Il 24, 25 e 26 febbraio, grazie ad Anime Factory, arriva anche nei cinema italiani I colori dell'anima, l'ultimo film di Naoko Yamada, regista ed autrice dal tratto molto personale che ha avuto modo di farsi notare al timone di serie d'animazione come K-On! e Heike Monogatari, ma anche film, come La forma della voce e Liz e l'uccellino azzurro.

Per prepararci all'uscita della sua nuova pellicola animata, quindi, intraprendiamo un viaggio alla scoperta o ri-scoperta della regista che è riuscita a far risuonare il suo nome e il suo stile non solo tra i maestri dello studio Kyoto Animation a cui ha prestato a lungo il suo talento, ma anche in tutto il mondo presentando le sue opere al festival internazionale dell'animazione di Annecy, tra scroscianti applausi.
 
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Naoko Yamada nasce il 28 novembre 1984 a Gunma, nella prefettura di Kyoto. Sin da giovane si scopre appassionata sia di disegno che di cinema, tanto da unirsi al club pomeridiano universitario dedicato agli “effetti speciali”, cioè ai film che fanno largo uso di lavoro di post-produzione, come il famoso Ultraman di cui Hideaki Anno, regista di Neon Genesis Evangelion, era tanto fan.
D’altra parte però, la giovane Yamada ama molto disegnare e lo fa appena possibile, soprattutto mentre guardava la televisione. Tra i suoi soggetti preferiti infatti c'erano i personaggi dei cartoni che vedeva in TV, specialmente Dragonball e Patlabor. Quando però si è trovata a dover scegliere il percorso di studi universitari è stata costretta a prendere una decisione: lasciarsi cullare dal canto dei film o dalla melodia del disegno? Con il benestare dei genitori, la scelta ricade sulla pittura ad olio, in cui si specializza alla Kyoto University of Art and Design. Con il senno di poi potremmo dire che la sua sensibilità alle tinte pittoriche, nel tempo, non è mutata. Ma avremo modo di tornarci.

Trasferitasi in città per studiare, Yamada incappa in un film che le cambia la vita: Alice di Jan Švankmajer, animatore e cineasta di Praga le cui animazioni in stop-motion si mescolano in maniera realistica e altrettanto inquietante alle riprese dal vivo. In quel momento la futura regista percepisce tutta la maestria dell'animatore ceco e soprattutto percepisce la risonanza che può avere il medium animato: innanzitutto capisce quanto i cartoni abbiano la forza di riecheggiare nella realtà come poche altre cose, e in secondo luogo intuisce che l'animazione possa essere per lei un territorio di esplorazione e sperimentazione, permettendole di  unire la sua passione per la pittura e per il cinema live action. Forte della visione di un altro film animato di culto, lo sperimentale Belladonna of Sadness di Eiichi Yamamoto, Naoko Yamada decide di seguire il suono seducente dell'animazione.
 

Eppure il cuore pulsante dell'industria anime era (ed è tutt’ora) Tokyo e non Kyoto, per cui le possibilità di lavorare nell’industria anime non erano poi così tante se non spostandosi nella capitale, cosa che Yamada non ha particolarmente intenzione di fare. Infatti, dopo l'università, l'estro artistico la porta a lavorare in una pasticceria in cui mette le sue doti a disposizione dell'arte culinaria decorando torte.
Il caso vuole che la giovane, quattro anni dopo la fine degli studi artistici, veda un annuncio di lavoro proprio della Kyoto Animation, anche nota come KyoAni, studio di animazione che si trova fuori città (ma non lontano come Tokyo, ovviamente) che all’epoca poteva contare su meno di duecento dipendenti. Sulla carta parrebbero molti, ma nei fatti sono molto pochi se si pensa al lavoro mastodontico dietro la realizzazione di un'opera animata. Ancora meno se consideriamo che la KyoAni ha da sempre cercato di tirarsi fuori dalle pratiche di sovrasfruttamento dei dipendenti per cui l'industria dell'animazione è tristemente nota.

