Vivo in Giappone da poco più di un mese, ma questo paese non smette di stupirmi ogni giorno e di regalarmi esperienze che sicuramente ricorderò.
Continuo compulsivamente a fotografare ogni cosa che vedo e a perdermi nelle librerie cercando di decifrare i titoli delle migliaia di manga esposti alla ricerca di quei fumetti che hanno rappresentato per tanto tempo i miei sogni proibiti e che ho fatto prima a recuperare in lingua originale piuttosto che aspettare invano di leggerli nella mia.
Nonostante le difficoltà linguistiche, ho stretto un buon rapporto con i miei compagni di scuola, provenienti da varie parti del mondo, con cui condivido lezioni, test ed esercizi ma anche pasti a base di ramen, crocchette, riso e hamburger, partite ai videogiochi tanto stancanti quanto divertenti e picnic al parco sotto gli alberi in fiore (per i ciliegi è ancora presto, ma, nonostante il freddo, son già fioriti i pruni) mangiando dango e patatine fritte dolci.
Ogni tanto il cervello mi va in pappa per il continuo alternarsi di italiano, inglese e giapponese nella mia testa, al punto che guardare gli anime in lingua originale mi fa uno strano effetto ma mi viene poi quasi naturale e il mio orecchio capta come un radar le espressioni studiate durante le lezioni. Ho trovato il canale tv che trasmette i programmi della domenica mattina (Tribe Cool Crew, le Pretty Cure, i Super Sentai e Kamen Rider) e mi alzo alle sette del mattino, in barba al fatto che potrei dormire e risparmiarmi la fatica, per immergermi in un mondo fatto di colori, eroi e spot pubblicitari tanto martellanti quanto bizzarri, quasi sempre dedicati alle succitate serie.
Rimpiango che nessuno si sia preso la briga di sottotitolare gli stacchetti di Tribe Cool Crew in cui i cantanti della sigla presentano sfide di ballo hip hop tra ragazzini che avranno un terzo dei miei anni ma si muovono con una scioltezza e una bravura che io non riuscirei mai ad avere nemmeno se le chiedessi al drago di Dragon Ball. Per tacere dei ragazzini in sala giochi che giocano a Taiko no tatsujin, Groove Coaster o MaiMai come posseduti dal demonio... o da Kenshiro!
Se Obelix, il buon vecchio gigante dei fumetti francesi, venisse qui in Giappone, non ci penserebbe su due volte ad adattare il suo ormai consolidato motto agli abitanti di questo strambo paese: "Sono Pazzi Questi Giapponesi!".
Perché è vero, sono pazzi, contraddittori, strambi, ambigui, ma forse è per questa loro pazzia che ci affascinano tanto.
E' un paese totalmente fuori dai nostri schemi, il Giappone.
Un paese dove San Valentino , che da noi è praticamente un giorno come un altro (almeno per noi poveri single impenitenti!), diventa una ricorrenza importantissima che fa riempire i supermercati di banconi immensi stracolmi di cioccolatini di tutti i tipi (volevo tanto comprare quelli di Sailor Moon Crystal, ma mi è passato di mente fra una cosa e l'altra). Al contrario di quel che succede da noi, qui a San Valentino sono le ragazze a dover regalare il cioccolato ai ragazzi, cosa che per quanto mi riguarda è decisamente più allettante. Tra l'altro, tempo una settimana, e quei banconi di cioccolatini sono ancora lì, anzi aumentano di numero, cambia solo l'insegna da "Valentine Day" a "White Day".
Un paese dove, contrariamente a quel che si penserebbe, la primavera non è accolta da un clima mite, da ciliegi in fiore e da picnic all'aria aperta, ma inizia ben prima che da noi, i primi di febbraio, quando ancora ufficialmente è inverno, fa freddo e nevica persino (qui a Okazaki abbiamo avuto solo un capriccioso nevischio, ma a Sapporo c'è stato il festival della neve). In concomitanza con l'arrivo della primavera, c'è il tradizionale "setsubun", il lancio dei fagioli agli oni (i demoni della tradizione giapponese), che rappresenta un'occasione per lasciarsi alle spalle le cose brutte e far spazio a quelle belle.
