che ha conosciuto o di cui ha sentito parlare?
Su quest’aspetto mi sono basato molto sulla scuola di Tezuka. I personaggi, per me, devono avere caratteri ben definiti, diversi tra loro e soprattutto autentici, realistici. Per fare ciò mi sono sempre concentrato molto sulle espressioni e i comportamenti delle persone nella vita di tutti i giorni. Addirittura, quando andavo a vedere le corse dei cavalli, più che interessarmi alla gara in sé, preferivo scrutare gli spettatori per cogliere le loro espressioni e reazioni più autentiche. Sono sempre stato affascinato dall'essere umano nel suo profondo.
Volevo sapere qual è l'opera a cui si sente più legato e che meglio rappresenta la sua visione artistica.
Il lavoro in cui mi sento probabilmente più legato è Juukyouden (Le leggende del Judo, in Italia), opera a cui ho dedicato ben dieci anni della mia vita.
Il maestro all'inizio della sua carriera ha conosciuto altri mangaka illustri quali Monkey Punch o Kazuo Kamimura. Ci può raccontare qualche aneddoto o episodio su di loro, sia dal punto di vista lavorativo che umano?
La prima persona che ho incontrato nel mondo dei manga è stata Monkey Punch. Con lui parlavamo di tutto tranne che di fumetti e facevamo lunghe chiacchierate sui film, in particolare sulla nostra passione comune che era Star Trek. Con Kazuo Kamimura eravamo veramente molto amici e con lui ogni scusa era buona per uscire a bere qualcosa.
Si è ispirato a dei film, come ad esempio quelli sui samurai, nella sua opera “Le leggende del judo”? Se sì, quale in particolare?
Sicuramente al film “I sette samurai” ma anche a molti romanzi che leggevo all'epoca, soprattutto per la caratterizzazione dei personaggi dell’opera. In particolare, mi sono ispirato molto al Bodhisattva della Compassione, un romanzo fiume molto lungo. Quindi le letture e i film sono in sostanza la mia più grande fonte d’ispirazione nel mio lavoro.
Come mai ha scelto il judo come tema principale in una delle sue più famose opere?
Ho scelto il judo perché è un’arte marziale che mi ha sempre affascinato e che ho iniziato a praticare, spinto da mio padre, a 13 anni. Ho praticato anche il Kendo ma il judo è sicuramente la disciplina che ho più amato nel corso della vita e alla quale ho dedicato tanti sforzi. Sono arrivato a raggiungere il diploma e sono ufficialmente un “atleta” in questa arte marziale.
Come si sente a essere così amato anche in Occidente e non solo in Giappone?
Davvero? È la prima volta che sento questa cosa (ride ndr). A parte gli scherzi sono sempre molto onorato di essere apprezzato in tanti paesi del mondo, fuori dal Giappone.
Ha avuto altre influenze dall'Italia, a parte i già citati spaghetti western?
Oltre agli spaghetti western, che in Giappone vengono chiamati Maccaroni Western, ho sempre ammirato tutto ciò che riguarda il neorealismo italiano. In particolare, reputo strepitoso “Ladri di biciclette” di Vittorio De Sica, un film che ha avuto un enorme successo in Giappone. Forse voi italiani non riuscite a rendervi conto quante cose italiane sono famose e apprezzate in Giappone, come ad esempio la musica di Sanremo o i film horror. Noi giapponesi apprezziamo moltissimo la cultura italiana nel suo insieme ed è forse per questo che l’Italia è uno dei paesi che amiamo di più in assoluto.
Visto che si parlava di spaghetti western, qual è il suo film preferito di quel filone?
Il mio preferito è “Le colt cantarono la morte e fu... tempo di massacro” del regista Franco Nero. Anche “C’era una volta in America” e “C’era una volta il West” di Sergio Leone sono due film fantastici. Adoro Giuliano Gemma, Gian Maria Volonté e soprattutto… adoro Claudia Cardinale (ride ndr).
È rimasto particolarmente impressionato da qualche aspetto della cultura italiana, intesa anche come piccoli gesti o atti quotidiani?
Io cerco di vedere ogni persona che incontro come un personaggio con il suo carattere e devo dire che non trovo molta differenza tra gli italiani e i giapponesi nei gesti o atti quotidiani.
