Riportiamo questa indagine che ci è giunta in redazione e di cui non siamo autori, anche se ne condividiamo gli intenti
Nel corso dell'estate 2020, in cui senz’altro i fumetti hanno tenuto compagnia a molti, 25 traduttori e traduttrici di fumetti hanno condotto un'indagine sul mestiere della 'traduzione di manga', ovvero sul contesto professionale, lavorativo ed economico di questa specifica attività editoriale. I risultati di questa indagine – la prima nel suo genere – sono presentati qui di seguito, e hanno l'obiettivo di fare luce su una professione tra quelle indispensabili per l’editoria di manga, ma ancora poco conosciuta.
Raccontare la professione dei traduttori di fumetti è una necessità sentita ormai da qualche anno, nel contesto di una crescente maturazione professionale in tutti i settori dell'editoria di fumetti. Diversi festival e scuole professionali, ogni anno, ospitano incontri e workshop sulla traduzione. Ma non basta, perché è ancora raro incontrare occasioni in cui si entri nello specifico: cosa significa, concretamente, intraprendere la carriera – per certi versi ambita – di traduttore di fumetti giapponesi?
Un questionario, sottoposto a venticinque professionisti, ha provato a rispondere a questa domanda concentrandosi sulla traduzione di manga dal giapponese all’italiano. Composto da 8 domande, il questionario ha messo a fuoco diversi aspetti del mestiere e delle condizioni lavorative in cui questi professionisti operano oggi, in Italia: dai compensi alla quantità e cadenza del lavoro, passando per l’attribuzione del lavoro nei credits, e altro.
L’indagine, inoltre, ha messo a fuoco una porzione molto rappresentativa del panorama dell’editoria di manga in Italia: le attività di traduzione svolte per 13 case editrici specializzate nella pubblicazione di fumetti giapponesi, sulle 17 censite (l’assenza di Canicola, Hazard, Mangasenpai e Sensei Books è stata determinata dall’assenza di rapporti con questi editori tra i 25 membri del campione di intervistati). In ordine alfabetico: Bao Publishing, Coconino Press, Dynit, Flashbook, Goen, Hikari (001 Edizioni), Hollow Press, J-Pop (Edizioni BD), Magic Press, Oblomov, Planet Manga (Panini Comics), Rizzoli, Star Comics.
Ciascun traduttore ha compilato il questionario fornendo dati e informazioni relative solo alle case editrici per le quali ha effettivamente lavorato negli ultimi tre anni (da giugno 2017), per un numero complessivo di volumi tradotti che supera i 1500 in totale. Infine, il sondaggio si è concentrato esclusivamente sui manga, in volumi singoli o serie; non prende dunque in considerazione i romanzi, i light novel, gli artbook, i fanbook e altri, ai quali andrebbe riservato un discorso ad hoc (e differente).
Prima di procedere alla presentazione dei risultati, un’ultima premessa: quali sono i requisiti necessari per diventare un traduttore di manga? Provando a schematizzare:
Questo serve solo per sottolineare che, quando si parla di traduttori di manga, si parla di professionisti altamente qualificati nel campo della cultura e dell’intrattenimento. Tuttavia – ed è questo il dato che emerge nel nostro pur limitato campione di 25 intervistati, all'interno di una professione che coinvolge poche decine di persone (un censimento, a oggi, non esiste) – in Italia la carriera del traduttore di manga ha ben poco di invidiabile, se si osservano aspetti come il riconoscimento professionale, l’inquadramento e le tutele, gli aspetti economici.
Nel presentare i risultati del questionario, abbiamo scelto di mettere al centro, come avviene nella realtà di questo mestiere, la relazione fra il traduttore e l’editore che ne commissiona il lavoro.
Di ciascuno degli 8 aspetti indagati è stata quindi descritta la proporzione, usando un metodo semplice e diretto (inutile calcolare percentuali, stante il campione sì rappresentativo, ma pur sempre ristretto): rispetto alla “base” costituita dai 13 editori individuati, quanti traduttori hanno risposto allo stesso modo? Detto diversamente: per ogni quesito quanti, fra i 13 editori oggetto del campione, si sono comportati in un modo, e quanti in un altro?
1) Indicazione nei credits
Partiamo da un dato facilmente comprensibile da tutti i lettori: il riconoscimento pubblico del lavoro, ovvero la corretta attribuzione del lavoro di traduzione. Il questionario proponeva un quesito con tre opzioni distinte su questo argomento, per indagare l’indicazione del nome del traduttore 1) all’interno dello stesso volume tradotto, 2) del sito della casa editrice e 3) delle piattaforme di e-commerce generaliste (“librerie online” come Amazon, IBS, laFeltrinelli, ecc.).
- nel colophon (9 su 13)
Su 13 editori, solo 4 garantiscono una visibilità adeguata all’interno del volume stesso; in ogni caso sul frontespizio, e mai in copertina (come avviene, invece, nella migliore editoria letteraria). Tutti gli altri si limitano a citare il traduttore - in genere con font minuscoli - nel colophon del volume, tra tutti gli altri credits.
Suona piuttosto paradossale un fatto: soltanto tre editori indicano il nome del traduttore nei propri siti ufficiali. Eppure, per ben 11 editori su 13 il nome del traduttore è riportato dalle principali “librerie online”. Accortezza degli editori quando compilano le schede del prodotto per le piattaforme o decisione presa dalle piattaforme stesse?
Infine, perché per i traduttori è tanto importante la "visibilità”, ovvero l’indicazione del proprio nome? Non per mero capriccio narcisistico o brama di popolarità, ma per due ragioni cruciali:
Un lavoro “invisibile” è un lavoro non riconosciuto e, di conseguenza, che con molta fatica riesce a ottenere dei diritti e degli standard accettabili che, pure, sarebbero dovuti. I traduttori pagano le tasse con il regime fiscale del diritto d’autore, quindi il fisco, lo Stato, li riconosce come autori. E in effetti i traduttori sono in tutto e per tutto degli autori: le parole dei manga che leggiamo vengono dalla loro creatività e dalla loro capacità di interpretare, adattare, rielaborare una lingua e una cultura che non potrebbe essere più distante da quella italiana.
Fino al 2019, alcuni tra i principali festival nazionali di fumetto negavano ai traduttori il diritto di richiedere l’accredito, riconosciuto invece agli autori. Anche in questo caso, vale la pena ricordare quanto rilevante sia il ruolo giocato dai manga - e dai fumetti stranieri in generale - in tali festival, dove capita persino che al traduttore venga chiesto di fare da interprete dello stesso autore ospite. Volumi che non riempirebbero gli stand degli editori (e le loro casse) se dietro non ci fosse il lavoro dei traduttori.
La visibilità del nome, ovvero una corretta indicazione dell'attività di traduzione, porta dunque con sé il riconoscimento professionale. Un aspetto importante per la credibilità di un professionista, tanto da parte degli altri operatori editoriali - giornalisti, agenti letterari, autori - quanto da parte dei lettori, e un fattore indispensabile per proseguire e migliorare il proprio lavoro, anche sul piano di un trattamento equo a livello contrattuale.
