Da diverso tempo ed in maniera così rapida che abbiamo difficoltà a darne una data di nascita precisa, la componente online ha totalmente stravolto il concetto di videogame rispetto a come eravamo abituati a pensarlo: da un'attività da svolgere in solitudine o con una ristretta cerchia di persone tutte raggruppate nella stessa stanza, si è passati ad un mondo interamente connesso in tempo reale, che non si può più mettere in pausa, non segue i tempi del videogiocatore e anzi si evolve e va avanti a prescindere dalla sua presenza, proprio come la vita reale.
Non è passato troppo tempo prima che l'unico modo di fruire di alcuni titoli diventasse quello di essere connessi ad internet, determinando di fatto l'avvento di quelli che oggi conosciamo con l'acronimo di MMORPG, ovvero Massively Multiplayer Online Role-Playing Game (cioè giochi di ruolo online di massa). Questo genere è diventato sempre più ricco di contenuti e sempre più importante a livello di utenza, al punto da essere arrivati ormai a server che reggono quotidianamente milioni di utenti connessi nello stesso momento, soprattutto se pensiamo a realtà come World of Warcraft di Blizzard che ha accolto tra le sue fila più di 100 milioni di utenti unici. Un dato impressionante.
Grazie appunto alla popolarità di alcuni titoli, comunemente si tende ad associare gli MMO esclusivamente ai mondi fantasy figli dei vari Tolkien e dei giochi di ruolo del filone di Dungeons & Dragons, ma il gioco di ruolo online di massa comprende anche una nutrita schiera di appassionati di FPS (sparatutto in soggettiva), che già da tempo continuano a farsi la guerra virtuale in simulazioni di combattimento via via più realistiche e dettagliate, senza dimenticare gli amanti di titoli sportivi, che da sempre amano sfidare altre persone per dimostrare la propria bravura. Tra queste realtà vi sono però notevoli differenze, una in particolare farà terminare questo lungo prologo per portarci al nocciolo della questione: in un titolo sportivo o FPS, a fare la differenza tra vittoria e sconfitta nel pvp (player versus player), sarà sempre l'abilità del singolo giocatore: questa sarà di sicuro affinata dalle ore di gioco, ma non è impossibile per un ragazzo particolarmente talentuoso o fortunato battere qualcuno che invece gioca costantemente da lungo tempo. Negli RPG tutto questo non può accadere, perchè la forza di un giocatore è direttamente proporzionale alla quantità di tempo che quest'ultimo ha passato in-game, salendo di livello e trovando oggetti più rari e forti.
Viene da sè quindi che questo collegamento così diretto ha effetti importanti nella psicologia del videogiocatore, che sarà quindi portato a pensare che nel momento in cui lui non è connesso, qualcun altro sta salendo di livello ed accumulando risorse, quindi sta diventando più forte di lui. Persino la presenza dei mostri guidati dall'IA non è che un mezzo per aumentare la permanenza nel gioco, dato che il farming, (uccisioni delle creature del gioco o il completamento di quest primarie e secondarie con l'unico scopo di far crescere il personaggio) permette al giocatore di aumentare i suoi punti esperienza e di prendere possesso di oggetti più o meno rari. E' stato studiato che queste meccaniche di gioco dette in inglese grinding (cioè l'esecuzione ripetitiva sempre delle stesse cose), nonostante sia noiosa e vada a scapito del divertimento, grazie alla ricompensa a breve termine data dal drop (il rilascio di un oggetto e/o di esperienza), vada a stimolare il sistema dopaminico. La dopamina è un neurotrasmettitore che viene rilasciato dal nostro cervello per rinforzare un certo comportamento e che, applicato quindi al caso specifico, spinge l'utente a reiterare il comportamento innumerevoli volte. A tutto questo va aggiunto il "dettaglio" che tutti gli MMO sono endless games, cioè giochi senza uno scopo definitivo, in pratica senza una fine. Gli obiettivi spesso sono settimanali, presentati sotto forma di sfide periodiche, ma più importante di tutti è il fatto di diventare sempre più forti, unici ed importanti all'interno del gioco.
I sistemi di gilde, grazie ai quali l'utente oltre ad identificarsi in un avatar virtuale si sente anche parte di un gruppo con precisi ruoli e norme, potendo interagire con chat audio e video con gli altri appartenenti, contribuiscono poi a creare un mondo ed una vita che spesso rappresentano una vera e propria alternativa (quando non un riscatto) a quello che avviene fuori dalla camera.