Cosa ne pensa del manga europeo? Le è capitato di leggerne qualcuno? E che consigli darebbe ai giovani che entrano in questo percorso?
Non conosco il manga europeo o italiano però devo dire che, nel mio precedente viaggio in Italia, trovai in un negozio il libro illustrato di Pinocchio e ricordo che colsi molti aspetti dell’opera affini al manga giapponese. Devo assolutamente colmare questa mia mancanza al più presto… Scusate davvero! (ride ndr)
Ha qualche nuovo progetto in cantiere?
In questo momento non ho particolari progetti in cantiere; come ho sempre fatto nella mia carriera, non sono il tipo che riesce o vuole guardare molto avanti nel futuro. Preferisco ragionare sul presente e continuare a fare quello che mi piace, in particolare tutto ciò che riguarda l’osservazione delle persone e dei comportamenti umani.
So che ha iniziato a disegnare un nuovo fumetto. Vuole dirci qualcosa riguardo questa nuova opera?
Il mio nuovo manga è tratto da un racconto di Terayama Shuji, un famoso scrittore, regista e poeta. È una personalità poliedrica che ha attraversato un po’ tutto il periodo degli anni ’60 e ’70 ed è una figura fondamentale della controcorrente culturale giapponese. Leggendo questa storia ho trovato il protagonista, ma anche tutti gli altri personaggi, davvero molto interessanti, e sono rimasto affascinato soprattutto da come l’autore ha saputo gestire i rapporti e le interazioni tra di loro. È incredibile come nel romanzo non ci sia un personaggio simile a un altro ma tutti al tempo stesso sono caratterizzati alla perfezione. Sono rimasto così colpito dall'opera che ho avuto subito il desiderio di trasporre il racconto in un manga.
Nei lavori del maestro molti dei protagonisti hanno uno spiccato senso di ribellione e di ricerca della libertà personale. Quest’aspetto fa parte anche del suo carattere o semplicemente è un tema che la affascina in modo particolare?
Ci sono dei punti del mio carattere che sono in comune con i miei personaggi. Mi piace pensare che il mio spirito, spezzettato in varie parti, entri qua e là nei protagonisti dei miei racconti.
Lei e altri grandi autori giapponesi, siete tutti nati o hanno vissuto la loro infanzia in Manciuria, in un periodo difficilissimo e nel pieno della seconda guerra mondiale. Quell'esperienza ha cambiato o influenzato lei come persona e come artista?
Io sono nato in Manciuria e ho vissuto in quella regione fino a sei anni. All’epoca avevo una spiccata passione per l’avventura e spesso finivo per mettermi nei guai; in realtà non ero io che andavo alla ricerca di guai ma erano loro che, in un modo o nell’altro, venivano da me (ride ndr)… Tutte le avventure e le disavventure che mi sono capitate in quel periodo si ritrovano qua e là nei miei lavori, quindi sì, posso dire con certezza che la mia infanzia in Manciuria abbia influenzato molto la mia vita come persona e come artista. Aggiungo che è proprio in quel periodo che è nato il mio desiderio di voler comprendere meglio ogni aspetto dell’essere umano.
Chissà se vedremmo anche il resto di Le leggende del judo o rimarremmo con questo primo ciclo. Io ci spero comunque sia.
"Oltre agli spaghetti western, che in Giappone vengono chiamati Maccaroni Western, ho sempre ammirato tutto ciò che riguarda il neorealismo italiano. In particolare, reputo strepitoso “Ladri di biciclette” di Vittorio De Sica, un film che ha avuto un enorme successo in Giappone. Forse voi italiani non riuscite a rendervi conto quante cose italiane sono famose e apprezzate in Giappone, come ad esempio la musica di Sanremo o i film horror. Noi giapponesi apprezziamo moltissimo la cultura italiana nel suo insieme ed è forse per questo che l’Italia è uno dei paesi che amiamo di più in assoluto."
Me ne sono accorto da molti anni... Le vecchie generazioni giapponesi conoscono bene l'occidente e l'arte occidentale... Da sempre i giapponesi hanno uno spiccato amore per la cultura...
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