Vi proponiamo il report di un'interessante intervista a Dai Sato, sceneggiatore di titoli di successo (Cowboy Bebop, Eden of the East, Ergo Proxy, Eureka Seven, Samurai Champloo e Ghost in the Shell: Stand Alone Complex), rilasciata dal sito Otaku2.com. Di seguito, la traduzione dell'articolo scritto da Patrick W. Galbraith:
Dai Sato, sceneggiatore di fortunati titoli animati del calibro di Cowboy Bebop e del recente Eureka Seven, ha partecipato ad una tavola rotonda di discussione nell'ambito di una conferenza intitolata Cultural Typhoon e tenutasi nel mese di luglio 2010 presso l'università giapponese di Komazawa; accanto a lui hanno presenziato anche il regista cinematografico Katsuya Tomita e il giornalista di musica Shin Futasugi.
Inizialmente era previsto che la conferenza, della durata di due ore, fosse di tipo accademico e abbracciasse questioni ad ampio raggio, dato anche il titolo del tema da analizzare: "Vivere in città: hip hop, anime, case popolari". Sato ha invece preso l'iniziativa, parlando per la maggior parte del tempo ed esternando alcune delle sue più profonde preoccupazioni relative all'attuale situazione del settore dell'animazione nipponica.
Sato ha fornito una visione personale piuttosto scettica sugli anime, affermando che "non si possono fare gli anime come vogliamo" e riferendosi in particolar modo alla dipendenza nei confronti dei sub-appaltatori per le intercalazioni, o fotogrammi intermedi. I sub-appaltatori talvolta non sono affatto consci del tipo di prodotto su cui stanno lavorando, il quale di conseguenza rischia di perdere di spessore e coerenza.
Secondo Sato, questo fatto era evidente già lavorando in Macross, in cui la "continuità tra le immagini è a dir poco terribile, e tuttavia da allora non abbiamo fatto che ripetere lo stesso meccanismo di lavoro".
A causa dell'imponente dipendenza dagli appaltatori asiatici, Sato ha denunciato apertamente l'ideale del "Cool Japan". Secondo lo sceneggiatore, gli anime non sono un fenomeno "cool", perché invece si dimostrano resistenti alle mode del momento, e nè tantomeno essi sono veramente un prodotto nipponico. Sato si è dimostrato critico nei confronti dei vari politici e promotori di turno, i quali utilizzano l'idea del "Cool Japan" essenzialmente per i propri scopi personali.
"L'orgoglio giapponese è una parte del progetto nazionale" ha affermato, ma "Si tratta soltanto di una facciata, poiché la maggior parte delle persone non ha alcuna idea di chi ci sia dietro la produzione", sia che avvenga in Giappone o, più genericamente, in una qualsiasi altra parte dell'Asia.
Arjun Appadurai lo chiama "Il feticismo della produzione", e lo descrive come "Un'illusione creata dal modello di produzione transnazionale contemporaneo: dietro le apparenze nasconde capitale translocale, flussi di profitti transnazionali, gestione globale e manodopera localizzata molto lontano, impegnata su diversi fronti con operazioni ed allestimenti ad elevato contenuto tecnologico. Tutto ciò si riunisce in uno spettacolare idioma che suggerisce la sensazione che esista un controllo di tipo locale, una produttività nazionale e una sovranità territoriale, laddove nella realtà questo non c'è. Il concetto di "località", sia nel senso di sito di produzione locale, che nel senso esteso di stato nazionale, diventa un feticcio che cela forze globalmente disperse, le medesime realtà che guidano il processo di produzione". Una definizione, questa, che sembra fornire una descrizione piuttosto calzante degli anime giapponesi.
Sato ha poi rivolto un'accusa nei confronti degli specialisti del settore dell'animazione, i quali si rifiutano di insegnare ai sub-appaltatori asiatici le tecniche di lavorazione più sofisticate, oppure il metodo di elaborazione delle sceneggiature, e il motivo è di facile intuizione: la trasmissione di conoscenze rilevanti minerebbe la posizione di supremazia del Giappone nella produzione di anime. Nessuno investe in questo campo, quindi tutti gli asiatici non-giapponesi rappresentano un tipo di manodopera di basso profilo, a buon mercato e si adopra per svolgere mansioni meccaniche e ripetitive.
Sato ha identificato questo meccanismo come un problema fondamentale nell'animazione moderna nipponica, un aspetto di questo settore che lo sceneggiatore contrappone a Hollywood, un ambiente che invece ha accolto registi e manodopera specializzata proveniente da tutto il mondo.
Un'ulteriore ed interessante affermazione dello sceneggiatore spiega una delle ragioni per le quali la Cina è un luogo privilegiato per l'outsourcing degli anime: agli estremisti cinesi, che comunque godono di un'ottima istruzione, viene negato l'accesso alle buone offerte di lavoro. Inoltre, essi devono sottostare all'obbligo di risiedere all'interno di circoscritte aree geografiche, le quali sono poi diventate un nucleo industriale pulsante per tutta l'animazione nipponica: in queste zone concentrate si rinviene facilmente un tipo di manodopera che sa scrivere correttamente in ideogrammi cinesi, che ostentatamente copia i disegni degli anime, e che soprattutto ha un estremo bisogno di trovare lavoro. Che si tratti di un aneddoto veritiero o meno, Sato lo ha raccontato come valido esempio per dimostrare le pratiche di sfruttamento e la natura gerarchica della produzione di anime.
Sato si è poi mostrato piuttosto seccato di fronte alla mancanza di rispetto che in Giappone si respira per le storie raccontate negli anime, puntualizzando a titolo di esempio che Ergo Proxy, di cui ha scritto lo svolgimento, è un titolo presente mediante box DVD nei negozi specializzati di in tutto il mondo, ad eccezione del Giappone.
Sato si è affrettato ad aggiungere che molti appassionati di anime hanno scartato a priori la visione di Eureka Seven, considerandolo un clone di Neon Genesis Evangelion senza nemmeno guardarlo. La storia, l'ambientazione e i personaggi sono del tutto differenti, ma ci sono comunque stati secchi pregiudizi basati sulle immagini di una misteriosa ragazza dai capelli blu e dagli occhi rossi che pilota un robot gigante, e sia i personaggi di Rei Ayanami (Evangelion) che di Eureka (Eureka Seven) corrispondono alla descrizione.