Ho avuto modo di partecipare al setsubun organizzato dalla scuola che frequento: una maschera, una parrucca, una mazza da baseball, un paio di pantaloncini leopardati e, per un pomeriggio, sono stato un oni che ha fatto il giro delle classi per beccarsi in faccia sacchetti di fagioli tirati da studenti e professori!
Un'esperienza apparentemente sciocca, ma abbastanza rappresentativa di questo paese folle e bellissimo che è il Giappone e dei suoi abitanti, tutti gentilissimi, rispettosi e tranquilli, che tirano fuori un lato strambo ed energico quando meno te lo aspetti.
Come il gruppo di suonatori che ogni domenica mattina si riunisce in un tempio per esercitarsi: donne, bambine, ragazzi, uomini, madri, un gruppo di persone apparentemente tranquillissime e insospettabili che, sotto la guida di un maestro tanto esperto quanto simpatico, si mettono a suonare tamburi, piatti e flauti con un'energia incredibile, ballando, saltando, agitando enormi bandiere e lanciando urla degne dei migliori lottatori di arti marziali. Si esercitano in vista del matsuri primaverile (che, ahimè, cade il giorno del mio rientro in Italia e quindi non potrò assistervi) in cui, pare, più di trenta gruppi diversi di suonatori si riuniranno al castello di Okazaki per creare uno spettacolo unico al mondo.
Già solo a vederle, queste esercitazioni sono uno spettacolo straordinario, ma ringrazio di avere avuto la fortuna di potervi addirittura partecipare, dato che, mentre guardavo, il maestro mi ha chiesto se volevo provare, ed è finita che ogni domenica son lì a (cercare di) suonare un tamburo tradizionale... con risultati, ovviamente, scarsissimi, ma ne sono molto contento.
E' un'esperienza molto particolare di cui noi occidentali possiamo forse cogliere il significato solo in minima parte. Per noi, probabilmente, un gruppo di persone di vario tipo che si riunisce per suonare in un tempio sarà qualcosa di strambo. Ha, però, un fascino tutto suo, e, in breve tempo, finisci per essere rapito dalle note di questi tamburi, scandite con un ritmo quasi sacrale, ed è quasi come se ti astraessi da ogni tempo e luogo, restando faccia a faccia con te stesso, il tuo passato e il tuo futuro.
All'interno di una sala col pavimento di legno che ti ricorda tanto la palestra che frequentavi da ragazzino, mentre tu facevi ginnastica e nella sala accanto, con una grossa bandiera giapponese alle pareti, c'era il corso di karate, quasi ti senti perso. Quasi non ci credi, che sei in Giappone, dentro un tempio che pare quello dello stage di Ryu del tuo amato Street Fighter II, dopo anni passati a guardarlo attraverso i cartoni animati, i fumetti, i videogiochi, i libri dell'università. Ma poi i suonatori gridano, interrompendo la litania dei tamburi e riportandoti alla realtà. Sì, sei in Giappone. E, devi ammetterlo, ti piace.
Fra le tante esperienze che ricorderò di questo mio soggiorno giapponese c'è senza dubbio il pomeriggio passato a chiacchierare con studenti delle scuole medie a proposito di manga, anime e videogiochi, per un progetto organizzato dalla scuola che voleva aiutarli a fare conversazione in inglese (ma poi è finita in un pasticcio mezzo inglese e mezzo giapponese, che coi giapponesi si fa sempre questa fine!).
Probabilmente il gruppo di ragazzini con cui ho parlato si aspettava di trovare una persona più tranquilla, invece si son ritrovati con occidentale che scrive di manga e anime per un sito Internet, raccoglie le fotocopie dei compiti in una cartellina di Sailor Moon, gira col Nintendo 3DS in cui è inserita la cassettina del programma per fare gli esercizi di ginnastica con Nobuaki Kakuda e i volumetti di Hotman in giapponese nello zaino, disegna i Pokemon e tiene sul cellulare le sue foto in cosplay da Gyumao di Dragon Ball!