2) Rapporto contrattuale
La presenza o meno di un contratto, o di una semplice lettera d’incarico, è argomento di un altro quesito del sondaggio. Anche in questo caso, i risultati mostrano un comportamento abbastanza omogeneo delle case editrici.
Solo 3 editori sui 13 considerati forniscono un contratto o una lettera di incarico, 1 lo fa in modo non costante mentre altri 9 non ritengono che sia necessario formalizzare con un accordo scritto il rapporto con il traduttore. Questo non comporta in alcun modo che il lavoro svolto sia “sommerso” o in nero: tramite le note di pagamento emesse dal traduttore, il lavoro svolto viene sempre registrato dal fisco. L’assenza di un contratto, però, determina una scarsa (nulla) chiarezza su questioni cruciali come la cessione dei diritti d’autore e l’utilizzo della traduzione da parte della casa editrice.
Un contratto sancisce i diritti e i doveri delle parti interessate. La sua assenza implica che ci sia una fiducia simile, se ci permettete un esempio, a quella tra il pizzaiolo che riceve un ordine a domicilio e il cliente: il pizzaiolo avrà i soldi solo a lavoro svolto e consegnato, il cliente paga quando riceve la pizza, prima ancora di assaggiarla. Come si vedrà per altri aspetti trattati nel sondaggio, purtroppo non si può dire che questo genere di fiducia sia in molti casi instaurabile fra traduttori e case editrici. Nel caso della pizza, il fattorino che non riceve il pagamento dovuto può rifiutarsi di consegnare la pizza anche sull’uscio di casa; il rapporto tra le due parti, inoltre, si conclude con la consegna e il pagamento stessi. Il traduttore che consegna una traduzione a una casa editrice non si vede subito erogato il compenso pattuito, quindi non può decidere di tenere per sé la traduzione già svolta in numerose giornate di lavoro (orientativamente dalle quattro alle quindici, a seconda del volume), e di certo non può mangiarsela! Il rapporto tra le parti interessate, inoltre, non si conclude con la consegna e il pagamento, perché c’è poi una fase di editing, e c’è infine la possibilità che la traduzione venga rivenduta ad altre case editrici, o utilizzata ad altri scopi, senza che il traduttore/autore – e legittimo proprietario di quella traduzione - ne venga informato e, di conseguenza, tragga il benché minimo beneficio dal suo lavoro.
3) Termini di pagamento
Veniamo dunque alla questione dei pagamenti, ovvero ai loro termini temporali. Il lavoro di traduzione, come si può facilmente immaginare, non ha un modello unico di pagamento: la casa editrice richiede la consegna dell'intero volume tradotto, in un’unica soluzione, entro una data stabilita, ma il pagamento non avviene alla consegna del lavoro svolto, bensì dopo un periodo che varia dai 30 ai 120 giorni. In alcuni casi si aspetta addirittura la pubblicazione del volume, che può avvenire molti mesi dopo la consegna della traduzione.
Delle 13 case editrici esaminate, solo 8 pagano puntualmente entro i termini stabiliti all’assegnazione del lavoro. 3 pagano in modo non puntuale, quindi pagano, sì, ma dopo diversi solleciti; 2, al momento della consultazione tra i venticinque traduttori, non hanno pagato il dovuto nonostante siano decorsi i termini e nonostante i solleciti. Riteniamo che questo dato non necessiti di ulteriori spiegazioni.
4) Compensi
Restando sugli aspetti economici, è ora il caso di considerare con particolare attenzione il dato riguardante i compensi pagati dalle case editrici per una traduzione di manga. Il compenso è calcolato per tavola di fumetto; anche nei casi in cui l’editore determini un compenso forfettario per l’intero volume, questa cifra è
stata divisa per il numero medio di tavole, in modo da avere dei risultati omogenei per un confronto.
Cinque case editrici pagano un compenso lordo pari a 3 o più euro a tavola; tre case editrici pagano tra i 2 e i 2,99 euro; quattro pagano meno di 2 euro a tavola e una, infine, paga l’ultima o la penultima di queste fasce a seconda del traduttore o dell’opera. Volendo chiarire maggiormente questi dati, esemplifichiamoli prendendo in considerazione un volume medio di 200 pagine/tavole: il traduttore fortunato riceverà un compenso lordo di 600 euro, che diventano 510 euro circa al netto della ritenuta d’acconto, pari al 20% del 75% del lordo per un traduttore che abbia compiuto 35 anni, al 20% del 60% per i più giovani; il traduttore meno fortunato (che riceve ad esempio un euro lordo a tavola) riscuote, per il medesimo volume trattato però da un’altra casa editrice, appena 170 euro netti.
Come detto in precedenza, la traduzione di un volume richiede diverse giornate di lavoro, talvolta oltre le due settimane. A volte è necessario svolgere ricerche approfondite che implicano un’ulteriore mole di lavoro o addirittura un certo dispendio economico per procurarsi del materiale. A proposito di materiali: tutti gli strumenti utilizzati dai traduttori (hardware, software, dizionari cartacei ed elettronici, nonché testi e cancelleria di vario genere) sono sempre a carico esclusivo del traduttore stesso.
Da queste informazioni si deduce facilmente che quello del traduttore è un lavoro molto poco remunerativo. Per raggiungere un introito mensile minimo, per vivere dignitosamente ed essere autosufficienti, sarebbe necessario riuscire a tradurre dai 2 ai 6 volumi al mese (a seconda del compenso), cosa non sempre possibile per evidenti motivi legati ai tempi, ma anche alla mole di commissioni che ogni traduttore può verosimilmente ricevere dalle case editrici. Non stupisce quindi scoprire che molti traduttori italiani di manga, al contrario dei loro colleghi europei meglio retribuiti e, in generale, tenuti in maggior considerazione - siano costretti a svolgere anche un secondo lavoro.
5) Negoziabilità compensi/tempi
A questo dato va aggiunto quello della flessibilità o negoziabilità del compenso in base all’urgenza con la quale viene richiesta una traduzione.
La produzione di manga, come di qualsiasi altro prodotto editoriale – e, più in generale, qualsiasi attività – può subire l’effetto di improvvise urgenze per le più disparate ragioni, imputabili all’organizzazione della casa editrice o a fattori diversi (distributivi, commerciali, contrattuali…). I traduttori non hanno influenza sui piani di lavoro dei prodotti, ma talvolta sono chiamati a intervenire per affrontare le sfide dettate da queste urgenze.
Nessuna delle tredici case editrici prese in analisi, tuttavia, propone un compenso più alto quando commissiona una traduzione con particolare urgenza (che, in genere, equivale per il traduttore a rinunciare a impegni presi, vacanze o altre commissioni). Solo due case editrici sono disposte a maggiorare il compenso previa contrattazione, possibilità nemmeno contemplata dalle altre undici.
