Riportiamo dal nuovo blog di Yupa alcuni commenti e considerazioni sulla traduzione italiana di One Piece, edito da Star Comics:
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Non è cosa che mi piace, criticare le traduzioni altrui. Quelle fumettistiche e dal giapponese, intendo. Cioè, quelle del mio campo.
Il rischio sarebbe alto, di far la figura del saccente che agita il ditino ma non s’accorge di non far tanto meglio di chi critica.
Piuttosto che spender tempo a far le pulci agli errori altrui, sicuramente meglio impegnarlo per evitarne di proprî.
Ovviamente questo non significa che non legga lavori altrui, anzi.
E che non ci trovi cose assai discutibili, o che mi sembrano tali; e naturalmente anche molto da cui imparare, invece.
Solo che di norma non mi metto a scriverne qui, sul blog, o altrove.
Poi in certi casi leggo lavori altrui anche per lavoro, oltre che per piacere.
Ad esempio pare che dovrò occuparmi della traduzione italiana di ONE PIECE, a partire dal volume 62. E quindi mi sto leggendo tutti i (non pochi…) volumi precedenti.
La premessa di cui sopra serve a chiarire una cosa, cioè che: quanto segue non vuole essere una critica (o un elogio) a come finora è stato tradotto ONE PIECE, non vuole essere una caccia all’errore, magari con intenti di berlina.
Come spero sarà evidente, si tratta d’una riflessione che prende come spunto alcune cose che ho trovato in ONE PIECE, ma che riguarda più in generale un certo modo di trattare certi termini giapponesi che ricorrono nei fumetti. O meglio, un certo modo di non trattarli.
Modo che fatico a capire.
La cosa, in realtà, è molto semplice.
Spesso certi termini nelle edizioni italiane non vengono tradotti, quando invece – secondo me – si dovrebbe; vengono semplicemente trascritti.
Di solito si tratta di nomi che stanno a metà strada tra il nome proprio e il nome comune.
Passo direttamente a tre esempî presi appunto da ONE PIECE, così si capirà sùbito cosa intendo.
- Tra i primi avversarî affrontati dai protagonisti c’è una ciurma di pirati che si chiama “Kuroneko”. Si tratta d’una ciurma a tema gattesco e felino in genere ^ω^ Quindi si combatte a suon di artigli graffianti, passi felpati e via dicendo. Il punto è che il nome della ciurma, in italiano, è lasciato “Kuroneko”, quando invece si sarebbe dovuto tradurlo, visto che significa “Gatto Nero”…
- Tra le illustrazioni che aprono i singoli capitoli e che, in sequenza, formano storielle indipendenti, viene ritratta una tribù di selvaggi (o di diversamente civilizzati, se volete). E anche qui il nome non è stato tradotto ma solo trascritto: “Kumate”. Che significa “Zampa d’orso”. E difatti l’emblema della tribù è una zampa ursina stilizzata, dipinta anche sul dorso stesso delle mani dei diversamente civilizzati (o selvaggi, se volete).
- Questo è un dettaglio, ma segue la logica di cui sopra. Il ristorante del mare ha una testa staccabile a forma di pesce, utilizzata nelle emergenze per attaccare aggressori particolarmente tenaci. In italiano viene chiamata “Sabagashira”, ma anche qui c’è un significato che è andato perso: “sabagashira” significa “testa di sgombro”.
Ora, non so come mai questa tendenza a trascrivere invece di tradurre, e senza nemmeno apporre una nota a piè di vignetta che spieghi i significati. Non so se sia una forma di pigrizia, o una scelta iperprotezionistica verso il testo giapponese (magari temendo il risentimento dei lettori più puristi).
Sia quel che sia, il risultato è comunque un impoverimento, specie quando il fumetto è umoristico, e quindi il lettore dovrebbe dilettarsi coi giochi di parole e disegni, coi rimandi arguti compiuti dall’autore. Giochi e rimandi che in tal modo però vanno persi.
