Il live action di Ghost in the shell diretto da Rupert Sanders e che vanta la presenza di Scarlett Johansson è ormai giunto nelle sale e ovviamente sta facendo discutere. Approfittiamo del comunicato Star Comics per un recap di tutto il materiale cartaceo sul brand:GHOST IN THE SHELL: LA PIÙ IMPORTANTE SAGA CYBERPUNK DELL’UNIVERSO MANGA… E OLTRE!
Il film di GHOST IN THE SHELL arriverà finalmente nelle sale italiane il 30 Marzo 2017: noi di Star Comics, editori in Italia del capolavoro di Masamune Shirow e dei relativi spin-off, dopo aver lanciato il “Facce da GITS challenge” nei nostri canali social, vogliamo partecipare all’evento andando a offrirvi una panoramica completa dell’universo narrativo che ruota attorno al Maggiore Kusanagi e alla Sezione 9:
GHOST IN THE SHELL è l’opera che ha consacrato Masamune Shirow nel mondo come il signore assoluto del cyberpunk a fumetti. Nel volume 1 il maggiore Motoko Kusanagi, agente speciale a capo di una squadra d’élite delle forze dell’ordine, è impegnata in una lotta senza tregua contro il Marionettista, figura enigmatica che attraverso la rete invade letteralmente la quotidianità di un mondo sviluppato sulle interconnessioni fra esseri viventi, macchine e computer. Al culmine della sua battaglia, Motoko dovrà fare un sacrificio estremo e inusuale, che la porterà a rinunciare al “sé” per fondersi con lo stesso Marionettista e diventare “parte di tutte le cose”, generando così una forma di “vita” totalmente nuova e dalle infinite possibilità.
Un’opera epocale e profetica da leggere e rileggere negli anni, che non può mancare sugli scaffali degli amanti del fumetto, della fantascienza e della narrativa cyberpunk.
GHOST IN THE SHELL 1.5 – HUMAN ERROR PROCESSER è una raccolta di episodi completamente inediti. Apparsi solo su rivista fra il 1991 e il 1996, gli episodi costituiscono una sorta di ponte – comunque fruibile a sé stante – fra GHOST IN THE SHELL e MANMACHINE INTERFACE. Tornano dunque Bato, il vecchio Aramaki e tutta la Sezione 9 di Newport City, alla presa con nuovi casi di cyber-spionaggio che mescolano azione adrenalinica a riflessioni profonde sul labile confine fra “reale” e “virtuale”… ma questa volta con una sorpresa in più: uno speciale cd rom allegato al volume, per godere doppiamente (e.... “animatamente”!) di questo splendido evento. Praticamente, due libri in uno: da non perdere assolutamente!
Ben 304 pagine, prevalentemente a colori, che permettono a Masamune Shirow di dissertare liberamente di filosofia, sviluppo tecnologico, evoluzione dell’informatica e di intelligenze artificiali, raccontandoci di quanto difficile sia essere “uomo” in un mondo che aliena il concetto stesso di “umanità”: GHOST IN THE SHELL 2 è un volume epocale in cui la consueta “energia” narrativa e contenutistica di Shirow è corredata da una grafica ulteriormente evoluta, che segna l’apice assoluto della sua carriera. Un albo straordinario in edizione limitatissima, da acquistare subito… o mai più.
Ambientanto nell’Anno Domini 2030, STAND ALONE COMPLEX è il più famoso spin-off di GHOST IN THE SHELL, ambientato in un universo alternativo ma con gli stessi personaggi della serie principale. Il reparto speciale della polizia giapponese chiamato “Sezione 9” è incaricato di occuparsi di tutti i casi legati ai crimini riguardanti le tecnologie robotiche, mediche e informatiche, che nel ventunesimo secolo hanno avuto uno sviluppo oltre ogni immaginazione. Interfacciandosi fra loro, queste tecnologie hanno reso infatti possibile la creazione di cervelli e corpi artificiali potenziati oltre le normali capacità umane, utilizzati per operazioni spionistiche e terroristiche. Protagonisti della serie sono i componenti della squadra della Sezione 9: il maggiore Motoko Kusanagi, il colossale Bato, lo scaltro Togusa, il caposezione Aramaki e tutti gli altri, che dovranno vedersela con un formidabile hacker conosciuto come “Laughing Man”. Per tutti gli amanti della fantascienza, un manga-cult assolutamente imperdibile!
Prequel della serie principale e trasposizione in fumetto dell’omonimo anime, GHOST IN THE SHELL – ARISE è la storia di come si è formata la celebre Sezione 9. Vedremo quindi una giovanissima Motoko Kusanagi al servizio del Governo, impegnata a indagare – insieme a quelli che diventeranno i suoi futuri e inseparabili compagni – su soggetti sospettati della pianificazione di attentati e crimini contro la sicurezza pubblica. Un tuffo nel passato dei protagonisti dell’opera più famosa del maestro Masamune Shirow!
Dal 30 Marzo il film GHOST IN THE SHELL arriverà nelle sale italiane: immergiti nel suo universo editoriale con Star Comics!
Masamune Shirow, al secolo Masanori Ota, è un mangaka giapponese nato nella prefettura di Hyogo il 23 Novembre 1961. Si è dedicato al manga dopo aver studiato pittura presso l’università delle Arti di Osaka, vincendo nel 1986 il premio Seiun con il seinen cyberpunk APPLESEED, per poi consacrare definitivamente il suo successo nel 1991 grazie a GHOST IN THE SHELL. Il suo pseudonimo deriva dal famoso armaiolo nipponico Masamune, vissuto nell’epoca Kamakura, e dal termine shiro, che in giapponese significa “giovane guerriero”.