Sato è arrivato a chiedersi quanto i fan siano interessati a procedere a letture approfondite, prima di generarne informazioni a singhiozzo, come da classica definizione delle abitudini degli otaku, dall'epoca di Toshio Okada. Soltanto poche persone, forse davvero nessuna, ha proseguito Sato, sono interessate a conoscere il significato dei titoli degli episodi, o il motivo per il quale un determinato mecha fosse chiamato DevilFish o infine quale fosse il riferimento per l'utilizzo della denominazione Summer of Love: in quest'ultimo caso, Sato ha velocemente spiegato che si trattava di un omaggio alla cultura rave in Giappone.
"Purtroppo credo che i fan stiano perdendo la propria alfabetizzazione sui media, l'abilità di leggere la narrativa e le storie, d'intuirne i significati nascosti tra le righe, e persino la curiosità d'interrogarsi su di essi", è stata l'amara considerazione dello sceneggiatore.
Proprio in qualità di sceneggiatore, Sato si è cimentato in un dibattito piuttosto spinoso per quanto riguarda il ruolo delle storie all'interno degli anime giapponesi, dolendosi del fatto che i propri lavori siano stati etichettati come "difficili" (muzukashii-kei), all'opposto di quelli di "blanda atmosfera" (kuuki-kei): nei titoli kuuki-kei non accade mai nulla di rilevante, non esiste alcun sviluppo narrativo, nessuna trama significativa. Sono opere che tendono a focalizzarsi su personaggi carini o moe, riuscendo ad essere molto popolari tra i fan di quest'ultimo genere. Secondo Sato, figure professionali come la sua non ottengono progetti di lavoro, nemmeno se nel frattempo "Hollywood prosegue nello strapparci le idee, e ci riesce benissimo".
Sato non ha detto di avere in antipatia lavori di "blanda atmosfera" come K-On!, ed anzi ne apprezza gli incredibili design; inoltre non critica il fan service perché va ricordato che se molti registi cinematografici giapponesi sono giunti dall'ambiente dei film di genere "rosa", molti animatori provengono invece da esperienze di lavoro professionale con materiale erotico (doujinshi, eroge o ero-anime e manga).
Il desiderio sessuale è una parte fondamentale della pulsione creativa; è soltanto deleterio, però, se questa spinta viene diretta esclusivamente verso i personaggi, sprecando tempo nel mostrare quanto essi riescono a far apparire carine le immagini e i movimenti dell'anime in generale. Ciò mette a repentaglio precisamente quel tipo di movimento che caratterizza l'anime in quanto tale, ovvero lo stimolante lessico visivo emerso negli anime televisivi a partire dagli anni '70.
Poi c'è anche la questione relativa al rischio che si abbassi il livello intellettuale degli anime: "Nessuno vuole saperne di conoscere i NEET, o disoccupati", afferma Sato. "Piuttosto, tutti preferiscono guardare un gruppo di studentesse liceali che creano un complesso musicale e si chiedono "come si suona questa nota?" ". Arrivato a questo punto della conferenza, Sato è diventato livido e si è rivolto con rabbia a coloro che "adooooooooorano gli anime ♥ (anime daichuki)": "Se stiamo sempre a fuggire dalla realtà e dai suoi problemi, quando mai li affronteremo?".
Le ambientazioni che negli anime riproducono più o meno fedelmente dei luoghi reali, costituiscono secondo Sato un problema altrettanto di rilievo: "E' come un'ossessione per noi che lavoriamo nel settore dell'anime". Stimola incredibilmente il turismo, e rende i fan più che soddisfatti, ma "Quando guardo gli anime di oggi, mi rendo conto che non ci è rimasto più un briciolo di orgoglio".
Gli anime sono diventati un "Super sistema collaudato", dove niente può più mutare facilmente. E' un sistema che si sta muovendo verso il modello di Akihabara, con l'importanza dei personaggi, delle immagini, del merchandising, e che Sato vede come una vera e propria perversione dell'idealismo delle origini. In altre parole, significa svendersi.
"Hayao Miyazaki invece era un comunista" ha tuonato Sato infervorandosi sempre più: "Lui voleva combattere il sistema, e aveva ragione!".
Prima di concludere, Dai Sato ha elogiato il rap e l'hip hop in ambito musico-culturale: secondo lo sceneggiatore, sembra che questi movimenti siano tuttora "underground" e di conseguenza le persone in quest'ambito non tradiscono sé stesse a favore di una facile fama di carattere commerciale. Sato ha poi paragonato il manga al rap, perché nella produzione di materiale scritto sono necessarie meno persone, e gli autori tendono a non "svendersi" facilmente.
Il parere di Sato è che anche gli otaku e i rapper non siano poi molto differenti tra loro: essi focalizzano la propria attenzione su qualcosa, e comunicano attraverso la creazione e al tempo stesso facilitando la creazione di nuovo materiale. La convinzione che l'otaku sia diverso dagli altri gruppi giovanili, o che sia in qualche modo migliore o peggiore di qualcuno di loro, è soltanto un'esagerazione mediatica. Persino se il settore commerciale intendesse ignorare qualche autore di proposito, ci sono comunque le doujinshi, o le "super indies" amatoriali, che potranno facilmente riscattarne la popolarità.
Il manga è il terreno da cui gli anime tradizionalmente hanno tratto le proprie storie e la creatività, ma anch'esso sta facendo sempre più affidamento sugli anime. E secondo Sato, "Il manga è l'ultimo porto saldo. Se si perderà quello, non ci sarà più alcun anime".
Ascoltandolo mentre descrive ciò, sembra che Sato stia consapevolmente combattendo contro gli attuali trend degli anime e che al tempo stesso stia cercando di creare storie forti ed originali, attaccando con fervore le storie di tipo "kuuki-kei" e "sekai-kei": in quest'ultimo caso, assistiamo a storie in cui i problemi personali di qualcuno vengono equiparati ai problemi del mondo intero, senza che vi sia alcun intervento nè interessamento da parte della società o dello Stato. Di conseguenza, Sato ha descritto Ergo Proxy e Eden of the East come anti-sekai-kei.