6) Programmazione del lavoro
In questo scenario, la programmazione delle uscite, e quindi la distribuzione del lavoro nel tempo per ogni singolo traduttore, ricopre un ruolo di importanza vitale. Ricordiamo che i manga sono quasi sempre serie continuative che si protraggono per anni con periodicità spesso regolare, ma altrettanto spesso altalenante (il ritmo delle uscite non è ‘prevedibile’ come per le stagioni delle serie tv, insomma). Il traduttore dovrebbe poter contare su un’agenda lavorativa che sia il più completa e dettagliata possibile per almeno un semestre alla volta, in modo da sapere quante commissioni poter accettare o quante tentare di procacciarsene, organizzare le proprie spese e – perché no? – anche la propria vita privata.
I risultati del sondaggio dicono che 9 fra le tredici case editrici considerate provvedono a una programmazione ben distribuita, mentre le restanti 4 programmano in modo frettoloso e superficiale il lavoro dei traduttori (e le uscite, di conseguenza).
7) Organizzazione del lavoro
Il sondaggio ha inoltre toccato due aspetti inerenti il “dietro le quinte” dell’organizzazione del lavoro editoriale, ovvero il rapporto professionale con gli editor, fatto di scambi, confronto e discussione, e l’aspetto operativo della condivisione dei materiali originali da tradurre (se i file o i volumi arrivano a pochi giorni dalla consegna, il lavoro si complica…).
Per entrambi questi aspetti il sondaggio ha dato risultati positivi, che sanciscono come collaborativo il rapporto con gli editor (con l'eccezione di una casa editrice, per la quale questo rapporto risulta essere inesistente: l’editor procede all’adattamento del volume senza consultare il traduttore), e come regolare e puntuale l’invio dei materiali o il sistema tramite il quale i traduttori possono procurarselo autonomamente previo rimborso spese (a eccezione di una casa editrice, per la quale il reperimento del materiale originale risulta difficoltoso e non puntuale).
8) Evoluzione delle condizioni lavorative
L’ultimo quesito del sondaggio era destinato a indagare se, nel corso del triennio considerato, i traduttori hanno registrato qualche evoluzione delle condizioni lavorative complessive, nei loro rapporti con gli editori committenti.
Il clima generale, secondo le risposte dei 25 traduttori, non ha subito particolari cambiamenti né in positivo né in negativo. Le relazioni con 8 case editrici su 13, infatti, non hanno subito modifiche rilevanti nelle condizioni di lavoro, in due casi sono peggiorate, e in qualche caso individuale sono migliorate (aumento del compenso a tavola, migliore gestione dei termini di pagamento).
Va ribadito che l’orizzonte temporale è di soli tre anni. Alcuni traduttori hanno infatti spiegato che, andando più indietro nel tempo, la percezione dell’evoluzione delle condizioni di lavoro sarebbe stata diversa: si sarebbero evidenziate situazioni sensibilmente peggiorate e altre che, negli anni, hanno apportato qualche significativo miglioramento (non tanto nei compensi, quanto nella puntualità dei pagamenti e nell’organizzazione del lavoro).
Come si è potuto vedere dai risultati di questa indagine, il mestiere di traduttore, nel settore dei manga, è una professione che presenta ancora diversi aspetti problematici, sul piano legale come su quello economico, fino allo stesso riconoscimento generale del lavoro fornito da questo tipo di professionisti specializzati.
Una ulteriore precisazione sulla presentazione dei dati: per evidenti motivi di natura legale e di opportunità professionale, i dati relativi alle case editrici sono stati aggregati e non specificati caso per caso; lo stesso vale per i traduttori, le cui peculiarità individuali in questo contesto non sono state considerate. Il motivo è nello scopo ultimo di questa indagine: non puntare il dito verso episodi o editori specifici, ma dare conto di una situazione più ampia, attraverso l'esperienza di un gruppo di professionisti mossi dall'obiettivo di accendere un riflettore sulla loro condizione lavorativa. Professionisti spesso - letteralmente - invisibili, che permettono a tanti lettori di leggere e gustare i loro manga prediletti. Chissà che questo esperimento non possa fare da apripista ad altre iniziative del genere riguardanti traduttori specializzati in altri settori editoriali.
Sarebbe bello immaginare che in ogni volume apparisse la dicitura “nessun traduttore è stato maltrattato per l’edizione italiana di questo volume”, quasi come un marchio di qualità. Dai dati analizzati e dalle condizioni generali è evidente che poche case editrici avrebbero il permesso dei loro traduttori per imprimere un marchio del genere. In questo, forse, i traduttori sono una cartina al tornasole di una più ampia questione – la maturità professionale nell’editoria di fumetto – che riguarda anche, sebbene in modi del tutto diversi, molti editor, grafici, coloristi ed altri professionisti che lavorano per portare in edicola o in libreria tanti volumi, ogni mese.
Ma cosa succederebbe se, in futuro, fossero i lettori a richiedere più attenzione?
Nel corso dell'estate 2020, in cui senz’altro i fumetti hanno tenuto compagnia a molti, 25 traduttori e traduttrici di fumetti hanno condotto un'indagine sul mestiere della 'traduzione di manga', ovvero sul contesto professionale, lavorativo ed economico di questa specifica attività editoriale. I risultati di questa indagine – la prima nel suo genere – sono presentati qui di seguito, e hanno l'obiettivo di fare luce su una professione tra quelle indispensabili per l’editoria di manga, ma ancora poco conosciuta.
Qual è il lavoro del traduttore di manga?
Raccontare la professione dei traduttori di fumetti è una necessità sentita ormai da qualche anno, nel contesto di una crescente maturazione professionale in tutti i settori dell'editoria di fumetti. Diversi festival e scuole professionali, ogni anno, ospitano incontri e workshop sulla traduzione. Ma non basta, perché è ancora raro incontrare occasioni in cui si entri nello specifico: cosa significa, concretamente, intraprendere la carriera – per certi versi ambita – di traduttore di fumetti giapponesi?
Un questionario, sottoposto a venticinque professionisti, ha provato a rispondere a questa domanda concentrandosi sulla traduzione di manga dal giapponese all’italiano. Composto da 8 domande, il questionario ha messo a fuoco diversi aspetti del mestiere e delle condizioni lavorative in cui questi professionisti operano oggi, in Italia: dai compensi alla quantità e cadenza del lavoro, passando per l’attribuzione del lavoro nei credits, e altro.
L’indagine, inoltre, ha messo a fuoco una porzione molto rappresentativa del panorama dell’editoria di manga in Italia: le attività di traduzione svolte per 13 case editrici specializzate nella pubblicazione di fumetti giapponesi, sulle 17 censite (l’assenza di Canicola, Hazard, Mangasenpai e Sensei Books è stata determinata dall’assenza di rapporti con questi editori tra i 25 membri del campione di intervistati). In ordine alfabetico: Bao Publishing, Coconino Press, Dynit, Flashbook, Goen, Hikari (001 Edizioni), Hollow Press, J-Pop (Edizioni BD), Magic Press, Oblomov, Planet Manga (Panini Comics), Rizzoli, Star Comics.