Si può capire che in alcuni casi si tratti quasi di nomi proprî, che quindi non vanno tradotti. Nello stesso modo in cui non si traducono i nomi giapponesi ordinarî, quali Misao o Hotaru.
Ma quando il nome è invenzione dell’autore, e da questi utilizzato per ottenere un determinato effetto, per rompere l’ordinarietà dei nomi di persone e cose, allora la traduzione ci va.
Questo discorso, come ho sottolineato, va ben al di là dei singoli casi riportati per ONE PIECE.
Si tratta di una tendenza che ho riscontrato anche in altri fumetti.
I casi più delicati sono quelli con un’ambientazione storica, o che comunque recuperano termini, idee, oggetti, figure della tradizione nipponica.
Nomi di nemici, di gruppi di nemici, di tecniche magiche o di combattimento, di forme d’energia, di luoghi immaginarî, di entità supere o infere, e così via: spesso sono ripescaggi di termini tradizionali, o reinvenzioni o combinazioni degli stessi. E ovviamente sono difficili da trattare, perché intricati, pongono scelte ardue, esigono un certo lavoro. Un lavoro anche molto faticoso, quando l’autore si diverte a fondere giapponese, inglese, e quant’altro, e questo non succede di rado.
Ma la fatica va fatta.
E finché c’è qualcosa che si può tradurre, lo si traduce.
Anche perché sono ancora pochi i termini nipponici entrati effettivamente nell’uso comune italiano, e dall’italiano comune comprensibili: shōgun, kimono, karate, e non molto di più…
Scegliere invece la via facile della semplice trascrizione produce effetti poco felici:
- Come già detto, impoverisce il testo, ne assottiglia la poliedricità semantica, lo appiattisce.
- Introduce un elemento di esotismo dove in origine d’esotico non c’era nulla: il termine che per il lettore giapponese ha un significato immediato e trasparente, per quello italiano diventa un insieme di suoni indecifrabili.
- Per il lettore italiano la fruizione diventa più macchinosa, ostica e lenta.
- E infine per il lettore meno addentro al fumetto giapponese l’accesso a quest’ultimo diventa più difficile, la distanza tra i due viene aumentata proprio lungo il canale, quello della traduzione e dell’adattamento linguistico, che invece dovrebbe far da ponte primario, se non unico.
Non certo ciò di cui s’ha bisogno, in tempi in cui si lamenta (e giustamente) che il fumetto – non solo quello giapponese – meriterebbe un pubblico ben più ampio delle nicchie in cui ancora riesce a sopravvivere…
Fonti:
Blog di Yupa

Il rischio sarebbe alto, di far la figura del saccente che agita il ditino ma non s’accorge di non far tanto meglio di chi critica.
Piuttosto che spender tempo a far le pulci agli errori altrui, sicuramente meglio impegnarlo per evitarne di proprî.
Ovviamente questo non significa che non legga lavori altrui, anzi.
E che non ci trovi cose assai discutibili, o che mi sembrano tali; e naturalmente anche molto da cui imparare, invece.
Solo che di norma non mi metto a scriverne qui, sul blog, o altrove.
Poi in certi casi leggo lavori altrui anche per lavoro, oltre che per piacere.
Ad esempio pare che dovrò occuparmi della traduzione italiana di ONE PIECE, a partire dal volume 62. E quindi mi sto leggendo tutti i (non pochi…) volumi precedenti.
La premessa di cui sopra serve a chiarire una cosa, cioè che: quanto segue non vuole essere una critica (o un elogio) a come finora è stato tradotto ONE PIECE, non vuole essere una caccia all’errore, magari con intenti di berlina.
Come spero sarà evidente, si tratta d’una riflessione che prende come spunto alcune cose che ho trovato in ONE PIECE, ma che riguarda più in generale un certo modo di trattare certi termini giapponesi che ricorrono nei fumetti. O meglio, un certo modo di non trattarli.
