Satoshi Kon è nato a Kushiro, in Hokkaido. Dopo aver lasciato il Musashino College of Arts, iniziò a lavorare nel settore dei manga. Il suo primo progetto fu un anime, Rojin Z, scritto e disegnato da Katsuhiro Otomo (Akira). Kon ha lavorato anche con molti animatori di alto livello, tra cui Mamoru Oshii (Ghost in the Shell) e Koji Morimoto (The Animatrix).
Nel 1997 diresse il suo primo lungometraggio animato, Perfect Blue, un giallo ambientato nel mondo delle idol. Comunque sia gli argomenti trattati variano da progetto a progetto, scavando sempre all'interno delle ambiguità e delle contraddizioni relative a questioni sociali.
Gli altri suoi lungometraggi sono Millennium Actress, Tokyo Godfathers e Paprika. Nel 2004 ha diretto Paranoia Agent, una serie TV in 13 episodi che tratta della moderna società giapponese, ricca di incertezze e imprevedibili pericoli.
Kon è uno tra i più acclamati registi di animazione giapponesi e gode di fama internazionale. Gli occhi di Satoshi Kon brillano in modo particolare quando si tratta di scavare nelle questioni sociali e di rappresentare in modo originale la fantasia e la realtà attraverso delle immagini. Lo scorso giugno ha visitato New York per partecipare al "Satoshi Kon: Beyond Imagination" presso la Film Society del Lincoln Center e alla "ANA Nippon Eiga". Nell'occasione è stato intervistato da Chopsticks NY riguardo il suo modo di fare animazione.
I suoi lavori attuali hanno a che fare con una grande varietà di temi e argomenti, ma da dove provengono la sua creatività e la sua ispirazione?
Mi chiedo se si tratti di una tendenza o che altro... Ogni volta che vengo intervistato all'estero mi si rivolgono sempre delle domande tipo "Da dove vengono le sue immagini?" oppure "Da dove è venuta questa idea?" a me sembra strano. Per esempio, quando qualcuno trova un capo d'abbigliamento che gli piace e va a comprarlo, lei di solito gli chiede "Da dove è venuta fuori questa idea?", io non credo. Posso solo immaginare che forse questo modo di pensare dipenda da una generica differenza culturale, parlando per me, io non ho mai pensato in questo modo, quindi se mi viene chiesta la provenienza di qualcosa, mi si mette in seria difficoltà. Se vuole sapere come decido ogni volta l'argomento e la materia di un film... devo dire "Io stesso non ne ho idea...". Ma mi lasci spiegare. Supponiamo che dentro di me ci sia una scatola nera, sarebbe possibile fisiologicamente e logicamente interagire con ciò che viene fuori dalla scatola, ma non con tutto ciò che si trova al suo interno. Penso che se aprissi questa scatola con la forza la creatività si disperderebbe come nebbia. Ritengo pertanto che come direzione più corretta da seguire sia il caso di dire che per qualche ragione c'è un'idea o un'immagine che mi preoccupa, e queste vengono fuori per prime. Poi voglio capire il perché della preoccupazione, è questo il motivo per cui faccio dei film.
Allora, cosa l'ha preoccupata di recente?
Come sbarazzarmi di questa pancia [risate]! Sto scherzando. Non so dire se sia una cosa direttamente collegata ai film, ma sono molto preoccupato delle persone che uccidono indiscriminatamente e della loro composizione, per esempio l'episodio dell'accoltellamento multiplo ad Akihabara*. Per dirla in breve, non si è trattato del primo episodio di questo genere ce ne sono stati in precedenza degli altri simili. I responsabili sono stati tutti persone con più o meno lo stesso profilo e per di più appena arrestati tutti hanno detto la stessa cosa riguardo le loro vittime: "Avrebbe potuto trattarsi di chiunque". Ma la verità è che io adesso ho un'ipotesi, chiunque avrebbe potuto essere il carnefice, come chiunque avrebbe potuto essere la vittima. In particolare non ritengo che la società o i genitori o il sistema educativo siano da biasimare. Riguardo agli autori di questi crimini la mia posizione è che si sia trattato di un loro errore, ma dicendo "Siete voi i responsabili" io non ho una percezione chiara di chi siano realmente questi "voi". Quando guardo i profili dei colpevoli, mi rendo conto che sono più dei simboli che degli uomini, e arrivo a pensare che manchino di individualità, tanto che avrebbe potuto trattarsi di chiunque.