La mia esperienza a riguardo, in pratica ciò che mi ha spinto a condividere questo articolo, è di aver attraversato un periodo - per fortuna non troppo prolungato e privo di stravolgimenti irreparabili nella mia vita - di dipendenza da un MMORPG; il gioco era Cabal Online ed io ero uno studente universitario con abbastanza tempo libero.
In poche parole continuavo a restringere sempre di più le attività extra videogame ed anche quando ero impossibilitato a giocare pensavo a cosa avrei fatto una volta online. Neanche il sonno era privo da questi pensieri, più volte sognavo intere sessioni di farming: ad onor di cronaca, mi è capitato altre volte di sognare giochi a cui ho dedicato diverso tempo (penso ad altri rpg come The Witcher, Mass Effect o quelli marchiati Bethesda), ma mai con quella frequenza e, soprattutto, quel coinvolgimento emotivo. Per di più il cambiamento caratteriale nelle fasi di non gioco era evidente a chiunque mi conoscesse abbastanza bene. Una classica dipendenza sotto ogni punto di vista.
La mia salvezza fu un hacker che mi ripulì completamente il personaggio da ogni oggetto, lasciandomi letteralmente in mutande. Questo evento scatenante generò in me grande frustrazione; così grande che ne rimasi sorpreso e disgustato, quando realizzai che certi sentimenti e certi legami non possono appartenere ad una realtà fittizia come quella di un videogame, che per antonomasia rimane comunque un gioco, per quanto immersivo esso sia. Non ero infatti arrabbiato per gli oggetti persi in sè - avrei potuto comunque recuperarli con altre ore di gioco - ma perché mi sentivo violato nell'intimità, come se fossero entrati dei ladri in casa. Quelle cose non erano di un avatar all'interno di un videogame, erano mie. Fu allora che realizzai le parole di chi mi circondava e che iniziai ad informarmi sui disturbi collegati a questo genere di attività, scoprendo successivamente che quello che avevo soltanto ipotizzato, qualcun altro aveva provveduto ad inserirlo nella quinta edizione del DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) del 2013, istituento di fatto l’Internet Gaming Disorder: nient'altro che l’uso ricorrente e persistente di internet per giocare, che porta a un disagio clinicamente significativo identificato da una serie di sintomi presentati nell’arco di 12 mesi.
Molti di noi non arriveranno mai a quello stadio, neanche io mi ci ritrovavo, ma di sicuro esistono delle possibilità intermedie su una scala che va dalla partita a FIFA con gli amici ad una persona che si rovina la vita per l'IGD.
Non va dimenticato che spesso all'interno degli MMO è presente una forte componente di pay-to-win, un meccanismo che tende ad incentivare i giocatori disposti a spendere soldi premiandoli con benefit cui gli altri non hanno accesso, pratica che mi trova in totale disaccordo e che ho sempre rifiutato di netto.
In conclusione, nonostante io pensi che, esclusa la componente di appagamento data dal salire di livello, esistono titoli che non hanno una trama, né una fine, né un vero motivo per essere giocati (sembrano infatti creati con la logica delle slot machine per tenere quanti più utenti incollati allo schermo), ce ne sono altri che sono molto più ricchi da questi punti di vista, non è quindi mia intenzione demonizzare un genere che di per sé non può di certo essere dannoso. Sono però sicuro che bisogna imparare a conoscere rischi e conseguenze prima di approcciare questo genere di attività, così come da tempo si cerca di fare con il gioco d'azzardo e che sia necessaria un po' di competenza anche da parte dei genitori, ora che questi titoli sono accessibili anche su piattaforme mobili e cellulari.
Adesso è il vostro momento: cosa ne pensate riguardo agli MMORPG in generale? Avete qualche esperienza in questo mondo da raccontare?
Non è passato troppo tempo prima che l'unico modo di fruire di alcuni titoli diventasse quello di essere connessi ad internet, determinando di fatto l'avvento di quelli che oggi conosciamo con l'acronimo di MMORPG, ovvero Massively Multiplayer Online Role-Playing Game (cioè giochi di ruolo online di massa). Questo genere è diventato sempre più ricco di contenuti e sempre più importante a livello di utenza, al punto da essere arrivati ormai a server che reggono quotidianamente milioni di utenti connessi nello stesso momento, soprattutto se pensiamo a realtà come World of Warcraft di Blizzard che ha accolto tra le sue fila più di 100 milioni di utenti unici. Un dato impressionante.
