In occasione di Lucca Comics & Games 2013, domenica 4 Novembre si è svolto l’incontro della Scuola Internazionale di Comics denominato “Traguardo Giappone”. Gli ospiti presenti alla conferenza erano Taro Yuzunoki, autrice di serie pubblicate su Gangan Online e Shonen Gangan e insegnante presso il Tokyo Animation College, e Masahiro Ono, editor-in-chief della rivista Young King Ours di Shonen Gahosha.
L’incontro si è focalizzato intorno a due punti fondamentali:
- come un disegnatore italiano può riuscire a disegnare fumetti per il mercato giapponese.
- il lavoro dell’editor in Giappone, il suo ruolo e le sue competenze
Il primo punto nasce da un progetto denominato “Diventa mangaka in un anno”, ideato dalla Scuola Internazionale di Comics e Tokyo Animation College: il progetto prevedeva un corso di 9 mesi per imparare la basi del lavoro di mangaka, istruendo gli allievi su alcuni punti essenziali della professione quali i materiali di base da usare, inchiostrazione, uso dei retini, impostazione della tavola ecc.
Nel caso di raggiungimento di un buon livello era possibile per gli alunni ottenere la pubblicazione della propria storia per l’editore giapponese Shonen Gahosha. Il corso ha visto la partecipazione di 20 allievi. Taro Yuzunoki, ha collaborato al progetto facendo da insegnante agli aspiranti mangaka italiani per 3 mesi, mentre Masahiro Ono è giunto in Italia appositamente per visionare e valutare i lavori dei partecipanti.
A detta di Ono, vi sono vari motivi per cui gli aspiranti mangaka italiani non sono ancora riusciti a trovare terreno fertile in Giappone e la maggior parte di essi sono legati ad una questione di mentalità e concezione del lavoro di mangaka. Ono ci spiega che ad un esordiente viene chiesto di creare storie brevi, ad esempio 24 pagine per 7 capitoli, invece capita spesso che i disegnatori italiani presentino storie molto lunghe, anche più di 200 pagine. La Yuzunoki interviene per spiegare l’importanza di riuscire a concentrare la storia in poche pagine, dimostrando quindi di riuscire ad esprimere un’idea anche dinanzi ai paletti imposti dall’editore.
Un’altra particolarità che caratterizza la forma mentis dell’aspirante mangaka italiano concerne la concezione della divisione del lavoro; Ono e Yuzunoki raccontano di come gli italiani siano spesso restii ad occuparsi delle parti accessorie del lavoro di disegnatore, ritenendo alcune pratiche quali ad esempio la retinatura, compito degli assistenti. Anche se usufruisce dell’aiuto degli assistenti, il mangaka deve sempre partire dal presupposto che il lavoro sia tutto sulle sue spalle, che disegnare un manga significa disegnarlo nella sua interezza, senza pensare di poter delegare ad altri le parti del lavoro meno interessanti o più routinarie.
L’incontro è proseguito con la spiegazione da parte di Ono del lavoro di editor e di tutto ciò che concerne il suo ruolo.
Ono inizia spiegando che il lavoro di editor consiste innanzitutto nel supervisionare le opere dei mangaka, anche quelle pubblicate online o su cellulare. Per prima cosa ci racconta di come ogni mangaka abbia un carico di lavoro diverso a seconda della rivista per cui scrive, ad esempio un autore che lavora per Shonen Jump avrà delle scadenze piuttosto strette in quanto la rivista è settimanale e bisogna disegnare circa 80 pagine al mese. Le riviste per cui lavora Ono sono invece bimestrali e i suoi mangaka si trovano quindi a dover lavorare su circa 30 pagine al mese. L’editor ha perciò il compito di visionare giornalmente il lavoro del suo autore, garantendone la puntualità e valutando se ci sia bisogno di affiancargli degli assistenti.
Per un editor è molto importante capire se la storia che gli viene proposta possa avere o meno riscontro di pubblico, coglierne i potenziali punti forti e quelli deboli, instradando il mangaka a concentrarsi su quegli aspetti che possano essere accolti positivamente. Quanto più un mangaka ha successo, tanta più libertà di lavorare secondo le sue idee gli viene concessa. L’editor quindi non svolge solo un mero e passivo lavoro di supervisione, difatti il suo ruolo sottintende la capacità di estrapolare le idee dell’artista e condurle verso la giusta direzione, senza dimenticare il suo ruolo di supporto e incoraggiamento.
Per sua stessa natura, questo ruolo porta spesso l’editor in contrasto con i suoi mangaka, scatenando accesi contrasti: ad oggi Ono lavora con più di 100 autori e nonostante molti manga a cui ha lavorato siano stati trasposti in anime o live action, i mangaka di cui è realmente soddisfatto sono solo 2. Con uno di loro in particolare Ono racconta di avere diversi problemi, poiché a suo dire, essendo egli un autore molto quotato e dalle ottime vendite, si lascia prendere troppo spesso dalla superbia e rifiuta di accettare i suoi consigli. Il problema più grosso per un editor è proprio quello di riuscire a convincere gli autori a seguire i suoi consigli per poterne migliorare i lavori, cercando allo stesso tempo di permettere ad essi stessi di esprimere al meglio le proprie idee personali.