Modo che fatico a capire.
La cosa, in realtà, è molto semplice.
Spesso certi termini nelle edizioni italiane non vengono tradotti, quando invece – secondo me – si dovrebbe; vengono semplicemente trascritti.
Di solito si tratta di nomi che stanno a metà strada tra il nome proprio e il nome comune.
Passo direttamente a tre esempî presi appunto da ONE PIECE, così si capirà sùbito cosa intendo.
- Tra i primi avversarî affrontati dai protagonisti c’è una ciurma di pirati che si chiama “Kuroneko”. Si tratta d’una ciurma a tema gattesco e felino in genere ^ω^ Quindi si combatte a suon di artigli graffianti, passi felpati e via dicendo. Il punto è che il nome della ciurma, in italiano, è lasciato “Kuroneko”, quando invece si sarebbe dovuto tradurlo, visto che significa “Gatto Nero”…
- Tra le illustrazioni che aprono i singoli capitoli e che, in sequenza, formano storielle indipendenti, viene ritratta una tribù di selvaggi (o di diversamente civilizzati, se volete). E anche qui il nome non è stato tradotto ma solo trascritto: “Kumate”. Che significa “Zampa d’orso”. E difatti l’emblema della tribù è una zampa ursina stilizzata, dipinta anche sul dorso stesso delle mani dei diversamente civilizzati (o selvaggi, se volete).

Ora, non so come mai questa tendenza a trascrivere invece di tradurre, e senza nemmeno apporre una nota a piè di vignetta che spieghi i significati. Non so se sia una forma di pigrizia, o una scelta iperprotezionistica verso il testo giapponese (magari temendo il risentimento dei lettori più puristi).
Sia quel che sia, il risultato è comunque un impoverimento, specie quando il fumetto è umoristico, e quindi il lettore dovrebbe dilettarsi coi giochi di parole e disegni, coi rimandi arguti compiuti dall’autore. Giochi e rimandi che in tal modo però vanno persi.
Si può capire che in alcuni casi si tratti quasi di nomi proprî, che quindi non vanno tradotti. Nello stesso modo in cui non si traducono i nomi giapponesi ordinarî, quali Misao o Hotaru.
Ma quando il nome è invenzione dell’autore, e da questi utilizzato per ottenere un determinato effetto, per rompere l’ordinarietà dei nomi di persone e cose, allora la traduzione ci va.
Questo discorso, come ho sottolineato, va ben al di là dei singoli casi riportati per ONE PIECE.
Si tratta di una tendenza che ho riscontrato anche in altri fumetti.
I casi più delicati sono quelli con un’ambientazione storica, o che comunque recuperano termini, idee, oggetti, figure della tradizione nipponica.

Ma la fatica va fatta.
E finché c’è qualcosa che si può tradurre, lo si traduce.
Anche perché sono ancora pochi i termini nipponici entrati effettivamente nell’uso comune italiano, e dall’italiano comune comprensibili: shōgun, kimono, karate, e non molto di più…
Scegliere invece la via facile della semplice trascrizione produce effetti poco felici:
- Come già detto, impoverisce il testo, ne assottiglia la poliedricità semantica, lo appiattisce.
- Introduce un elemento di esotismo dove in origine d’esotico non c’era nulla: il termine che per il lettore giapponese ha un significato immediato e trasparente, per quello italiano diventa un insieme di suoni indecifrabili.
- Per il lettore italiano la fruizione diventa più macchinosa, ostica e lenta.
- E infine per il lettore meno addentro al fumetto giapponese l’accesso a quest’ultimo diventa più difficile, la distanza tra i due viene aumentata proprio lungo il canale, quello della traduzione e dell’adattamento linguistico, che invece dovrebbe far da ponte primario, se non unico.