Ciò che i ragazzi mi hanno detto non era troppo diverso da quello che mi aspettavo, ossia che gli studenti (maschi) delle medie giapponesi sono ancora un po' bambini e adorano le serie di fumetti, cartoni e giochi dirette ad un target di giovani, vanno pazzi per i Pokemon, per Dragon Ball, per One Piece e Naruto, giocano a Touhou e con le carte collezionabili. gli piacciono Super Mario, Youkai Watch, Denpa Ningen, Dragon Quest, Kamen Rider, Magi. Mi ha sorpreso che uno dei ragazzi mi abbia detto: "Il mio manga preferito è Koe no katachi, perché mi ha emozionato molto nel profondo".
Non vedono l'ora di compiere sedici anni per poter leggere i manga seinen e fremono dalla voglia di leggere Le bizzarre avventure di JoJo.
Più "mature" e spigliate le ragazze con cui ha parlato una mia compagna di classe, che hanno timidamente ammesso di leggere doujinshi di Kuroko no basket dove "otoko to otoko...".
Evidentemente, tutto il mondo è paese, e le scuole medie giapponesi del 2015 non sono tanto diverse da quelle che ho frequentato io a Palermo a fine anni '90, quando le ragazze sbavavano su Leonardo Di Caprio e Nick Carter dei Backstreet Boys (a proposito, sapete che qua a Okazaki è come se ci si fosse fermati al 1999, che giri nei negozi e alla radio ti mandano "I want it that way", "Baby one more time", "You got what you give", fra una canzone delle Perfume e la sigla di Magic Kaito 1412?), si truccavano e avevano intrallazzi con gli studenti più grandi, mentre i ragazzi non concepivano minimamente amore o rapporti sessuali e gli interessava solo giocare a Tekken 2 sulla Playstation.
Quanto all'infinita diatriba fra vecchio e nuovo, i ragazzi delle medie di Okazaki non sono poi così ignoranti in materia di manga "vintage": se da un lato, comprensibilmente, non conoscono Otoko Juku (ma probabilmente i loro papà sì, visto che la terza serie del manga campeggia ogni settimana sulle pagine di Manga Goraku), dall'altro conoscono sia Kinnikuman che Mazinga Z e anzi mi ha stupito constatare come non sapessero cosa fosse Death Note, ben più recente di entrambi e ancora molto popolare all'estero.
Meno fortunati gli amanti degli shoujo di una volta: sia i maschi che le ragazze han definito Sailor Moon "quello che guardava mia madre da giovane"!
Non sono ancora andato al karaoke, e questo è parecchio strano conoscendomi, ma sono diventato un assiduo frequentatore delle sale giochi, che traboccano di giochi deliranti e Ufo catcher che mettono in palio gadget di praticamente qualsiasi cosa (da Love Live all'Attacco dei giganti, da Frozen a Dragon Ball Z, da One Piece a Natsume Yuujinchou, da Monsters University a Pretty Cure, da Sailor Moon a Hoozuki no reitetsu, da Digimon a Persona). Mi fa piacere ritrovare ancora una volta il mio amatissimo Dance Dance Revolution (chi di voi ha giocato con me a Just Dance può ben immaginare cosa succede se mi si piazza su un videogioco di ballo che ha nella tracklist perle come la sigla di Uta no prince-sama Maji Love 1000%), ma soprattutto tantissimi picchiaduro, il mio genere preferito che nelle sale giochi italiane è un po' morto: Blazblue, Guilty Gear, Tekken Tag 2, Ultra Street Fighter IV, Virtua Fighter 5, Chaos Code, Dead or alive 5, il picchiaduro di Ken il guerriero e l'inossidabile Street Fighter II, che praticamente da sempre campeggia nella triade dei miei videogiochi preferiti e che è un'emozione indescrivibile giocare su cabinato nella sua terra natale. Le sale giochi giapponesi sono organizzatissime e ti vendono persino le card dove salvare i tuoi progressi nei giochi e sbloccare costumi alternativi per i personaggi o canzoni per i giochi musicali.