Certamente le questioni sociali sono al centro della serie di Eden of the East: Dai Sato ha confessato di essere stato in parte ispirato a scrivere sulle difficili condizioni dei giovani giapponesi, perché si trovava a Koenji quando Amateur Rebellion (shiroto no ran) stava facendo uso della candidatura di Hajime Matsumoto per fare campagna elettoraale di fronte alla stazione dei treni. Il risultato fu una serie di eventi live all'aperto e manifestazioni hip hop, portati avanti da DJ e alternati a cori che cantavano "non lavoreremo (hatarakanee zo)".
La gioventù disoccupata raccoltasi nel centro commerciale abbandonato in Eden of the East era un riferimento a questi "morti viventi". Andando nei sobborghi e vedendo le case popolari, Sato ha percepito città svuotate senza più energie, senza persone giovani, senza un futuro.
E gli anime, hanno un futuro?
Le cupe previsioni di Sato dicono che gli anime si esauriranno in Giappone nel giro di pochi decenni.
Tuttavia, lo sceneggiatore di Eureka Seven vuole continuare a realizzarli, proprio perché confida fino all'ultimo che questo triste scenario non si verifichi; e per questo, conclude "Mi sto dando da fare affinché ci sia sempre un nuovo progetto su cui lavorare".
Dai Sato, sceneggiatore di fortunati titoli animati del calibro di Cowboy Bebop e del recente Eureka Seven, ha partecipato ad una tavola rotonda di discussione nell'ambito di una conferenza intitolata Cultural Typhoon e tenutasi nel mese di luglio 2010 presso l'università giapponese di Komazawa; accanto a lui hanno presenziato anche il regista cinematografico Katsuya Tomita e il giornalista di musica Shin Futasugi.
Inizialmente era previsto che la conferenza, della durata di due ore, fosse di tipo accademico e abbracciasse questioni ad ampio raggio, dato anche il titolo del tema da analizzare: "Vivere in città: hip hop, anime, case popolari". Sato ha invece preso l'iniziativa, parlando per la maggior parte del tempo ed esternando alcune delle sue più profonde preoccupazioni relative all'attuale situazione del settore dell'animazione nipponica.
Sato ha fornito una visione personale piuttosto scettica sugli anime, affermando che "non si possono fare gli anime come vogliamo" e riferendosi in particolar modo alla dipendenza nei confronti dei sub-appaltatori per le intercalazioni, o fotogrammi intermedi. I sub-appaltatori talvolta non sono affatto consci del tipo di prodotto su cui stanno lavorando, il quale di conseguenza rischia di perdere di spessore e coerenza.
Secondo Sato, questo fatto era evidente già lavorando in Macross, in cui la "continuità tra le immagini è a dir poco terribile, e tuttavia da allora non abbiamo fatto che ripetere lo stesso meccanismo di lavoro".
A causa dell'imponente dipendenza dagli appaltatori asiatici, Sato ha denunciato apertamente l'ideale del "Cool Japan". Secondo lo sceneggiatore, gli anime non sono un fenomeno "cool", perché invece si dimostrano resistenti alle mode del momento, e nè tantomeno essi sono veramente un prodotto nipponico. Sato si è dimostrato critico nei confronti dei vari politici e promotori di turno, i quali utilizzano l'idea del "Cool Japan" essenzialmente per i propri scopi personali.
"L'orgoglio giapponese è una parte del progetto nazionale" ha affermato, ma "Si tratta soltanto di una facciata, poiché la maggior parte delle persone non ha alcuna idea di chi ci sia dietro la produzione", sia che avvenga in Giappone o, più genericamente, in una qualsiasi altra parte dell'Asia.
Arjun Appadurai lo chiama "Il feticismo della produzione", e lo descrive come "Un'illusione creata dal modello di produzione transnazionale contemporaneo: dietro le apparenze nasconde capitale translocale, flussi di profitti transnazionali, gestione globale e manodopera localizzata molto lontano, impegnata su diversi fronti con operazioni ed allestimenti ad elevato contenuto tecnologico. Tutto ciò si riunisce in uno spettacolare idioma che suggerisce la sensazione che esista un controllo di tipo locale, una produttività nazionale e una sovranità territoriale, laddove nella realtà questo non c'è. Il concetto di "località", sia nel senso di sito di produzione locale, che nel senso esteso di stato nazionale, diventa un feticcio che cela forze globalmente disperse, le medesime realtà che guidano il processo di produzione". Una definizione, questa, che sembra fornire una descrizione piuttosto calzante degli anime giapponesi.
Sato ha poi rivolto un'accusa nei confronti degli specialisti del settore dell'animazione, i quali si rifiutano di insegnare ai sub-appaltatori asiatici le tecniche di lavorazione più sofisticate, oppure il metodo di elaborazione delle sceneggiature, e il motivo è di facile intuizione: la trasmissione di conoscenze rilevanti minerebbe la posizione di supremazia del Giappone nella produzione di anime. Nessuno investe in questo campo, quindi tutti gli asiatici non-giapponesi rappresentano un tipo di manodopera di basso profilo, a buon mercato e si adopra per svolgere mansioni meccaniche e ripetitive.
Sato ha identificato questo meccanismo come un problema fondamentale nell'animazione moderna nipponica, un aspetto di questo settore che lo sceneggiatore contrappone a Hollywood, un ambiente che invece ha accolto registi e manodopera specializzata proveniente da tutto il mondo.
Un'ulteriore ed interessante affermazione dello sceneggiatore spiega una delle ragioni per le quali la Cina è un luogo privilegiato per l'outsourcing degli anime: agli estremisti cinesi, che comunque godono di un'ottima istruzione, viene negato l'accesso alle buone offerte di lavoro. Inoltre, essi devono sottostare all'obbligo di risiedere all'interno di circoscritte aree geografiche, le quali sono poi diventate un nucleo industriale pulsante per tutta l'animazione nipponica: in queste zone concentrate si rinviene facilmente un tipo di manodopera che sa scrivere correttamente in ideogrammi cinesi, che ostentatamente copia i disegni degli anime, e che soprattutto ha un estremo bisogno di trovare lavoro. Che si tratti di un aneddoto veritiero o meno, Sato lo ha raccontato come valido esempio per dimostrare le pratiche di sfruttamento e la natura gerarchica della produzione di anime.