Un altro problema ricorrente riguarda gli assistenti, dei quali si ha un ricambio molto frequente; in base a ciò, è compito dell’editor tenere lo staff unito e coeso quanto più possibile.
Molte volte le vite di editor e mangaka si intrecciano in maniera piuttosto profonda, tanto che capita spesso che il primo debba occuparsi di questioni di vita personale e familiare del suo mangaka per permettergli di lavorare rispettando le scadenze: non è raro quindi che sia l’editor in persona ad occuparsi delle spese dell’autore, fossero anche i regali per il coniuge o per i figli.
Per un editor è molto importante essere costantemente aggiornato sui gusti dei lettori, capire le tendenze del momento, sapere sempre chi pubblica cosa e non perdere mai di vista l’andazzo generale del mercato dei manga. A tal proposito Ono aggiunge che anche l’aspirante mangaka italiano dovrebbe fare lo stesso, tenendosi aggiornato sui gusti del pubblico giapponese e sulle tendenze di mercato.
Ono conclude invitando i presenti alla redazione di Shonen Gahosha e li incita a sfogliare le riviste della sua casa editrice per poter avere dei feedback.
Conclusasi quindi l’esaustiva spiegazione sul ruolo dell’editor, il pubblico chiede al signor Ono se un rapporto lavorativo tanto stretto tra editor e mangaka possa trasformarsi in un vero rapporto affettivo e di amicizia o se esso si mantiene sempre e comunque sui binari della relazione puramente professionale. Ono risponde che il rapporto resta in ogni caso molto professionale ma è anche importante instaurare un legame affettivo, difatti un editor e il suo autore vanno spesso a bere insieme e nei momenti di successo non è raro che i due si scambino un abbraccio per condividere la gioia del momento. Un rapporto tanto stretto e confidenziale non esclude però anche pesanti litigi, soprattutto per quanto riguarda le differenze di idee sulla direzione che la storia dovrebbe prendere, sull’inserimento di nuovi personaggi o su quali di essi far vivere o morire.
L’incontro si conclude con i ringraziamenti della Scuola Internazionale di Comics e l’augurio da parte di tutti i presenti che gli aspiranti mangaka italiani possano migliorarsi fino ad ottenere la pubblicazione in Giappone.
Primo motto di un italiano : Mai fare tu qualcosa che puoi far fare a qualcun'altro.
Comunque continuate a provarci voi che potete
naturalmente non credo affatto che il signor Ono ci voglia dare consciamente addoso, era per strigliare i miei compatrioti di dura cervice.... anzi penso che, apparte lo strafalcione diplomatico, abbia voluto bonariamente dare consigli preziosi nell'ambito della sua esperienza
validi non solo per noi italiani ma anche per giapponesi, americani, africani ecc...
comunque secondo me un fumettista italiano che voglia fare manga in giappone, dovrebbe andare là e ricominciare tutto da capo, cambiando modo di pensare e di disegnare, sarebbe un bell' arricchimento professionale, ma non di facile attuazione... se penso che una persona che conosco lavorando come fumettista per una nota casa editrice italiana, alla domanda se fosse possibile introdurre una ventata manga nelle pubblicazioni le hanno mangiato la faccia... il che vuol dire che un fumettista ormai fatto su modi "nostrani" difficilmente potrà adattarsi allo stile manga, perchè in patria non trova aperture... al contrario un novizio, coi soldi e una spinta, andando là credo abbia molte più probabilità partendo da zero... spero di essermi spiegato bene. aggiungo... se come dice Ono sono aperti agli stranieri forse piu che fare maga dovremmo esportare i nostri dylan dog, Tex, Zagor... vorrei proprio vedere se sono così aperti dopo; secondo me farebbero un flop pazzesco... per quanto sono aperti...
ps: naturalmente quando parlo di editore nostrano non parlo certo degli editori che importano i manga che compriamo... a buon intenditore poche parole
Comunque grazie per l'articolo
Si anche a me sembrano proprio assurde. Penso volessero dire 80 e 30 pagine AL MESE, che poi è in effetti il numero di pagine di 4 capitoli settimanali o di uno mensile
Ma ci sono esempi di disegnatori come Matteo Scalera che si è ritagliato un bello spazio nel mercato americano ed è molto bravo.
L'idea dell'italiano pigro non mi convince, più che altro direi che i pochi disegnatori italiani professionisti "non vanno" in giappone ma si dirigono verso francia e america e quelli che ci provano o vorrebbero provarci non sono e non saranno mai professionisti, rimanendo sempre a un livello di tecnica amatoriale.
