Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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Quanto potrebbe essere imbarazzante vestire i panni della figlia di un famoso scrittore di romanzi erotici? Credo che la risposta sia piuttosto ovvia, e non voglio neanche provare a immaginare come possa sentirsi la nostra protagonista, Ao-chan, la quale è costretta a dover fare i conti con questa controversa condizione. Ed è proprio da questo piccolo dettaglio che Ao ha sviluppato un profondo odio per il genere maschile, in particolare per le intenzioni e gli istinti perversi che i ragazzi manifestano teoricamente nei confronti delle ragazze.

Bisogna partire, però, dal presupposto che ci troviamo di fronte a una tremenda contraddizione, in quanto è Ao stessa a mostrare chiaramente queste intenzioni perverse e sconce nei confronti del ragazzo che le interessa, Takumi. Naturalmente ciò è dovuto agli insegnamenti e all'influenza della figura paterna, la quale, pur essendo continuamente rifiutata e respinta da parte della ragazza, ha segnato profondamente la sua psiche, altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui in Ao, seppur in maniera apparentemente inconscia, emerga il lato perverso della sua personalità. Ogni volta che si trova a relazionarsi con Takumi, è come se in cuor suo aspettasse che il ragazzo si decidesse a fare dei passi in avanti per poter avanzare nel rapporto, ma questo non avviene mai. In effetti lo spettatore ha assistito molto spesso agli scongiuri divertenti e talvolta comici di Ao, soprattutto quando Takumi nei momenti più importanti, invece di andare al sodo, trova mille giustificazioni e pretesti per ovviare al discorso. Il problema, però, è che il ragazzo non lo fa apposta perché timido o riservato, semplicemente non gli è passato neanche per l'anticamera del cervello che in qualche maniera potesse piacere ad Ao. Inizialmente si è trattato di un buon espediente per allungare il corso delle vicende, tuttavia a lungo andare ha cominciato a stancare, in quanto i due protagonisti si sono trovati in situazioni così esplicite ed evidenti, che francamente è diventato impossibile non pensare che fossero innamorati l'uno dell'altro. Purtroppo, chissà per quale strano motivo, Takumi non ci ha capito una mazza fin dall'inizio e per tutto il corso della sua relazione con Ao. Una menzione d'onore va sicuramente fatta al padre della protagonista, Kasaki, il quale mi ha fatto morire dalle risate con le sue massime sulla sessualità, le gag e le scene divertenti in cui è stato quasi sempre implicato, e soprattutto ha tutta la mia vicinanza per quante legnate abbia preso dalla figlia. Tralasciando il lato comico, Kasaki ha anche dimostrato di essere un padre a tutti gli effetti e di conoscere gli atteggiamenti e i comportamenti della propria figlia alla perfezione!

Fortunatamente le vicende sono state articolate in dodici episodi da all'incirca dieci minuti l'uno (escludendo la durata della opening e dell'ending), onestamente non avrei retto l'ingenuità assurda di Takumi per un secondo di più. Il comparto grafico si è dimostrato all'altezza delle aspettative e non mi sarei aspettato una tale cura e dettaglio per un paio di episodi brevi.

Che dire, il divertimento non è affatto mancato in "Midara na Ao-chan wa Benkyō ga Dekinai", con molte situazioni divertenti ed esilaranti, di sicuro avrei voluto vedere qualcosina in più a livello narrativo. Dei personaggi mi sembra superfluo parlare, essendo la serie già breve di per sé, pretendere degli approfondimenti precisi e dettagliati avrebbe irrimediabilmente rovinato l'atmosfera leggera creatasi attorno alle vicende. Penso che sia un anime da vedere per farsi due belle risate e vedere allo stesso tempo qualcosa di leggero!
Il mio voto è 6,5.

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Dopo un corto pubblicato sul web e un film di breve durata proiettato al cinema, nel 2002 arriva sulle televisioni giapponesi la serie di “Azumanga Daioh”, anime di ventisei episodi realizzato dallo studio J.C. Staff. L’opera è tratta dal manga omonimo scritto e disegnato da Kiyohiko Azuma ed è diretta da Hiroshi Nishikiori (“Trinity Seven”, “A Certain Magical Index”).