Ci si trova veramente di tutto. A seconda del locale ci si può anche trovare un karaoke, un Internet point, biliardo e freccette.
Ho ancora un po' di tempo da passare in questo paese, in cui sto pensando di tornare in futuro per seguire altri corsi, e molte esperienze mancano ancora all'appello. Non riuscirò, purtroppo, a vedere il film di Gundam Origini al cinema come avevo preventivato, ma sono andato a vedere Chef (in lingua originale - inglese - con sottotitoli in giapponese, un'esperienza!), vedrò sicuramente il nuovo film delle Pretty Cure e ho ancora un bel po' di cose da fare.
Ho avuto modo di fare una scappata a Tokyo per un weekend e ci sono diverse cose da raccontare e mostrare di questa città che, ahimé, causa lontananza, costi dei treni e mancanza di tempo libero ho potuto girare solo sommariamente ma ho ugualmente amato.
Vi lascio con qualche scatto della mia già grandissima galleria fotografica, destinata ad aumentare in maniera esponenziale nei prossimi giorni.
Continuo compulsivamente a fotografare ogni cosa che vedo e a perdermi nelle librerie cercando di decifrare i titoli delle migliaia di manga esposti alla ricerca di quei fumetti che hanno rappresentato per tanto tempo i miei sogni proibiti e che ho fatto prima a recuperare in lingua originale piuttosto che aspettare invano di leggerli nella mia.
Nonostante le difficoltà linguistiche, ho stretto un buon rapporto con i miei compagni di scuola, provenienti da varie parti del mondo, con cui condivido lezioni, test ed esercizi ma anche pasti a base di ramen, crocchette, riso e hamburger, partite ai videogiochi tanto stancanti quanto divertenti e picnic al parco sotto gli alberi in fiore (per i ciliegi è ancora presto, ma, nonostante il freddo, son già fioriti i pruni) mangiando dango e patatine fritte dolci.
Ogni tanto il cervello mi va in pappa per il continuo alternarsi di italiano, inglese e giapponese nella mia testa, al punto che guardare gli anime in lingua originale mi fa uno strano effetto ma mi viene poi quasi naturale e il mio orecchio capta come un radar le espressioni studiate durante le lezioni. Ho trovato il canale tv che trasmette i programmi della domenica mattina (Tribe Cool Crew, le Pretty Cure, i Super Sentai e Kamen Rider) e mi alzo alle sette del mattino, in barba al fatto che potrei dormire e risparmiarmi la fatica, per immergermi in un mondo fatto di colori, eroi e spot pubblicitari tanto martellanti quanto bizzarri, quasi sempre dedicati alle succitate serie.
Rimpiango che nessuno si sia preso la briga di sottotitolare gli stacchetti di Tribe Cool Crew in cui i cantanti della sigla presentano sfide di ballo hip hop tra ragazzini che avranno un terzo dei miei anni ma si muovono con una scioltezza e una bravura che io non riuscirei mai ad avere nemmeno se le chiedessi al drago di Dragon Ball. Per tacere dei ragazzini in sala giochi che giocano a Taiko no tatsujin, Groove Coaster o MaiMai come posseduti dal demonio... o da Kenshiro!
Se Obelix, il buon vecchio gigante dei fumetti francesi, venisse qui in Giappone, non ci penserebbe su due volte ad adattare il suo ormai consolidato motto agli abitanti di questo strambo paese: "Sono Pazzi Questi Giapponesi!".
Perché è vero, sono pazzi, contraddittori, strambi, ambigui, ma forse è per questa loro pazzia che ci affascinano tanto.
E' un paese totalmente fuori dai nostri schemi, il Giappone.