Io penso che la presenza di strutture doppie abbellisca i suoi lavori. Preferisce questo tipo di concetto o è proprio tramite questa modalità di espressione che riesce a comunicare meglio ciò che cerca di dire?
In primo luogo, è semplicemente che questo mondo è composto da strutture multiple ed io penso di utilizzare questo tipo di architettura per esprimerlo. Inoltre, più che pensare all'intenzionale introduzione di strutture multiple, si tratta di un sentimento di riconferma che si verifica in mezzo alla creazione di qualcosa che trovo interessante e ragionevole, "Oh, è così che è il mondo dopo tutto!" Se la logica predomina, allora l'energia vitale del film si perde facilmente, quindi io cerco il più possibile di aiutare l'idea ad andare nella direzione che vuole. E' come se mi prendessi cura dell'energia vitale dell'idea senza cercare di indirizzarla verso il suo vero potenziale. Dall'inizio alla fine la cosa che ritengo sia più importante per me, in qualità di regista, è di chiedere continuamente alle idee, "Allora, dove volete andare?" io non ho nessuna intenzione di spingerle. Tuttavia sono stato io ad aver pensato alle idee, così quando qualcuno mi dice, "E' stata una tua idea, vero?", potrei pensarlo, ma non è così. La parola "creatore" viene usata comunemente, ma io non lo sono, io non creo, sarebbe più corretto dire che io "genero". "E' andata così" è un modo di dire più naturale che non "Ho fatto sì che andasse in questo modo". Non dipende dalla mia volontà fare qualcosa in un certo modo, piuttosto osservo come l'idea o la questione si svolgono liberamente davanti ai miei occhi. Ne risulta che la mia posizione di base è quella di agevolare questo processo.
In un film live-action, c'è modo per le individualità degli attori di infondersi nei personaggi, ma un regista di animazioni controlla tutti gli aspetti. Così si può recitare la parte di dio sul film, lei come vede questo ruolo?
C'è un pericolo in questo. Per questo rispetto fermamente la posizione di stare ad ascoltare la voce del lavoro. Se io predominassi probabilmente sarebbe la fine.
La computer graphic si è notevolmente evoluta ed ora è più facile che mai esprimere concetti in modo splendido. Lei è a favorevole ad un'integrazione sapiente della CG o è uno scettico?
Non dipende da me, ma dal budget del film. Indipendentemente da tutto ci sono sempre limiti di risorse, economiche, di tempo e umane. E' una questione di analogie. Non importa quanto siano grandi il budget e l'area di produzione ci saranno sempre dei vincoli. Non appena si comincia a vedere queste restrizioni come ostacoli, il progetto diventa una tortura. D'altra parte se in questo tipo di lavoro non ci fossero ostacoli, probabilmente ci si sentirebbe persi. In questa intervista c'è l'ostacolo chiamato "domande", è una cosa che posso affrontare da solo, questo perché le risposte, in qualche modo, vengono a galla. Allo stesso modo, se mi fosse detto che posso fare ciò che voglio, in uno spazio completamente vuoto, probabilmente non riuscirei a lavorare. E' grazie ai vincoli che sono in grado di generare. Comunque faccio spesso storie su molti di essi [risate].
Sul serio?
Si, per fare un esempio concreto causando ritardi sulla programmazione [risate].
Ho sentito che lei è anche molto attento ai suoni.
Non ho un modo di pensare del tipo "Questa volta voglio usare questo tipo di suoni". Mentre creo un frame dopo l'altro chiedo costantemente all'animazione su cui sto lavorando, "Che tipo di suono produci?". Come parte della mia posizione di base, il mio modo di pensare è di provare il più possibile a trattenermi da atteggiamenti come "Io sono in questo modo" o "Io voglio fare così". Comunque l'unica cosa su cui non transigo è l'utilizzo di Susumu Hirasawa per le musiche. Sono molto rigoroso a riguardo, per le musiche non accetto l'utilizzo di nessun altro.