Ancor prima che “Lucky Star” conquistasse il cuore di tutti gli anime fan col suo sapiente mix di comicità, slice of life e riferimenti alla subcultura otaku, c’è stata un’opera che ha posto le basi per il filone tanto amato delle “cute girls doing cute things”: “Azumanga Daioh” è l’esempio lampante di come si possa intrattenere il pubblico unicamente con scene di vita quotidiana accostate alla demenza più assurda.

Il lato umoristico della serie, infatti, è uno dei più riusciti che abbia mai visto: nonostante ci siano alcuni momenti meno incisivi di altri, le nostre protagoniste sono spesso in grado di far sorridere lo spettatore grazie ai loro formidabili tsukkomi, alle sfortune di cui si rendono partecipi e soprattutto alla personalità che contraddistingue ciascuna di esse. L’anime ci regala infatti un cast molto variegato, in cui ogni attore presenta caratteristiche peculiari che lo rendono esilarante in maniera diversa rispetto ai suoi compagni: ecco quindi che il professor Kimura farà inquietare e scompisciare chi guarda per via della sua ambiguità, mentre l’iperattiva Tomo bombarderà le orecchie del pubblico (oltre che quelle della povera Yomi) con le scemenze e i commenti pungenti che solo la sua mente può partorire. Ma la vera rivelazione della serie è costituita a mio parere dalla svampita Osaka, una ragazza con la testa sempre fra le nuvole che non fa che porre l’attenzione sui particolari più insulsi e sfornare perle di rara bellezza col sorriso più ebete del mondo costantemente stampato in volto. Occasionale protagonista dei bizzarri pisolini di Osaka è l’altra punta di diamante dell’anime, ovvero il “padre di Chiyo”: un gatto giallo di peluche dallo sguardo fisso e dalla voce virile e suadente che ad ogni sua comparsa è sinonimo di risate assicurate (il meglio di sé lo dà sicuramente nel sogno di Sakaki, a mani basse la parte più assurda ed esilarante di tutta l’opera).

Quando “Azumanga Daioh” non è impegnato a rifornirci di spassose gag, riesce comunque a rivelarsi un prodotto estremamente godibile, grazie soprattutto a scene di vita quotidiana che approfondiscono ulteriormente i nostri personaggi da un punto di vista più serioso: non mancano infatti gli episodi in cui si esterna il proprio amore per gli animali, si rinforza lo spirito di classe che unisce alunni e professori o si riflette sul proprio futuro e sulle varie scelte che la vita ci offre.

Anche il comparto tecnico contribuisce alla buona riuscita della serie: il character design tratteggia personaggi dagli occhi grandi e dai lineamenti molto semplici, che ben si accompagnano allo stile super deformed e alle buffe espressioni funzionali al lato comico; le animazioni sono fluide quel che basta per realizzare gli sketch più dinamici, i quali si alternano a scene più statiche e dal ritmo più pacato; la colonna sonora ci propone tracce simpatiche e memorabili, tant’è che è difficile dimenticare il motivetto che scandisce l’eyecatch in ogni episodio. Anche le sigle non passano di certo inosservate: la particolare interpretazione del duo “Orange & Lemons” si accosta a sequenze concitate nell’opening e surreali nella ending, e il risultato di sicuro non stona con l’atmosfera generale della serie.
Da lodare come al solito i doppiatori giapponesi, molto abili nel conferire ad Osaka il giusto tono da imbambolata o a Chiyo-chan la vocina “kawaii” adatta al suo personaggio.

Tirando le somme, “Azumanga Daioh” è un anime che grazie al suo bizzarro cast e alle assurde gag riesce spesso nel suo proposito di far divertire lo spettatore, anche quando il contesto non è dei più innovativi (il festival dello sport, ad esempio, risulta godibilissimo per tutte e tre le volte in cui ci viene proposto). Ci sono naturalmente degli sketch più riusciti di altri, ma non si può certamente ignorare il fatto che abbia ispirato una serie di opere ora amatissime dal fandom. Voto: 8 e mezzo.