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Integriamo il comunicato Star Comics con alcuni estratti dal nostro corposo approfondimento, focalizzandoci sulle trasposizioni animate della saga:
GHOST IN THE SHELL
Nel 1995, al Festival del Cinema di Venezia veniva proiettato per la prima volta un film d’animazione giapponese. Era Ghost in the Shell, di Mamoru Oshii, uscito in contemporanea in Giappone, Stati Uniti e Regno Unito successivamente alla presentazione mondiale di Bandai Visual e Manga Entertaiment, vincitore del Best Theatrical Film Award al 1st Animation Kobe 1996, nominato Best Theatrical Feature Film al The World Animation Celebration 1997, Menzione Speciale della Giuria Internazionale al 17th Festival Internazionale del Cinema di Oporto - Fantasporto 1997, primo nella classifica Billboard Top Video Sales nell’Agosto del ’96. Quanto appena illustrato basterebbe da solo a definire il ruolo che ha avuto e che continua ad avere Ghost in the Shell nella storia dell’animazione fantascientifica e non, oltre a far comprendere quale possa essere il suo valore qualitativo intrinseco.
Il film, basato sui capitoli uno, tre, nove e undici del manga di Shirow, è realizzato dalla Production I.G, diretto da Mamoru Oshii (realizzatore anche dello storyboard: il prospetto che contiene le inquadrature e la scaletta della loro sequenza), che esordì nel 1985 con Tenshi no Tamago e divenne poi celebre con le due serie OAV e i due film sul progetto Patlabor, sceneggiato da Kazunori Ito (Magical Angel Creamy Mami, Nausicaä della valle del vento, Maison Ikkoku, Patlabor), e vanta tra gli altri il character design di Hiroyuki Okiura (Akira, Kanojo no Omoide), il background design di Takashi Watabe (Nausicaä della valle del vento, Akira, Silent Mobius, Patlabor 2 the movie), la fotografia di Hisao Shirai (Armitage III), la direzione delle animazioni 3D in computer graphic di Seichi Tanaka e le musiche di Kenji Kawai (Maison Ikkoku, Ranma ½, Patlabor).
La trama, nei suoi 82 minuti di durata, segue l’unico filo conduttore della caccia al “Signore dei pupazzi”, riadattando i capitoli sopracitati a questo fine. Nel film, dei membri della Sezione 9, sono assenti i Fuchikoma, Saito, Paz e Borma. Oltre a ciò sono assenti l’ilarità e il deformed di alcune scene. Viene mantenuta l’ambientazione, ma non è seguita la sequenza temporale del manga (che si dilaziona nel corso di un anno), inoltre la stessa New Port City fu ridisegnata in molte parti basandosi su alcuni quartieri di Hong Kong. Queste scelte hanno uno scopo ben preciso: il tono della pellicola è molto più serio, atmosfericamente più freddo, oscuro e onirico di quello del manga; Oshii detta ritmi molto più lenti, concentrandosi essenzialmente sulla figura di Motoko Kusanagi e sulle sue riflessioni esistenziali, utilizzando spesso, volutamente, fermi immagine prolungati e ambigui e sequenze dai forti contenuti simbolici attraverso i quali il regista si avvicina in modo subliminale all’esposizione della teoria portata avanti dall’intera pellicola. Difatti, se il manga abbonda di spiegazioni e note accessorie, Oshii predilige un’impostazione inversa, con dialoghi introspettivi e complessi (in certi frammenti citazioni bibliche) e silenzi in cui è l’immagine a parlare e a contenere il significato sottinteso. Questo aspetto molto adulto venne unito a una colonna sonora ricercata ed evocativa, basata su cori in giapponese antico e accompagnamento musicale che sposa armonie bulgare, nipponiche ed effetti elettronici, e a una realizzazione tecnica d’avanguardia, nella quale all’animazione tradizionale fu mescolata la 3D computer graphic, non solo utilizzata per riprodurre se stessa (ovvero schermate dati e ologrammi), ma anche per rieditare con “effetti lente” le scannerizzazioni dei fondali e dei cel (i fogli di acetato su cui sono disegnate le figure), per realizzare i layout degli ambienti e per elaborare la parallasse prospettica differenziale, i movimenti di macchina prolungati e la profondità di campo. Il risultato finale fu qualcosa di mai visto fino ad allora, e rese Ghost in the Shell l’opera che aprì le porte dei festival e di una diversa critica internazionale all’animazione giapponese, che ispirò innumerevoli produzioni successive, e che fu definita dal famoso regista James Cameron “First truly adult animation film to reach a level of literary and visual excellence” (Il primo film d’animazione realmente adulto arrivato a un livello d’eccellenza visuale e letteraria).
Il film però, causa l’iniziale incomprensione del pubblico nipponico, non ottenne, in patria, la risonanza enorme che poi ebbe a posteriori, e anche il trattamento riservatogli nelle versioni internazionali è quanto meno discutibile: l’edizione americana della pellicola presentò un cambio nel brano dei titoli di coda, “Chant 3 – Reincarnation”, che fu sostituito da “One Minute Warning”, e che costò la cancellazione del tema originale da tutte le edizioni adattate a partire da quella americana, come quella italiana, che tra l’altro commutò i dialoghi del film direttamente dalla lingua inglese (con traduzione erronea ad esempio dei termini “Marionettista” e “Ghost”, divenuti “Signore dei pupazzi” e “Spirito”).
IL RESTYLE DELLA CONCHIGLIA E LO STAND ALONE COMPLEX
Nell’Ottobre del 2002, sette anni dopo il film di Oshii, in Giappone andò in onda una nuova serie di 26 episodi adattata al manga di Shirow: Ghost in the Shell: Stand Alone Complex; realizzata dalla Production I.G, con il più alto budget mai destinato a un anime, prodotta dalla stessa Production I.G in collaborazione con Bandai Entertaiment e altre case di produzione riunite sotto l’unico denominativo di Ghost in the Shell Stand Alone Complex Committee, con Kenji Kamiyama (Silent Mobius, Hakkeden, Jin Roh, Blood the Last Vampire) nel ruolo di capo regista e capo dello staff di sceneggiatori e, tra gli altri, il character design di Makoto e Hajime Shimomura (Blood+), la direzione delle animazioni 3D di Makoto Endo (Blood+) e le musiche di Yoko Kanno (Macross Plus e Macross 7, Kanojo no Omoide, Cowboy Bebop, Jin Roh, Turn A Gundam, Escaflowne, Arjuna).