Ciascun traduttore ha compilato il questionario fornendo dati e informazioni relative solo alle case editrici per le quali ha effettivamente lavorato negli ultimi tre anni (da giugno 2017), per un numero complessivo di volumi tradotti che supera i 1500 in totale. Infine, il sondaggio si è concentrato esclusivamente sui manga, in volumi singoli o serie; non prende dunque in considerazione i romanzi, i light novel, gli artbook, i fanbook e altri, ai quali andrebbe riservato un discorso ad hoc (e differente).
Prima di procedere alla presentazione dei risultati, un’ultima premessa: quali sono i requisiti necessari per diventare un traduttore di manga? Provando a schematizzare:
- inutile dire che è richiesta una buona, se non ottima conoscenza della lingua giapponese. In genere, tale conoscenza si acquisisce tramite studi universitari e in loco: la maggior parte dei traduttori intervistati sono laureati in lingue orientali e hanno perfezionato i loro studi in Giappone, dove alcuni di loro risiedono stabilmente
- è inoltre richiesta una ancor più approfondita conoscenza dell’italiano: a qualcuno sembrerà scontato, ma non lo è
- anche la conoscenza del linguaggio dei fumetti in generale, e di quello dei manga nello specifico, non è un requisito di secondaria importanza
- se la lingua non è mai solo uno strumento, ma anche un deposito della Storia, è chiaro che spesso è importante possedere una più vasta cultura sulla storia e le usanze giapponesi
- considerando la specificità dei manga rispetto a romanzi e film nipponici, ovvero il loro essere prodotti pop e proprietà intellettuali importanti nell’industria culturale globale, è spesso essenziale la conoscenza - auspicabilmente aggiornata - dei prodotti più popolari dell'intrattenimento nipponico: animazione, videogiochi, musica…
- infine, per essere un traduttore professionale è indispensabile una predisposizione naturale a un lavoro solitario, alla concentrazione e alla ricerca.
Questo serve solo per sottolineare che, quando si parla di traduttori di manga, si parla di professionisti altamente qualificati nel campo della cultura e dell’intrattenimento. Tuttavia – ed è questo il dato che emerge nel nostro pur limitato campione di 25 intervistati, all'interno di una professione che coinvolge poche decine di persone (un censimento, a oggi, non esiste) – in Italia la carriera del traduttore di manga ha ben poco di invidiabile, se si osservano aspetti come il riconoscimento professionale, l’inquadramento e le tutele, gli aspetti economici.
I risultati dell'indagine
Nel presentare i risultati del questionario, abbiamo scelto di mettere al centro, come avviene nella realtà di questo mestiere, la relazione fra il traduttore e l’editore che ne commissiona il lavoro.
Di ciascuno degli 8 aspetti indagati è stata quindi descritta la proporzione, usando un metodo semplice e diretto (inutile calcolare percentuali, stante il campione sì rappresentativo, ma pur sempre ristretto): rispetto alla “base” costituita dai 13 editori individuati, quanti traduttori hanno risposto allo stesso modo? Detto diversamente: per ogni quesito quanti, fra i 13 editori oggetto del campione, si sono comportati in un modo, e quanti in un altro?
1) Indicazione nei credits
Partiamo da un dato facilmente comprensibile da tutti i lettori: il riconoscimento pubblico del lavoro, ovvero la corretta attribuzione del lavoro di traduzione. Il questionario proponeva un quesito con tre opzioni distinte su questo argomento, per indagare l’indicazione del nome del traduttore 1) all’interno dello stesso volume tradotto, 2) del sito della casa editrice e 3) delle piattaforme di e-commerce generaliste (“librerie online” come Amazon, IBS, laFeltrinelli, ecc.).
- Indicazione su volume:
- nel colophon (9 su 13)
- Indicazione su sito editore (3 su 13)
- Indicazione su piattaforme e-commerce (11 su 13)
Su 13 editori, solo 4 garantiscono una visibilità adeguata all’interno del volume stesso; in ogni caso sul frontespizio, e mai in copertina (come avviene, invece, nella migliore editoria letteraria). Tutti gli altri si limitano a citare il traduttore - in genere con font minuscoli - nel colophon del volume, tra tutti gli altri credits.
Suona piuttosto paradossale un fatto: soltanto tre editori indicano il nome del traduttore nei propri siti ufficiali. Eppure, per ben 11 editori su 13 il nome del traduttore è riportato dalle principali “librerie online”. Accortezza degli editori quando compilano le schede del prodotto per le piattaforme o decisione presa dalle piattaforme stesse?
Infine, perché per i traduttori è tanto importante la "visibilità”, ovvero l’indicazione del proprio nome? Non per mero capriccio narcisistico o brama di popolarità, ma per due ragioni cruciali:
- in primis perché il nome sul frontespizio andrebbe riportato per legge, come avviene nei libri di narrativa, ai sensi del RD 1942, art. 33;
- e poi perché una regolare indicazione del nome ha a che vedere con una dimensione fondamentale del lavoro professionale: se non sei visibile, non esisti.
Un lavoro “invisibile” è un lavoro non riconosciuto e, di conseguenza, che con molta fatica riesce a ottenere dei diritti e degli standard accettabili che, pure, sarebbero dovuti. I traduttori pagano le tasse con il regime fiscale del diritto d’autore, quindi il fisco, lo Stato, li riconosce come autori. E in effetti i traduttori sono in tutto e per tutto degli autori: le parole dei manga che leggiamo vengono dalla loro creatività e dalla loro capacità di interpretare, adattare, rielaborare una lingua e una cultura che non potrebbe essere più distante da quella italiana.
Fino al 2019, alcuni tra i principali festival nazionali di fumetto negavano ai traduttori il diritto di richiedere l’accredito, riconosciuto invece agli autori. Anche in questo caso, vale la pena ricordare quanto rilevante sia il ruolo giocato dai manga - e dai fumetti stranieri in generale - in tali festival, dove capita persino che al traduttore venga chiesto di fare da interprete dello stesso autore ospite. Volumi che non riempirebbero gli stand degli editori (e le loro casse) se dietro non ci fosse il lavoro dei traduttori.
La visibilità del nome, ovvero una corretta indicazione dell'attività di traduzione, porta dunque con sé il riconoscimento professionale. Un aspetto importante per la credibilità di un professionista, tanto da parte degli altri operatori editoriali - giornalisti, agenti letterari, autori - quanto da parte dei lettori, e un fattore indispensabile per proseguire e migliorare il proprio lavoro, anche sul piano di un trattamento equo a livello contrattuale.