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Complimenti Giappone, me l’hai fatta ancora! Proprio quando l’anno scorso, guardando ‘Asobi Asobase’, pensavo di non aver più bisogno di commedie demenziali scolastiche, data la follia delle protagoniste di quella serie, ecco che ti ripresenti quest’anno con questa perla nascosta di ‘Joshikousei no Mudazukai’... e mi trascini di nuovo nel vortice di risate e demenza che tanto sa di piacermi e che adesso mi viene di nuovo tristemente a mancare.

Ma cos’è quindi questo ‘Joshikousei no Mudazukai’ (‘I giorni sprecati di una liceale’ o 'delle liceali', conosciuto anche col titolo inglese di ‘Wasteful Days of a High School Girl’) che tanto mi ha impressionato? Beh, come suggerisce il titolo, è una raccolta di avventure più o meno serie vissute da banalissime studentesse delle superiori, a volte inerenti lo studio, a volte i loro interessi personali, a volte le relazioni con le altre ragazze o con l’altro sesso e, altre volte ancora, all’insegna del puro nonsense. Cosa c’è di particolarmente interessante in tutti questi elementi? Di base... niente, verrebbe da dire, ma non è un problema questo, se vogliamo, visto che quest’anime batte un genere florido con titoli anche piuttosto validi a comporlo. La vera differenza la fa l’elemento cardine di ogni anime comico, ovvero le personalità del cast di personaggi e le dinamiche che si creano quando questi interagiscono tra loro, e, nel caso di ‘Joshikousei no Mudazukai’, il gruppo in questione è talmente valido, che vale la pena riportare ogni personaggio con una breve descrizione a presentarlo, in modo che possa rendere almeno vagamente l’idea della situazione.

Tutti i personaggi principali sono ragazze dello stesso istituto superiore, tra virgolette è riportato il nomignolo, inerente le loro caratteristiche o la loro personalità, che ricevono durante la serie grazie all’iniziativa della prima di loro:
Nozomu Tanaka (Baka, ovvero idiota): è il perno principale della serie, ragazza estremamente stupida, tanto da risultare anche fastidiosa, ma allo stesso tempo capace di farsi volere bene da quasi tutti quelli che la incrociano.
Akane Kikuchi (Wota, da wotaku): ragazza più seria e composta che aspira a diventare mangaka e che fa da contraltare alle uscite folli di Nozomu.
Shiori Saginomiya (Robo, da robot): studentessa intelligentissima ma costantemente apatica, coinvolta suo malgrado in situazioni particolari grazie alle sue amiche, ma dalle quali esce sempre imperturbabile.
Saku Momoya (Loli, data la sua figura): una liceale dall’aspetto di una ragazzina delle elementari a cui si accompagna, ironicamente, una personalità candida e innocente che la rende ancora più lontana dall’idea di adulta che lei vorrebbe trasmettere.
Kanade Ninomae (Majime, cioè seria): ragazza dal fascino androgino, tanto popolare quanto imbranata nel relazionarsi col prossimo, e che ha un’ammirazione profonda, ai limiti dello stalking, nei confronti di Shiori, di cui ammira la capacità di sapersela cavare in ogni interazione sociale.
Minami Yamamoto (Yamai): il personaggio più stralunato della serie, una ragazza costantemente immersa nelle sue fantasie e che vive un rapporto di amore/odio col professore responsabile della sua classe.
Hisui Kujyo (Majo, ossia strega): studentessa che frequenta poco la scuola e che ha una passione per l’occulto in ogni sua forma.
Lily Someya: studentessa trasferita estremamente bella, amante delle donne e completamente refrattaria, quasi allergica, agli uomini. Non ha un soprannome, ma il suo nome (giglio in inglese, yuri in giapponese) è un chiaro riferimento ai suoi interessi sessuali.
Masataka Sawatari (Waseda, dal nome della famosa università): è l’unico personaggio maschile di rilievo, insegnante responsabile della classe delle protagoniste, ha un aspetto posato che cozza con un carattere piuttosto impulsivo.