La serie non segue nessuna delle storie del manga, ma ne sfrutta solo il contesto e i protagonisti (mutando il nome dei carri armati senzienti in Tachikoma) per imbastire la trama che si svolge sempre a New Port City, nel 2030, in un universo alternativo rispetto sia al manga che al lungometraggio. Inoltre gli stessi episodi sono suddivisibili in due categorie: gli episodi “Stand Alone”, e gli episodi “Complex”. Mentre i primi s’incentrano su investigazioni autoconclusive e hanno la funzione di approfondire vari aspetti dell’attualità socio-politica presentata, i secondi formano il corpus centrale della trama relativa al caso “Uomo che ride” e al fenomeno sociale da esso derivato, lo “Stand Alone Complex”. Quest’ultimo termine è anticipato nell’introduzione dell’anime dove si spiega che, a fronte di un net che ha mutato le coscienze in impulsi elettromagnetici condivisi, tuttavia lo Stand Alone (singolo isolato) non è ancora divenuto parte di un composto formato da più soggetti uniti tra loro, un Complex. Il processo che guida la combinazione di questi due elementi è analizzato in parallelo all’indagine sull’“Uomo che ride”, un caso di rapimento (ispirato al reale caso Glico-Morinaga del 1984) e terrorismo informatico mai risolto dalla Polizia e che si ripresenta dopo anni di silenzio con il suo marchio, una faccia stilizzata con logo rotante, portando alla riapertura delle investigazioni sopite.
Il nome “Uomo che ride” è ripreso dall’omonimo racconto, “The Laughing Man”, di J. D. Salinger, incluso nella raccolta “Nove racconti” dell’autore. Anche il testo del logo è in realtà una frase pronunciata da Holden Caulfield, e in generale durante la serie sono disparate le citazioni esplicite e i riferimenti più o meno velati, sia nel linguaggio di alcuni personaggi che in oggetti e situazioni, a “The catcher in the rye” (Il giovane Holden) sempre dello stesso Salinger.
Visivamente, il design dell’opera, rispetto al manga e al film che già differivano notevolmente tra loro, subì un restyling completo, sia dal punto di vista della fisionomia e delle caratteristiche estetiche dei personaggi sia nel mecha, realizzato quasi totalmente in 3D e integrato all’animazione convenzionale grazie al cell shading, un tipo di renderizzazione grafica che permette di ottenere un effetto 2D assimilabile a quello dell’animazione tradizionale partendo da un modello poligonale. Lo staff si avvalse dell’ausilio delle nuove tecnologie anche per i disegni e gli sfondi, che furono colorati interamente con tavolozze digitali, e per alcuni scenari, che vennero interamente realizzati al computer.
Tra le particolarità, ogni episodio, dopo i titoli di coda, si conclude con “Un tipico giorno da Tachikoma”, scenette di un minuto o poco più che vedono per protagonisti i carrarmati aracnoidi in gag e situazioni più leggere rispetto all’anime – Tachikoma che tra l’altro, rispetto al manga, assumo un ruolo ben più rilevante, sia ai fini della trama che soprattutto sul lato della riflessione su tematiche ontologico-metafisiche e sulla differenza labile fra software e Ghost, riflessioni delle quali loro stessi si fanno portavoce in diversi spezzoni di episodio, evidenziando il loro metodo di ragionamento e di apprendimento differente da quello delle comuni IA e assimilabile invece a quello di un bambino.
La serie ha ricevuto il Notable Entry Award al Tokyo International Anime Fair 2003, e il premio eccellenza nella categoria animazione al Japan Media Arts Festival 2002.
Passarono due anni dalla prima serie, e lo stesso tempo trascorse fra gli eventi in essa narrati e l’incipit di Ghost in the Shell: Stand Alone Complex 2nd Gig, il cui primo dei ventisei episodi andò in onda il 1° Gennaio 2004 sul canale tematico pay-per-view Animax. La visione della serie fu possibile sulla tv pubblica soltanto dopo più di un anno, quando venne trasmessa da Nippon TV a partire dall’Aprile 2005. Il cast che si occupò della realizzazione del primo S.A.C. rimase fondamentalmente invariato nei suoi ruoli più rilevanti, tuttavia ciò che distingue questa seconda serie è la presenza di Mamoru Oshii come ideatore della storia.
Fonte indiscussa dell’ispirazione di Kamiyama, insieme a quest’ultimo Oshii decise di focalizzare la trama su un intreccio di più ampio respiro, sviluppando questioni politico-sociali che potessero trascendere i confini periferici di New Port City e interessare non solo l’intera nazione giapponese (sotto la guida, dopo gli sconvolgimenti della serie precedente, del nuovo primo ministro donna Kayabuki), ma coinvolgere anche la prefigurata rete di rapporti extranazionali del 2032. Il 2nd Gig di conseguenza approfondisce in modo mirato lo studio dei meccanismi più interni di tale contesto nippo-asiatico, e soprattutto ne segue dettagliatamente l’evoluzione verso cui precipitano le vicende, chiarendo per la prima volta gli eventi storici che avevano portato allo status quo internazionale, risultato di altre 2 guerre mondiali: la III atomica (durante la quale fu realizzato il “miracolo giapponese”, cioè nanomacchine in grado di eliminare le radiazioni nucleari), e la IV non atomica, che si risolse negli equilibri – e nelle conseguenze – internazionali ipotizzati nella serie.
