Quando due culture tanto diverse come quella italiana e quella giapponese si incontrano cosa può scaturirne? Spesso delle opere molto belle, come questa di Elisa Menini.
Il suo Nippon Folklore, edito da Oblomov, è un riuscito omaggio al Giappone più antico e tradizionale, sia per contenuti (le leggende più famose) sia per grafica (le classiche stampe dette ukiyo-e). Raccolta di racconti del folklore giapponese, questo libro riunisce storie di animali, di uomini e di metamorfosi.
Il riferimento imprescindibile, per colori, atmosfere, suggestioni è la grafica d'arte dell'800 (Hokusai, Hiroshige), rivisitata con un segno sintetico, contemporaneo, che guarda al mondo dei manga.
Colpiti da quest'opera, abbiamo contattato la giovanissima autrice e l'abbiamo intervistata. Ecco cosa ci ha risposto!
1) Benvenuta su Animeclick Elisa! Per chi non ti conosce, raccontaci qualcosa di te.
Eccomi qua! Mi sembra incredibile essere ospitata sul vostro portale, era un mio punto di riferimento quando guardavo anime e leggevo manga tutto il giorno! Ho 28 anni, vivo in un paese vicino a Riccione, e da che ne ho memoria mi sono sempre divertita più con i colori che con le bambole. Oltre a questo, altre passioni che non sono sfociate in professione sono l'amore per la cucina, la passione per la musica antica e gregoriana e le passeggiate al mare.
2) Che studi hai fatto? Come sei arrivata al disegno?
Ero molto piccola, quando per una brutta influenza mia madre mi portò dal pediatra: ero terrorizzata, ma notai che al muro c'erano appesi un sacco di disegni bellissimi, alcuni con dei fiori appiccati, altri con dei glitter. Ne rimasi folgorata e quando il medico notò il mio stupore mi disse che li aveva fatti sua figlia, poco più grande di me. Quando realizzai che anche io potevo fare delle cose così belle fui talmente felice che al primo tubetto di tempera che mi comprarono mi vennero i lacrimoni. Gli anni delle elementari, delle medie, li ho trascorsi sempre con la beatitudine di chi se la cava in educazione artistica, e quando poi è stato il momento di scegliere quale liceo frequentare, è stato naturale orientarmi sull'Istituto d'Arte (per la precisione, ad Urbino) dove ho conosciuto tantissime cose nuove ed interessanti, come il cinema d'animazione e il mondo dell'illustrazione, grazie ai miei professori.
3) Come e quando il Giappone è entrato nella tua vita? Cosa ti affascina di più di questo paese?
Ho guardato tantissimi cartoni animati quando ero piccola, senza immaginare minimamente che provenissero tutti quanti dallo stesso posto. Semplicemente, tutto ciò che era "giapponese", a mia insaputa, per me aveva un appeal fortissimo. Quando mi appassionai a Dragon Ball avevo poco più di dieci anni, e ricordo di quando un mio compagno di classe mi disse che in edicola c'erano "dei disegni su carta di Goku": mi fiondai subito dall'edicolante e con le mie 5000 lire settimanali comprai il mio primo manga.
Complice poi l'Anime Night proposta da MTV ogni martedì sera, scoprii serie fantastiche, sopra la media di quella che allora era la proposta per ragazzi in TV. Arrivarono Evangelion, Escaflowne, Trigun, Cowboy Bebop... boom, il Giappone era entrato in camera mia. Come adolescente appassionata e anche un po' otaku, iniziai a studiare il giapponese e i suoi alfabeti, le frasi più semplici, i saluti. Ma i limiti da autodidatta mi hanno fatto piano piano desistere. Ad oggi, dopo averne abbracciato molti aspetti, se c'è una cosa che per me rimane l'aspetto più interessante del Giappone, è indubbiamente la lingua.
4) Sei mai stata in Giappone? Se sì, cosa ti ha colpito di più? Se no, ti piacerebbe andarci e cosa ti aspetti?
Ho avuto la fortuna di avere come compagna di classe una ragazza giapponese, studiavamo insieme ad Urbino all'Accademia di Belle Arti, ma ci sentivamo un po' in un mondo tutto nostro: io conoscevo molto del suo paese, e lo stesso lei del mio. Quando finimmo il corso di studi, lei tornò a Tokyo con la promessa di ospitarmi un giorno, per farmi conoscere la sua quotidianità (non è vero, il nostro obiettivo principale era mangiare!). Complice un periodo di calma post-laurea, e la sua disponibilità, andai un mese a Tokyo nel 2014: ricordo i primi giorni come qualcosa di fortissimo, improvvisamente tutto quello che avevo "mappato" negli anni era reale e dovevo in qualche modo interiorizzarlo. Ricordo che terminato quel mese, ho fatto molta fatica ad abituarmi nuovamente all'Italia (e all'italiano!).