Non certo ciò di cui s’ha bisogno, in tempi in cui si lamenta (e giustamente) che il fumetto – non solo quello giapponese – meriterebbe un pubblico ben più ampio delle nicchie in cui ancora riesce a sopravvivere…
Fonti:
Blog di Yupa
Solo tu!!
Chi ha tradotto i primi volumi non è lo stesso degli ultimi..Infatti il numero 61 che a livello di storia è MOLTO IMPORTANTE è un concentrato di castronerie di traduzione per colpa del ''nuovo traduttore''..
Meglio le scans a questo punto !!
Franz, effettivamente i volumetti dovrò aprirli per leggere le SBS visto che nelle scan non ci sono
Ps: però i nomi propri non si toccano. Se c'è un gioco di parole, meglio segnalarlo in una nota, piuttosto che cambiare il nome con risultati non esaltanti (come il citato Usopp).
mamma mia lascimo stare se no torniamo indietro di 15 anni con i vari "per il sacro leo!!!!!!!!!!"
Tigerman suona bene, Uomo Tigre molto peggio
Spiderman suona bene, Uomo Ragno molto peggio
Il giapponese gioca su una serie di equivoci che in una lingua come l'italiano non avrebbero senso (Ichigo di Bleach per esempio...)
Parlando di One Piece Barbabianca e Barbanera sono fatti per essere tradotti. Se invece Akainu divenisse Cane Rosso a noi più che un ammiraglio della marina sembrerebbe un capo indiano. Senza contare che la storia di riferimento da cui prende Cane, Scimmia e Fagiano è completamente sconosciuta in italia.
Si tratta di trovare un giusto equilibrio tra la pronunciabilità e il senso.
Un nome è bello per ciò che evoca e per come suona...
- Per ciò che evoca perchè un nome parlante è fatto per rievocare determinati concetti, se metto determinati termini all'interno di un nome è per far capire direttamente il personaggio ecc ecc
- Per come suona perchè se il risultato finale suona male il nome è pessimo indipendentemente da ciò che evoca...
Esempio: traducendo Harry Potter Hufflepuff è diventato Tassorosso. Non è letterale affatto ma rende il concetto e suona bene...
Poi il problema delle altre lingue. Impel Down sarebbe Impel Giù
Solo che è in inglese anche nell'originale...
Quindi direi da lasciare in inglese
Le tecniche di OP sono in varie lingue
Il Desert la Spada di Crocodile ha la parola "spada" anche in originale
Cloudy Tempo di Nami ha la parola "tempo" anche in originale
Solo per citare due esempi italiani...
Ci sono poi Cien Fleur, Sable...
Che di certo non son nomi giapponesi
Smoker è bene che resti Smoker. Tremo all'idea di sentire Capitan Fumatore.
Anche solo prendendo Naruto: volete che Pain si presenti dicendo che si chiama "Dolore"?
Poi c'è un'altra differenza: di pubblico.
All'appassionato piace di più sentire molti nomi in originale.
Al bambino forse piace di più sentire i nomi completamente tradotti
Quindi la prima domanda è: a chi ti rivolgi principalmente?
L'anime si rivolge di più ai bambini, il manga agli appassionati.
Forse.
Perchè chi guardi effettivamente determinate serie è una domanda che molto spesso le reti dovrebbero farsi...
Tremerei leggendo "Razzo Gam Gam... in azione!" nella versione Star Comics del manga...
Uomini pesce si è fatto bene a tradurli, e anche le sirene, ovviamente.
È questione di capire il oubblico e di trovare il giusto equilibrio
Sono d'accordo col gatto nero, ed effettivamente i nomi delle ciurme sarebbe meglio tradurli. Forse. Perchè (anche se non è una ciurma) la Baroque Works tradotta come Lavori Barocchi farebbe schifo! Anche se lì il termine è così anche in giapponese e il problema non si porrebbe...