A questi conflitti erano seguite diverse guerre satellite che avevano creato un numero enorme di rifugiati, i quali, respinti dalla Cina, trovarono asilo in Giappone, dove però furono confinati nell’isola/ghetto artificiale di Dejima. Nel 2nd Gig tale situazione diventa incandescente a causa dell’afflusso continuo di profughi, e soprattutto a causa della nascita contemporanea di un movimento terroristico per l’indipendenza dell’isola e del gruppo terroristico nazionalista degli “Undici Individuali”.
Proprio gli “Undici Individuali”, e fra questi Hideo Kuze, sono l’oggetto d’indagine della Sezione 9, che oltre a tale caso si ritrova a dover partecipare, forzatamente, ad alcune missioni dirette dal capo del neonato Servizio Informazioni, Kazundo Gouda.
In aggiunta a ciò, Kamiyama e Oshii ritagliano, nel quadro già così fitto di temi, lo spazio per far luce anche sul passato e sull’interiorità del maggiore Kusanagi, per approfondire le personalità dei membri della squadra (Saito, Paz, Borma, Ishikawa) che avevano trovato poco spazio nella prima serie, e per calarsi in alcune condizioni di realtà umane più drammatiche e delicate.
Difatti, nell’intervista presente sul sito della Production I.G, lo stesso Kamiyama sottolinea come in questa seconda serie, nell’affresco socio-politico sopraesposto, grande attenzione venga dedicata all’aspetto umano e all’interazione fra i personaggi che si muovono dentro il mare degli eventi di 2nd Gig: fatti ormai suoi dopo la lunga esperienza del primo S.A.C., egli appunto, durante il concept, decise di concentrare la storia solo su un numero ristretto di protagonisti (fra storici e nuovi) evitando di divagare con altre comparse in molti episodi autoconclusivi. Il regista rivela come la sua intenzione questa volta non fosse quella di far muovere in modo credibile i personaggi in uno scenario da lui creato, perché in qualche modo ormai i personaggi dettavano la propria azione in base alla loro sola volontà. In particolare, Kamiyama ammette di non aver capito bene, ai tempi della prima serie, le caratteristiche antitetiche (cinismo e altruismo) di Motoko, rimanendo poco soddisfatto del risultato finale. In questa seconda pertanto decise di creare da zero l’episodio sul suo passato anche per riuscire a comprendere un personaggio (la cui paternità non è di Kamiyama) tanto sfuggente e controverso; solo attraverso questo processo egli riuscì finalmente a capire la vera umanità insita in Motoko e fu in grado di renderla il centro reale della storia come era sempre stato nelle sue intenzioni.
Oltre all’aspetto umano, anche la Storia e l’analisi di diversi fenomeni legati alle sue grandi svolte in 2nd Gig trovano risalto in modo non indifferente (con riferimenti a eventi realmente accaduti, come l’Incidente del 15 Maggio 1932, e ispirazioni a saggisti e personaggi storici); soprattutto la condizione post 11 Settembre influì non poco sulla decisione di Oshii e Kamiyama di trattare le tensioni precedenti ai conflitti e sfocianti nella guerra. Nella serie, dentro tali tensioni sono integrati i ruoli oscuri che possono assumere i giochi di potere, i media e chi li manipola, e questo meccanismo e le interrelazioni fra tutti gli elementi già evidenziati della trama fanno un tutt’uno con l’indagine più accurata sul processo che porta al fenomeno Stand Alone Complex e alla parallelizzazione dei cervelli cibernetici conseguente alla connessione diretta delle coscienze alla rete.
La tipologia degli episodi, in questo nuovo S.A.C., è tripartita: essi si suddividono in Individual, concernenti il caso "Undici Individuali", Dividual, che sono il corrispettivo degli Stand Alone della serie precedente, e Dual, che seguono la story line relativa alle macchinazioni effettuate da Gouda attraverso il suo Servizio Informazioni. Come nella prima serie, e in modo di gran lunga più importante e decisivo in questa, i Tachikoma accompagnano le azioni operative della Sezione 9 – guadagnandosi in alcuni frangenti addirittura il ruolo centrale – e chiudono con i consueti siparietti ogni episodio.
Kenji Kamiyama, per aver creato delle storie, nelle due serie S.A.C., che facessero i conti con la realtà, e attraverso esse aver esternato le sue posizioni critiche su questioni politico-economiche attuali, vinse l’Individual Award al 9th Animation Kobe 2004.
Vi invitiamo a continuare la lettura nel nostro speciale, e vi ricordiamo che attualmente tutti i film d'animazione e le serie animate di Ghost in the Shell sono editi in Italia da Dynit.
Il film di GHOST IN THE SHELL arriverà finalmente nelle sale italiane il 30 Marzo 2017: noi di Star Comics, editori in Italia del capolavoro di Masamune Shirow e dei relativi spin-off, dopo aver lanciato il “Facce da GITS challenge” nei nostri canali social, vogliamo partecipare all’evento andando a offrirvi una panoramica completa dell’universo narrativo che ruota attorno al Maggiore Kusanagi e alla Sezione 9:
GHOST IN THE SHELL è l’opera che ha consacrato Masamune Shirow nel mondo come il signore assoluto del cyberpunk a fumetti. Nel volume 1 il maggiore Motoko Kusanagi, agente speciale a capo di una squadra d’élite delle forze dell’ordine, è impegnata in una lotta senza tregua contro il Marionettista, figura enigmatica che attraverso la rete invade letteralmente la quotidianità di un mondo sviluppato sulle interconnessioni fra esseri viventi, macchine e computer. Al culmine della sua battaglia, Motoko dovrà fare un sacrificio estremo e inusuale, che la porterà a rinunciare al “sé” per fondersi con lo stesso Marionettista e diventare “parte di tutte le cose”, generando così una forma di “vita” totalmente nuova e dalle infinite possibilità.
Un’opera epocale e profetica da leggere e rileggere negli anni, che non può mancare sugli scaffali degli amanti del fumetto, della fantascienza e della narrativa cyberpunk.