2) Rapporto contrattuale
La presenza o meno di un contratto, o di una semplice lettera d’incarico, è argomento di un altro quesito del sondaggio. Anche in questo caso, i risultati mostrano un comportamento abbastanza omogeneo delle case editrici.
- Contratto o lettera d’incarico fissi (3 su 13)
- Contratto o lettera d’incarico saltuari (1 su 13)
- Nessun contratto né lettera d’incarico (9 su 13)
Solo 3 editori sui 13 considerati forniscono un contratto o una lettera di incarico, 1 lo fa in modo non costante mentre altri 9 non ritengono che sia necessario formalizzare con un accordo scritto il rapporto con il traduttore. Questo non comporta in alcun modo che il lavoro svolto sia “sommerso” o in nero: tramite le note di pagamento emesse dal traduttore, il lavoro svolto viene sempre registrato dal fisco. L’assenza di un contratto, però, determina una scarsa (nulla) chiarezza su questioni cruciali come la cessione dei diritti d’autore e l’utilizzo della traduzione da parte della casa editrice.
Un contratto sancisce i diritti e i doveri delle parti interessate. La sua assenza implica che ci sia una fiducia simile, se ci permettete un esempio, a quella tra il pizzaiolo che riceve un ordine a domicilio e il cliente: il pizzaiolo avrà i soldi solo a lavoro svolto e consegnato, il cliente paga quando riceve la pizza, prima ancora di assaggiarla. Come si vedrà per altri aspetti trattati nel sondaggio, purtroppo non si può dire che questo genere di fiducia sia in molti casi instaurabile fra traduttori e case editrici. Nel caso della pizza, il fattorino che non riceve il pagamento dovuto può rifiutarsi di consegnare la pizza anche sull’uscio di casa; il rapporto tra le due parti, inoltre, si conclude con la consegna e il pagamento stessi. Il traduttore che consegna una traduzione a una casa editrice non si vede subito erogato il compenso pattuito, quindi non può decidere di tenere per sé la traduzione già svolta in numerose giornate di lavoro (orientativamente dalle quattro alle quindici, a seconda del volume), e di certo non può mangiarsela! Il rapporto tra le parti interessate, inoltre, non si conclude con la consegna e il pagamento, perché c’è poi una fase di editing, e c’è infine la possibilità che la traduzione venga rivenduta ad altre case editrici, o utilizzata ad altri scopi, senza che il traduttore/autore – e legittimo proprietario di quella traduzione - ne venga informato e, di conseguenza, tragga il benché minimo beneficio dal suo lavoro.
3) Termini di pagamento
Veniamo dunque alla questione dei pagamenti, ovvero ai loro termini temporali. Il lavoro di traduzione, come si può facilmente immaginare, non ha un modello unico di pagamento: la casa editrice richiede la consegna dell'intero volume tradotto, in un’unica soluzione, entro una data stabilita, ma il pagamento non avviene alla consegna del lavoro svolto, bensì dopo un periodo che varia dai 30 ai 120 giorni. In alcuni casi si aspetta addirittura la pubblicazione del volume, che può avvenire molti mesi dopo la consegna della traduzione.
- Pagamento secondo termini (8 su 13)
- Pagamento dopo solleciti (3 su 13)
- Pagamento mancato (2 su 13)
Delle 13 case editrici esaminate, solo 8 pagano puntualmente entro i termini stabiliti all’assegnazione del lavoro. 3 pagano in modo non puntuale, quindi pagano, sì, ma dopo diversi solleciti; 2, al momento della consultazione tra i venticinque traduttori, non hanno pagato il dovuto nonostante siano decorsi i termini e nonostante i solleciti. Riteniamo che questo dato non necessiti di ulteriori spiegazioni.
4) Compensi
Restando sugli aspetti economici, è ora il caso di considerare con particolare attenzione il dato riguardante i compensi pagati dalle case editrici per una traduzione di manga. Il compenso è calcolato per tavola di fumetto; anche nei casi in cui l’editore determini un compenso forfettario per l’intero volume, questa cifra è
stata divisa per il numero medio di tavole, in modo da avere dei risultati omogenei per un confronto.
- Compenso ≥ 3 euro/tavola (5 su 13)
- Compenso tra 2 e 2,99 euro/tavola (3 su 13)
- Compenso < 2 euro/tavola (4 su 13)
- Compenso misto tra <2 e 2,99 euro/tavola (1 su 13)
Cinque case editrici pagano un compenso lordo pari a 3 o più euro a tavola; tre case editrici pagano tra i 2 e i 2,99 euro; quattro pagano meno di 2 euro a tavola e una, infine, paga l’ultima o la penultima di queste fasce a seconda del traduttore o dell’opera. Volendo chiarire maggiormente questi dati, esemplifichiamoli prendendo in considerazione un volume medio di 200 pagine/tavole: il traduttore fortunato riceverà un compenso lordo di 600 euro, che diventano 510 euro circa al netto della ritenuta d’acconto, pari al 20% del 75% del lordo per un traduttore che abbia compiuto 35 anni, al 20% del 60% per i più giovani; il traduttore meno fortunato (che riceve ad esempio un euro lordo a tavola) riscuote, per il medesimo volume trattato però da un’altra casa editrice, appena 170 euro netti.
Come detto in precedenza, la traduzione di un volume richiede diverse giornate di lavoro, talvolta oltre le due settimane. A volte è necessario svolgere ricerche approfondite che implicano un’ulteriore mole di lavoro o addirittura un certo dispendio economico per procurarsi del materiale. A proposito di materiali: tutti gli strumenti utilizzati dai traduttori (hardware, software, dizionari cartacei ed elettronici, nonché testi e cancelleria di vario genere) sono sempre a carico esclusivo del traduttore stesso.
Da queste informazioni si deduce facilmente che quello del traduttore è un lavoro molto poco remunerativo. Per raggiungere un introito mensile minimo, per vivere dignitosamente ed essere autosufficienti, sarebbe necessario riuscire a tradurre dai 2 ai 6 volumi al mese (a seconda del compenso), cosa non sempre possibile per evidenti motivi legati ai tempi, ma anche alla mole di commissioni che ogni traduttore può verosimilmente ricevere dalle case editrici. Non stupisce quindi scoprire che molti traduttori italiani di manga, al contrario dei loro colleghi europei meglio retribuiti e, in generale, tenuti in maggior considerazione - siano costretti a svolgere anche un secondo lavoro.
5) Negoziabilità compensi/tempi
A questo dato va aggiunto quello della flessibilità o negoziabilità del compenso in base all’urgenza con la quale viene richiesta una traduzione.
- Compenso maggiorato per urgenza (0 su 13)
- Possibilità di trattativa (2 su 13)
La produzione di manga, come di qualsiasi altro prodotto editoriale – e, più in generale, qualsiasi attività – può subire l’effetto di improvvise urgenze per le più disparate ragioni, imputabili all’organizzazione della casa editrice o a fattori diversi (distributivi, commerciali, contrattuali…). I traduttori non hanno influenza sui piani di lavoro dei prodotti, ma talvolta sono chiamati a intervenire per affrontare le sfide dettate da queste urgenze.
