È finalmente giunta alla sua conclusione la lunga e travagliata vicenda giudiziale che ha visto protagonista Chris Handley, trentottenne americano dello Iowa che, nel 2006, venne arrestato per possesso di fumetti giudicati “materiale osceno”.

La scorsa settimana Handley è stato condannato a sei mesi di carcere, a cui faranno seguito 3 anni di libertà vigilata e 5 di messa alla prova. L’uomo ha anche rinunciato al materiale sequestrato presso la sua abitazione, compreso il suo computer. Una volta uscito di prigione, durante la libertà vigilata, Handley dovrà "sottoporsi a uno speciale programma di recupero, a test psicologici e a un esame poligrafo, come stabilito dallo U.S. Probation Officer". Quest’ultima disposizione “avrebbe lo scopo di offrire [ad Handley] un sostegno diagnostico e terapeutico per disturbi di tipo sessuale o comunque mentali". La difesa, in ogni caso, ha richiesto alla Corte di chiarire che Handley non dovrà essere registrato come molestatore sessuale e, contestualmente, ha proposto la modifica di alcune misure previste nell’ambito della libertà vigilata, in particolar per quel che riguarda l’accesso a internet e i contatti con i minori.

L’esisto del processo era sostanzialmente scontato, lo stesso Handley si era dichiarato colpevole nel maggio 2009, e proprio il suo atteggiamento collaborativo gli ha consentito di evitare una condanna ben peggiore; secondo alcune indiscrezioni, infatti, si era arrivati a ipotizzare una condanna a 15 anni di carcere.

L’intera vicenda ebbe inizio nel maggio del 2006, quando Handley venne accusato di possesso di materiale osceno (circa 1200 manga tra i quali qualche titolo di genere lolicon e un centinaio di video tra DVD e VHS) ricevuto in parte tramite posta. In particolare l’indagine partì da 7 volumetti intercettati da un ispettore delle poste:

* Mikansei Seifuku Shōjo (Unfinished School Girl) by Yuki Tamachi (LE Comics)
* I [Heart] Doll by Makafusigi (Seraphim Comics)
* Kemono for ESSENTIAL 3 (THE ANIMAL SEX ANTHOLOGY Vol.3) by Masato Tsukimori et al (Izumi Comics)
* Otonari Kazoku (Neighboring House Family) by Nekogen (MD Comics)
* Eromon by Makafusigi (Seraphim Comics)
* Kono Man_ ga Sugoi! (This Man_ is Awesome!) by Makafusigi (Seraphim Comics)
* Hina Meikyū (Doll Labyrinth) by Makafusigi (Seraphim Comics)

Secondo i documenti della Corte dell’Iowa, ciascuno di questi manga conterrebbe al suo interno immagini di minori impegnati in atti sessuali, sottoposti ad abusi da parte di adulti, o impegnati in altre bestialità. Handley avrebbe ammesso di aver acquistato questi manga in un posto chiamato "cafè cosplay", e che in precedenza avrebbe ordinato materiale simile anche su 'JList' e 'Mand [a rake.com]'.

Successivamente nell’abitazione dell’uomo vennero trovati e sequestrati oltre 1.200 oggetti, tra cui molti manga. La maggior parte sono stati restituiti ad Handley, in quanto perfettamente legali, ma più di 80 libri sono stati conservati e, stando agli atti processuali, sarebbero per lo più volumi dell’antologia Comic LO (LO sta per "Lolita Only").

Argomentazioni dell’accusa.

Secondo i documenti dell'accusa, Handley avrebbe "trascorso gli ultimi 17 anni raccogliendo oltre un migliaio di manga dal contenuto di natura sessuale, usando le immagini cartacee di giovani ragazze come sostituto del sesso”. Una vera mania che lo spingeva a “leggere ben 35 manga a settimana, e che l’ha portato a collezionare migliaia di dvd di anime giapponesi". Anche in assenza di precedenti penali o di vero materiale pedopornografico, Handley avrebbe ammesso di aver appositamente cercato su internet manga con storie che coinvolgevano minori in abusi sessuali. In aggiunta "Le opere in questione non avrebbero nemmeno effettivo valore scientifico, letterario, artistico o politico, come il famoso romanzo di Vladimir Nabokov, Lolita, Romeo e Giulietta, o addirittura la più recente e controversa graphic novel di Alan Moore, Lost Girls. Tanto che la stessa difesa avrebbe ammesso il chiaro contenuto osceno di tali opere".

Argomentazioni della difesa.

In primo luogo la difesa ha precisato come "la raccolta di "lolicon" di Handley sarebbe stata solo una piccola parte della sua collezione, che, altresì, sarebbe composta da decine di migliaia di manga e anime di vario genere". Ulteriore argomento dei difensori dell’uomo è stato l’assenza di precedenti condanne in casi simili. In particolar modo, la difesa ha rimarcato che il solo precedente richiamabile in tema di pedopornografia virtuale sia relativo ad una Statue Law dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema nel 2002, durante il caso Ashcroft vs. Free Speech Coalition. In realtà, nel dicembre del 2008 è stata confermata la pena inflitta a Dwight Whorley per la violazione delle norme contenute nel Protect Act inerenti la pedopornografia virtuale (sebbene fossero state trovate in possesso dell'uomo anche immagini pedopornografiche reali). Una sentenza che, comunque, non ha mancato di destare qualche dubbio, poiché in aperta contraddizione con un precedente orientamento della Corte Suprema, che aveva dichiarato il fenomeno coperto dalla libertà di espressione.

Perizia psicologica.

Negli atti processuali, oltre alle numerose lettere scritte dai familiari, dagli amici e dai colleghi di Handley per testimoniare la sua buona fede, è presente anche una relazione di uno psicologo che spiega come attualmente "non esistono strumenti in grado di valutare effettivamente l’eventuale impatto che immagini di pornografia virtuale possono avere sul comportamento sessuale”. La perizia psicologica effettuata su Handley, in effetti, ha stabilito che "sebbene il soggetto sia stato onesto durante i vari colloqui, non vi sono sufficienti elementi per determinare una quadro completo della natura e della portata della sua devianza sessuale…dai test è emerso un profilo di una persona evasiva e sulla difensiva, comportamento che lascia presumere la presenza di elementi che il soggetto [all’epoca del test] avrebbe voluto nascondere".

Rimane pertanto insoluto uno dei problemi di base: a prescindere dalla condanna, quel che emerge dagli atti processuali è un’evidente impossibilità nel determinare in via univoca l’eventuale influenza che tale materiale virtuale possa avere nello sviluppo di devianze sessuali.