GHOST IN THE SHELL 1.5 – HUMAN ERROR PROCESSER è una raccolta di episodi completamente inediti. Apparsi solo su rivista fra il 1991 e il 1996, gli episodi costituiscono una sorta di ponte – comunque fruibile a sé stante – fra GHOST IN THE SHELL e MANMACHINE INTERFACE. Tornano dunque Bato, il vecchio Aramaki e tutta la Sezione 9 di Newport City, alla presa con nuovi casi di cyber-spionaggio che mescolano azione adrenalinica a riflessioni profonde sul labile confine fra “reale” e “virtuale”… ma questa volta con una sorpresa in più: uno speciale cd rom allegato al volume, per godere doppiamente (e.... “animatamente”!) di questo splendido evento. Praticamente, due libri in uno: da non perdere assolutamente!
Ben 304 pagine, prevalentemente a colori, che permettono a Masamune Shirow di dissertare liberamente di filosofia, sviluppo tecnologico, evoluzione dell’informatica e di intelligenze artificiali, raccontandoci di quanto difficile sia essere “uomo” in un mondo che aliena il concetto stesso di “umanità”: GHOST IN THE SHELL 2 è un volume epocale in cui la consueta “energia” narrativa e contenutistica di Shirow è corredata da una grafica ulteriormente evoluta, che segna l’apice assoluto della sua carriera. Un albo straordinario in edizione limitatissima, da acquistare subito… o mai più.
formato 14,5x21, B., b/n, prezzo € 6,50,
collana STORIE DI KAPPA autore: Yu Kinutani
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Ambientanto nell’Anno Domini 2030, STAND ALONE COMPLEX è il più famoso spin-off di GHOST IN THE SHELL, ambientato in un universo alternativo ma con gli stessi personaggi della serie principale. Il reparto speciale della polizia giapponese chiamato “Sezione 9” è incaricato di occuparsi di tutti i casi legati ai crimini riguardanti le tecnologie robotiche, mediche e informatiche, che nel ventunesimo secolo hanno avuto uno sviluppo oltre ogni immaginazione. Interfacciandosi fra loro, queste tecnologie hanno reso infatti possibile la creazione di cervelli e corpi artificiali potenziati oltre le normali capacità umane, utilizzati per operazioni spionistiche e terroristiche. Protagonisti della serie sono i componenti della squadra della Sezione 9: il maggiore Motoko Kusanagi, il colossale Bato, lo scaltro Togusa, il caposezione Aramaki e tutti gli altri, che dovranno vedersela con un formidabile hacker conosciuto come “Laughing Man”. Per tutti gli amanti della fantascienza, un manga-cult assolutamente imperdibile!
formato 14,5x21, B., b/n, con alette, prezzo € 6,50,
collana STORIE DI KAPPA autori: Junichi Fujisaku, Takumi Oyama
Dal 24 Maggio il vol. 6 in fumetteria, libreria e Amazon
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Dal 24 Maggio il vol. 6 in fumetteria, libreria e Amazon
Prequel della serie principale e trasposizione in fumetto dell’omonimo anime, GHOST IN THE SHELL – ARISE è la storia di come si è formata la celebre Sezione 9. Vedremo quindi una giovanissima Motoko Kusanagi al servizio del Governo, impegnata a indagare – insieme a quelli che diventeranno i suoi futuri e inseparabili compagni – su soggetti sospettati della pianificazione di attentati e crimini contro la sicurezza pubblica. Un tuffo nel passato dei protagonisti dell’opera più famosa del maestro Masamune Shirow!
Dal 30 Marzo il film GHOST IN THE SHELL arriverà nelle sale italiane: immergiti nel suo universo editoriale con Star Comics!
Masamune Shirow, al secolo Masanori Ota, è un mangaka giapponese nato nella prefettura di Hyogo il 23 Novembre 1961. Si è dedicato al manga dopo aver studiato pittura presso l’università delle Arti di Osaka, vincendo nel 1986 il premio Seiun con il seinen cyberpunk APPLESEED, per poi consacrare definitivamente il suo successo nel 1991 grazie a GHOST IN THE SHELL. Il suo pseudonimo deriva dal famoso armaiolo nipponico Masamune, vissuto nell’epoca Kamakura, e dal termine shiro, che in giapponese significa “giovane guerriero”.
Continuate a seguirci sul nostro sito ufficiale, sul minisito Valiant, sul minisito SCP e sulle pagine Facebook Edizioni Star Comics e Valiant Italia per ricevere tutti gli aggiornamenti!
Integriamo il comunicato Star Comics con alcuni estratti dal nostro corposo approfondimento, focalizzandoci sulle trasposizioni animate della saga:
GHOST IN THE SHELL
Nel 1995, al Festival del Cinema di Venezia veniva proiettato per la prima volta un film d’animazione giapponese. Era Ghost in the Shell, di Mamoru Oshii, uscito in contemporanea in Giappone, Stati Uniti e Regno Unito successivamente alla presentazione mondiale di Bandai Visual e Manga Entertaiment, vincitore del Best Theatrical Film Award al 1st Animation Kobe 1996, nominato Best Theatrical Feature Film al The World Animation Celebration 1997, Menzione Speciale della Giuria Internazionale al 17th Festival Internazionale del Cinema di Oporto - Fantasporto 1997, primo nella classifica Billboard Top Video Sales nell’Agosto del ’96. Quanto appena illustrato basterebbe da solo a definire il ruolo che ha avuto e che continua ad avere Ghost in the Shell nella storia dell’animazione fantascientifica e non, oltre a far comprendere quale possa essere il suo valore qualitativo intrinseco.
