
Il libro ben si inserisce nel dibattito sui prodotti dell'industria culturale che, a ben diritto, si possono chiamare transnazionali, e che danno conto del "ricentramento della globalizzazione" (termine introdotto da Koichi Iwabuchi, studioso nipponico attento all'industria dei media), e, al suo interno, del ruolo assunto dal Giappone quale paese esportatore di mode, tendenze e stili, spesso frutto di previa appropriazione di modelli culturali stranieri; tutto ciò, in un quadro globale in cui le frontiere tra i paesi sono estremamente permeabili al passaggio di prodotti culturali capaci di generare appeal e seguito anche lontano dal contesto d'origine. Più in particolare, nel primo capitolo l'autrice analizza le motivazioni sottostanti l'incontro-fusione tra elementi di derivazione occidentale ed orientale in molti prodotti dell'industria culturale giapponese, richiamando il concetto di "odore culturale", la fragranza che rende un prodotto dell'immaginario appetibile a un pubblico per via del suo esotismo o della riconoscibilità di certi caratteri estetici, propri di uno specifico contesto storico-culturale. In questo senso, la moda gothic lolita appare all'autrice come la risposta di una determinata cultura giovanile alla cultura mainstream, sostanziata nella scelta di un determinato vestiario.
La stessa storia del termine, di derivazione straniera (garaigo) ma fuso in una sola parola "inconfondibilmente giapponese" (gosurori, ゴスロリ), dà l'idea di questa reinterpretazione locale di una suggestione estetica straniera (gli abiti infiorettati da pizzi e merletti capaci di trasformare le ragazze giapponesi in ritratti viventi delle bambole vittoriane). Viene così data voce a una nostalgia romantica di un'epoca lontana, riscritta a livello di immaginario e di pratiche condivise da chi si riconosce nello stile gothic lolita (sottogenere dello stile lolita). Un passato fantasticato viene rivissuto nel presente, sotto forme estetiche che richiamano appunto un tempo lontano, o, forse, "un'infanzia perduta", come suggerisce l'autrice nell'introduzione.
Partendo dunque dal tema della transnazionalità culturale dei prodotti della japanese pop culture (per chi volesse approfondirlo, si raccomanda il saggio di Marco Pellitteri Il Drago e la Saetta, edito da Tunué), e, segnatamente, della moda GothLoli, Gloria Carpita approfondisce semioticamente il fenomeno, presentandone nel testo i tratti distintivi (si segnala un'analisi morfologica del vestito femminile vittoriano e delle componenti stilistiche e funzionali dell'abito di genere lolita). L'attenzione viene rivolta poi alla rivista Gothic & Lolita Bible, vero e proprio "manifesto" trimestrale della tendenza, e, infine, alla crossmedialità del GothLoli, ai suoi debiti e crediti culturali con manga quali Versailles no bara e Rozen Maiden, alla sua influenza sul cinema (il pensiero va ovviamente a Kamikaze Girls) e, soprattutto, a quella esercitata sulla musica (il visual kei di band come i Malice Mizer e i Moi dix Moi). Il testo si distingue tra l'altro per un ricco apparato iconografico.
Per chi volesse leggere la recensione dell'opera di Elena Romanello, autrice di diverse monografie per Iacobelli, vi rimandiamo all'articolo di Sakura Magazine.
Fonte consultata:
Sakura Magazine
Come vorrei che il Gothic & Lolita Bible fosse disponibile anche in Italia: ma, a quanto ricordo, negli uSA ne avevano tentato la pubblicazione interrotta dopo poco per carenza di vendite U_U
In effetti mi chiedo se davvero un saggista occidentale possa comprendere al meglio un fenomeno così radicato nella cultura pop giapponese come le mode giovanili..senza offesa per gli autori di questo saggio, ma non sarebbe meglio lasciare voce direttamente a degli autori giapponesi?
Piuttosto, se volete un'infarinatura buona, cercate qualche forum serio come ad esempio il Gothic Lolita Zone (ce ne sono altri, ma non ricordo come si chiamano).
Comunque anche a me piacciono molto le Gothic Lolita *------* mi piacerebbe che questa moda si diffondesse anche in Italia ma come al solito la vedo dura
L'unic vera reintepretazione giapponese sono le lolita in mezzo kimono, il resto mi sa solo di ragazze vestite in maniera antica europa, né più né meno
Credo anche io che in questa moda ci giochi ampiamente l'elemento dell'infanzia perduta, o comunque, quale bambina non ha mai sognato pizzi e trine, cresciuta in un'epoca in cui tutto si può indossare quotidianamente, tranne che abiti vittoriani
Non stimerò mai abbastanza i giappi per la loro fissa col periodo vittoriano, che condivido in toto ^^
Già che si paga Mana per una foto d'archivio, potevano sceglierne una qualsiasi della sua atelier, no? Che poi, chi lO (sì, è maschio) riconosce qui se non i fan storici?
@Araldo degli Inferi: Peccato che la moda Lolita tragga a piene mani dal periodo vittoriano che, col Giappone, non ci azzecca proprio nulla. Infatti, per chi è appassionato di questa moda, basta fare un confronto tra le foto di Lolite giapponesi e quelle dei meeting di lolite europee per rendersi conto che sia come scenari che come portamento dei vestiti in sé, le europee stiano decisamente meglio, proprio perché la mancanza di forme giapponese calza male su questo tipo di abiti.
@NatsukiNagoya: Non lo credo affatto vero. Per esempio, esistono ben cinque tipi di forme del corpo e quindi altrettanti tipi di obesità. Inoltre, esistono persone grasse con la vita sottile (le cosiddette forme del corpo a clessidra o a pera) e su di loro i vestiti Lolita stanno benissimo perché si adattano a quella che era la forma più diffusa in epoca vittoriana.
Per'altro, appunto, ad alcuni tipi di persone grasse si adattano meglio le gonne al ginocchio rispetto a un paio di jeans, anche solo per il fatto che possono coprire bene le parti "più in vista" e quindi smagrire un po' il soggetto.
Per quanto riguarda la petticoat, invece, basta fare un po' di attenzione. Come per le forme del corpo, anche le petticoat hanno varie forme e, se si è grassi, basta prediligere una petticoat di quelle usate per il classic anziché di quelle usate nello sweet e il problema smette di porsi.
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