Un paese dove San Valentino , che da noi è praticamente un giorno come un altro (almeno per noi poveri single impenitenti!), diventa una ricorrenza importantissima che fa riempire i supermercati di banconi immensi stracolmi di cioccolatini di tutti i tipi (volevo tanto comprare quelli di Sailor Moon Crystal, ma mi è passato di mente fra una cosa e l'altra). Al contrario di quel che succede da noi, qui a San Valentino sono le ragazze a dover regalare il cioccolato ai ragazzi, cosa che per quanto mi riguarda è decisamente più allettante. Tra l'altro, tempo una settimana, e quei banconi di cioccolatini sono ancora lì, anzi aumentano di numero, cambia solo l'insegna da "Valentine Day" a "White Day".
Un paese dove, contrariamente a quel che si penserebbe, la primavera non è accolta da un clima mite, da ciliegi in fiore e da picnic all'aria aperta, ma inizia ben prima che da noi, i primi di febbraio, quando ancora ufficialmente è inverno, fa freddo e nevica persino (qui a Okazaki abbiamo avuto solo un capriccioso nevischio, ma a Sapporo c'è stato il festival della neve). In concomitanza con l'arrivo della primavera, c'è il tradizionale "setsubun", il lancio dei fagioli agli oni (i demoni della tradizione giapponese), che rappresenta un'occasione per lasciarsi alle spalle le cose brutte e far spazio a quelle belle.
Ho avuto modo di partecipare al setsubun organizzato dalla scuola che frequento: una maschera, una parrucca, una mazza da baseball, un paio di pantaloncini leopardati e, per un pomeriggio, sono stato un oni che ha fatto il giro delle classi per beccarsi in faccia sacchetti di fagioli tirati da studenti e professori!
Un'esperienza apparentemente sciocca, ma abbastanza rappresentativa di questo paese folle e bellissimo che è il Giappone e dei suoi abitanti, tutti gentilissimi, rispettosi e tranquilli, che tirano fuori un lato strambo ed energico quando meno te lo aspetti.
Come il gruppo di suonatori che ogni domenica mattina si riunisce in un tempio per esercitarsi: donne, bambine, ragazzi, uomini, madri, un gruppo di persone apparentemente tranquillissime e insospettabili che, sotto la guida di un maestro tanto esperto quanto simpatico, si mettono a suonare tamburi, piatti e flauti con un'energia incredibile, ballando, saltando, agitando enormi bandiere e lanciando urla degne dei migliori lottatori di arti marziali. Si esercitano in vista del matsuri primaverile (che, ahimè, cade il giorno del mio rientro in Italia e quindi non potrò assistervi) in cui, pare, più di trenta gruppi diversi di suonatori si riuniranno al castello di Okazaki per creare uno spettacolo unico al mondo.
Già solo a vederle, queste esercitazioni sono uno spettacolo straordinario, ma ringrazio di avere avuto la fortuna di potervi addirittura partecipare, dato che, mentre guardavo, il maestro mi ha chiesto se volevo provare, ed è finita che ogni domenica son lì a (cercare di) suonare un tamburo tradizionale... con risultati, ovviamente, scarsissimi, ma ne sono molto contento.
E' un'esperienza molto particolare di cui noi occidentali possiamo forse cogliere il significato solo in minima parte. Per noi, probabilmente, un gruppo di persone di vario tipo che si riunisce per suonare in un tempio sarà qualcosa di strambo. Ha, però, un fascino tutto suo, e, in breve tempo, finisci per essere rapito dalle note di questi tamburi, scandite con un ritmo quasi sacrale, ed è quasi come se ti astraessi da ogni tempo e luogo, restando faccia a faccia con te stesso, il tuo passato e il tuo futuro.
All'interno di una sala col pavimento di legno che ti ricorda tanto la palestra che frequentavi da ragazzino, mentre tu facevi ginnastica e nella sala accanto, con una grossa bandiera giapponese alle pareti, c'era il corso di karate, quasi ti senti perso. Quasi non ci credi, che sei in Giappone, dentro un tempio che pare quello dello stage di Ryu del tuo amato Street Fighter II, dopo anni passati a guardarlo attraverso i cartoni animati, i fumetti, i videogiochi, i libri dell'università. Ma poi i suonatori gridano, interrompendo la litania dei tamburi e riportandoti alla realtà. Sì, sei in Giappone. E, devi ammetterlo, ti piace.