Il film, basato sui capitoli uno, tre, nove e undici del manga di Shirow, è realizzato dalla Production I.G, diretto da Mamoru Oshii (realizzatore anche dello storyboard: il prospetto che contiene le inquadrature e la scaletta della loro sequenza), che esordì nel 1985 con Tenshi no Tamago e divenne poi celebre con le due serie OAV e i due film sul progetto Patlabor, sceneggiato da Kazunori Ito (Magical Angel Creamy Mami, Nausicaä della valle del vento, Maison Ikkoku, Patlabor), e vanta tra gli altri il character design di Hiroyuki Okiura (Akira, Kanojo no Omoide), il background design di Takashi Watabe (Nausicaä della valle del vento, Akira, Silent Mobius, Patlabor 2 the movie), la fotografia di Hisao Shirai (Armitage III), la direzione delle animazioni 3D in computer graphic di Seichi Tanaka e le musiche di Kenji Kawai (Maison Ikkoku, Ranma ½, Patlabor).
La trama, nei suoi 82 minuti di durata, segue l’unico filo conduttore della caccia al “Signore dei pupazzi”, riadattando i capitoli sopracitati a questo fine. Nel film, dei membri della Sezione 9, sono assenti i Fuchikoma, Saito, Paz e Borma. Oltre a ciò sono assenti l’ilarità e il deformed di alcune scene. Viene mantenuta l’ambientazione, ma non è seguita la sequenza temporale del manga (che si dilaziona nel corso di un anno), inoltre la stessa New Port City fu ridisegnata in molte parti basandosi su alcuni quartieri di Hong Kong. Queste scelte hanno uno scopo ben preciso: il tono della pellicola è molto più serio, atmosfericamente più freddo, oscuro e onirico di quello del manga; Oshii detta ritmi molto più lenti, concentrandosi essenzialmente sulla figura di Motoko Kusanagi e sulle sue riflessioni esistenziali, utilizzando spesso, volutamente, fermi immagine prolungati e ambigui e sequenze dai forti contenuti simbolici attraverso i quali il regista si avvicina in modo subliminale all’esposizione della teoria portata avanti dall’intera pellicola. Difatti, se il manga abbonda di spiegazioni e note accessorie, Oshii predilige un’impostazione inversa, con dialoghi introspettivi e complessi (in certi frammenti citazioni bibliche) e silenzi in cui è l’immagine a parlare e a contenere il significato sottinteso. Questo aspetto molto adulto venne unito a una colonna sonora ricercata ed evocativa, basata su cori in giapponese antico e accompagnamento musicale che sposa armonie bulgare, nipponiche ed effetti elettronici, e a una realizzazione tecnica d’avanguardia, nella quale all’animazione tradizionale fu mescolata la 3D computer graphic, non solo utilizzata per riprodurre se stessa (ovvero schermate dati e ologrammi), ma anche per rieditare con “effetti lente” le scannerizzazioni dei fondali e dei cel (i fogli di acetato su cui sono disegnate le figure), per realizzare i layout degli ambienti e per elaborare la parallasse prospettica differenziale, i movimenti di macchina prolungati e la profondità di campo. Il risultato finale fu qualcosa di mai visto fino ad allora, e rese Ghost in the Shell l’opera che aprì le porte dei festival e di una diversa critica internazionale all’animazione giapponese, che ispirò innumerevoli produzioni successive, e che fu definita dal famoso regista James Cameron “First truly adult animation film to reach a level of literary and visual excellence” (Il primo film d’animazione realmente adulto arrivato a un livello d’eccellenza visuale e letteraria).
Il film però, causa l’iniziale incomprensione del pubblico nipponico, non ottenne, in patria, la risonanza enorme che poi ebbe a posteriori, e anche il trattamento riservatogli nelle versioni internazionali è quanto meno discutibile: l’edizione americana della pellicola presentò un cambio nel brano dei titoli di coda, “Chant 3 – Reincarnation”, che fu sostituito da “One Minute Warning”, e che costò la cancellazione del tema originale da tutte le edizioni adattate a partire da quella americana, come quella italiana, che tra l’altro commutò i dialoghi del film direttamente dalla lingua inglese (con traduzione erronea ad esempio dei termini “Marionettista” e “Ghost”, divenuti “Signore dei pupazzi” e “Spirito”).
IL RESTYLE DELLA CONCHIGLIA E LO STAND ALONE COMPLEX
Nell’Ottobre del 2002, sette anni dopo il film di Oshii, in Giappone andò in onda una nuova serie di 26 episodi adattata al manga di Shirow: Ghost in the Shell: Stand Alone Complex; realizzata dalla Production I.G, con il più alto budget mai destinato a un anime, prodotta dalla stessa Production I.G in collaborazione con Bandai Entertaiment e altre case di produzione riunite sotto l’unico denominativo di Ghost in the Shell Stand Alone Complex Committee, con Kenji Kamiyama (Silent Mobius, Hakkeden, Jin Roh, Blood the Last Vampire) nel ruolo di capo regista e capo dello staff di sceneggiatori e, tra gli altri, il character design di Makoto e Hajime Shimomura (Blood+), la direzione delle animazioni 3D di Makoto Endo (Blood+) e le musiche di Yoko Kanno (Macross Plus e Macross 7, Kanojo no Omoide, Cowboy Bebop, Jin Roh, Turn A Gundam, Escaflowne, Arjuna).
La serie non segue nessuna delle storie del manga, ma ne sfrutta solo il contesto e i protagonisti (mutando il nome dei carri armati senzienti in Tachikoma) per imbastire la trama che si svolge sempre a New Port City, nel 2030, in un universo alternativo rispetto sia al manga che al lungometraggio. Inoltre gli stessi episodi sono suddivisibili in due categorie: gli episodi “Stand Alone”, e gli episodi “Complex”. Mentre i primi s’incentrano su investigazioni autoconclusive e hanno la funzione di approfondire vari aspetti dell’attualità socio-politica presentata, i secondi formano il corpus centrale della trama relativa al caso “Uomo che ride” e al fenomeno sociale da esso derivato, lo “Stand Alone Complex”. Quest’ultimo termine è anticipato nell’introduzione dell’anime dove si spiega che, a fronte di un net che ha mutato le coscienze in impulsi elettromagnetici condivisi, tuttavia lo Stand Alone (singolo isolato) non è ancora divenuto parte di un composto formato da più soggetti uniti tra loro, un Complex. Il processo che guida la combinazione di questi due elementi è analizzato in parallelo all’indagine sull’“Uomo che ride”, un caso di rapimento (ispirato al reale caso Glico-Morinaga del 1984) e terrorismo informatico mai risolto dalla Polizia e che si ripresenta dopo anni di silenzio con il suo marchio, una faccia stilizzata con logo rotante, portando alla riapertura delle investigazioni sopite.