Si inserisce perfettamente?
Si. Non è che io scelga la musica di Hirasawa, è che io parto dall'immagine della sua musica. Se cedessi su questo perderei del tutto l'immagine della musica. Come è prevedibile, io ascolto regolarmente la sua musica, in questo modo diventa la musica di default per il mio film.
Un'ultima domanda, ha un posto in Giappone o qualche esperienza Giapponese che raccomanda ai lettori?
Fate attenzione ad Akihabara [risate]! Immagino non sia molto spiritoso. OK, Se i lettori andranno in Giappone gli raccomando di divertirsi nei nostri izakaya (tipico pub Giapponese). E' una tradizione di cui possiamo vantarci nel mondo. Lì non ci sono regole per godersi cibo e bibite. Non ci si deve preoccupare dell'ordine di arrivo delle pietanze, e ci sono molti tipi di cibo tra cui si può scegliere! Un izakaya è un luogo paradisiaco, un ristorante non specializzato con un posto per tutti. E' un posto in cui si può vedere uno spaccato della cultura Giapponese. Sicuramente l'edamame (fagioli di soya lessi) è da provare. Edamame e birra sono una combinazione divina. In ogni modo, per riassumere, cercate un izakaya ad Akihabara!
Intervista di Noriko Komura
*Aggressione indiscriminata ad Akihabara: giorno 8 Giugno 2008 un venticinquenne accedette con un camion che aveva noleggiato in una zona pedonale ed iniziò ad accoltellare i passanti in modo casuale. I fatti si svolsero ad Akihabara, una nota area commerciale di Tokyo famosa per i prodotti elettronici. Il bilancio fu di 7 morti e 10 feriti.
Schede anime dei lavori di Satoshi Kon:
Perfect Blue (1998)
Millennium Actress (2001)
Tokyo Godfathers (2003)
Paranoia Agent (TV series) (2004)
Paprika (2006)
Fonte: CHOPSTICKS NEW YORK.
Nel 1997 diresse il suo primo lungometraggio animato, Perfect Blue, un giallo ambientato nel mondo delle idol. Comunque sia gli argomenti trattati variano da progetto a progetto, scavando sempre all'interno delle ambiguità e delle contraddizioni relative a questioni sociali.
Gli altri suoi lungometraggi sono Millennium Actress, Tokyo Godfathers e Paprika. Nel 2004 ha diretto Paranoia Agent, una serie TV in 13 episodi che tratta della moderna società giapponese, ricca di incertezze e imprevedibili pericoli.
Kon è uno tra i più acclamati registi di animazione giapponesi e gode di fama internazionale. Gli occhi di Satoshi Kon brillano in modo particolare quando si tratta di scavare nelle questioni sociali e di rappresentare in modo originale la fantasia e la realtà attraverso delle immagini. Lo scorso giugno ha visitato New York per partecipare al "Satoshi Kon: Beyond Imagination" presso la Film Society del Lincoln Center e alla "ANA Nippon Eiga". Nell'occasione è stato intervistato da Chopsticks NY riguardo il suo modo di fare animazione.
I suoi lavori attuali hanno a che fare con una grande varietà di temi e argomenti, ma da dove provengono la sua creatività e la sua ispirazione?