Fra le tante esperienze che ricorderò di questo mio soggiorno giapponese c'è senza dubbio il pomeriggio passato a chiacchierare con studenti delle scuole medie a proposito di manga, anime e videogiochi, per un progetto organizzato dalla scuola che voleva aiutarli a fare conversazione in inglese (ma poi è finita in un pasticcio mezzo inglese e mezzo giapponese, che coi giapponesi si fa sempre questa fine!).
Probabilmente il gruppo di ragazzini con cui ho parlato si aspettava di trovare una persona più tranquilla, invece si son ritrovati con occidentale che scrive di manga e anime per un sito Internet, raccoglie le fotocopie dei compiti in una cartellina di Sailor Moon, gira col Nintendo 3DS in cui è inserita la cassettina del programma per fare gli esercizi di ginnastica con Nobuaki Kakuda e i volumetti di Hotman in giapponese nello zaino, disegna i Pokemon e tiene sul cellulare le sue foto in cosplay da Gyumao di Dragon Ball!
Ciò che i ragazzi mi hanno detto non era troppo diverso da quello che mi aspettavo, ossia che gli studenti (maschi) delle medie giapponesi sono ancora un po' bambini e adorano le serie di fumetti, cartoni e giochi dirette ad un target di giovani, vanno pazzi per i Pokemon, per Dragon Ball, per One Piece e Naruto, giocano a Touhou e con le carte collezionabili. gli piacciono Super Mario, Youkai Watch, Denpa Ningen, Dragon Quest, Kamen Rider, Magi. Mi ha sorpreso che uno dei ragazzi mi abbia detto: "Il mio manga preferito è Koe no katachi, perché mi ha emozionato molto nel profondo".
Non vedono l'ora di compiere sedici anni per poter leggere i manga seinen e fremono dalla voglia di leggere Le bizzarre avventure di JoJo.
Più "mature" e spigliate le ragazze con cui ha parlato una mia compagna di classe, che hanno timidamente ammesso di leggere doujinshi di Kuroko no basket dove "otoko to otoko...".
Evidentemente, tutto il mondo è paese, e le scuole medie giapponesi del 2015 non sono tanto diverse da quelle che ho frequentato io a Palermo a fine anni '90, quando le ragazze sbavavano su Leonardo Di Caprio e Nick Carter dei Backstreet Boys (a proposito, sapete che qua a Okazaki è come se ci si fosse fermati al 1999, che giri nei negozi e alla radio ti mandano "I want it that way", "Baby one more time", "You got what you give", fra una canzone delle Perfume e la sigla di Magic Kaito 1412?), si truccavano e avevano intrallazzi con gli studenti più grandi, mentre i ragazzi non concepivano minimamente amore o rapporti sessuali e gli interessava solo giocare a Tekken 2 sulla Playstation.
Quanto all'infinita diatriba fra vecchio e nuovo, i ragazzi delle medie di Okazaki non sono poi così ignoranti in materia di manga "vintage": se da un lato, comprensibilmente, non conoscono Otoko Juku (ma probabilmente i loro papà sì, visto che la terza serie del manga campeggia ogni settimana sulle pagine di Manga Goraku), dall'altro conoscono sia Kinnikuman che Mazinga Z e anzi mi ha stupito constatare come non sapessero cosa fosse Death Note, ben più recente di entrambi e ancora molto popolare all'estero.
Meno fortunati gli amanti degli shoujo di una volta: sia i maschi che le ragazze han definito Sailor Moon "quello che guardava mia madre da giovane"!