Nessuna delle tredici case editrici prese in analisi, tuttavia, propone un compenso più alto quando commissiona una traduzione con particolare urgenza (che, in genere, equivale per il traduttore a rinunciare a impegni presi, vacanze o altre commissioni). Solo due case editrici sono disposte a maggiorare il compenso previa contrattazione, possibilità nemmeno contemplata dalle altre undici.
6) Programmazione del lavoro
In questo scenario, la programmazione delle uscite, e quindi la distribuzione del lavoro nel tempo per ogni singolo traduttore, ricopre un ruolo di importanza vitale. Ricordiamo che i manga sono quasi sempre serie continuative che si protraggono per anni con periodicità spesso regolare, ma altrettanto spesso altalenante (il ritmo delle uscite non è ‘prevedibile’ come per le stagioni delle serie tv, insomma). Il traduttore dovrebbe poter contare su un’agenda lavorativa che sia il più completa e dettagliata possibile per almeno un semestre alla volta, in modo da sapere quante commissioni poter accettare o quante tentare di procacciarsene, organizzare le proprie spese e – perché no? – anche la propria vita privata.
- Programmazione ben distribuita (9 su 13)
- Programmazione frettolosa (4 su 13)
I risultati del sondaggio dicono che 9 fra le tredici case editrici considerate provvedono a una programmazione ben distribuita, mentre le restanti 4 programmano in modo frettoloso e superficiale il lavoro dei traduttori (e le uscite, di conseguenza).
7) Organizzazione del lavoro
Il sondaggio ha inoltre toccato due aspetti inerenti il “dietro le quinte” dell’organizzazione del lavoro editoriale, ovvero il rapporto professionale con gli editor, fatto di scambi, confronto e discussione, e l’aspetto operativo della condivisione dei materiali originali da tradurre (se i file o i volumi arrivano a pochi giorni dalla consegna, il lavoro si complica…).
- Rapporto con gli editor efficace (12 su 13)
- Condivisione regolare dei materiali (12 su 13)
Per entrambi questi aspetti il sondaggio ha dato risultati positivi, che sanciscono come collaborativo il rapporto con gli editor (con l'eccezione di una casa editrice, per la quale questo rapporto risulta essere inesistente: l’editor procede all’adattamento del volume senza consultare il traduttore), e come regolare e puntuale l’invio dei materiali o il sistema tramite il quale i traduttori possono procurarselo autonomamente previo rimborso spese (a eccezione di una casa editrice, per la quale il reperimento del materiale originale risulta difficoltoso e non puntuale).
8) Evoluzione delle condizioni lavorative
L’ultimo quesito del sondaggio era destinato a indagare se, nel corso del triennio considerato, i traduttori hanno registrato qualche evoluzione delle condizioni lavorative complessive, nei loro rapporti con gli editori committenti.
- Condizioni lavorative invariate (8 su 13)
- Condizioni lavorative peggiorate (2 su 13)
- Condizioni lavorative migliorate (0 su 13) (*eccezioni individuali)
Il clima generale, secondo le risposte dei 25 traduttori, non ha subito particolari cambiamenti né in positivo né in negativo. Le relazioni con 8 case editrici su 13, infatti, non hanno subito modifiche rilevanti nelle condizioni di lavoro, in due casi sono peggiorate, e in qualche caso individuale sono migliorate (aumento del compenso a tavola, migliore gestione dei termini di pagamento).
Va ribadito che l’orizzonte temporale è di soli tre anni. Alcuni traduttori hanno infatti spiegato che, andando più indietro nel tempo, la percezione dell’evoluzione delle condizioni di lavoro sarebbe stata diversa: si sarebbero evidenziate situazioni sensibilmente peggiorate e altre che, negli anni, hanno apportato qualche significativo miglioramento (non tanto nei compensi, quanto nella puntualità dei pagamenti e nell’organizzazione del lavoro).
In conclusione, un auspicio
Come si è potuto vedere dai risultati di questa indagine, il mestiere di traduttore, nel settore dei manga, è una professione che presenta ancora diversi aspetti problematici, sul piano legale come su quello economico, fino allo stesso riconoscimento generale del lavoro fornito da questo tipo di professionisti specializzati.
Una ulteriore precisazione sulla presentazione dei dati: per evidenti motivi di natura legale e di opportunità professionale, i dati relativi alle case editrici sono stati aggregati e non specificati caso per caso; lo stesso vale per i traduttori, le cui peculiarità individuali in questo contesto non sono state considerate. Il motivo è nello scopo ultimo di questa indagine: non puntare il dito verso episodi o editori specifici, ma dare conto di una situazione più ampia, attraverso l'esperienza di un gruppo di professionisti mossi dall'obiettivo di accendere un riflettore sulla loro condizione lavorativa. Professionisti spesso - letteralmente - invisibili, che permettono a tanti lettori di leggere e gustare i loro manga prediletti. Chissà che questo esperimento non possa fare da apripista ad altre iniziative del genere riguardanti traduttori specializzati in altri settori editoriali.
Sarebbe bello immaginare che in ogni volume apparisse la dicitura “nessun traduttore è stato maltrattato per l’edizione italiana di questo volume”, quasi come un marchio di qualità. Dai dati analizzati e dalle condizioni generali è evidente che poche case editrici avrebbero il permesso dei loro traduttori per imprimere un marchio del genere. In questo, forse, i traduttori sono una cartina al tornasole di una più ampia questione – la maturità professionale nell’editoria di fumetto – che riguarda anche, sebbene in modi del tutto diversi, molti editor, grafici, coloristi ed altri professionisti che lavorano per portare in edicola o in libreria tanti volumi, ogni mese.
Ma cosa succederebbe se, in futuro, fossero i lettori a richiedere più attenzione?
Io ho ottime conoscenze di giapponese e ormai non leggo nulla in italiano. Però ogni tanto dopo aver letto vignette linguisticamente particolarmente interessanti, mi trovo spesso a pensare:" Non vorrei essere il traduttore di questo manga. Come mannaggia renderà questa scena?".
Complimenti a tutti i traduttori.
Condivisione regolare dei materiali (12 su 13) e Pagamento mancato (2 su 13)
Secondo me è la stessa casa editrice che tutti stiamo pensando lol
Non sia mai che magari ha il famoso pezzetto di carta in più tale da assicurargli il pagamento in orario, bha!
Come sempre, articolo molto interessante.
La Games Workshop fece un tempo uscire un articolo interessantissimo sul lavoro di traduzione, molto tecnico ma che era praticamente un vademecum per chiunque volesse intraprendere questa strada.
Quella con più di tre lettere nel nome, ma meno di cinque?
A dire il vero una ha il trattino, quindi sono 5 caratteri, ma solo una copre il 75% dei Missing in Action ogni mese...