Sato si è poi mostrato piuttosto seccato di fronte alla mancanza di rispetto che in Giappone si respira per le storie raccontate negli anime, puntualizzando a titolo di esempio che Ergo Proxy, di cui ha scritto lo svolgimento, è un titolo presente mediante box DVD nei negozi specializzati di in tutto il mondo, ad eccezione del Giappone.
Sato si è affrettato ad aggiungere che molti appassionati di anime hanno scartato a priori la visione di Eureka Seven, considerandolo un clone di Neon Genesis Evangelion senza nemmeno guardarlo. La storia, l'ambientazione e i personaggi sono del tutto differenti, ma ci sono comunque stati secchi pregiudizi basati sulle immagini di una misteriosa ragazza dai capelli blu e dagli occhi rossi che pilota un robot gigante, e sia i personaggi di Rei Ayanami (Evangelion) che di Eureka (Eureka Seven) corrispondono alla descrizione.
Sato è arrivato a chiedersi quanto i fan siano interessati a procedere a letture approfondite, prima di generarne informazioni a singhiozzo, come da classica definizione delle abitudini degli otaku, dall'epoca di Toshio Okada. Soltanto poche persone, forse davvero nessuna, ha proseguito Sato, sono interessate a conoscere il significato dei titoli degli episodi, o il motivo per il quale un determinato mecha fosse chiamato DevilFish o infine quale fosse il riferimento per l'utilizzo della denominazione Summer of Love: in quest'ultimo caso, Sato ha velocemente spiegato che si trattava di un omaggio alla cultura rave in Giappone.
"Purtroppo credo che i fan stiano perdendo la propria alfabetizzazione sui media, l'abilità di leggere la narrativa e le storie, d'intuirne i significati nascosti tra le righe, e persino la curiosità d'interrogarsi su di essi", è stata l'amara considerazione dello sceneggiatore.
Proprio in qualità di sceneggiatore, Sato si è cimentato in un dibattito piuttosto spinoso per quanto riguarda il ruolo delle storie all'interno degli anime giapponesi, dolendosi del fatto che i propri lavori siano stati etichettati come "difficili" (muzukashii-kei), all'opposto di quelli di "blanda atmosfera" (kuuki-kei): nei titoli kuuki-kei non accade mai nulla di rilevante, non esiste alcun sviluppo narrativo, nessuna trama significativa. Sono opere che tendono a focalizzarsi su personaggi carini o moe, riuscendo ad essere molto popolari tra i fan di quest'ultimo genere. Secondo Sato, figure professionali come la sua non ottengono progetti di lavoro, nemmeno se nel frattempo "Hollywood prosegue nello strapparci le idee, e ci riesce benissimo".
Sato non ha detto di avere in antipatia lavori di "blanda atmosfera" come K-On!, ed anzi ne apprezza gli incredibili design; inoltre non critica il fan service perché va ricordato che se molti registi cinematografici giapponesi sono giunti dall'ambiente dei film di genere "rosa", molti animatori provengono invece da esperienze di lavoro professionale con materiale erotico (doujinshi, eroge o ero-anime e manga).
Il desiderio sessuale è una parte fondamentale della pulsione creativa; è soltanto deleterio, però, se questa spinta viene diretta esclusivamente verso i personaggi, sprecando tempo nel mostrare quanto essi riescono a far apparire carine le immagini e i movimenti dell'anime in generale. Ciò mette a repentaglio precisamente quel tipo di movimento che caratterizza l'anime in quanto tale, ovvero lo stimolante lessico visivo emerso negli anime televisivi a partire dagli anni '70.
Poi c'è anche la questione relativa al rischio che si abbassi il livello intellettuale degli anime: "Nessuno vuole saperne di conoscere i NEET, o disoccupati", afferma Sato. "Piuttosto, tutti preferiscono guardare un gruppo di studentesse liceali che creano un complesso musicale e si chiedono "come si suona questa nota?" ". Arrivato a questo punto della conferenza, Sato è diventato livido e si è rivolto con rabbia a coloro che "adooooooooorano gli anime ♥ (anime daichuki)": "Se stiamo sempre a fuggire dalla realtà e dai suoi problemi, quando mai li affronteremo?".
Le ambientazioni che negli anime riproducono più o meno fedelmente dei luoghi reali, costituiscono secondo Sato un problema altrettanto di rilievo: "E' come un'ossessione per noi che lavoriamo nel settore dell'anime". Stimola incredibilmente il turismo, e rende i fan più che soddisfatti, ma "Quando guardo gli anime di oggi, mi rendo conto che non ci è rimasto più un briciolo di orgoglio".
Gli anime sono diventati un "Super sistema collaudato", dove niente può più mutare facilmente. E' un sistema che si sta muovendo verso il modello di Akihabara, con l'importanza dei personaggi, delle immagini, del merchandising, e che Sato vede come una vera e propria perversione dell'idealismo delle origini. In altre parole, significa svendersi.
"Hayao Miyazaki invece era un comunista" ha tuonato Sato infervorandosi sempre più: "Lui voleva combattere il sistema, e aveva ragione!".
Prima di concludere, Dai Sato ha elogiato il rap e l'hip hop in ambito musico-culturale: secondo lo sceneggiatore, sembra che questi movimenti siano tuttora "underground" e di conseguenza le persone in quest'ambito non tradiscono sé stesse a favore di una facile fama di carattere commerciale. Sato ha poi paragonato il manga al rap, perché nella produzione di materiale scritto sono necessarie meno persone, e gli autori tendono a non "svendersi" facilmente.
Il parere di Sato è che anche gli otaku e i rapper non siano poi molto differenti tra loro: essi focalizzano la propria attenzione su qualcosa, e comunicano attraverso la creazione e al tempo stesso facilitando la creazione di nuovo materiale. La convinzione che l'otaku sia diverso dagli altri gruppi giovanili, o che sia in qualche modo migliore o peggiore di qualcuno di loro, è soltanto un'esagerazione mediatica. Persino se il settore commerciale intendesse ignorare qualche autore di proposito, ci sono comunque le doujinshi, o le "super indies" amatoriali, che potranno facilmente riscattarne la popolarità.