5) Nelle tue opere tratti del folklore giapponese: come sei entrata in contatto con queste leggende e che cosa ti ha colpito di più? Perché scegliere proprio loro per presentarti al pubblico?
Nella produzione giapponese, sia che si parli di manga, di anime, o film di animazione, si avverte sempre qualcosa di sotterraneo: leggendo Go Nagai o guardando Miyazaki, ha sempre tutto molto "senso". Gli autori giapponesi sono fortissimi nel modulare il loro background folcloristico. Inoltre, quando ho iniziato questa ricerca stilistica e narrativa ricordo che ero in un brutto periodo di stallo: le illustrazioni che proponevo non avevano continuità, sperimentavo ma senza avere in mente un obiettivo, era tutto molto casuale e frustrante.
Così ho deciso di partire da zero, di studiare di nuovo l'approccio al racconto e di farlo nella maniera più classica possibile, ovvero prendere in mano una fiaba famosa e rifarla a modo mio. Nulla di più frustrante, con il senno di poi. Scorrevo titoli come "Pinocchio", "I ragazzi della via Pal", "Alice nel Paese delle Meraviglie" e mi sentivo già sconfitta in partenza. Il territorio inesplorato delle fiabe giapponesi mi permetteva di conciliare l'interesse per il Giappone allo studio di una nuova estetica.
6) Il tuo libro Nippon Folklore edito da Oblomov richiama visivamente le ukiyo-e di Hiroshige e Hokusai. Come mai questa scelta? Cosa ti piace di questo genere artistico?
Prima al liceo, poi in accademia, ho studiato e guardato tantissimi artisti rinascimentali, fiamminghi e di avanguardia. L'arte giapponese non è mai stata approfondita, e io sapevo poco o nulla di stampe tradizionali e pittura su seta. La più famosa, l'onda di Hokusai, la conoscevo perché riprodotta pressoché ovunque.
Diverso invece è stato quando oltre ad Hokusai ho conosciuto anche Hiroshige, Utamaro, Kuniyoshi, Yoshitoshi: in molti dei loro lavori c'è una modernità del segno e una caratterizzazione dei personaggi che mi ha subito fatto pensare ai manga del secondo dopoguerra. Inoltre, le ukiyo-e hanno una forza compositiva e cromatica più sintetica, l'esempio perfetto che togliere, piuttosto che aggiungere, è una strategia vincente.
7) Fra tutte quelle che conosci, hai una leggenda che ami di più, che è la tua preferita?
Momotaro è sicuramente la storia che ha fatto da ponte tra quello che già mi piaceva (la figura dell'eroe, come lo era Goku) e quello che avrei potuto scoprire sulla leggenda giapponese. Mi ha anche costretta ad un piacevole lavoro di ricerca, perché parla di un ragazzo che si circonda di tre animali per salvare il suo villaggio, ma questi animali, come erano fatti? E la sua divisa da battaglia? Inoltre è molto semplice dal punto di vista narrativo e simile alle nostre favole occidentali, con un happy ending che nella fiaba giapponese non è affatto scontato!
8) Insieme al collettivo "Incubo alla balena" nel 2015 hai prodotto Momotaro, un'opera di grande formato in bicromia, serigrafato e rilegato a mano. Una scelta abbastanza controcorrente, in un mondo molto online. Come mai questa scelta? Ci puoi spiegare anche in cosa consiste questa tecnica?
Qui c'è lo zampino della mia formazione all'Istituto d'Arte di Urbino, anche chiamata 'Scuola del Libro'. Proprio perché durante i primi due anni di studi, ti veniva insegnato come costruire un libro con le tue mani, dalla composizione dei caratteri mobili alla stampa della pagina, la cura delle illustrazioni interne, la rilegatura degli interni e della copertina. A 15 anni potevi dire di saper fare un libro.
E questo è stato quello che ho voluto fare con Momotaro, avendo a disposizione un paio di telai per serigrafia e un garage, oltre ad una sana dose di follia. I disegni li ho realizzati in funzione della tecnica di stampa che avrei usato: la serigrafia, che ragiona con tinte piatte e campiture piene e dove ogni colore é una matrice. Per essere storicamente corretta avrei dovuto incidere su del legno di ciliegio, come i maestri giapponesi, ma non mi volevo fare del male fino a questo punto!
9) Quali sono le tue tecniche preferite per realizzare le tue opere? Che strumenti usi?
