Sono passati ormai circa 25 anni da quando i manga hanno cominciato a venire pubblicati anche in Italia.
Di acqua sotto i ponti, dai tempi di Akira e della Granata Press, ne è passata tantissima, e quelli che un tempo erano dei fumetti strani e sconosciuti sono oggi stati sdoganati maggiromente tramite un proliferare di negozi e manifestazioni a tema.
Cosa ha significato l'avvento dei fumetti giapponesi per gli autori europei, ed italiani in particolare? Al giorno d'oggi è palpabile l'influenza stilistica dei manga anche in molti autori di fumetti occidentali (si pensi all' "euromanga" caratteristico delle opere più recenti di Alessandro Barbucci e Barbara Canepa).
Ne abbiamo parlato a Lucca Comics & Games 2014 nell'ambito dell'evento Il manga visto da lontano (tenutosi alla Fondazione Banca del Monte nel pomeriggio di venerdì 31 ottobre).
Il ricercatore Matteo Stefanelli ha intervistato tre fumettisti italiani che hanno chiaramente subito le influenze dei manga nei loro lavori: Luca Vanzella (sceneggiatore di Beta, pubblicato da Bao Publishing), Vincenzo Filosa (insegnante di storia del fumetto all'Accademia d'arte Fidia di Crotone) e Mauro Cao (diplomato alla Scuola internazionale di comics di Roma e autore di The Promise, che uscirà questo inverno per la casa editrice Mangasenpai).
Vanzella: Ha cominciato a leggere manga grazie alla rivista Mangazine di Granata Press che pubblicava le storie di Rumiko Takahashi. Rimarca il fatto che, nel nostro paese, il manga sia in continuità con l'animazione e, in un certo senso, derivi da questa, al contrario di quanto avviene in Giappone.
Filosa: Anche lui, come Vanzella, pone un grosso accento sull'importanza che i cartoni animati giapponesi, specialmente gli anime robotici di Go Nagai, hanno avuto per la sua generazione, quella dei nati fra gli anni '70 e gli anni '80. Adesso non segue più le storie di robot, ma è innegabile il segno che queste opere abbiano lasciato nel suo immaginario.
I primi manga che ha letto sono stati Ranma 1/2 e Le bizzarre avventure di JoJo, di cui ha esaltato la fantasia dell'autore. Ad un certo punto, ha smesso di leggere manga, passando ai fumetti italiani.
Il riavvicinamento al Giappone è arrivato in seguito al conseguimento degli studi alla facoltà di Studi orientali alla Sapienza di Roma, che gli ha permesso di avvicinarsi al Giappone anche dal punto di vista della cultura e della letteratura. Durante un viaggio di un anno in Giappone ha conosciuto il genere dei manga gekiga e autori come Yoshihiro Tatsumi e i due fratelli Yoshiharu e Tadao Tsume, che lo hanno conquistato, facendogli recuperare il legame coi manga che aveva perso.
Cao: Il suo primo legame con il Giappone è stato grazie ai cartoni animati tramessi su Bim Bum Bam e si è poi cementato grazie al judo, che ha praticato a livello nazionale. Le opere che ha più apprezzato in gioventù sono state Ken il guerriero, Kyashan e Le bizzarre avventure di JoJo (il suo primo manga). Di quest'ultimo adora lo stile molto espressivo e comunicativo, con le smorfie sui volti dei personaggi e le loro anatomie e pose forzate.
E' un grandissimo estimatore di Mitsuru Adachi, che lo ha conquistato perché, da sportivo, si ritrovava nelle storie di quei ragazzi che si impegnavano nello sport.
Vanzella: Gli piacciono gli shounen manga dallo stile pop, che trova molto interessanti dal punto di vista della regia dei disegni.
Filosa: Le sue opere preferite sono realizzate da autori inediti in Italia e sono di genere gekiga. Nelle sue opere si rifà molto allo stile di Yoshiharu Tatsumi e ai manga pubblicati sulla rivista Garo, da cui ha preso ispirazione per un fumetto che raccontava il suo viaggio in Giappone.
Apprezza moltissimo il realismo di questo tipo di manga. Secondo Filosa, una caratteristica fondamentale dei manga è quella di racchiudere sempre un pizzico di Giappone nelle proprie storie, anche in quelle più fantasiose. I fumetti italiani o americani, spesso, sono solo intrattenimento, mentre nei manga si può sempre vedere un riflesso della cultura giapponese, sia essa l'inquietudine del dopobomba nelle opere robotiche o la descrizione realistica della vita di uno studente che si impegna nello sport nelle opere di Mitsuru Adachi.
Cao: Diplomato alla Scuola internazionale di comics, utilizza pennini giapponesi comprati online per disegnare. Apprezza moltissimo Dorohedoro e diversi fumetti occidentali.