È andata on line per la prima volta oggi sul nostro e su altri siti
Lavorando sulla localizzazione (traduzione) dei videogiochi, non potete immaginare quanta attenzione devo fare per evitare di produrre contenuti erotici. ?
Ci sono così tante espressioni che, sia nella lingua originale (nel mio caso, il coreano), che in inglese, se tradotte in italiano, diventano pornografia pura. E allora bisogna arrivare a soluzioni creative e inventare altri nomi ed espressioni. Ovviamente, dopo aver fatto una bella risata coi colleghi. ?
Mah non pensare che i manga siano passati da 3,10€ base a quasi 5€ base perchè ora pagano di più i traduttori, magari fosse così, ma nella maggior parte dei casi è solo voler guadagnare il più possibile (e non solo nell'ambito dei manga tutto il mondo funziona così)
Da persona che si occupa di traduzioni, non posso fare altro che sottolineare questo punto, perché è DAVVERO meno scontato di quello che sembra. E non si tratta solo di tradurre in italiano corretto, ma anche di conoscere il lessico e il linguaggio specifico di cosa si sta traducendo (un testo giuridico/legale - come può essere il dialogo di un avvocato - un testo storico, una fiaba per bambini etc.).
Purtroppo questo aspetto ultimamente tende molto a perdersi, soprattutto per ciò che passa in tv o al cinema e in modo particolare per le traduzioni dall'inglese (ed è il primo problema che balza all'occhio nelle traduzioni amatoriali...)
Stavo pensando la stessa cosa. Compare davvero poche volte in copertina/retro copertina, quasi solo se il traduttore è un personaggio famoso o se vi sono traduzioni diverse dello stesso libro (tipo Il Signore degli Anelli...)
Cmq è un mondo che mi ha sempre affascinato e stimo tantissimo chi lo fa che oltre a essere persone piene di fantasia e curiosità sono anche eccezionalmente ricche dentro.
Io personalmente mi lamento dei prezzi dei manga ma li compro li stesso e sono sempre contenta di dare il mio contributo..perciò forze e coraggio
Ma ovvio che no. Non essendo (spesso) un lavoro con un contratto come spiega l'articolo è ovvio che ogni azienda paga in modo diverso, anche a seconda del rapporto con il traduttore. Uno teme sempre, svelando quando lo paga x azienda, di scoprire che a) lo pagano poco, prendendo in giro la sua professionalità e mettendogli addosso la fama di quello che con poco ti fa il lavoro (e non è colpa sua ma ci sono aziende che lavorano così) oppure b) lo pagano di più, portando altri colleghi a protestare e a "fare casino" facendolo bollare come uno che "porta guai" (e di nuovo non è giusto, ed è il motivo per cui è così importante avere una rappresentazione sindacale e contratti di categoria standardizzati)
E questo non è un problema solo dei traduttori italiani ma di diverse categorie basti vedere come di recente su twitter gli animatori di tutto il mondo si sono messi a dire quanti guadagnavano, una roba senza precedenti...
Inoltre non tutti hanno piacere a svelare quanto guadagnano per vari motivi personali (senza voler andare a pensar male, ci sono decine di ragioni legittime per cui "sono fatti del singolo", che possono a dare da 'non voglio far sapere che sono così disperato da lavorare per due spicci' a 'non voglio far sapere che mi pagano meglio di altri colleghi scatenando invidie e risentimenti' specie in un lavoro dove la collaborazione è fondamentale)
(poi quello che si dicono fra loro è un altro paio di maniche)
(ci tengo a dire che mi fa schifo tutto questo eh ma purtroppo è come gira in molti ambienti specie precari)
Il tempo necessario agli sviluppatori di mettere a punto i traduttori automatici e tutto questo sparirà.
[/SarcasmoMaNonTroppo]
Tra il pubblico, credo che solo i lettori forti percepiscano davvero la presenza di un Traduttore, piuttosto che un altro.
La traduzione è una pratica complessa: per comprenderla è necessario conoscere una seconda lingua e avere una certa dimestichezza con i codici espressivi della letteratura e con i meccanismi che regolano passaggi e possibili equivalenze. Questa operazione non si fa con testi proveniente dall'Inglese, figurarsi dal Giapponese.
Le condizioni di lavoro sono difficili. le royalties sulle vendite non vengono pagate (quindi il discorso di GIGIO oltre che errato è veramente deprimente), nonostante la coscienza di classe stia crescendo.
La condizione che bisogna cambiare è la percezione che hanno gli editori sul pubblico. il lettore è istintivamente più colto e intelligente di quello che ritengono in media le case editrici italiane.
Quindi, se posso dare un mio consiglio è quello di leggere di tutto, in lingua originale, in italiano, e scrivere, tanto. E in particolare premiare chi veramente fa bene il suo lavoro.
Condivido con te, in parte, anche perché la richiesta di videogiochi tradotti (in questo caso in italiano), da quanto ne so, è in diminuzione rispetto agli altri anni, anche se ben posizionata rispetto alle altre lingue.
(@meitei), credo che più che preoccuparsi del pubblico, il lettore comprerà a prescindere dal discorso di traduzione o casa di produzione del manga se interessato ad un'opera, o (@Gigio) l'aumento di prezzo del volume di turno, la cosa preoccupante è che, come dice @Echo, c'è questa voglia del guadagno massimo che porta a non rispettare e avvalorare il lavoro altrui come, alla fine, ci rivela l'articolo.
informazioni molto utili
Eh ma io voglio degli esempi! Non puoi stuzzicare l'immaginazione senza appagarla!
Magari lo scopo degli sviluppatori è proprio quello.
Mi inquieta soprattutto la mancanza dei contratti! ?
Dopo aver letto questo articolo sono andata a vedere come e dove appaiano i nomi dei traduttori negli albi dei vari editori, ed effettivamente, anche nello stesso colophon, ci sono differenze su quanto e come venga evidenziato il loro nome.
Io ormai da qualche anno ho preso l'abitudine di controllare chi siano traduttore ed editor delle serie che leggo e non nascondo che di alcuni sono davvero innamorata, non perché io possa valutare il loro lavoro nel senso stretto della traduzione, ma vuoi perché magari Tizia/o capita spesso su manga che amo, vuoi perché il loro "stile" ti fa filare la storia liscissima, in qualche modo si crea una sorta di "affetto" per quei nomi (meglio ancora se ti capita di conoscere dal vivo la persona dietro quel nome) che fanno quel lavorone "per te". Quindi, sarà inutile e non cambierà la loro situazione, ma i traduttori dei nostri amati manga, sappiano che c'è una parte di lettori che gli è grata per tutto il loro lavoro. ❤
Non è del tutto vero quanto dici però, i traduttori sanno grossomodo quanto pagano le case editrici e quali sono le paghe più basse e più alte che è lecito aspettarsi.
Ad esempio non è vero che nessuno lo dice, faccio giusto un esempio.