In questo tranquillo luogo di periferia, in mezzo alla campagna di Kyoto in cui si fa germogliare la vita tramite il disegno, Naoko Yamada da decoratrice di torte diviene in-betweener, o intercalatrice, cioè disegna i frame mancanti tra i disegni chiave che compongono un movimento. Lei, nello specifico, entra nello studio nel momento in cui le forze artistiche, dai veterani ai neoassunti, erano impiegate nella realizzazione degli episodi di InuYasha di Masashi Ikeda e Yasunao Aoki per Sunrise. Yamada lavora sotto la direzione di Tatsuya Ishihara e Shoko Ikeda, che le fanno da mentori, figure fondamentali per la crescita di una nuova leva che muove i primi passi in un mondo così complesso e stratificato.
Il suo talento viene subito notato da Ishihara che le mette addosso la responsabilità delle animazioni chiave nell’episodio 9 di AIR. Lavora come animatrice chiave ad altre serie, come Fullmetal Panic! The second raid sotto la direzione dell’esigente Yasuhiro Takemoto, ma ancora la troviamo a svolgere lo stesso ruolo per Kanon, Lucky Star e ovviamente La malinconia di Harui Suzumiya.

 
La sigla di chiusura di K-On! è stata animata da Naoko Yamada. Possiamo vedere come le sue animazioni di Naoko Yamada sono abbastanza segmentate, taglienti a volte, ma i movimenti rimbalzano in maniera dinamica restituendo simpatia alle forme.

Il suo primo ruolo di enshutsu, cioè regista di episodio, non si fa attendere: approda in Clannad, specificamente nell’episodio 17 dopo aver fatto la gavetta da assistente negli episodi 8 e 12 con Noriko Takao.
La sua vera vena espressiva si scatena però nell’episodio speciale della serie, in cui si intravedono già i tentativi di una composizione delle immagini più complessa della media e, ovviamente, il suo amore per le lenti ottiche applicate allo sguardo-macchina. Si trova poi ancora più a suo agio con Clannad After Story insieme a Yukiko Horiguchi, in cui inizia a sperimentare sempre più. Le scene non sono soltanto pregne di emozioni, ma il tratto e il movimento esplodono fino ad ottenere un trionfo di energia a schermo.

Il passo successivo è quello di regista di serie, cioè kantoku, la prima donna a ricoprire questo ruolo alla KyoAni, e lo compie con K-On!. Yamada lavora con Reiko Yoshida per la composizione della serie, compagna di avventure che tornerà per sceneggiare Tamako Market, Liz e l’uccellino azzurro e ovviamente I colori dell’anima.
Con K-On!, storia di un gruppo di ragazze che nei caldi pomeriggi del dopo-scuola formano una band, inserisce l'ultimo elemento che sarà per sempre parte integrante dello stile della regista: la musica. Spicca particolarmente la ricerca musicale e l'attenzione che l'autrice pone in tutto ciò che riguarda sia la colonna sonora che il design del suono, come poi avrà modo di affinare nelle opere seguenti.
 
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Come regista Naoko Yamada si concentra di più sui personaggi che sullo stile di regia; per lei l'espressione e l'espressività dei character hanno la priorità su tutto. I protagonisti, riadattati per l’animazione da Yukiko Horiguchi, devono muoversi di vita propria fino a cancellare la presenza della regista: rifiuta il ruolo ossessivo del kantoku e si lascia trasportare dalla vita delle sue creature.
Con K-On! Yamada ridefinisce il modo di concepire il genere slice of life, quel genere di anime che tratta la “vita di tutti i giorni”, perché K-On! non racconta soltanto il trascorrere della vita quotidiana ma abbraccia lo spettatore e lo porta con sé nei reami nostalgici della scuola, tra i corridoi bagnati della luce che penetra dalle grosse finestre, tra l'odore di gesso, l'incertezza del domani e le forti emozioni di un vivo presente. La forza trainante della serie sono i personaggi, realizzati secondo dei dettami che Naoko Yamada reputa "realistici". Però il suo realismo è la vita che infonde in essi, il carisma dietro i loro movimenti, la scintilla che brucia dietro sorrisi e pianti. Infatti, in K-On! accorda il suo sesto senso per la rappresentazione del linguaggio non verbale, quello del corpo che lei utilizza come simbolo per indicare corpo e anima: movimenti di dettagli che riflettono il carattere o i sentimenti dei personaggi; nello specifico Yamada solidifica il suo modo di comunicare questi gesti, sperimentando con le inquadrature su mani, occhi o sulle gambe dei personaggi, tutti particolari che la contraddistinguono. Le gambe per Yamada non hanno alcun doppio senso erotico, anzi, sono il suo modo prediletto ed originale di far parlare i personaggi. Riguardo ciò, dichiara: “Gli occhi saranno anche la "finestra dell’anima” ma penso che anche le gambe possano esserlo. Solitamente le nascondiamo sotto le scrivanie altrimenti tradirebbero le nostre emozioni”.