Ma come scalera e altri sono riusciti ad arrivare alla marvel, possiamo conquistare pure il mercato giapponese.
Ma la domanda è perché un italiano dovrebbe fare un "manga"!?
Non voglio parlare di americani e francesi, ma parliamo dei coreani che fanno fumetti che si leggono da sinistra a destra pur se il disegno è ovviamente simile vista la vicinanza.
La sola idea di scimmiottare i manga da una parte è giappominkiosa e dall'altra non ci si ricorda che un manga è un "fumetto" giapponese.
Allora secondo me un qualsiasi aspirante fumettista deve fare un fumetto e basta, poi per lo stile di disegno può scegliere quello che vuole, ispirarsi o inventarsene uno, non è importante.
P.S. grazie al ca**o che i francesi ad esempio sono a un livello più alto di noi ci sono un sacco di riviste di fumetti a partire da spirou. Noi abbiamo la bonelli è vero, però non li compra nessuno i fumetti, one piece venderà 60mila copie, una miseria...
La mentalità giapponese è contorta e complicata da comprendere, se non si ha avuto diretta esperienza in Giappone con i Giapponesi, la vedo davvero dura... Non è una cosa che si comprende su due piedi, ci vuole tempo. Questa società non si capisce da libri, fumetti, interviste, è quando ci sei dentro che incominci a capire e comprendere. Per chi vuole pubblicare o semplicemente lavorare in Giappone, come prima cosa deve mettersi in testa che deve capire, entrare e soprattutto adattarsi completamente in quella mentalità. Che tu sappia la lingua è una cosa scontata. In Giappone hanno le loro regole, ti ci adatti PUNTO. In realtà è un discorso che vale per tutti i Paesi del mondo, ma va sempre considerato il fatto che il Giappone sia un Paese moooolto più chiuso (e razzista) rispetto ad altri.
Tutto questo molta gente non lo fa, e si getta a capofitto nel vuoto. Non conoscono minimamente il mercato, il settore, la società, vanno completamente a caso. Del tipo "Andiamo in Giappone senza sapere una parola e presentiamo il nostro fumetto ad una delle più grandi case editrici giapponesi!" Sì, come se potesse funzionare...
Inoltre c'è tutta la storia del lavoro e del modo di fare le cose. Anche lì tantissime diversità. I Giapponesi sono davvero delle macchine nel lavoro, ma anche in Italia abbiamo gente che si mette sotto, non sono mica tutti pigri e cialtroni...almeno, la gente seria.
Poi, ancora qui a tirarla con sta storia del fare IL Manga in Italia... perchè sempre questo etichettare ed inquadrare ogni cosa?
Iniziamo a fare fumetti per BENE, non copie. Opere originali ed interessanti, cose che si facciano valere nel settore(in verità qualcosa già c'è). Diamo forma a questo settore e facciamolo crescere.
In Italia il fumetto non è realtà quotidiana come in Giappone.
Per questo motivo gli unici che adesso possono dare una mano sono i fan del settore, loro per primi dovrebbero dare più opportunità e supportare la gente emergente. Ma anche qui c'è tanta incoerenza e tanti pregiudizi. Ho visto gente che vorrebbe fare "manga" in Italia, ma che è la prima a dire "non comprerei mai un manga fatto da Italiani" WTF? e poi anche tanta gente arrogante, tanta.
MA
c'è un MA.
La gente brava che si fa il mazzo c'è pure in Italia!
E non so se vene rendete conto, anche nel fumetto tutta la gente buona fugge all' estero, vedi solo la Francia.
Non sarò un' esperta, ma dò opportunità e leggo indifferentemente dal fatto che sia manga, comic, graphic novel, fumetto, topolino, Tezuka... Leggo tutto, basta che sia interessante. Opere che mi hanno colpito molto ultimamente sono state Love di Federico Bertolucci e le tavole di Dall'Oglio. Di cose interessanti cene sono, basta cercare... la situazione si sta muovendo pian piano. Anche il settore amatoriale (Wild Fang, Hadez, Galena guard... e tanti altri), se avete tempo dategli un' occhiata!
Per noi Italiani forse è meglio il metodo americano, o europeo per dire funziona cosi:
C'è una serie in corso
1) la serie sarà seguita per tutta la durata da più autori
2) i disegni potranno cambiare anche moltissimo da numero a numero (sempre perchè i disegnatori cambiano)
3) di solito in un fumetto ocidentale, uno fa solo le matite, poi un'altro fa le chine, poi uno fa la storia, uno il lettering, e magari c'è un'altro che colora le tavole, ditemi voi come ci si fa ad affezionare ad una testata, cosi con tutte le persone che ci girano attorno......
Ci vorrebbe più umiltà per cogliere i consigli invece delle critiche.
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