Non sono ancora andato al karaoke, e questo è parecchio strano conoscendomi, ma sono diventato un assiduo frequentatore delle sale giochi, che traboccano di giochi deliranti e Ufo catcher che mettono in palio gadget di praticamente qualsiasi cosa (da Love Live all'Attacco dei giganti, da Frozen a Dragon Ball Z, da One Piece a Natsume Yuujinchou, da Monsters University a Pretty Cure, da Sailor Moon a Hoozuki no reitetsu, da Digimon a Persona). Mi fa piacere ritrovare ancora una volta il mio amatissimo Dance Dance Revolution (chi di voi ha giocato con me a Just Dance può ben immaginare cosa succede se mi si piazza su un videogioco di ballo che ha nella tracklist perle come la sigla di Uta no prince-sama Maji Love 1000%), ma soprattutto tantissimi picchiaduro, il mio genere preferito che nelle sale giochi italiane è un po' morto: Blazblue, Guilty Gear, Tekken Tag 2, Ultra Street Fighter IV, Virtua Fighter 5, Chaos Code, Dead or alive 5, il picchiaduro di Ken il guerriero e l'inossidabile Street Fighter II, che praticamente da sempre campeggia nella triade dei miei videogiochi preferiti e che è un'emozione indescrivibile giocare su cabinato nella sua terra natale. Le sale giochi giapponesi sono organizzatissime e ti vendono persino le card dove salvare i tuoi progressi nei giochi e sbloccare costumi alternativi per i personaggi o canzoni per i giochi musicali.
Ci si trova veramente di tutto. A seconda del locale ci si può anche trovare un karaoke, un Internet point, biliardo e freccette.
Ho ancora un po' di tempo da passare in questo paese, in cui sto pensando di tornare in futuro per seguire altri corsi, e molte esperienze mancano ancora all'appello. Non riuscirò, purtroppo, a vedere il film di Gundam Origini al cinema come avevo preventivato, ma sono andato a vedere Chef (in lingua originale - inglese - con sottotitoli in giapponese, un'esperienza!), vedrò sicuramente il nuovo film delle Pretty Cure e ho ancora un bel po' di cose da fare.
Ho avuto modo di fare una scappata a Tokyo per un weekend e ci sono diverse cose da raccontare e mostrare di questa città che, ahimé, causa lontananza, costi dei treni e mancanza di tempo libero ho potuto girare solo sommariamente ma ho ugualmente amato.
Vi lascio con qualche scatto della mia già grandissima galleria fotografica, destinata ad aumentare in maniera esponenziale nei prossimi giorni.
Ma mi domandavo, fai i corsi in una scuola media giapponese? Non ci sono problemi di età al riguardo?
Dato che era un progetto per migliorare la comunicazione in inglese non è molto importante l'età. Poi kotaro non è così vecchio... diciamo che poteva essere il loro fratello maggiore
Comunque per un Giapponese è molto difficile riuscire a parlare in Inglese, perchè la fonetica è completamente diversa da quella che usano abitualmente. Tra le nazioni dell'estremo oriente il Giappone è quella con i problemi maggiori sulla pronuncia dell'inglese! I Koreani non hanno alcun problema sulla pronuncia, perchè la loro è una lingua altaica. Anche se è molto simile nella struttura e grammatica al Giapponese, è molto diversa nel tipo di fonetica.
Lasciando perdere la fonetica, vorrei vedere una foto di Kotaro vestito da orco che si aggira nelle classi
Chissà cosa avranno pensato di questi stranieri cresciutelli che riescono a conversare piacevolmente di anime/manga con ragazzini di 20 anni più giovani XDDDD
Perchè credo che il salary man medio giapponese i manga li legge, forse, ma dubito che ne parli con i figli/nipoti, poi.. ^^
Ma davvero bisogna avere 16 anni per acquistare seinen in Giappone? Ti chiedono la carta d'identità?? O_O
La foto numero 8 è una foto del tuo alloggio, Kotaro?
Aargh! Che duro colpo per te Kotaro! Consolati, che per lo shojo che guardo io avrebbero detto che e' quello che guardava loro nonna!
Anche stavolta articolo molto interessante, grazie!
I piccoli fan degli anime/manga delle scuole medie mi ricordano me alla loro età, che oltre a Dragon Ball, One Piece, mi divertivo a giocare con le carte di Yugioh e con le trottole di Beyblade! xD
E voglio vedere anche io la tua sessione di danza sulla sigla di UtaPri!