Il manga è il terreno da cui gli anime tradizionalmente hanno tratto le proprie storie e la creatività, ma anch'esso sta facendo sempre più affidamento sugli anime. E secondo Sato, "Il manga è l'ultimo porto saldo. Se si perderà quello, non ci sarà più alcun anime".
Ascoltandolo mentre descrive ciò, sembra che Sato stia consapevolmente combattendo contro gli attuali trend degli anime e che al tempo stesso stia cercando di creare storie forti ed originali, attaccando con fervore le storie di tipo "kuuki-kei" e "sekai-kei": in quest'ultimo caso, assistiamo a storie in cui i problemi personali di qualcuno vengono equiparati ai problemi del mondo intero, senza che vi sia alcun intervento nè interessamento da parte della società o dello Stato. Di conseguenza, Sato ha descritto Ergo Proxy e Eden of the East come anti-sekai-kei.
Certamente le questioni sociali sono al centro della serie di Eden of the East: Dai Sato ha confessato di essere stato in parte ispirato a scrivere sulle difficili condizioni dei giovani giapponesi, perché si trovava a Koenji quando Amateur Rebellion (shiroto no ran) stava facendo uso della candidatura di Hajime Matsumoto per fare campagna elettoraale di fronte alla stazione dei treni. Il risultato fu una serie di eventi live all'aperto e manifestazioni hip hop, portati avanti da DJ e alternati a cori che cantavano "non lavoreremo (hatarakanee zo)".
La gioventù disoccupata raccoltasi nel centro commerciale abbandonato in Eden of the East era un riferimento a questi "morti viventi". Andando nei sobborghi e vedendo le case popolari, Sato ha percepito città svuotate senza più energie, senza persone giovani, senza un futuro.
E gli anime, hanno un futuro?
Le cupe previsioni di Sato dicono che gli anime si esauriranno in Giappone nel giro di pochi decenni.
Tuttavia, lo sceneggiatore di Eureka Seven vuole continuare a realizzarli, proprio perché confida fino all'ultimo che questo triste scenario non si verifichi; e per questo, conclude "Mi sto dando da fare affinché ci sia sempre un nuovo progetto su cui lavorare".
La situazione degli anime non è catastrofica, perchè negli ultimi abbiamo avuto anche anime di qualità come Durarara, Eden of the est, Dennou Coil.. il problema è che di solito i pochi anime decenti non seli fila quasi nessuno. Anche in Giappone. Basta entrare in un negozio come Animate e guardare gli scaffali, si capisce subito cosa attira il pubblico.
Non io sicuramente. non mi piace. Apprezzo quasi tutti i generi ma se un genere non mi piace non è che vengo nel blog e cerco di convincere gli altri delle mie idee personali, personali perchè ciò che pensi è una tua idea non quella di tutti (nel senso che dubito fortemente che il genere moe sia un prodotto mirato solo per otaku).
Assolutamente giusto il discorso sull'italiano medio.
Ma c'è ancora del buono nell'animazione moderna, come c'è sempre stato. Certo è sempre più centellinato, ma l'appiattimento culturale e il disimpegno intellettuale imperanti, come si può evincere, non affliggono solo l'Italia. E purtroppo non è un problema che riguarda soltanto l'animazione.
Certo, farebbe piacere vedere più anime impegnati e complessi che abbiano storie più ragionate, problematiche e stimolanti. Ma farebbe ancora più piacere che più fruitori chiedessero ciò. Siccome al fan medio non interessano cose su cui dover riflettere o che creino dubbi, domande e che portino alla riflessione critica - sai che palle!... -, allora per chi dovrebbero essere creati anime del genere? Che poi sarebbero i migliori, quelli di qualità, detto per inciso.
E' proprio vero, l'alfabetizzazione sui media si sta perdendo.
"Nessuno vuole saperne di conoscere i NEET, o disoccupati. Piuttosto, tutti preferiscono guardare un gruppo di studentesse liceali che creano un complesso musicale e si chiedono "come si suona questa nota?" "
Come dargli torto? Anche a me fa infervorare che un anime pieno zeppo di moe abbia successo, ma (quasi)capolavori come Eden of the East, Eureka Seven o Bakemonogatari vengano subito accantonati perchè noiosi, strani o "già visti".
Non avrei così in antipatia K-on! e altre serie simili se non fossero macchine per soldi: l'anime fa una pubblicità enorme a canzoni che verrano poi distribuite come singoli, per un giro d'affari milionario... Un esempio: fase 1) Ambientare la trama in un liceo. Fase 2) piazzare già nel primo episodio la scena di un concerto (e non si capisce veramente che c'entri con la trama) per fare pubblicità alla canzone suonata.
A questo punto non penso che questi anime vengano fatti con grande passione, ma piuttosto con un bel progetto commerciale in mente...
Quoto Spider per questo: certi anime sono indimenticabili, e c'è un motivo se lo sono.
E poi, come pretendiamo di elevare gli anime ad arte visiva se poi questi vengono prodottti meramente a scopo di lucro con trame e personaggi da quattro soldi?
Io ho fiducia nel futuro, ma spero che prodotti così commerciali e blandi non diventino gli unici disponibili sul mercato.
La questione artistica poi, e' veramente sottovalutata; il Conte di Montecristo. tanto per citare un esempio, parte con un intreccio già rodato ( modificato forse bene forse male, certamente modifica non necessaria ) ma realizzato terribilmente, con il pretesto di uno stile alla klimt.
La pretestuosità della polemica sta nel non sottolineare una verità lampante, ovvero che gli anime realizzati meglio sono quelli a contenuto erotico o ecchi
Passo alle parole di sato:
"L'orgoglio giapponese è una parte del progetto nazionale" ha affermato, ma "Si tratta soltanto di una facciata, poiché la maggior parte delle persone non ha alcuna idea di chi ci sia dietro la produzione", sia che avvenga in Giappone o, più genericamente, in una qualsiasi altra parte dell'Asia.
Esternazione molto acuta e veriteria che però sempre peccare un pò di ingenuita: E' normale che l'animazione nipponica sia diventato a tutti gli efetti un prodotto da vendere. Normale che l'aumento,per necessità di vendita, del prodotto ne abbassi gli standard qualitativi.