Mi chiedo se si tratti di una tendenza o che altro... Ogni volta che vengo intervistato all'estero mi si rivolgono sempre delle domande tipo "Da dove vengono le sue immagini?" oppure "Da dove è venuta questa idea?" a me sembra strano. Per esempio, quando qualcuno trova un capo d'abbigliamento che gli piace e va a comprarlo, lei di solito gli chiede "Da dove è venuta fuori questa idea?", io non credo. Posso solo immaginare che forse questo modo di pensare dipenda da una generica differenza culturale, parlando per me, io non ho mai pensato in questo modo, quindi se mi viene chiesta la provenienza di qualcosa, mi si mette in seria difficoltà. Se vuole sapere come decido ogni volta l'argomento e la materia di un film... devo dire "Io stesso non ne ho idea...". Ma mi lasci spiegare. Supponiamo che dentro di me ci sia una scatola nera, sarebbe possibile fisiologicamente e logicamente interagire con ciò che viene fuori dalla scatola, ma non con tutto ciò che si trova al suo interno. Penso che se aprissi questa scatola con la forza la creatività si disperderebbe come nebbia. Ritengo pertanto che come direzione più corretta da seguire sia il caso di dire che per qualche ragione c'è un'idea o un'immagine che mi preoccupa, e queste vengono fuori per prime. Poi voglio capire il perché della preoccupazione, è questo il motivo per cui faccio dei film.
Allora, cosa l'ha preoccupata di recente?
Come sbarazzarmi di questa pancia [risate]! Sto scherzando. Non so dire se sia una cosa direttamente collegata ai film, ma sono molto preoccupato delle persone che uccidono indiscriminatamente e della loro composizione, per esempio l'episodio dell'accoltellamento multiplo ad Akihabara*. Per dirla in breve, non si è trattato del primo episodio di questo genere ce ne sono stati in precedenza degli altri simili. I responsabili sono stati tutti persone con più o meno lo stesso profilo e per di più appena arrestati tutti hanno detto la stessa cosa riguardo le loro vittime: "Avrebbe potuto trattarsi di chiunque". Ma la verità è che io adesso ho un'ipotesi, chiunque avrebbe potuto essere il carnefice, come chiunque avrebbe potuto essere la vittima. In particolare non ritengo che la società o i genitori o il sistema educativo siano da biasimare. Riguardo agli autori di questi crimini la mia posizione è che si sia trattato di un loro errore, ma dicendo "Siete voi i responsabili" io non ho una percezione chiara di chi siano realmente questi "voi". Quando guardo i profili dei colpevoli, mi rendo conto che sono più dei simboli che degli uomini, e arrivo a pensare che manchino di individualità, tanto che avrebbe potuto trattarsi di chiunque.
Io penso che la presenza di strutture doppie abbellisca i suoi lavori. Preferisce questo tipo di concetto o è proprio tramite questa modalità di espressione che riesce a comunicare meglio ciò che cerca di dire?
In primo luogo, è semplicemente che questo mondo è composto da strutture multiple ed io penso di utilizzare questo tipo di architettura per esprimerlo. Inoltre, più che pensare all'intenzionale introduzione di strutture multiple, si tratta di un sentimento di riconferma che si verifica in mezzo alla creazione di qualcosa che trovo interessante e ragionevole, "Oh, è così che è il mondo dopo tutto!" Se la logica predomina, allora l'energia vitale del film si perde facilmente, quindi io cerco il più possibile di aiutare l'idea ad andare nella direzione che vuole. E' come se mi prendessi cura dell'energia vitale dell'idea senza cercare di indirizzarla verso il suo vero potenziale. Dall'inizio alla fine la cosa che ritengo sia più importante per me, in qualità di regista, è di chiedere continuamente alle idee, "Allora, dove volete andare?" io non ho nessuna intenzione di spingerle. Tuttavia sono stato io ad aver pensato alle idee, così quando qualcuno mi dice, "E' stata una tua idea, vero?", potrei pensarlo, ma non è così. La parola "creatore" viene usata comunemente, ma io non lo sono, io non creo, sarebbe più corretto dire che io "genero". "E' andata così" è un modo di dire più naturale che non "Ho fatto sì che andasse in questo modo". Non dipende dalla mia volontà fare qualcosa in un certo modo, piuttosto osservo come l'idea o la questione si svolgono liberamente davanti ai miei occhi. Ne risulta che la mia posizione di base è quella di agevolare questo processo.
In un film live-action, c'è modo per le individualità degli attori di infondersi nei personaggi, ma un regista di animazioni controlla tutti gli aspetti. Così si può recitare la parte di dio sul film, lei come vede questo ruolo?