Grazie appunto alla popolarità di alcuni titoli, comunemente si tende ad associare gli MMO esclusivamente ai mondi fantasy figli dei vari Tolkien e dei giochi di ruolo del filone di Dungeons & Dragons, ma il gioco di ruolo online di massa comprende anche una nutrita schiera di appassionati di FPS (sparatutto in soggettiva), che già da tempo continuano a farsi la guerra virtuale in simulazioni di combattimento via via più realistiche e dettagliate, senza dimenticare gli amanti di titoli sportivi, che da sempre amano sfidare altre persone per dimostrare la propria bravura. Tra queste realtà vi sono però notevoli differenze, una in particolare farà terminare questo lungo prologo per portarci al nocciolo della questione: in un titolo sportivo o FPS, a fare la differenza tra vittoria e sconfitta nel pvp (player versus player), sarà sempre l'abilità del singolo giocatore: questa sarà di sicuro affinata dalle ore di gioco, ma non è impossibile per un ragazzo particolarmente talentuoso o fortunato battere qualcuno che invece gioca costantemente da lungo tempo. Negli RPG tutto questo non può accadere, perchè la forza di un giocatore è direttamente proporzionale alla quantità di tempo che quest'ultimo ha passato in-game, salendo di livello e trovando oggetti più rari e forti.
Viene da sè quindi che questo collegamento così diretto ha effetti importanti nella psicologia del videogiocatore, che sarà quindi portato a pensare che nel momento in cui lui non è connesso, qualcun altro sta salendo di livello ed accumulando risorse, quindi sta diventando più forte di lui. Persino la presenza dei mostri guidati dall'IA non è che un mezzo per aumentare la permanenza nel gioco, dato che il farming, (uccisioni delle creature del gioco o il completamento di quest primarie e secondarie con l'unico scopo di far crescere il personaggio) permette al giocatore di aumentare i suoi punti esperienza e di prendere possesso di oggetti più o meno rari. E' stato studiato che queste meccaniche di gioco dette in inglese grinding (cioè l'esecuzione ripetitiva sempre delle stesse cose), nonostante sia noiosa e vada a scapito del divertimento, grazie alla ricompensa a breve termine data dal drop (il rilascio di un oggetto e/o di esperienza), vada a stimolare il sistema dopaminico. La dopamina è un neurotrasmettitore che viene rilasciato dal nostro cervello per rinforzare un certo comportamento e che, applicato quindi al caso specifico, spinge l'utente a reiterare il comportamento innumerevoli volte. A tutto questo va aggiunto il "dettaglio" che tutti gli MMO sono endless games, cioè giochi senza uno scopo definitivo, in pratica senza una fine. Gli obiettivi spesso sono settimanali, presentati sotto forma di sfide periodiche, ma più importante di tutti è il fatto di diventare sempre più forti, unici ed importanti all'interno del gioco.
I sistemi di gilde, grazie ai quali l'utente oltre ad identificarsi in un avatar virtuale si sente anche parte di un gruppo con precisi ruoli e norme, potendo interagire con chat audio e video con gli altri appartenenti, contribuiscono poi a creare un mondo ed una vita che spesso rappresentano una vera e propria alternativa (quando non un riscatto) a quello che avviene fuori dalla camera.
La mia esperienza a riguardo, in pratica ciò che mi ha spinto a condividere questo articolo, è di aver attraversato un periodo - per fortuna non troppo prolungato e privo di stravolgimenti irreparabili nella mia vita - di dipendenza da un MMORPG; il gioco era Cabal Online ed io ero uno studente universitario con abbastanza tempo libero.
In poche parole continuavo a restringere sempre di più le attività extra videogame ed anche quando ero impossibilitato a giocare pensavo a cosa avrei fatto una volta online. Neanche il sonno era privo da questi pensieri, più volte sognavo intere sessioni di farming: ad onor di cronaca, mi è capitato altre volte di sognare giochi a cui ho dedicato diverso tempo (penso ad altri rpg come The Witcher, Mass Effect o quelli marchiati Bethesda), ma mai con quella frequenza e, soprattutto, quel coinvolgimento emotivo. Per di più il cambiamento caratteriale nelle fasi di non gioco era evidente a chiunque mi conoscesse abbastanza bene. Una classica dipendenza sotto ogni punto di vista.