Arjun Appadurai lo chiama "Il feticismo della produzione",
Come dicevo è nella globalizzazione che c'è il succo del discorso. Naturale che avviene un processo di mistificazione localizzata per poter vendere un prodotto come qualitativo, vedesi ad esempio un qualsiasi prodotto italiano tarocco. L'animazione jappa si è solo adeguata al sistema.
Sato ha poi rivolto un'accusa nei confronti degli specialisti del settore dell'animazione, i quali si rifiutano di insegnare ai sub-appaltatori asiatici le tecniche di lavorazione più sofisticate, oppure il metodo di elaborazione delle sceneggiature, e il motivo è di facile intuizione: la trasmissione di conoscenze rilevanti minerebbe la posizione di supremazia del Giappone nella produzione di anime.
Sato sembra peccare anche quà di una certa ingenuità, visto che il fenomeno delle delocalizzazione dell'animazione jap in corea,ma soprattutto in cina è un fenomeno storico oramai, praticato da inizio anni 80, per abbattere i costi.
La questione è molto complessa, ma indubbiamente la proposta di sato, potrebbe anche esser articolata meglio, così da dara garanzia anche agli estremisti dell' only made in japan.
Sato si è poi mostrato piuttosto seccato di fronte alla mancanza di rispetto che in Giappone si respira per le storie raccontate negli anime,
Grandissima verità! Le spettatore medio non ha più la pazienza di aspettare, vuole tutto e subito. C'è una totale incapacà, avvolte, di voler riflettere su ciò che si gurda, penetrale i vali livelli di lettura, confrontare.
Sato si è affrettato ad aggiungere che molti appassionati di anime hanno scartato a priori la visione di Eureka Seven, considerandolo un clone di Neon Genesis Evangelion senza nemmeno guardarlo
Antica ed annosa polemica su e7, che pare non esser propria adanta giù a sato. Infatti benchè abbia vinto camionate di premi e critche positive, il nostro voleva il grande riconoscimento che non c'è stato per i motivi che ha ricordata lui stesso. Cmq e7 va giudicato per quello che è: Non ha scoperto nulla di nuovo, ma è un ottimo minestrone con tanti ingradienti ammalgati in modo coerente o quasi. Insomma le sterili polemiche non posso scalfire una tale opera questo è certo.^^
"Purtroppo credo che i fan stiano perdendo la propria alfabetizzazione sui media, l'abilità di leggere la narrativa e le storie, d'intuirne i significati nascosti tra le righe, e persino la curiosità d'interrogarsi su di essi", è stata l'amara considerazione dello sceneggiatore.
questo andrebbe scritto a lettere d'oro davanti ad ogni studio d'animazione attuale.
Sato non ha detto di avere in antipatia lavori di "blanda atmosfera" come K-On!, ed anzi ne apprezza gli incredibili design; inoltre non critica il fan service perché va ricordato che se molti registi cinematografici giapponesi sono giunti dall'ambiente dei film di genere "rosa", molti animatori provengono invece da esperienze di lavoro professionale con materiale erotico (doujinshi, eroge o ero-anime e manga).
Quà vado ad interpretare: Sato non può sputare nel piatto in cui mangia, ergo non contesta duramente gli anime moe, ma praticamente lo fa poco sopra quando dice che tali prodotti non gli danno da lavorare. Insomma qua non si è saputo districare bene ed ha fatto un mezza gaff, ma il concetto è chiaro mi pare: troppi anime a catene di montaggio hanno abbattuta la possibilità di sviluppare progetti alternativi e più creativi.
Poi c'è anche la questione relativa al rischio che si abbassi il livello intellettuale degli anime: "Nessuno vuole saperne di conoscere i NEET, o disoccupati", afferma Sato. "Piuttosto, tutti preferiscono guardare un gruppo di studentesse liceali che creano un complesso musicale e si chiedono "come si suona questa nota?"
Concetto chiarito egregiamente in eden dallo stesso sato, lo dice poco sotto lui stesso, anzi eden è proprio una perculata nei confronti del otaku passivo a tutti gli effetti.
Mi fermo quà, ma indubbiamente questo articolo crea molteplici spunti di filessione che adrebbero aprofonditi.
Riguardo le robe da commediaccia, dipende da come è dove lo metti. Le misure in diversi casi delle forme femminili poi rasentano ormai sempre il ridicolo! Anche nelle commediacce.
"Ranma", almeno la serie animata, presenta nudità solo in alcune delle prime puntate e poi mi pare quasi nada, a parte la puntata dei bagni pubblici.
eiken, sembra che ti abbiano ciullato la macchina visto il tono? XD
Comunque, "K-on!" leggendo la trama, mi pare sia una serie che può piacere o non piacere, ma non credo sia quella che vada presa come esempio negativo, almeno la serie in sè. Il merchandising, purtroppo, o per fortuna, ha sempre avuto, nel corso del tempo un ruolo piuttosto rilevante.
RyOGO non credo che la situazione fosse la stessa. Secondo me "Gundam" è stata "solo" un' evoluzione. Già c' erano stati "Zambot III", in parte "Daitarn III" e anche in parte "Daltanius". Tutti Sunrise tra l' altro.
È vero che si erano prodotte una miriade di serie robotiche, però il panorama era alquanto diverso.
I meisaku? Ma se erano trasposizioni di romanzi. Che centra? Mah! E poi le ragazzine più sfigate sono arrivate a metà anni 80 circa mi sembra.
Comunque è una cosa ciclica. Si pensi a fine anni 60, inizio 70 quando c' erano diverse serie sportive con non si sà quante sul baseball, uno degli sport nazionali del Giappone! Con un ritorno negli anni 80 e con H&B a fare da apripista ad altre serie sul calcio a cavallo degli anni 80 e 90 senza dimetnicare le "figlie" di "Sailor moon".
Succede un pò in tutti i campi. Prendiamo ad esempio il cinema quando si producono diversi film catastrofici o tratti da serie TV e da fumetti.
"E' vero che in ogni tempo c'è stato un'invasione di genere, ma non come in quest'ultimi anni, dove in una stagione di anime, si vedono solo immagini di ragazzine semi nude, un simil-ecchi che si avvicina quasi all'hentai.