Questi dunque sono i protagonisti che calcano questo variopinto palcoscenico e, per quanto possano riuscire a trasmettere le mie parole, il risultato finale del loro "lavoro" è un anime comico convincente, divertente e mai noioso, capace di giostrarsi in tante situazioni diverse, riuscendo allo stesso tempo a valorizzare il potenziale comico di ogni personaggio che viene preso in considerazione, senza rinunciare neanche a qualche sprazzo ben dosato di sobrietà, quando vengono affrontati temi ricorrenti negli anime che prendono in considerazione la vita quotidiana di studenti adolescenti, quali amicizia, amore, studio e prospettive per il futuro.

Tecnicamente parlando, ‘Joshikousei no Mudazukai’, che è la trasposizione dell’omonimo manga della mangaka Bino, è un anime degno dei contenuti comici che propone. Animato dallo studio Passione, diretto da Hijiri Sanpei col character design di Sachiko Yasua, ‘Joshikousei no Mudazukai’ è un anime dall’aspetto rassicurante di tanti scolastici simili, con ambientazioni però che esulano pure dal mero mondo didattico, regalando scorci urbani pregevoli e tranquille atmosfere familiari. Il design dei personaggi è esteticamente apprezzabile, pur senza rapire proprio gli occhi, ma, soprattutto, si distacca dal disegno originale della Bino, risultando più preciso, pulito e gradevole da vedere, mentre la regia fa il suo lavoro senza problemi, regalandoci anche dei virtuosismi particolari (come l’inizio del terzo episodio, dove la camera centrale ruota continuamente attorno alle ragazze sedute a tavolino), che accentuano l’atmosfera sopra le righe trasmessa dalla serie per la maggior parte del tempo, senza apparire comunque mai straniante o esagerata. Molto buono anche il comparto sonoro, dove indubbiamente brilla, senza dimenticare l’efficace colonna sonora di Tomoki Kikuya, il doppiaggio giapponese che, in queste occasioni, è solitamente la chiave vincente per la buona riuscita della serie; senza dilungarmi stavolta su ogni personaggio, perché non c’è veramente nulla di negativo da dire sul lavoro di tutte le doppiatrici, vale la pena citare Maria Naganawa (voce di Loli ma famosissima per il ruolo di Kanna Kamui da ‘Miss Kobayashi’s Dragon Maid’ di qualche anno fa) e le tre protagoniste principali: Chinatsu Akasaki (doppiatrice di Baka), Haruka Tomatsu (Wota) e Aki Toyosaki (Robo), che danno vita a siparietti memorabili tra i loro personaggi e sono anche le cantanti delle due sigle della serie. Sigle che sono il tocco finale perfetto per questa serie, in particolar modo l’opening (“Wa! Moon! Dass! Cry!”) è una delle più originali e divertenti della sua stagione, grazie a una canzone strampalata che fa il verso a un brano rap e a un video molto particolare che in alcuni momenti sembra quasi animato in stop-motion; decisamente più normale è invece l’ending (“Seishun no Reverb”) col suo tono malinconico che stacca idealmente dai contenuti comici dell’anime.

Arrivati a questo punto, non riesco più a trattenermi per cui... “Posso dire una cosa pazzesca adesso? “

‘Joshikousei no Mudazukai’ è un anime davvero bello, divertente, equilibrato nel non esagerare mai con sfumature troppo demenziali e pure ben realizzato. Avrebbe meritato ben più considerazione di quanta ne ha ricevuta nella stagione estiva del 2019, ma, purtroppo, sia perché coperto da serie molto valide e più famose sia perché è ufficialmente inedito in Italia come tante e troppe serie recenti, non ha raccolto i consensi che in altre occasioni avrebbe sicuramente ottenuto. Fortunatamente non è mai troppo tardi per rimediare da questo punto di vista, e sono sicuro che gli appassionati nostalgici di un “Nichijou”, un “Asobi Asobase” o un “Danshi Kokosei no Nichijou”, desiderosi di rivivere un’atmosfera simile ancora oggi, sapranno cogliere quest’occasione al balzo appena possibile, ricavandone così lodevole diletto e una convinta soddisfazione.