Filosa: Non ha frequentato scuole di fumetto, avendo studiato più il Giappone dal punto di vista della cultura in generale che del disegno. Non vuole copiare i manga in maniera sterile, ma ne vuole apprendere e far suoi determinati meccanismi da usare nelle sue opere. Per disegnare, utilizza lo stesso tipo di pennini giapponesi usati da Osamu Tezuka, dopo averli visti ad una mostra durante la sua permanenza a Tokyo.
Vanzella: Pensa che gli appassionati di fumetti e cartoni giapponesi, prima o poi, finiscano per "contrarre la nippofilia" e intessarsi in toto al Giappone, per studiarne la lingua e la cultura o volerlo visitare.
Vanzella: Oggi si pubblicano "manga italiani" in formato da libreria. Sarebbe bello poterne fare serie popolari di più volumetti come si fa per i manga, ma serpeggia sempre l'idea che questo tipo di fumetti siano "finti", una specie di imitazione di scarso livello di quelli giapponesi.
Filosa: Probabilmente, leggere i "manga italiani" sarà più difficile per gli adulti, poiché pensaranno che siano qualcosa di "falso". Personalmente, Filosa cerca di non fare i suoi fumetti rendendoli troppo "manga", ma ci mette sempre delle caratteristiche personali.
Cao: Quanto al futuro del mercato italiano dei fumetti, se ci si dovesse basare sui ragazzi molto giovani che saranno il futuro del mercato, la Bonelli non rappresenterebbe più il colosso che è, ma, come sappiamo tutti, non è così. Non si sa quale sarà il futuro del mercato, né in che modo i social network lo influenzeranno, perché è una realtà che cambia molto velocemente.
Oggi sono sempre più gli aspiranti fumettisti che si ispirano allo stile manga. E' importante sostenere le realtà dei fumetti italiani.
Di acqua sotto i ponti, dai tempi di Akira e della Granata Press, ne è passata tantissima, e quelli che un tempo erano dei fumetti strani e sconosciuti sono oggi stati sdoganati maggiromente tramite un proliferare di negozi e manifestazioni a tema.
Cosa ha significato l'avvento dei fumetti giapponesi per gli autori europei, ed italiani in particolare? Al giorno d'oggi è palpabile l'influenza stilistica dei manga anche in molti autori di fumetti occidentali (si pensi all' "euromanga" caratteristico delle opere più recenti di Alessandro Barbucci e Barbara Canepa).
Ne abbiamo parlato a Lucca Comics & Games 2014 nell'ambito dell'evento Il manga visto da lontano (tenutosi alla Fondazione Banca del Monte nel pomeriggio di venerdì 31 ottobre).
Il ricercatore Matteo Stefanelli ha intervistato tre fumettisti italiani che hanno chiaramente subito le influenze dei manga nei loro lavori: Luca Vanzella (sceneggiatore di Beta, pubblicato da Bao Publishing), Vincenzo Filosa (insegnante di storia del fumetto all'Accademia d'arte Fidia di Crotone) e Mauro Cao (diplomato alla Scuola internazionale di comics di Roma e autore di The Promise, che uscirà questo inverno per la casa editrice Mangasenpai).
Vanzella: Ha cominciato a leggere manga grazie alla rivista Mangazine di Granata Press che pubblicava le storie di Rumiko Takahashi. Rimarca il fatto che, nel nostro paese, il manga sia in continuità con l'animazione e, in un certo senso, derivi da questa, al contrario di quanto avviene in Giappone.
Filosa: Anche lui, come Vanzella, pone un grosso accento sull'importanza che i cartoni animati giapponesi, specialmente gli anime robotici di Go Nagai, hanno avuto per la sua generazione, quella dei nati fra gli anni '70 e gli anni '80. Adesso non segue più le storie di robot, ma è innegabile il segno che queste opere abbiano lasciato nel suo immaginario.
I primi manga che ha letto sono stati Ranma 1/2 e Le bizzarre avventure di JoJo, di cui ha esaltato la fantasia dell'autore. Ad un certo punto, ha smesso di leggere manga, passando ai fumetti italiani.
Il riavvicinamento al Giappone è arrivato in seguito al conseguimento degli studi alla facoltà di Studi orientali alla Sapienza di Roma, che gli ha permesso di avvicinarsi al Giappone anche dal punto di vista della cultura e della letteratura. Durante un viaggio di un anno in Giappone ha conosciuto il genere dei manga gekiga e autori come Yoshihiro Tatsumi e i due fratelli Yoshiharu e Tadao Tsume, che lo hanno conquistato, facendogli recuperare il legame coi manga che aveva perso.