Avevo altro da dire sull'argomento, appena mi ricordo edito o aggiungo in commenti successivi
Si potrebbero anche aprire questioni del genere: "preferite kamehameha o onda energetica?"
EDIT: limite estremo (non fatelo!) con Virgo Shaka: il traduttore non sa una cippa di buddhismo, gli spettatori neanche, quindi diventa il guardiano della porta eterna, le vie della reincarnazione diventano i mondi di Ade e il rikudo rinne diventa la porta di Minosse (con contraddizione sia coi poteri di Cancer DM sia col fatto che successivamente Minosse appaia)
Ottimo discorso, ha reso bene l'idea del problema che c'è dietro al tradurre o meno i nomi.
Io poi preferirei Kamehamea, onda energetica mi suona un po' "stupido".
Si faceva così ai tempi del fascismo (con questo non voglio accusare nessuno di essere fascista), un pò di varità nelle traduzioni rende più interessante il manga e lo rende unico!
Le traduzioni a prova di maestrino di italiano lascimole per i libri tecnici o per gli studenti (che ne avrebbero bisogno)! I manga dovrebbe essere presi per quello che sono, cioè giapponesi, e le 'giappo-minkiate' (o come và di moda chiamarle) dovrebbero essere ben accettate e messe propio per arricchire l'opera.
Un bravo traduttore dovrebbe saper fare anche quello, no?
quindi meglio tradurre solo i dialoghi e il resto mettiamo le note.
che poi leggere un manga nel verso originale può essere già un problema per qualcuno di mente ristretta, qualche nome non credo cambi molto..
mamma mia lascimo stare se no torniamo indietro di 15 anni con i vari "per il sacro leo!!!!!!!!!!"
Beh dai, un conto è un adattamento malriuscito, un conto è inventarsi le cose da zero (e lo dico da reduce dell'ultimo post fiume di Tancredi, che difende il doppiaggio storico come veicolo per la diffusione della cultura letteraria italiana)...
Si vada a leggere "I signori dei mostri", a mio avviso il più grande stupro degli ultimi anni, e poi ne riparliamo.
Sugli esempi fatti da lui sono completamente d'accordo, ok, ma il problema è che più delle volte tradurre un termine in Italiano quando magari non vi è una vera corrispondenza nella nostra lingua, significa banalizzare i concetti o darne una valenza sbagliata.
Inoltre, ma questo è una cosa mia, siccome leggo qualcosa che viene dal Giappone, mi piace che la cosa mi venga ricordata il più possibile con termini che per come la vedo io sono invece immersivi (non chiamerò MAI la "Akatsuki" "Associazione Alba"), quindi piuttosto che tradotto preferisco sempre e comunque un asterisco, che per come la vedo io mette d'accordo tutti.
Alla fine di tutto però il discorso qual'è?
E' che in questi anni il fumetto è sempre stato un qualcosa per pochi e che andavi quindi incontro ad una nicchia di fedelissimi, consci di quello che stavano leggendo e delle sfumature che ne possono derivare.
Negli ultimi anni internet sta portando una "massificazione" del fenomeno, che porta il manga in mano anche a gente che il Giappone non sa nemmeno dove sta.
Ma il fumetto è un prodotto per tutti, rischiando di banalizzarne il concetto con cui nasce, o è un qualcosa di pochi, che per essere goduto appieno richiede di andare oltre alle vignette?
Ai posteri l'ardua sentenza...
Allora leggeteveli in giapponese se vi piace, ma non rompete le scatole a chi i manga li compra.
