Per lo più dolce (ma ne esistono anche versioni salate), è presente  praticamente in tutte le feste nipponiche e nelle cerimonie religiose e alla fine dell'anno sale agli onori della cronaca perché a causa della sua consistenza provoca purtroppo alcuni morti per soffocamento, soprattutto fra persone anziane e bambini. Sto parlando del mochi, pasta derivata dal riso che è presente nella cultura culinaria nipponica dai tempi più remoti.
 

Sembra infatti che la sua prima comparsa in Giappone risalga alla fine dell'era Jômon, circa 2000 anni fa, introdotto dal sud-est asiatico insieme alla coltivazione del riso. Si impone nell'era Heian, circa 1.300 anni fa, come parte indispensabile delle feste e delle offerte religiose e nell'era Muromachi, circa 700 anni fa, grazie allo sviluppo della cerimonia del tè, trova posto nella composizione dei dolci giapponesi.
Si ottiene pestando i chicchi di riso fino ad ottenere una massa elastica e flessibile, da cui si ricavano dischi o rettangoli, utilizzati poi in moltissime preparazioni. Il riso usato è particolare: è una varietà asiatica dal chicco fine e dalla forma allungata il cui nome scientifico è Oryza sativa glutinosa. Una volta cotto, diventa molto appiccicoso perché contiene una grande quantità di amilopectina, una componente dell’amido che lo rende “colloso”.
 

Il metodo tradizionale per preparare il mochi è detto mochitsuki: il riso, precedentemente messo a bagno e poi cotto, viene pestato in un grande mortaio detto usu (ricavato dal tronco di un albero) con un martello in legno chiamato kine. Il procedimento impegna due persone che devono lavorare con grande coordinazione: uno pesta ritmicamente con il kine mentre il secondo rigira ed umidifica il mochi in modo da ottenere una pasta collosa ed elastica.
Il mochi è considerato il ricettacolo dello spirito degli dei, un vettore della forza vitale concessa dagli dei e per questo la sua preparazione tradizionale è ormai fatta solo durante alcuni eventi religiosi o momenti di festa comunitari. Nella vita di tutti i giorni si è soliti utilizzare macchine automatiche, che triturano ed impastano il riso in poco tempo ed efficientemente.
 


Il mochi è la star del capodanno: per accogliere i toshigami, cioè le divinità del nuovo anno, si prepara il kagami mochi composto da due mochi sferici impilati (uno piccolo su uno più grande) e si pone su un altarino come offerta. Inoltre si consuma lo zôni, una zuppa di sale, miso o salsa di soia in cui sono immersi i mochi. Esistono molte varianti di zôni; gli ingredienti e la forma dei mochi, rotondi o rettangolari, differiscono a seconda delle regioni ma anche delle famiglie.
Inoltre sono comprati anche sotto forma di fette sottili da immergere nel nabe oppure da condire con vari ingredienti, come ad esempio i fagioli azuki.
 

Passato il capodanno, ritroviamo il mochi il 3 marzo, quando si festeggiano le bambine: se ne fanno decorazioni a tre strati a forma di diamante di diversi colori e si degusta il sakura mochi, avvolto appunto da una foglia di sakura. Per par condicio, il 5 maggio, durante la festa dei bambini, avremo il kashiwa-mochi, un mochi avvolto in una foglia di quercia giapponese.
Ma ogni occasione è buona per gustarlo: ingresso scolastico, laurea, matrimonio o persino la costruzione di una casa. Di solito in queste occasioni si offre mochi rosa e bianco e in alcune regioni si ha la consuetudine di lanciarli alla folla. Molte associazioni di quartiere, aziende, scuole e famiglie si riuniscono per martellare il riso e produrre il mochi tutti assieme.
 

Fra i tipi di mochi pronti più apprezzati troviamo il daifuku farcito con marmellata di fagioli neri (anko) o bianchi (shiroan), l'ichigo daifuku che prevede all’interno una fragola. Poi c'è il kusamoki il cui particolare colore verde si ottiene aggiungendo all’impasto foglie di artemisia, note per il loro potere antiossidante. Il yukimi daifuku invece contiene una pallina di gelato: servito freddo, è molto apprezzato per via del suo particolare accostamento di consistenze.
 

Ma il mochi si consuma anche a casa, senza che ci debba essere un'occasione particolare: possono essere grigliati oppure cotti a fuoco lento, conditi con salsa di soia e ricoperti da una foglia di alga, oppure messi assieme al nattô, al formaggio o ad una miscela di burro e salsa di soia. I mochi sono anche spesso serviti come torte, accompagnati da pasta di fagioli dolci e zucchero a velo ma anche in piatti salati come gli udon, il nabe o l'oden.
 

Il mochi non teme neanche contaminazioni più azzardate: esiste la pizza mochi, fatta con sottili fette di mochi ricoperte di ketchup e formaggio e cotte in padella, mochi gratinati al forno con carne, verdure e besciamella, oppure l'okonomiyaki o i ravioli gyôza con il mochi come ripieno.

Avete assaggiato i mochi? Vi piacciono? Quale preferite? Ditelo nei commenti!

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Fonte consultata:
Nippon