Il senso di cullante nostalgia che la serie emana, la sofficità dei tratti, la direzione delle luci e l’espressività di personaggi, portano K-On! a divenire una hit intercontinentale che intrattiene e fa innamorare sia grandi che piccini, tanto che il successo spinge la seconda stagione a sganciarsi dal materiale originale e inserire degli elementi nuovi nella storia. Con K-On! e  K-On!! Naoko Yamada continua la sua riflessione sullo sguardo macchina, sul posizionamento della telecamera e sulle lenti ottiche, chiedendosi di volta in volta cosa lo spettatore possa recepire, quali effetti dell'obiettivo meglio si adattano a comunicare una determinata atmosfera. Il suo amore per il cinema, d’altronde, le dà delle basi ben solide per utilizzare al meglio gli elementi registici a sua disposizione, rendendo K-On! una piccola grande serie dal taglio cinematografico.
Naoko Yamada riesce ad unire la libertà dell’animazione alle tecniche live-action e raggiunge la maturità registica con Tamako Love Story, film conclusivo di Tamako Market che rimpiazza la creazione della terza serie di K-On!, ad oggi mai realizzata.
 
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Presso la Kyoto Animation, Naoko Yamada diventa il pianeta attorno al quale iniziano a gravitare sempre più nuove leve, tra le quali alcune molto interessanti e che finiscono per ereditare pezzi del suo stile: Haruka Fujita che sarà regista, sceneggiatrice e storyboarder per gli OVA di Violet Evergarden ne coglie, ad esempio, la delicatezza. Oppure Taichi Ogawa che eredita la sensibilità all'uso di obiettivi per la macchina da presa.
È anche importante sottolineare come il suo desiderio di collaborare con altre artiste l'abbia fatta avvicinare a molte autrici e animatrici per via di una sua personale preferenza a lavorare con un team con cui condivide un punto di vista femminile. A detta sua, le donne sarebbero in grado di affrontare le situazioni come “gli uomini non oserebbero o non sarebbero in grado”. Così lo studio Kyoto Animation diviene uno degli studi con maggior componente artistica al femminile in un’industria declinata principalmente al maschile. Infatti Yamada era preoccupata a doversi approcciare al suo primo protagonista maschile in Koe no Katachi- La forma della voceLa forma della voce, adattamento anime del manga omonimo di Yoshitoki Oima è ancora una volta un inno alla comunicazione, allo scambio. L'opera segue una ragazza sordomuta e un giovane bullo che, man mano, impara a conoscere la compagna e i modi alternativi con cui ci si può esprimere. Esattamente come Yamada, il film comunica con modi diversi dalla parola, cerca di esprimere il suono senza utilizzarlo.
Con il film la regista consolida la sua collaborazione con Kensuke Ushio, che firmerà molte delle colonne sonore delle sue opere, tra le quali I colori dell'anima, ma anche Liz e l'uccellino azzurro, il suo ultimo film capolavoro ad oggi.

Quest'ultimo film, appartenente al franchise di Hibike! Euphonium, si maschera da storia leggere di due amiche alle prese con il percorso scolastico per trasformarsi presto in un intreccio di musica, pittura, fiaba e forti legami personali. Liz e l'uccellino azzurro, opera dalle note sperimentali anche se non eccessivamente, mostra come la regista sia in grado di giocare con diversi stili e livelli artistici, nonché irradia il suo amore per la pittura. Oltre la regia ormai totalmente governata da Yamada, il character design di Futoshi Nishiya, storico designer con cui la regista collabora sin da K-On!, rimarca con forza la leggerezza dei personaggi sullo schermo, le linee sottili che li trattengono dal sembrare di voler scomparire. Un'altra collaborazione importante e focale per il film è quella con il compositore Ushio; con lui decide e controlla il ritmo delle varie scene in maniera maniacale e su esso disegna lo storyboard. Il ritmo è la struttura del film, è la lingua con cui comunica, ed è qualcosa che raramente si è visto nell’animazione. Per capire quanto sia lo zelo con cui la regista insegue la dimensione uditiva, basti pensare che il sound design di Liz e l'uccellino azzurro è costruito a partire da un database di suoni raccolti di persona visitando alcuni ambienti scolastici: ecco che i brusii dell’adolescenza e della crescita diventano protagonisti di questa colonna sonora, ne dettano il tempo e le pulsazioni.
 