C'è un pericolo in questo. Per questo rispetto fermamente la posizione di stare ad ascoltare la voce del lavoro. Se io predominassi probabilmente sarebbe la fine.
La computer graphic si è notevolmente evoluta ed ora è più facile che mai esprimere concetti in modo splendido. Lei è a favorevole ad un'integrazione sapiente della CG o è uno scettico?
Non dipende da me, ma dal budget del film. Indipendentemente da tutto ci sono sempre limiti di risorse, economiche, di tempo e umane. E' una questione di analogie. Non importa quanto siano grandi il budget e l'area di produzione ci saranno sempre dei vincoli. Non appena si comincia a vedere queste restrizioni come ostacoli, il progetto diventa una tortura. D'altra parte se in questo tipo di lavoro non ci fossero ostacoli, probabilmente ci si sentirebbe persi. In questa intervista c'è l'ostacolo chiamato "domande", è una cosa che posso affrontare da solo, questo perché le risposte, in qualche modo, vengono a galla. Allo stesso modo, se mi fosse detto che posso fare ciò che voglio, in uno spazio completamente vuoto, probabilmente non riuscirei a lavorare. E' grazie ai vincoli che sono in grado di generare. Comunque faccio spesso storie su molti di essi [risate].
Sul serio?
Si, per fare un esempio concreto causando ritardi sulla programmazione [risate].
Ho sentito che lei è anche molto attento ai suoni.
Non ho un modo di pensare del tipo "Questa volta voglio usare questo tipo di suoni". Mentre creo un frame dopo l'altro chiedo costantemente all'animazione su cui sto lavorando, "Che tipo di suono produci?". Come parte della mia posizione di base, il mio modo di pensare è di provare il più possibile a trattenermi da atteggiamenti come "Io sono in questo modo" o "Io voglio fare così". Comunque l'unica cosa su cui non transigo è l'utilizzo di Susumu Hirasawa per le musiche. Sono molto rigoroso a riguardo, per le musiche non accetto l'utilizzo di nessun altro.
Si inserisce perfettamente?
Si. Non è che io scelga la musica di Hirasawa, è che io parto dall'immagine della sua musica. Se cedessi su questo perderei del tutto l'immagine della musica. Come è prevedibile, io ascolto regolarmente la sua musica, in questo modo diventa la musica di default per il mio film.
Un'ultima domanda, ha un posto in Giappone o qualche esperienza Giapponese che raccomanda ai lettori?
Fate attenzione ad Akihabara [risate]! Immagino non sia molto spiritoso. OK, Se i lettori andranno in Giappone gli raccomando di divertirsi nei nostri izakaya (tipico pub Giapponese). E' una tradizione di cui possiamo vantarci nel mondo. Lì non ci sono regole per godersi cibo e bibite. Non ci si deve preoccupare dell'ordine di arrivo delle pietanze, e ci sono molti tipi di cibo tra cui si può scegliere! Un izakaya è un luogo paradisiaco, un ristorante non specializzato con un posto per tutti. E' un posto in cui si può vedere uno spaccato della cultura Giapponese. Sicuramente l'edamame (fagioli di soya lessi) è da provare. Edamame e birra sono una combinazione divina. In ogni modo, per riassumere, cercate un izakaya ad Akihabara!
Intervista di Noriko Komura
*Aggressione indiscriminata ad Akihabara: giorno 8 Giugno 2008 un venticinquenne accedette con un camion che aveva noleggiato in una zona pedonale ed iniziò ad accoltellare i passanti in modo casuale. I fatti si svolsero ad Akihabara, una nota area commerciale di Tokyo famosa per i prodotti elettronici. Il bilancio fu di 7 morti e 10 feriti.
Schede anime dei lavori di Satoshi Kon:
Perfect Blue (1998)
Millennium Actress (2001)
Tokyo Godfathers (2003)
Paranoia Agent (TV series) (2004)
Paprika (2006)
Fonte: CHOPSTICKS NEW YORK.
Ma non sono i fagiolini di soia?
ce ne sono pochi come lui, veramente pochi al mondo...
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.