La mia salvezza fu un hacker che mi ripulì completamente il personaggio da ogni oggetto, lasciandomi letteralmente in mutande. Questo evento scatenante generò in me grande frustrazione; così grande che ne rimasi sorpreso e disgustato, quando realizzai che certi sentimenti e certi legami non possono appartenere ad una realtà fittizia come quella di un videogame, che per antonomasia rimane comunque un gioco, per quanto immersivo esso sia. Non ero infatti arrabbiato per gli oggetti persi in sè - avrei potuto comunque recuperarli con altre ore di gioco - ma perché mi sentivo violato nell'intimità, come se fossero entrati dei ladri in casa. Quelle cose non erano di un avatar all'interno di un videogame, erano mie. Fu allora che realizzai le parole di chi mi circondava e che iniziai ad informarmi sui disturbi collegati a questo genere di attività, scoprendo successivamente che quello che avevo soltanto ipotizzato, qualcun altro aveva provveduto ad inserirlo nella quinta edizione del DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) del 2013, istituento di fatto l’Internet Gaming Disorder: nient'altro che l’uso ricorrente e persistente di internet per giocare, che porta a un disagio clinicamente significativo identificato da una serie di sintomi presentati nell’arco di 12 mesi.
Molti di noi non arriveranno mai a quello stadio, neanche io mi ci ritrovavo, ma di sicuro esistono delle possibilità intermedie su una scala che va dalla partita a FIFA con gli amici ad una persona che si rovina la vita per l'IGD.
Non va dimenticato che spesso all'interno degli MMO è presente una forte componente di pay-to-win, un meccanismo che tende ad incentivare i giocatori disposti a spendere soldi premiandoli con benefit cui gli altri non hanno accesso, pratica che mi trova in totale disaccordo e che ho sempre rifiutato di netto.
In conclusione, nonostante io pensi che, esclusa la componente di appagamento data dal salire di livello, esistono titoli che non hanno una trama, né una fine, né un vero motivo per essere giocati (sembrano infatti creati con la logica delle slot machine per tenere quanti più utenti incollati allo schermo), ce ne sono altri che sono molto più ricchi da questi punti di vista, non è quindi mia intenzione demonizzare un genere che di per sé non può di certo essere dannoso. Sono però sicuro che bisogna imparare a conoscere rischi e conseguenze prima di approcciare questo genere di attività, così come da tempo si cerca di fare con il gioco d'azzardo e che sia necessaria un po' di competenza anche da parte dei genitori, ora che questi titoli sono accessibili anche su piattaforme mobili e cellulari.
Adesso è il vostro momento: cosa ne pensate riguardo agli MMORPG in generale? Avete qualche esperienza in questo mondo da raccontare?
Escono costantemente nuovi giochi, per quanto alcuni titoli siano decisamente intriganti e spingano a continuare a giocare (sui Disgaea ci ho perso decisamente troppe ore...) ho difficoltà ad immaginarmi costantemente fisso su di un singolo titolo perchè le idee/mondi/gameplay proposte negli altri mi invogliano a provarli.
Cosa vi spinge a rimanere fissi su uno solo? La competizione? La voglia di finirlo al 100%?
Al tempo c'ho giocato parecchio (a WoW), anche se, per mia fortuna, tendo a stancarmi piuttosto velocemente, quindi dopo pochi mesi chiudevo tutto e pace, anche perché il grind mi ha sempre annoiato a morte e l'ho sempre evitato accuratamente,
Sono sempre stato immune al fascino degli MMORPG (soprattutto quelli theme park post-Wow), visto che le loro caratteristiche di gameplay, focalizzate come già detto soprattutto sul grinding e sulla ripetitività, non mi hanno mai attirato. Di norma in un titolo che si definisce gioco di ruolo cerco una bella trama, non contenuti banali ripetuti fino allo sfinimento.
L'unico che mi abbia saputo coinvolgere è stato Star Wars The Old Republic, e solo perché sono un fan accanito di Guerre Stellari; anche lì l'amore è durato ben poco (2-3 mesetti, ora pur continuando a piacermi lo riprendo in mano solo all'uscita delle nuove espansioni), e in ogni caso non ne sono mai stato "dipendente", non più di quanto lo sia mai stato con altri titoli offline capaci di catturarmi.
Poi vabbè di giochi online ci gioco tutt'ora a tantissimi LoL, Warframe, Paladins, Skill raramente però alla fine mi faccio 2 massimo 3 partite poi stacco non ci sto più di tanto. diciamo che la mania dei giochi online non è scomparsa però non significa che gioco solo a quello 3 giorni fà ho comprato Dragon Ball Xenoverse 2, per farvi capire xD
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.