La cosa che mi diverte di più di quest'articolo è che si citi proprio OP come esempio di traduzione che andrebbe fatta, quando i primi traduttori di OP seguivano proprio le regole che sono suggerite, cioè tradurre per quanto possibile XD Nel senso, l'autore qui cita tre esempi che avrebbero dovuto essere tradotti, senza però tener presente che in circa sessanta volumi sono stati tradotti ed adattati tutti i frutti del diavolo (che non sono pochi XD) e altre tecniche, proprio perché la star, come rispose all'epoca ad una mail (se la memoria non m'inganna) 'voleva che gli italiani capissero il senso delle tecniche subito esattamente come facevano i lettori giapponesi'. Con questo non sto dicendo che la star non abbia mai fatto traduzioni errate (senza contare gli errori di distrazione e grammatica XD), ma su questo particolare punto per quanto riguarda OP non credo proprio fosse da prendere come esempio, quelle sono le classiche eccezioni che confermano la regola ^^ (tra l'altro, credo che Kuroneko sia stato lasciato così per fare assonanza con Kuro - anche se effettivamente una nota a margine andava messa).
A me un manga "italianizzato" totalmente farebbe schifo e non lo prenderei mai!
Se One Piece della Star Comics farà quella fine, con le traduzioni letterali, solo per la volontà di quella persona allora possono automaticamente dire addio ad un loro vecchio lettore.
Senza offesa...
Sinceramente personalmente preferisco che un termine "particolare" non venga tradotto, meglio una bella spiegazione a lato o ai margini... e poi diciamocelo, nell'era di Wikipedia e Google se mi interessa particolarmente un termine me lo cerco, così riesco a capire meglio la "sfumatura"!
Non credo che Yupa si stia leggendo tutti i numeri arretrati per nulla, ma per mantenere i nomi usati finora.
Casomai bisognerà vedere come saranno quelli nuovi...
Ad esempio nel volume 3 de "La figlia dell'otaku" della Magic Press, uno dei personaggi si è ricordato di Lamù e si è messo a cantare la sigla. Giustamente i traduttori gli hanno fatto cantare "sarà un'amore strano questo qua, che brucia fuori, dentro, qua e là..." la storica sigla italiana. E hanno fatto benissimo, in questo modo la gag è arrivata anche ai lettori italiani, se invece avessero messo le parole della canzone giapponese, e avessero messo l'asterisco come dite si sarebbe persa l'immediatezza.
Invece quanto dice uno di voi che preferisce Onda Kamehame(ka) (Onda Energetica) ha ragione anche qui.....e anche no, la traduzione letterale meglio metterla nelle note secondo me.....in fondo chi legge manga spesso desidera avvicinarsi al giappone....
So che è difficile ma credo che chi è abituato a fare questi lavori può trovare una soluzione semplice e intuitiva, ne sono convinto. Quindi spero in futuro che il mondo dei manga si evolva man mano sempre piu. Grazie per il vostro duro lavoro.
Anzi, penso che sia l'esempio migliore che si possa fare in un discorso del genere.
Hai letto il manga? Io non parlo del titolo, ma di come si è scelto di tradurre la parola Youkai, le varie tipologie di Youkai e tutte le cose annesse a questa che è una leggenda nipponica che da noi non ha nessuna valenza, e che quindi non è possibile tradurre senza incappare in errori e forzature.
Uno Youkai non è un "mostro", perchè con questo termine la cultura occidentale si riferisce a certi tipi di stereotipi che nulla hanno a che fare con la mitologia giapponese.
Inoltre più si va avanti coi volumi più ci si accorge che, probabilmente pentiti, i traduttori hanno iniziato a far scelte opposte a quelle iniziali, ovvero non traducendo niente, quando invece in quel caso era forse più opportuno tradurre (nomi di mosse e simili), anche perchè così si ha davanti un manga dalla traduzione completamente eterogenea,e la cosa stona soprattutto quando si arriva a parlare di "mostri" contro ayakashi: la cosa suona male, oltre a non avere senso (sempre mostri sono, a questo punto).
Non è l'unico punto dolente, ma mi fermo qui
Akainu = Cane Rosso
Chopper = Elicottero
Nami = Onda
ecc... ecc...