Il nome “Uomo che ride” è ripreso dall’omonimo racconto, “The Laughing Man”, di J. D. Salinger, incluso nella raccolta “Nove racconti” dell’autore. Anche il testo del logo è in realtà una frase pronunciata da Holden Caulfield, e in generale durante la serie sono disparate le citazioni esplicite e i riferimenti più o meno velati, sia nel linguaggio di alcuni personaggi che in oggetti e situazioni, a “The catcher in the rye” (Il giovane Holden) sempre dello stesso Salinger.
Visivamente, il design dell’opera, rispetto al manga e al film che già differivano notevolmente tra loro, subì un restyling completo, sia dal punto di vista della fisionomia e delle caratteristiche estetiche dei personaggi sia nel mecha, realizzato quasi totalmente in 3D e integrato all’animazione convenzionale grazie al cell shading, un tipo di renderizzazione grafica che permette di ottenere un effetto 2D assimilabile a quello dell’animazione tradizionale partendo da un modello poligonale. Lo staff si avvalse dell’ausilio delle nuove tecnologie anche per i disegni e gli sfondi, che furono colorati interamente con tavolozze digitali, e per alcuni scenari, che vennero interamente realizzati al computer.
Tra le particolarità, ogni episodio, dopo i titoli di coda, si conclude con “Un tipico giorno da Tachikoma”, scenette di un minuto o poco più che vedono per protagonisti i carrarmati aracnoidi in gag e situazioni più leggere rispetto all’anime – Tachikoma che tra l’altro, rispetto al manga, assumo un ruolo ben più rilevante, sia ai fini della trama che soprattutto sul lato della riflessione su tematiche ontologico-metafisiche e sulla differenza labile fra software e Ghost, riflessioni delle quali loro stessi si fanno portavoce in diversi spezzoni di episodio, evidenziando il loro metodo di ragionamento e di apprendimento differente da quello delle comuni IA e assimilabile invece a quello di un bambino.
La serie ha ricevuto il Notable Entry Award al Tokyo International Anime Fair 2003, e il premio eccellenza nella categoria animazione al Japan Media Arts Festival 2002.
Passarono due anni dalla prima serie, e lo stesso tempo trascorse fra gli eventi in essa narrati e l’incipit di Ghost in the Shell: Stand Alone Complex 2nd Gig, il cui primo dei ventisei episodi andò in onda il 1° Gennaio 2004 sul canale tematico pay-per-view Animax. La visione della serie fu possibile sulla tv pubblica soltanto dopo più di un anno, quando venne trasmessa da Nippon TV a partire dall’Aprile 2005. Il cast che si occupò della realizzazione del primo S.A.C. rimase fondamentalmente invariato nei suoi ruoli più rilevanti, tuttavia ciò che distingue questa seconda serie è la presenza di Mamoru Oshii come ideatore della storia.
Fonte indiscussa dell’ispirazione di Kamiyama, insieme a quest’ultimo Oshii decise di focalizzare la trama su un intreccio di più ampio respiro, sviluppando questioni politico-sociali che potessero trascendere i confini periferici di New Port City e interessare non solo l’intera nazione giapponese (sotto la guida, dopo gli sconvolgimenti della serie precedente, del nuovo primo ministro donna Kayabuki), ma coinvolgere anche la prefigurata rete di rapporti extranazionali del 2032. Il 2nd Gig di conseguenza approfondisce in modo mirato lo studio dei meccanismi più interni di tale contesto nippo-asiatico, e soprattutto ne segue dettagliatamente l’evoluzione verso cui precipitano le vicende, chiarendo per la prima volta gli eventi storici che avevano portato allo status quo internazionale, risultato di altre 2 guerre mondiali: la III atomica (durante la quale fu realizzato il “miracolo giapponese”, cioè nanomacchine in grado di eliminare le radiazioni nucleari), e la IV non atomica, che si risolse negli equilibri – e nelle conseguenze – internazionali ipotizzati nella serie.
A questi conflitti erano seguite diverse guerre satellite che avevano creato un numero enorme di rifugiati, i quali, respinti dalla Cina, trovarono asilo in Giappone, dove però furono confinati nell’isola/ghetto artificiale di Dejima. Nel 2nd Gig tale situazione diventa incandescente a causa dell’afflusso continuo di profughi, e soprattutto a causa della nascita contemporanea di un movimento terroristico per l’indipendenza dell’isola e del gruppo terroristico nazionalista degli “Undici Individuali”.
Proprio gli “Undici Individuali”, e fra questi Hideo Kuze, sono l’oggetto d’indagine della Sezione 9, che oltre a tale caso si ritrova a dover partecipare, forzatamente, ad alcune missioni dirette dal capo del neonato Servizio Informazioni, Kazundo Gouda.
In aggiunta a ciò, Kamiyama e Oshii ritagliano, nel quadro già così fitto di temi, lo spazio per far luce anche sul passato e sull’interiorità del maggiore Kusanagi, per approfondire le personalità dei membri della squadra (Saito, Paz, Borma, Ishikawa) che avevano trovato poco spazio nella prima serie, e per calarsi in alcune condizioni di realtà umane più drammatiche e delicate.