Mi piace molto giocare con le macchie d'acqua e inchiostro nerissimo. Un'altra versione del mio lavoro è quella con matite grasse, sciolte poi con un pennello e gel per capelli. Per Nippon Folklore ho semplicemente realizzato delle chine su fogli A3, inchiostrando con vari brushpen e pennini. Una volta scansionati e ripuliti, li ho poi colorati in digitale: le tavole hanno molti segni colorati e in negativo, gestirli in un ambito di pittura tradizionale sarebbe molto difficile.
10) Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sicuramente continuare questo viaggio nel mito e nella leggenda, anche non esclusivamente giapponese. E' un buon punto di partenza ma sono convinta che anche sulle nostre favole italiane più antiche si possa fare un lavoro molto interessante.
11) Vedi anime? Leggi manga? Se sì, quali sono le tue opere preferite? Cosa consiglieresti a chi volesse avvicinarsi a questo mondo?
Al momento sono in quella fase dove ho accumulato talmente cose da leggere che non so più da dove iniziare! Gli ultimi manga che ho preso sono Chiisakobe di Minetaro Mochizuki, L'Età della convivenza di Kazuo Kimakura e L'Uomo senza talento di Yoshiharu Tsuge.
Leggo un po' di tutto, ma la mia vera predilezione è per il manga per adulti e d'autore (seinen), dove i maestri dell'horror come Junji Ito e Suehiro Maruo si scatenano in tavole bellissime e devianti. Complice una serata a zonzo su Netflix, ho iniziato di recente Death Note, di cui ho sempre sentito parlare, ma l'affetto che provo per gli anime della vecchia scuola è insostituibile.
Grazie mille Elisa per aver risposto a tutte le nostre curiosità!
Se volete vedere altri suoi lavori, questo è il suo profilo Behance: ElisaMenini
Il suo Nippon Folklore, edito da Oblomov, è un riuscito omaggio al Giappone più antico e tradizionale, sia per contenuti (le leggende più famose) sia per grafica (le classiche stampe dette ukiyo-e). Raccolta di racconti del folklore giapponese, questo libro riunisce storie di animali, di uomini e di metamorfosi.
Il riferimento imprescindibile, per colori, atmosfere, suggestioni è la grafica d'arte dell'800 (Hokusai, Hiroshige), rivisitata con un segno sintetico, contemporaneo, che guarda al mondo dei manga.
Colpiti da quest'opera, abbiamo contattato la giovanissima autrice e l'abbiamo intervistata. Ecco cosa ci ha risposto!
1) Benvenuta su Animeclick Elisa! Per chi non ti conosce, raccontaci qualcosa di te.
Eccomi qua! Mi sembra incredibile essere ospitata sul vostro portale, era un mio punto di riferimento quando guardavo anime e leggevo manga tutto il giorno! Ho 28 anni, vivo in un paese vicino a Riccione, e da che ne ho memoria mi sono sempre divertita più con i colori che con le bambole. Oltre a questo, altre passioni che non sono sfociate in professione sono l'amore per la cucina, la passione per la musica antica e gregoriana e le passeggiate al mare.
2) Che studi hai fatto? Come sei arrivata al disegno?
Ero molto piccola, quando per una brutta influenza mia madre mi portò dal pediatra: ero terrorizzata, ma notai che al muro c'erano appesi un sacco di disegni bellissimi, alcuni con dei fiori appiccati, altri con dei glitter. Ne rimasi folgorata e quando il medico notò il mio stupore mi disse che li aveva fatti sua figlia, poco più grande di me. Quando realizzai che anche io potevo fare delle cose così belle fui talmente felice che al primo tubetto di tempera che mi comprarono mi vennero i lacrimoni. Gli anni delle elementari, delle medie, li ho trascorsi sempre con la beatitudine di chi se la cava in educazione artistica, e quando poi è stato il momento di scegliere quale liceo frequentare, è stato naturale orientarmi sull'Istituto d'Arte (per la precisione, ad Urbino) dove ho conosciuto tantissime cose nuove ed interessanti, come il cinema d'animazione e il mondo dell'illustrazione, grazie ai miei professori.
3) Come e quando il Giappone è entrato nella tua vita? Cosa ti affascina di più di questo paese?
Ho guardato tantissimi cartoni animati quando ero piccola, senza immaginare minimamente che provenissero tutti quanti dallo stesso posto. Semplicemente, tutto ciò che era "giapponese", a mia insaputa, per me aveva un appeal fortissimo. Quando mi appassionai a Dragon Ball avevo poco più di dieci anni, e ricordo di quando un mio compagno di classe mi disse che in edicola c'erano "dei disegni su carta di Goku": mi fiondai subito dall'edicolante e con le mie 5000 lire settimanali comprai il mio primo manga.