La parte sui maschietti delle medie è proprio vera, tutto il mondo è paese xD
Come sempre un bel reportage, dev'essere dura studiare quando ci si trova nella terra dei balocchi, ma la foto 52? Arale è "sponsor" della Suzuki?
racconti della tua esperienza in Giappone...grazie mille!
Belle anche le foto!
Mi piace leggere delle contraddizioni del Giappone, ma anche scoprire che per tante cose "tutto il mondo è paese".
Ti capisco, nel mio piccolo, quando guardo una serie in lingua originale e capto quelle poche espressioni che conosco inizierei a saltare dalla gioia...
Japan forever!!!!!
Per il resto, wow, sembra divertente
Kotaro, ma se non sei ancora andato al karaoke è perché, ammettilo, vuoi che ci andiamo tutti insieme facendo casino come non mai XD
Io adoro il Giappone ma così è troppo facile devi mostrare anche il retro della medaglia.
Rappresenti la voce fuori dal coro, mah, chi ha una passione per il Giappone che non si basa solo su anime e manga, queste cose le conosce. Vuoi parlare delle tue resperienze dirette, puoi aprire un tuo blog anche qui su animeclick "l'altra faccia della medaglia, il Giappone che nessuno ha mai osato raccontare" suona bene.
Questo è il reportage di Kotaro, decide lui cosa scrivere, magari un giorno ci dirà di qualche esperienza negativa, per ora è una festa e se qualcuno venisse a parlare di funerali ad una mia festa non mi farebbe affatto piacere.
Aspettiamo il tuo Blog.
Ciao
@ Kyon
Come dice Friederike più sotto, io studio in una scuola per stranieri. Con gli studenti della scuola media abbiamo avuto a che fare solo nell'occasione riportata nell'articolo.
@ Kakaroth
Non ho mai visto giochi SNK nelle sale che ho frequentato (a meno che i picchiaduro con le donnine che vanno tanto di moda ora non li produca lei), ma il Giappone è grande e ha tante sale che non ho visto.
@ Friederike
Non so se ci sia effettivamente un qualche divieto d'età per comprare i seinen, ma non credo. Del resto i book off che te li tirano dietro a 100 yen abbondano e nulla vieta ai ragazzini di comprarseli o leggerli a scrocco. Probabilmente era un caso particolare di quei ragazzi, la cui famiglia magari non glielo permetteva, chissà.
La foto 8 è una casa vista per strada, il mio alloggio è un casermone spartano che non merita una foto
@ LaMelina
Ti capisco, anch'io mi prendo d'invidia nel leggere della gente che fa i viaggi mentre io sto a casa e solitamente evito di farlo
@ Gordy
Non ti credere, anche qua ci sono tantissime macchinette per il gioco d'azzardo (pachinko, slot machine e affini), ma esteticamente son più belle delle nostre (spesso e volentieri sono a tema anime, manga o giochi) e anche qua sono molto frequentate.
@ Riko Akasaka
Yep, in questo caso Arale sponsorizza la Suzuki, ma non so più di questo. E' una foto che ho fatto passeggiando per caso.
Per il resto, ringrazio per l'interessamento. Prossimamente vi parlerò un po' di Tokyo, anche se l'ho vista molto poco (devo ritornarci assolutamente!) e non ne ho una visione d'insieme come invece per Okazaki, che essendo più piccola e gestibile conosco già bene.
Nessuno mi ha torto un capello né messo sotto con la macchina e l'unico problema da straniero che ho avuto è stato dover mostrare il passaporto per far la tessera del videonoleggio. Chiaro che il Giappone non è tutto rose e fiori, ma questo è il reportage della mia esperienza personale, che ovviamente riporta solo quello che vedo o provo in prima persona e che quindi, come tale, non vuole pretendere di raffigurare la realtà di tutto il Giappone.
Credo che per un occidentale sarà impossibile capirlo al 100%, ci si può avvicinare ma di certo non lo si coglie del tutto dopo un solo mese e mezzo di permanenza in cui la metà del tempo la si è passata sui banchi di scuola.
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