La prima volta che ne vidi una fu nell'anime Inuyasha. Era Kikyo, personaggio chiave della storia; mi colpì molto per la sua figura così regale e quella veste così caratteristica.
Poi ne vennero molte altre e alla fine ebbi modo di vederle anche dal vivo. Sto parlando delle Miko, ragazze che si prendono cura dei templi shintoisti. Scopriamo qualcosa di più su di loro!
La figura della miko è presente fin dai tempi più antichi: nel passato infatti alle donne era attribuito il potere di mettersi in diretto contatto con gli dei, definiti Kami, attraverso uno stato di trance e rivelare così delle profezie, in maniera molto simile alle sacerdotesse dell’Oracolo di Delfi.
Col passare del tempo però il termine iniziò ad indicare tutte le ragazze al servizio di altari e templi shintoisti; spesso erano le figlie dei sacerdoti che abitavano ed officiavano in quel santuario.
Se vogliamo continuare il paragone con la religione occidentale, potrebbero essere equiparate ai chierichetti delle chiese cattoliche.
Resta però difficile tradurre letteralmente il termine miko e darne una definizione precisa: il più usato è "vergini dell'altare", ma sono spesso definite anche sacerdotesse, novizie, profetesse, medium, suore o addirittura streghe.
Bisogna però specificare che, sebbene lo shintoismo preveda anche sacerdoti donna, esse non sono miko: le miko non hanno la stessa autorità, anche se in mancanza di un sacerdote possono ricoprirne gli incarichi.
Fondamentalmente però si occupano di assistere il sacerdote durante le funzioni (soprattutto i matrimoni), esibirsi in danze cerimoniali (Miko-Mai), offrire omikuji, occuparsi di vendere tutti quegli oggetti associati al santuario stesso (come gli omamori o gli ema) e fare le pulizie (tipica infatti nell'iconografia è la figura della miko con la ramazza di bambù in mano che spazza il terreno davanti al tempio). Al giorno d'oggi le miko sono soprattutto volontarie, oppure lavoratrici part-time.
Requisito fondamentale per una miko, almeno in teoria, è quello di essere vergine, ma storicamente sono state fatte eccezioni, soprattutto per donne dotate di grande carattere. Tradizionalmente però, se una donna che serve in un santuario si sposa, allora abbandona il suo ruolo di miko o il corso di apprendimento per diventare sacerdotessa, per dedicarsi alla sua nuova famiglia.
L’abito tradizionale che indossano le miko è chiamato Chihaya e consiste in una gonna o in una gonna pantalone rossa (hakama) e una tunica bianca con ampie maniche a kimono, spesso orlate di rosso; la calzatura tipica è detta tabi.
Bianco e rosso sono i colori tradizionali dell’abbigliamento, così come degli accessori (nastri per capelli o altro), ma esistono alcune eccezioni, come ad esempio nel Santuario di Tsurugaoka Hachiman a Kamakura.
Sono una figura rappresentata spesso sia negli anime/manga che nei videogiochi: di solito sono raffigurate come giovani donne attraenti e coraggiose, che combattono (e di solito sconfiggono) demoni, creature sovrannaturali, yokai e quanto di meglio possa sfornare il folklore nipponico.
Spesso sono in grado di cimentarsi in varie arti marziali, sanno usare diverse armi (soprattutto quelle tradizionali giapponesi come lo yumi (arco lungo), il tanto (pugnale), od una delle varie spade giapponesi quali le katana o i wakizashi) e sono capaci di compiere riti magici o particolari divinazioni.
Esiste anche una controparte malvagia: la Kuro Miko; di solito sono al servizio di sacerdoti rinnegati oppure di demoni, sono esperte nel campo della demonologia e della magia nera e indossano una veste uguale a quella delle miko ma di colore borgogna, oro o nero.
Fonti consultate:
Japancoolture
Wikipedia
Grazie per l'articolo, sempre pieno di informazioni interessanti.
Si vede una miko (ma in bianco e nero) anche in Rashomon, dove ricopre il ruolo di medium per consentire a un defunto di testimoniare al processo del suo omicidio, dare "la sua versione dei fatti" sull'accaduto e rivelare l'identità dell'assassino.
La povera Kikyo poi è una delle figure più tragiche del mondo anime/manga.
Inuyasha è uno di quegli anime che devo ancora vedere, ma da quello che so sono d'accordo sul fatto che Kikyo incarni alla perfezione il ruolo del miko.
Una miko più recente, nella sua "atipicità", è Ruka di Steins;Gate: lei sì che si vede sempre con la scopa in mano davanti all'ingresso del tempio gestito dal padre sacerdote
EDIT: Mi sono accorto ora che Ruka è nel box del titolo di questo articolo in home page. Che rintronato che sono, spero che questa immagine renda meglio l'idea...
Il chihaya, per come la vedo io, è un abito che mette in risalto la sacralità della funzione svolta da chi la indossa: anche il culto dell pulizia, per gli shitoisti, è importante quanto lo svolgimento di una funzione religiosa.
Bell'articolo, mostra come anche dalle piccole cose della vita quotidiana si riescano a trovare aspetti interessanti e profondi.
...
Konata: Mi chiedo in quanto siano qui per le Miko come papà.
Kagami: Di nuovo questa storia! Non sono poi così tanti! Credo...
se per diventare Miko c'è un particolare rito o tirocinio da
sostenere?...ora provo a cercare in rete...
Grazie per l'approfondimento Hachi
(*) c'era anche Tsubaki, una kuro-miko.
Grazie per le ulteriori informazioni.
P.S. Di tutte le miko mostrate, le più pucciose sono quelle versione Lucky Star !
Kikyo, secondo me, è una delle figure più tragiche e affascinanti dei manga/anime finora viste.
Anch'io ho visto per prima Sakura, che però consideravo una semplice esorcista (fra l'altro nell'adattamento italiano era definita così). Poi ovviamente ho visto Rea, grazie alla quale ho conosciuto altri aspetti di questa figura, quale l'abitudine di ramazzare le foglie cadute o quella di vendere i talismani.
Ma in realtà è Kikyo il personaggio che davvero ci mostra la vera miko, compresa la questione della castità: infatti nella struggente scena dei suoi ricordi felici con Inu Yasha diceva che scegliendo di dividere il resto della sua vita con lui avrebbe rinunciato ad essere una sacerdotessa e sarebbe tornata ad essere una semplice donna.
Molti odiano questo personaggio, ma io sinceramente non ci riesco, poverina...
Invece conosco un'altra miko, che però è una figura totalmente comica, la reincarnazione giapponese della principessa Blanche ne Il principe papero di Ai Morinaga. Perfida, sadica e divertentissima!
Infine, la figura della miko appare anche nell'inquietante Higurashi no naku koro ni.
A parte gli scherzi, penso che, in quanto a figura tipica del Giappone, siano comunque un elemento fortemente caratteristico, che fa bene a essereevidenziato. In fin dei conti è una delle tante cose che rendono così originale il paese nipponico
Sempre e comunque grazie Hachi.
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