Complice poi l'Anime Night proposta da MTV ogni martedì sera, scoprii serie fantastiche, sopra la media di quella che allora era la proposta per ragazzi in TV. Arrivarono Evangelion, Escaflowne, Trigun, Cowboy Bebop... boom, il Giappone era entrato in camera mia. Come adolescente appassionata e anche un po' otaku, iniziai a studiare il giapponese e i suoi alfabeti, le frasi più semplici, i saluti. Ma i limiti da autodidatta mi hanno fatto piano piano desistere. Ad oggi, dopo averne abbracciato molti aspetti, se c'è una cosa che per me rimane l'aspetto più interessante del Giappone, è indubbiamente la lingua.
4) Sei mai stata in Giappone? Se sì, cosa ti ha colpito di più? Se no, ti piacerebbe andarci e cosa ti aspetti?
Ho avuto la fortuna di avere come compagna di classe una ragazza giapponese, studiavamo insieme ad Urbino all'Accademia di Belle Arti, ma ci sentivamo un po' in un mondo tutto nostro: io conoscevo molto del suo paese, e lo stesso lei del mio. Quando finimmo il corso di studi, lei tornò a Tokyo con la promessa di ospitarmi un giorno, per farmi conoscere la sua quotidianità (non è vero, il nostro obiettivo principale era mangiare!). Complice un periodo di calma post-laurea, e la sua disponibilità, andai un mese a Tokyo nel 2014: ricordo i primi giorni come qualcosa di fortissimo, improvvisamente tutto quello che avevo "mappato" negli anni era reale e dovevo in qualche modo interiorizzarlo. Ricordo che terminato quel mese, ho fatto molta fatica ad abituarmi nuovamente all'Italia (e all'italiano!).
5) Nelle tue opere tratti del folklore giapponese: come sei entrata in contatto con queste leggende e che cosa ti ha colpito di più? Perché scegliere proprio loro per presentarti al pubblico?
Nella produzione giapponese, sia che si parli di manga, di anime, o film di animazione, si avverte sempre qualcosa di sotterraneo: leggendo Go Nagai o guardando Miyazaki, ha sempre tutto molto "senso". Gli autori giapponesi sono fortissimi nel modulare il loro background folcloristico. Inoltre, quando ho iniziato questa ricerca stilistica e narrativa ricordo che ero in un brutto periodo di stallo: le illustrazioni che proponevo non avevano continuità, sperimentavo ma senza avere in mente un obiettivo, era tutto molto casuale e frustrante.
Così ho deciso di partire da zero, di studiare di nuovo l'approccio al racconto e di farlo nella maniera più classica possibile, ovvero prendere in mano una fiaba famosa e rifarla a modo mio. Nulla di più frustrante, con il senno di poi. Scorrevo titoli come "Pinocchio", "I ragazzi della via Pal", "Alice nel Paese delle Meraviglie" e mi sentivo già sconfitta in partenza. Il territorio inesplorato delle fiabe giapponesi mi permetteva di conciliare l'interesse per il Giappone allo studio di una nuova estetica.
6) Il tuo libro Nippon Folklore edito da Oblomov richiama visivamente le ukiyo-e di Hiroshige e Hokusai. Come mai questa scelta? Cosa ti piace di questo genere artistico?
Prima al liceo, poi in accademia, ho studiato e guardato tantissimi artisti rinascimentali, fiamminghi e di avanguardia. L'arte giapponese non è mai stata approfondita, e io sapevo poco o nulla di stampe tradizionali e pittura su seta. La più famosa, l'onda di Hokusai, la conoscevo perché riprodotta pressoché ovunque.
Diverso invece è stato quando oltre ad Hokusai ho conosciuto anche Hiroshige, Utamaro, Kuniyoshi, Yoshitoshi: in molti dei loro lavori c'è una modernità del segno e una caratterizzazione dei personaggi che mi ha subito fatto pensare ai manga del secondo dopoguerra. Inoltre, le ukiyo-e hanno una forza compositiva e cromatica più sintetica, l'esempio perfetto che togliere, piuttosto che aggiungere, è una strategia vincente.
7) Fra tutte quelle che conosci, hai una leggenda che ami di più, che è la tua preferita?