Difatti, nell’intervista presente sul sito della Production I.G, lo stesso Kamiyama sottolinea come in questa seconda serie, nell’affresco socio-politico sopraesposto, grande attenzione venga dedicata all’aspetto umano e all’interazione fra i personaggi che si muovono dentro il mare degli eventi di 2nd Gig: fatti ormai suoi dopo la lunga esperienza del primo S.A.C., egli appunto, durante il concept, decise di concentrare la storia solo su un numero ristretto di protagonisti (fra storici e nuovi) evitando di divagare con altre comparse in molti episodi autoconclusivi. Il regista rivela come la sua intenzione questa volta non fosse quella di far muovere in modo credibile i personaggi in uno scenario da lui creato, perché in qualche modo ormai i personaggi dettavano la propria azione in base alla loro sola volontà. In particolare, Kamiyama ammette di non aver capito bene, ai tempi della prima serie, le caratteristiche antitetiche (cinismo e altruismo) di Motoko, rimanendo poco soddisfatto del risultato finale. In questa seconda pertanto decise di creare da zero l’episodio sul suo passato anche per riuscire a comprendere un personaggio (la cui paternità non è di Kamiyama) tanto sfuggente e controverso; solo attraverso questo processo egli riuscì finalmente a capire la vera umanità insita in Motoko e fu in grado di renderla il centro reale della storia come era sempre stato nelle sue intenzioni.
Oltre all’aspetto umano, anche la Storia e l’analisi di diversi fenomeni legati alle sue grandi svolte in 2nd Gig trovano risalto in modo non indifferente (con riferimenti a eventi realmente accaduti, come l’Incidente del 15 Maggio 1932, e ispirazioni a saggisti e personaggi storici); soprattutto la condizione post 11 Settembre influì non poco sulla decisione di Oshii e Kamiyama di trattare le tensioni precedenti ai conflitti e sfocianti nella guerra. Nella serie, dentro tali tensioni sono integrati i ruoli oscuri che possono assumere i giochi di potere, i media e chi li manipola, e questo meccanismo e le interrelazioni fra tutti gli elementi già evidenziati della trama fanno un tutt’uno con l’indagine più accurata sul processo che porta al fenomeno Stand Alone Complex e alla parallelizzazione dei cervelli cibernetici conseguente alla connessione diretta delle coscienze alla rete.
La tipologia degli episodi, in questo nuovo S.A.C., è tripartita: essi si suddividono in Individual, concernenti il caso "Undici Individuali", Dividual, che sono il corrispettivo degli Stand Alone della serie precedente, e Dual, che seguono la story line relativa alle macchinazioni effettuate da Gouda attraverso il suo Servizio Informazioni. Come nella prima serie, e in modo di gran lunga più importante e decisivo in questa, i Tachikoma accompagnano le azioni operative della Sezione 9 – guadagnandosi in alcuni frangenti addirittura il ruolo centrale – e chiudono con i consueti siparietti ogni episodio.
Kenji Kamiyama, per aver creato delle storie, nelle due serie S.A.C., che facessero i conti con la realtà, e attraverso esse aver esternato le sue posizioni critiche su questioni politico-economiche attuali, vinse l’Individual Award al 9th Animation Kobe 2004.
Vi invitiamo a continuare la lettura nel nostro speciale, e vi ricordiamo che attualmente tutti i film d'animazione e le serie animate di Ghost in the Shell sono editi in Italia da Dynit.
Ho anche la VHS del film, stupendo! E la versione remasterizzata.
Il resto devo ancora vederlo, spero di colmare questa lacuna prima o poi...
A me il primo è piaciuto molto invece.
Contrariamente all'anime ho trovato il manga di una pesantezza tremenda e i passaggi comici coi robottini decisamente fuori luogo. Tuttavia i disegni sono davvero belli.
A quei tempi non ero ancora iscritto ad AC (nostalgia )
Il tempo di Limbes e dei "veri numi"? XD
Comunque ottimo reportage, lo avevo già apprezzato tempo fa anche io.
Per quanto ne sapesse lui. Belladonna, Tenshi no Tamago e aggiungerei anche Watership Down, non mi sembrano da meno.
Bei tempi quelli xD
@giovanni neve
Eh ma citi cose misconosciute
Bell'approfondimento ^.^
Direi che è arrivato al punto più basso al momento del suo marchio, o meglio, il più alto come popolarità forse, il più basso come valore artistico. Ma ok, magari farà conoscere ai non appassionati il film animato e la serie TV... spero almeno
Almeno si da visibilità alla serie, e in questo modo ci sarà chi, incuriosito, andrà a vedersi le altre opere.
Pesante? Per via degli "spiegoni" immagino, in effetti spesso e volentieri mi soffermavo su alcune pagine a ragionarci sopra X3
Tuttavia l'ho trovato interessante...ma capisco che interrompere così la lettura possa essere seccante...
Sui disegni siam d'accordo almeno ^^
Parole sante ^^ Grande Oni ^^
Sulla narrazione e relativa bontà della storia si tratta di un discorso soggettivo (come sempre) ma i disegni è difficile che possano non piacere.
Ghost in The Shell (anime) lo ricordo a tutt'oggi, fu il primo prodotto di animazione che comprai originale, subito seguito da Akira.
All'epoca c'erano giusto Ken il guerriero, Baoh, Xenon, Lamù, Mai, Kamui, Grey, Akira e poco altro, pubblicati da giusto un paio di anni.
La comparsa di un fumetto con tematiche cyberpunk e fantapolitiche così complesse, ed il concetto di "rete" che al tempo era ancora cosa per pochi (il World Wide Web era appena nato ed i browsers Netscape ed Explorer arrivarono due anni dopo) per me furono sbalorditive.
E' un peccato che poi negli anni a seguire Shirow si sia "perso" e non abbia più realizzato nulla di notevole, ma il suo lavoro di quegli anni è di altissimo livello.
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