Ma dove hanno trovato sto tizio? All'Adecco? XD
A parte che "questo qui" traduce da una vita, secondo te perchè dice che si sta leggendo tutta l'edizione italiana, arrivando a parlarne? Non è facile pensare che DEVE mantenere i nomi utilizzati finora, volente o dolente?
Ma in futuro? o_O
Da come ragiona "sto tizio" non c'è molto da stare allegri almeno per come la vedo io.
La fo**ta professionalità dei professionisti!!!!! [semicit.]
anzi si va sempre peggio...qua si torna indietro.....
allora cominceremo a chiamare rufy, rubber anche nel manga..cosi' i lettori "non addentro.." come dice lui potrebbero capire bene che è fatto di gomma.
Ha senso secondo me tradurre in italiano alcuni termini..ma non i propri delle isole, dei personaggi soprattutto e se proprio si ha voglia si mettono le traduzioni sotto!!
poi dopo 60 volumi chi è che non e'"addentro" one piece??
in ogni caso avere anche un riferimento di parole giapponese non è affatto male..anzi si è stimolati anche a capire termini in una lingua nuova..come per esempio saper capire ce kuma è orso e neko è gatto.
I giapponesi sono abituati al fatto che ogni nome abbia un suo significato, non è un fenomeno che si verifica solo nei manga per creare un certo effetto, ma proprio la realtà in cui vivono.
Se un giapponese incontra una ragazza che si presenta come Yamanaka Aiko, capisce subito che il nome di lei significa "figlia dell'amore nella montagna" e non se ne sorprende affatto, è un nome come un altro.
Per gli italiani non funziona così, non siamo abituati a comprendere il significato della maggior parte dei nomi propri, così se un italiano incontrasse una ragazza che si chiama "figlia dell'amore" lo troverebbe comico o addirittura ridicolo.
Anche in Italia abbiamo alcuni nomi propri a cui associamo un significato, ma persino quelli generano battute. Io ricordo che una mia compagna di classe, che aveva il comunissimo nome "Chiara", per presa in giro veniva talvolta chiamata "Scura".
In conclusione non mi sembra una buona idea tradurre i nomi propri solo perchè i giapponesi sono in grado di comprenderne subito il significato, si rischia di creare un effetto di ridicolo non voluto dall'autore o di scatenare comicità in una scena in cui non dovrebbe essercene.
Per me gli asterischi con le note a fianco della vignetta sono la soluzione migliore (anche meglio delle note a fondo volume, che uno deve andarsi a cercare col rischio di spoilerarsi involontariamente il seguito mentre sfoglia le pagine)
chiamasi "Cappello di paglia"
La traduzione tra lingue non e' una operazione matematica 1:1, ci sara' sempre una certa discrezionalita'. Non leggerete mai le opere di Victor Hugo o Shakespear o di Baudelaire tradotti pedissequamente in italiano. Perche' non e' questo lo scopo della traduzione. Il manga e' a tutti gli effetti un opera letteraria e come tale va rispettata e trattata. La lettura di un manga e' qualcosa di scorrevole, di veloce pertanto il lettore italiano se manga vuole leggere dev'essere messo nelle stesse condizioni di quello giapponese. Tradurre il testo e poi lasciare le onomatopee e i nomi dei colpi in giapponese non ha alcun senso perche' spezza l'immediatezza dell'opera. E una violenza nei confronti del lettore. Ma questo in ben pochi lo capiscono, d'altronde l'italia e' un paese dove non ce' rispetto per il manga. In queste occasioni dovremmo imparare dai francesi i quali trattano il manga come si deve.
Chi vuole One Piece in italiano ma con le onomatopee in giapponese, i nome dei colpi in giapponese etc... NON VUOLE il manga di One Piece ma qualcosa di ibrido. Pretendere questo e' tutto fuorche' avere rispetto per l'opera originale. Tanto vale allora comprare il manga direttamente in giaponese e tanti saluti.
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