Purtroppo è una crisi che non colpisce solo gli anime, ma anche il cinema soprattutto americano, film con storie valide si contano sulle dita di una mano. Non parliamo poi del 3D che tutti vogliono fare, ma che gli spettatori già non ne possono più."
Quoto!
Mi è capitato di leggere che il punto critico si sarebbe raggiunto a cavallo degli anni 60 e 70 con tanto di sciopero dei dipendenti della Toei. L' apporto di Nagai con anche "Mazinga Z" contribuì a risollevare le sorti dell' animazione televisiva.
Poi ovviamente, come avete anche già scritto, non bisogna citare ovviamente solo le serie commediaccia che campano solo di situazioni già straviste ed usurate.
"Code geass" ad esempio a me è sembrato troppo pacchiano con personaggi a volte irritanti e mi pare solo uno o due simpatici. "Gurren Lagann" non ne parliamo. Proprio sconclusionata con ogni tot che si decide di cambiare strada su che serie debba essere. Nasce come commediaccia quasi tout court per cambiare del tutto e trovarsi a vedere solo un' altra serie. E cambia ancora! Mah!
Vabbè che quì si va quasi del tutto sui gusti personali.
Poi mi è capitato di leggere nella scheda un commento interessante che dice che probabilmente la serie è nata sulla scia del remake di "Gaiking".
Ah, pardon! Mi ero scordato su "Eureka 7". Per ora non mi sembra male, ma la trovo alquanto altalenante come serie.
se dovessi scegliere tra anime di oggi, e non averne.. sceglierei sedutastante la seconda opzione. L'animazione giapponese non è più quella di una volta: E' morta.
Come i meisaku siano stati presi di peso dai romanzi (europei), gli anime moe sono presi di peso soprattutto dalle light novel, e comunque non parlo certo dell'ispirazione...
E comunque ricordo benissimo che non c'erano solo questi 2 generi, anche gli spokon come ricordi tu, e altro ancora (oltre a porcherie come Coccinella e Ippotommaso).
veramente? Ma non capisco cosa intendi per realizzati meglio, certo il cara deve essere accattivanete per attirare il pubblico maschile, ma questo certo non implica che siano fatti meglio nel complesso.
Rimane indiscusso che il concetto di serializzazione si sposa malissimo con le trame, e' improponibile ( e per questo Sato mi stupisce ) concepire una factory della narrazione, un'industria che sforna vicende di qualità ogni anno e sempre compatibili con almeno 24 puntate.
Secondo me le parole di sato vanno lette come uno sfogo poco ragionato e un pò ingenuo, non ci star tanto a cavvilare sopra.Che poi fare una anime di qualità e mentenerla è impossbile, visto che gli altri e bassi ci sono sempre
eggià una volta tutto era meglio... ormai la fine del mondo è vicina si salvi chi può.
è mai possibile,dico io,che dopo la fama deve venire per forza la fame? non era bello il contrario,quando si tirava il sangue da una rapa e uscivano opere memorabili?
dove è finito il concetto di esportazione? nel cesso,direttamente,quel cesso che ha un nome,si chiama globalizzazione e commercializzazione in temipi brevissimi,e se non si cambia tendenza,la fine comunicataci da sato è più vicina di quanto si crede.
una via sbagliata,comunque,di cui ormai c'è traccia già da un paio d'anni a questa parte,non mi va di tornare sul gusto retrò di vecchi anime,ma almeno che abbiano quello spirito nella realizzazione.
ed è qui che stanno le loro colpe ed è forse meglio che non ci vengano a dire che siamo incompetenti o similari,ma semplicemente degli attenti osservatori di ciò che la loroi mente pigra sta producendo,cioè il nulla.
In particolare quando parla di Eureca 7 è abbastanza patetico; non credo che se il fatto di essere definito il clone di evangeglion gli avesse portato dei vantaggi lui si sarebbe opposto a questa definizione per non parlare dei chiari richiami che di certo non possono essere tutti coperti chiamandoli tributi a NGE.
In conclusione direi che quello che dice è giusto però non si metta ha fare l'idealista e eviti frasi ad effetto. Lui come gli altri che tanto condanna punta ai soldoni.
Ormai, basta vedere che anime in giro.
Ormai credo che siano piu unici che rari , anime o manga con storie in grado di appassionare per quello che nettamente è il loro vero valore sia grafico che narrativo.
Mettiamola sul piano di Cowboy Bebop per prendere l'esempio di quest'uomo.
Il signor Sato poi ha le sue motivate ragioni per dire tutto ciò, dopo tutto anche lui vive in prima persona ciò che comporta il suo lavoro.
Ma ormai il mondo è tutto un grande mercato finanziario su ogni cosa.
E credo sia impossibile cambiare tutto ciò.
Rispettando i gusti degli altri ovviamente ad uno può piacere un anime uno stile e ad un altro no.
Basta solamente guardare che anime trasmettono in giappone per capire che ormai è tutto fondato sul grande mercato e distribuzione ed ovviamente anche anime/manga dal calibro di One Piece o Naruto oppure Gundam,Evangelion ..... vengono invasi da un Merchandise di livelli sproporzionati !
Perchè ormai mi pare interessi solo creare Gadgets dai piu assurdi a quelli un pò piu moderati.
Per non parlare di anime (che personalmente non mi piacciono e detesto x°D) come Harui o Lucky Star , che diventano soggetti al mercato favorito dai Fans.
o credo che una parte veda in gioco anche noi appassionati o Fans.come ci si vuol far chiamare.
questa è la mia opinione a riguardo ma condivido a pieno con altre opinioni lette. ed io continuo a sostenere i mitici anni 90 u.u
*fugge*
COMUNQUE quando ho visto la sua foto so scoppiata a ridere così tanto che ho rischiato il soffocamento con il thè che stavo bevendo x°D (scusate dovevo dirlo x°D quanto so torda <<")
praticamente mai,perchè c'è un'imposizione bella e buona che nessuno di noi ha mai voluto,nessuno di noi continua a concepire e nessuno di noi vuol darne ulteriori spiegazioni oltre a quelle già date.
pertanto credo sia giusto che i tromboni dei produttori facciano un esame di coscienza e di portafogli e comincino ad intavolare idee che abbiano un senso e una qualità,elementi che fanno decuplicare le vendite,non dimentichiamolo.