Cao: Il suo primo legame con il Giappone è stato grazie ai cartoni animati tramessi su Bim Bum Bam e si è poi cementato grazie al judo, che ha praticato a livello nazionale. Le opere che ha più apprezzato in gioventù sono state Ken il guerriero, Kyashan e Le bizzarre avventure di JoJo (il suo primo manga). Di quest'ultimo adora lo stile molto espressivo e comunicativo, con le smorfie sui volti dei personaggi e le loro anatomie e pose forzate.
E' un grandissimo estimatore di Mitsuru Adachi, che lo ha conquistato perché, da sportivo, si ritrovava nelle storie di quei ragazzi che si impegnavano nello sport.
Vanzella: Gli piacciono gli shounen manga dallo stile pop, che trova molto interessanti dal punto di vista della regia dei disegni.
Filosa: Le sue opere preferite sono realizzate da autori inediti in Italia e sono di genere gekiga. Nelle sue opere si rifà molto allo stile di Yoshiharu Tatsumi e ai manga pubblicati sulla rivista Garo, da cui ha preso ispirazione per un fumetto che raccontava il suo viaggio in Giappone.
Apprezza moltissimo il realismo di questo tipo di manga. Secondo Filosa, una caratteristica fondamentale dei manga è quella di racchiudere sempre un pizzico di Giappone nelle proprie storie, anche in quelle più fantasiose. I fumetti italiani o americani, spesso, sono solo intrattenimento, mentre nei manga si può sempre vedere un riflesso della cultura giapponese, sia essa l'inquietudine del dopobomba nelle opere robotiche o la descrizione realistica della vita di uno studente che si impegna nello sport nelle opere di Mitsuru Adachi.
Cao: Diplomato alla Scuola internazionale di comics, utilizza pennini giapponesi comprati online per disegnare. Apprezza moltissimo Dorohedoro e diversi fumetti occidentali.
Filosa: Non ha frequentato scuole di fumetto, avendo studiato più il Giappone dal punto di vista della cultura in generale che del disegno. Non vuole copiare i manga in maniera sterile, ma ne vuole apprendere e far suoi determinati meccanismi da usare nelle sue opere. Per disegnare, utilizza lo stesso tipo di pennini giapponesi usati da Osamu Tezuka, dopo averli visti ad una mostra durante la sua permanenza a Tokyo.
Vanzella: Pensa che gli appassionati di fumetti e cartoni giapponesi, prima o poi, finiscano per "contrarre la nippofilia" e intessarsi in toto al Giappone, per studiarne la lingua e la cultura o volerlo visitare.
Vanzella: Oggi si pubblicano "manga italiani" in formato da libreria. Sarebbe bello poterne fare serie popolari di più volumetti come si fa per i manga, ma serpeggia sempre l'idea che questo tipo di fumetti siano "finti", una specie di imitazione di scarso livello di quelli giapponesi.
Filosa: Probabilmente, leggere i "manga italiani" sarà più difficile per gli adulti, poiché pensaranno che siano qualcosa di "falso". Personalmente, Filosa cerca di non fare i suoi fumetti rendendoli troppo "manga", ma ci mette sempre delle caratteristiche personali.
Cao: Quanto al futuro del mercato italiano dei fumetti, se ci si dovesse basare sui ragazzi molto giovani che saranno il futuro del mercato, la Bonelli non rappresenterebbe più il colosso che è, ma, come sappiamo tutti, non è così. Non si sa quale sarà il futuro del mercato, né in che modo i social network lo influenzeranno, perché è una realtà che cambia molto velocemente.
Oggi sono sempre più gli aspiranti fumettisti che si ispirano allo stile manga. E' importante sostenere le realtà dei fumetti italiani.
Spero di essermi spiegato, lungi da me mettermi a fare diatribe su bonelli o meno.
Massimo rispetto per il loro lavoro..però..
Voglio vedere se gli arrivasse un'offerta di lavoro da case editrici che non ritegono innovative come si comporterebbero
Dalle parole riportate non sembrano assolutamente dei bimbim***ia nè dei denigratori della Bonelli ma, semplicemente, persone che per tirare acqua al loro mulino interpretano i dati in maniera arbitraria. E' vero che la Bonelli non vende come prima ma questo è non è imputare ad un scemare del gradimento ma alla crisi del mondo dell'editoria che mina le vendite non solo degli albi Bonelli ma anche i comics e i tanto lodati manga di cui tra l'altro neanche un esponente è presente nella top 10 dei titoli più venduti in Italia rimanendo, come numeri, inferiori rispetto alle testate statunitensi.
Ah, ovviamente escluso il "I fumetti italiani in stile Bonelli sono solo intrattenimento, mentre nei manga si può sempre vedere un riflesso della cultura giapponese... "
E' stato un incontro davvero molto interessante, che mi ha permesso di conoscere autori italiani a me sconosciuti sino a quel momento, che sicuramente terrò d'occhio, procurandomi i loro lavori.