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Il film marca però uno spartiacque nella carriera della regista quando nel 2019, specificamente il 18 luglio, Shinji Aoba fu responsabile del rogo che distrusse lo Studio 1 della Kyoani. Tra le fiamme perirono 36 dipendenti tra colleghi e amici, e Yamada pianse la scomparsa dei suoi mentori Shoko Ikeda e Yasuhiro Takemoto. Il trauma dell’incidente e dei numerosi artisti e compagni venuti a mancare sono abbastanza forti da spingere la regista, che più volte aveva dichiarato di non avere alcuna intenzione di lasciare lo studio, ad andarsene dalla Kyoto Animation. Una dipartita però che non ha significato una pausa indeterminata dalla carriera registica, bensì un distacco netto al quale è immediatamente seguito l’annuncio della sua seguente opera, Heike Monogatari. Lo studio che avrebbe prodotto l’opera sarebbe stato proprio lo studio Science SARU di Masaaki Yuasa e Eunyong Choi, lo stesso che aveva ospitato più volte i contributi dei suoi due più stretti collaboratori, Kensuke Ushio, e Reiko Yoshida.
Lo studio Science SARU a ben pensarci è un approdo logico, sia per le pregresse collaborazioni dei suoi colleghi e amici, ma anche perché lo stile di Naoko Yamada, ormai libero e sperimentale, venne ben accolto dallo studio.

Heike Monogatari si rivela una ventata di aria fresca in grado di combinare lo stile registico di Yamada, il pacing di Yoshida e le colonne sonore di Ushio, per portare sul piccolo schermo la storia con la "S" maiuscola come raramente è stato fatto prima. La storia diventa la maschera per narrare gli animi di uomini e di donne su cui grava il peso di un paese, personaggi che i racconti hanno destinato a tramandare solo per le loro azioni che per i loro sentimenti. Il simbolismo, la fotografia, la regia voluta da Naoko Yamada si sposano perfettamente con la volontà di sperimentare di Science SARU: lo stile di Yamada è forse più radicato nel realismo espressivo mentre Science SARU tende maggiormente all'esagerazione, eppure la sinergia dei due approcci ha avuto modo di dare vita ad uno spettacolo davvero eccezionale.

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Dopo Heike Monogatari, a Naoko Yamada viene proposto dalla produttrice di Science SARUEunyong Choi, di dirigere un cortometraggio, quello che diventa Garden of Remembrance, un cortometraggio privo di dialoghi in cui la regista mostra ciò che meglio sa fare: comunicare senza l’uso delle parole. Il film che ancora una volta abbraccia il tema dei legami personali e della giovinezza, ha modo di girare parecchi festival di tutto il mondo e venire applaudito da spettatori di ogni provenienza, tutte e tutti a battere le mani per la delicatezza con cui una regista come Naoko Yamada riesce a rappresentare, visivamente, la fragilità del cuore umano e il tempo del suo battito.
Garden of Remembrance è dunque l'opera che precede e in qualche modo anticipa I colori dell’anima, l’ultima fatica della regista che arriverà sugli schermi italiani il 24, 25 e 26 febbraio.

Di seguito vi lasciamo trailer, locandina e sinossi del film.


 
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Totsuko è una studentessa delle superiori con la capacità di vedere i “colori” degli altri. I colori della gioia, dell’eccitazione e della serenità, oltre al suo colore preferito. Kimi, una compagna di classe della sua scuola, emana il colore più bello di tutti. Anche se non suona uno strumento, Totsuko forma una band con Kimi e Rui, un tranquillo ragazzo appassionato di musica che incontra in una libreria di libri usati ai margini della città. Mentre si esercitano in una vecchia chiesa su un’isola remota, la musica li unisce, formando amicizie e creando legami. Riusciranno a scoprire i loro veri “colori”?

Fonti consultate:
Sakugabooru I, II, III
Starbust Magazine
Chaostangent
Catsuka