<i>COMUNQUE quando ho visto la sua foto so scoppiata a ridere così tanto che ho rischiato il soffocamento </i>
Eccola, finalmente l'ho trovata!! Una persona con una reazione simile alla mia, quando ho visto la foto ^^
Più che altro perché ora mi risulta veramente arduo immaginarmi Sato inviperito...sembra avere un animo così tranquillo e pacifico
fossi in lui,essendo dello star system,quindi uno dei principali colpevoli di questo impigrimento artistico che sta portando alla sua tanto declamata rovina,deve usare olio di gomito e darsi da fare.
deve farlo perchè deve dare l'esempio,altrimenti è inutile che ci venga a fare queste prediche,è inutile che ci si abbassi alla berlina in questa maniera oserei dire turpe e fastidiosa.
il problema è che chi non lo conosce,potrebbe additarlo,non solo verrebbe meno anche la sua credibilità di artista,uno potrebbe pensare "farebbe meglio ad occuparsi dei suoi lavori,se ne ha uno in cantiere"
capisco lo spirito di competizione,evidente soprattutto nei maschietti,ma quando si esagera lo si fa parecchio,ed è un peccato!
Potrebbe essere altrettanto interessante la scorporazione che sta subendo l'aspetto e il contenuto. Come nella cinematografia, era improponibile 30 anni fa un film impegnato ma realizzato con i piedi, essendo il linguaggio intrinseco nella figura.
A mio parere, se si dovesse fare una critica verso l'animazione seriale, viene prima la pochezza estetica e poi la trama; la prima esiste anche in autonomia ( hentai per esempio ) la seconda no.
Quindi Sato, a mio avviso, sbaglia due volte nella sua affermazione; non serve nessun insegnamento particolare, la responsabilità e' da attribuire solo al tempo impiegato
sappiamo tutti che le strategie mediatiche attuali non sono proprio il massimo quelle provenienti dal giappone,ma se non sono loro gli inziatori di nuove epoche senza perdere tempo in discussioni pigre ed inutili dove andranno a finire?
che dobbiamo fare,tornare indietro e rimanere fino alle opere giunte fino a qualche anno fa e replicare sempre le stesse?
nossignore,va fatta un'inversione di tendenza e più gente a sgobbare sulle medesime,olio di gomito,fantasia,fatica e sudore,e come si dice per la nutella,e poi vedi come corrono!
francamente non ci vedo nulla di interessante sia a livello di trama che di disegni,ovviamente si salvano colorazione e animazioni grazie all'avanzare della cg,ma stiamo avendo la valida dimostrazione che effettivamente non sono tutto in un'opera.
da una parte cerco,pur nel piccolo,di dare fiducia ai prodotti che verranno,ma se continuano sulle delusioni di questi ultimi 6-7 anni a parte rari casi,la fine sarà molto vicina,anche s emi secca d auna parte dare ragione ad un artista che non si sta impegnando per risollevare la questione che tanto lo stesso auspica.
non è col predicar bene e razzolar male che si risolve subito tutto,eh!
In effetti non so quanto l'audience di anime sia in genere tendente a percepire gli elementi più "intimi" che gli autori trasmettono nelle storie (vedi i nomi che rchiamano ad elementi lettarari o similia) ma resta il fatto che negli ultimi anni si sono affermate serie comunque molto valide da tal punto di vista (vedi Code geass)
Commedie tra loro originali e divertenti. Non tutte uguali ad altre. Negli anni 80 e 90 ci sono stati cloni di Lamù a livello televisivo? Mi pare di no. Invece in questi ultimi anni ecco sbucartene, con varie varianti! Mah! Senza ovviamente l' originalità, la demenzialità e l' inventiva dell' originale. Esistono gli Ataru oggi? Personaggi magari "idioti" per certi aspetti, ma capaci di una grande energia e trascinamento?
Forse Arima di "School rumble", serie decisamente divertente e godibile, dove certe situazioni fanno da contorno e servono per creare gag e non per essere gratutite e sin troppo invasive.
Veu, sono decisamente d' accordo!
CG E GL (non esente da cretinate inutli da irritant-service), anche se ma non sono tanto piaciute, pare abbiano avuto un successo su largo pubblico da come ho capito. O sbaglio? Certo, si parla ormai di 3 anni fa.
Sulle light novel, beh, anche negli anni 90 se ne traevano. Vedi "Record of lodoss war", "Slayers" e "Orphen" se non erro per dire. Purtroppo si è preso e si stà prendendo a man bassa dai videogiochi! °_O Ma dov' è finita l' inventiva? Boh!
"nossignore,va fatta un'inversione di tendenza e più gente a sgobbare sulle medesime,olio di gomito,fantasia,fatica e sudore,e come si dice per la nutella,e poi vedi come corrono!"
Quoto! Non pretendo che m' inventino dei generi ci mancherebbe. Basterebbe giostare tra questi senza tanto limitarsi agli stereotipi e all' irritant-service. Prendere ad esempio il già citato SR.
O "Nadia - il mistero della pietra azzurra". C' è a chi piace e a chi no, ma a mio avviso, partendo come remake da come ho capito di Laputa e quindi rifacendosi a Miyazaki da come si vede nella serie, è riuscita a
a crearsi una propria personalità. Poi vabbè, c' è stata qualche vaccata alla fine, ma è un altro discorso.
C' è HS che c' è chi lo ama e chi lo odia. Dopo aver visto qualche immagine sono un pò "sospettoso", ma credo, quando RAI 4 lo trasmetterà, che gli darò un' occhiata, sperando di non rimanere deluso come successo con GL.
"veramente? Ma non capisco cosa intendi per realizzati meglio, certo il cara deve essere accattivanete per attirare il pubblico maschile, ma questo certo non implica che siano fatti meglio nel complesso."
Già! A vedere le immagini e anche leggere certi commenti nelle schede a me non sembra. Poi hanno sempre più il disegno simile e certi personaggi sembrano tutti o quasi uguali che se gli togli i capelli. Boh!
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