Ultimamente, credo che, più che i manga giapponesi seriali (comunque sempre molto seguiti dai giovanissimi e dagli adolescenti), ciò che ha più successo nelle fumetterie e nelle librerie siano le graphic novel, sia quelle di autori stranieri (americani, francesi ecc.), sia quelle di molti autori italiani giovani, che si stanno lentamente facendo conoscere con stili accattivanti, storie spiritose, toccanti o interessanti e mettendo nei loro lavori sempre qualcosa di sé o del mondo generazionale a cui appartengono o che li ha cresciuti da ragazzi.
Credo che sia importante tenere d'occhio i nostri autori e cercare di valorizzarli. Vedo che, ultimamente, fra librerie, Internet e fiere, ci sono molti autori italiani che vanno forte, e, anche se spero di lavorare nel campo dei manga giapponesi, la cosa mi rende contento.
Un grosso ringraziamento ai tre autori per il bell'evento, sperando di poterli ritrovare in futuro per altri eventi o progetti, e, in particolare, anche per una piccola correzione al testo di cui mi scuso ancora.
ma a livello di gradimento dei giovani aspiranti fumettisti, che oggi sempre più spesso si ispirano nel disegno ai manga piuttosto che a Tex.
Ecco, già qui si può discutere. Bisogna fare però una seria distinzione tra i fumettisti che effettivamente lavorano e vendono e i ragazzini alle prime armi che scopiazzano i manga. Zerocalcare, Don Alemanno, Simple&Madama per citarne alcuni, sono giovani autori da poco sul mercato ( Zerocalcare da più tempo ) che non hanno nulla a che vedere con il mondo manga così come quasi tutti gli autori di novel. La storiella dei giovani fumettisti che preferiscono lo stile manga è appunto una storiella che va bene fintanto che si rimane ancorati alla realtà delle scuole superiori ( dovuto principalmente alla maggiore lettura di manga ed ad una mancanza di cultura fumettistica ). Di fumetti di ispirazione manga mi vengono in mente Somnia ( più che altro un brutto scopiazzamento, difatti si vede la mancanza di personalità )e le Witch ( sebbene questa testata sia affine ai manga unicamente per l'ispirazione sentai mentre tecnicamente rimane un fumetto occidentale in tutto e per tutto )
Gli autori che hanno partecipato a questa conferenza, anche in questo caso senza specificare chi e cosa (basta googlare ) non sono esordienti nè giovanissimi, è gente che ha ottenuto riconoscimenti, tiene corsi e pubblica graphic novel in Italia - non con Giappogiappo Press, insomma, ma con realtà riconosciute.
Disegnare manga significa seguire un preciso stile narrativo, non significa festeggiare la fioritura dei Sakura e indossare il kimono. Si tratta di sposare un codice stilistico: può farlo chi è nato a Hokkaido come chi è nato a Brescia. Non gli si chiede di stravolgere le sue tradizioni culturali, ma di impostare pagine e ritmo del racconto in un certo modo. Altrimenti, solo gli americani potrebbero disegnare l'Uomo Ragno, o in Italia ascolteremmo ancora solo Claudio Villa (bravissimo, per carità!).
Insomma, non incastriamoci nelle solite diatribe, ognuno ha i suoi gusti e proprio i relatori della conferenza hanno sottolineato come in Italia ci sia ancora molta diffidenza e pregiudizio nei confronti di chi racconta in gabbia manga, e si tenda a mescolare fanzinari con professionisti. Alla fine, ognuno compri un po'quello che più gli garba.
Non vivo di solo manga, anzi chi mi conosce sa che ho certamente letto maggiormente opere altre, per questo non capisco come mai ci sia questa ostilità verso i manga italiani, l'ibridazione dei linguaggi è la chiave di volta del successo del fumetto che si nutre dei più diversi e distanti elementi ricombinandoli, forse noi in Italia dovremmo essere più consapevoli di questo visto che la nostra stessa cultura nasce da influenze fra loro diversisime..
L'hai detto tu stesso il perchè in Italia i manga italiani sono visti in malo modo. Ibridazione dei linguaggi, non mera copia incolla di situazioni/tecniche di un'altra cultura perchè va di moda/fa figo. L'ibridazione tra stile americano e inglese ( mi vengono in mente Sandman e Watchmen ) ha portato alla luce alcuni delle opere migliori del fumetto mondiale, lo stesso Bonelli Tex ( così come il resto del filone degli spaghetti western ) ha preso un genere americano modificandolo attraverso l'occhio italiano, oggi invece cosa fanno questi autori di manga italiani? Delle brutte copie di manga.
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