Momotaro è sicuramente la storia che ha fatto da ponte tra quello che già mi piaceva (la figura dell'eroe, come lo era Goku) e quello che avrei potuto scoprire sulla leggenda giapponese. Mi ha anche costretta ad un piacevole lavoro di ricerca, perché parla di un ragazzo che si circonda di tre animali per salvare il suo villaggio, ma questi animali, come erano fatti? E la sua divisa da battaglia? Inoltre è molto semplice dal punto di vista narrativo e simile alle nostre favole occidentali, con un happy ending che nella fiaba giapponese non è affatto scontato!
8) Insieme al collettivo "Incubo alla balena" nel 2015 hai prodotto Momotaro, un'opera di grande formato in bicromia, serigrafato e rilegato a mano. Una scelta abbastanza controcorrente, in un mondo molto online. Come mai questa scelta? Ci puoi spiegare anche in cosa consiste questa tecnica?
Qui c'è lo zampino della mia formazione all'Istituto d'Arte di Urbino, anche chiamata 'Scuola del Libro'. Proprio perché durante i primi due anni di studi, ti veniva insegnato come costruire un libro con le tue mani, dalla composizione dei caratteri mobili alla stampa della pagina, la cura delle illustrazioni interne, la rilegatura degli interni e della copertina. A 15 anni potevi dire di saper fare un libro.
E questo è stato quello che ho voluto fare con Momotaro, avendo a disposizione un paio di telai per serigrafia e un garage, oltre ad una sana dose di follia. I disegni li ho realizzati in funzione della tecnica di stampa che avrei usato: la serigrafia, che ragiona con tinte piatte e campiture piene e dove ogni colore é una matrice. Per essere storicamente corretta avrei dovuto incidere su del legno di ciliegio, come i maestri giapponesi, ma non mi volevo fare del male fino a questo punto!
9) Quali sono le tue tecniche preferite per realizzare le tue opere? Che strumenti usi?
Mi piace molto giocare con le macchie d'acqua e inchiostro nerissimo. Un'altra versione del mio lavoro è quella con matite grasse, sciolte poi con un pennello e gel per capelli. Per Nippon Folklore ho semplicemente realizzato delle chine su fogli A3, inchiostrando con vari brushpen e pennini. Una volta scansionati e ripuliti, li ho poi colorati in digitale: le tavole hanno molti segni colorati e in negativo, gestirli in un ambito di pittura tradizionale sarebbe molto difficile.
10) Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sicuramente continuare questo viaggio nel mito e nella leggenda, anche non esclusivamente giapponese. E' un buon punto di partenza ma sono convinta che anche sulle nostre favole italiane più antiche si possa fare un lavoro molto interessante.
11) Vedi anime? Leggi manga? Se sì, quali sono le tue opere preferite? Cosa consiglieresti a chi volesse avvicinarsi a questo mondo?
Al momento sono in quella fase dove ho accumulato talmente cose da leggere che non so più da dove iniziare! Gli ultimi manga che ho preso sono Chiisakobe di Minetaro Mochizuki, L'Età della convivenza di Kazuo Kimakura e L'Uomo senza talento di Yoshiharu Tsuge.
Leggo un po' di tutto, ma la mia vera predilezione è per il manga per adulti e d'autore (seinen), dove i maestri dell'horror come Junji Ito e Suehiro Maruo si scatenano in tavole bellissime e devianti. Complice una serata a zonzo su Netflix, ho iniziato di recente Death Note, di cui ho sempre sentito parlare, ma l'affetto che provo per gli anime della vecchia scuola è insostituibile.
Grazie mille Elisa per aver risposto a tutte le nostre curiosità!
Se volete vedere altri suoi lavori, questo è il suo profilo Behance: ElisaMenini
Comunque mi è piaciuta molto questa intervista, interessante, leggera e spigliata. Sicuramente da farne altre
Davvero una bella scoperta! Un libro che scorre via molto piacevolmente, familiare (perché le favole sono qualcosa che appartiene all'immaginario e all'infanzia di molti di noi) e allo stesso tempo esotico perché sono leggende magari poco conosciute e disegnate con uno stile particolare ma azzeccatissimo. Faccio davvero i miei migliori auguri a questa giovane autrice!
Quoto Hachi. QUoto.
Se pubblichi con collettivo fidati che un'occhio gli "scout" italiani lo hanno per quelle realtà....
Igor l'aveva già pubblicata su Linus mi pare e poi avranno preparato il volume intero....
Non dire scoperta ma più spinta e lancio, un po' come Fumetti brutti con Feltrinelli comics
Prenderò sicuramente Nippon Folklore, tanto più che lo pubblica Oblomov, benemerita casa editrice.
E si deve essere andata così. Purtroppo seguo Linus in modo poco organizzato - per quanto la rivista mi piaccia abbastanza-
Devo vedere di riuscire a far entrare questo libro fra le spese - già altine- di quest'anno
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