E in genere si sanno anche quali sono i traduttori che per svariati motivi accettano lavori a prezzi che uno che vuole fare un lavoro con tutti i crismi e che con le traduzioni ci vuole vivere non può sostenere.
Finché la traduzione di anime e manga rimane relegata a queste relazioni freelance dove vale tutto e il lavoratore ha 0 tutele dubito che le cose si potranno mai evolvere in modo positivo.
Mi pare tuttavia che in tutta questa questione manchi un punto fondamentale. Il ruolo del fisco. Ora, non conosco le case editrici ne' so quali sono quelle "cattive", ne' mi interessa, ma forse, dico forse, ci sarebbe anche da dire che il fisco e' quello che danneggia maggiormente questo genere di lavoro di nicchia. Infatti un contratto vero e' proprio da' si' maggiori diritti (ammesso e non concesso che il datore di lavoro li rispetti... ma e' un'altra questione) ma anche costi doppi o tripli.
Non conosco i contratti applicati nei casi specifici, ma, esclusi i contratti di tipo continuativo (tipo dipendente, che non si applicherebbe in questi casi) dovrebbe trattarsi di contratti di prestazione professionale, che possono comportare costi non indifferenti, anche se minori rispetto a contratti di tipo subordinato. Chiaramente, di fronte a costi maggiori (e spesso privi di senso), ad una azienda che conviene fare? Cerca di pagare a cottimo o al minimo sindacale, altrimenti chiude baracca e burattini (cosa che rischia a prescindere perche' con il fisco che ci ritroviamo...) e questo, ovviamente, aiuta comportamenti scorretti.
Immagino poi che molti traduttori siano partite IVA (liberi professionisti), il che significa che a mio avviso il problema non sta tanto nelle case editrici inadempienti (che hanno comportamenti comunque da denunciare) ma nel fisco italiano che come una sanguisuga succhia via ogni singolo euro a questa categoria professionale.
Comunque pare che chiunque in questi settori lavori in condizioni precarie. Oggi parliamo dei traduttori italiani, abbiano parlato molto spesso degli animatori giapponesi... e anche degli autori di manga stessi, che spesso lavorano senza sosta a ritmi assurdi (ma nel loro caso i compensi immagino siano ben diversi, specie per i nomi di livello).
Ma non è quello il problema, molti potrebbero benissimo aver aperto la P.IVA quando c'erano dei regimi dei minimi molto vantaggiosi (e rientrarvi ancora).
Il grosso problema è la remunerazione completamente sballata, a una casa editrice assumere a contratto indeterminato un traduttore costebbe tranquillamente 2500-3000€ al mese tutto considerato (forse anche di più considerando i costi invisibili) e dando per buoni i tempi di traduzione citati nell'articolo potrebbe sfornare a grandi linee un 4 volumi al mese. Se trovi chi ti traduce un volume da 200 pagine a 500€ è ovvio che il problema non stia tanto nel regime fiscale, ma nel fatto che il lavoro è sottopagato rispetto a un qualsiasi normale contratto di lavoro dipendente.
Ho iniziato a leggere manga solo circa tre anni fa, sono più un lettore di libri e già in generale trovo che sia una professione bistrattata, spesso al Salone del Libro di Torino mi è capitato di andare a sentire questo o quell'incontro con chi aveva tradotto un autore da me amato, ed è sempre bellissimo conoscere chi ha fatto sì che un determinato autore arrivasse a me, chi sostanzialmente mi ha messo in mano quel determinato libro (come Anita Raja che mi reso accessibile l'opera di Christa Wolf - qui un suo pezzo sulla traduzione che ho trovato molto interessante.
Mi ritrovo nel commento di @arashi84, sgatto nei volumi per capire chi si è occupato di quell'opera e mi piacerebbe fosse dato maggior risalto sempre non solo in casi "eclatanti".
Anche se ci sono casi in cui evidentemente è fondamentale: chi comprerebbe mai una traduzione di Exercices de style di Queneau senza curarsi di sapere chi l'abbia tradotto?
a me piacerebbe anche per il manga "nessuna storia è stata maltrattata nell'adattamento italiano" e parlo sempre di Yona....
Minimi o non minimi (che comunque non salvano dal fisco o dall'INPS), il problema e' che chiunque abbia una partita IVA, ancora di piu' se e' in settore di nicchia come questo, e' solo bastonato con tasse e adempimenti.
Infatti e' troppo costoso. Ci sono troppi balzelli e costi nascosti sui contratti subordinati. Se un contratto non costasse cosi' tanto, gli onesti (inutile pensare che lo siano tutti) sarebbero incentivati a fare un rapporto migliore, specie c'e' una certa professionalità. Invece cosi' com'e' si va al minimo comune denominatore. Il problema piu' grosso, dopo le casi editrice stesse, e' il fisco italiano, che e' sia contro le case editrici sia contro i traduttori.
Non mi piace generalizzare, ma non tutte le case editrici sono entità che vogliono massimizzare i profitti e minimizzare i costi (qualsiasi teoria moderna di organizzazione aziendale ha completamente abbandonato questa prospettiva). A volte lo fanno perche' non hanno scelta, o porterebbero i libri in tribunale.
Questo perche' a causa della folle legislazione fiscale in Italia, se non sei un dipendente subordinato, non vali nulla. Se sei una libera impresa, uguale.
Il problema delle retribuzioni dei traduttori non si risolve solo facendo pressioni sulle case editrici ma anche lavorando piu' in alto, magari creando un regime di fiscalità che non pensi che siamo tutti galline da spennare.
Non so quante volte mi è capitato per lavoro di dover "ritradurre" della roba già tradotta male da altri...
Vi ringrazio di cuore per il lavoro di traduzione e soprattutto "interpretazione". Leggo molto i dialoghi, li apprezzo e mi capita spesso dove é presente di soffermarmi a leggere i nomi piccolipiccoli quando presenti.
Mi unisco quindi all'appello: date un nome a questi talenti. Se non altro per le opportunità che dareste nel farli emergere e che potrebbero aprire le porte ad altri incarichi.
Non posso darti esempi precisi per vari motivi, inclusa la probabilità di riconoscere il gioco, cosa che voglio evitare per motivi di privacy. ?
Però posso darti una direzione per aiutarti a capire. Per esempio, quando si parla di "penetrare scudi" e "cavalcare bestie". Cose così.
Poi, questo non è porno ma è cmq divertente: c'era una skill di un personaggio che andava tradotta in "assorbenti sporchi", ovviamente, ho scelto un nome più adeguato. ?
A dire il vero, traduco con in mente le reazioni dei nostri fans. Visto che gestisco i social ufficiali dei giochi che mi vengono assegnati, ormai riesco a prevedere molte cose.
Cmq, sì, ci sono giochi un po' "soft core", ma, credimi, succede anche per lavori dove non c'erano intenzioni di quel genere.
Ma quello vale per tutti, non solo per i traduttori.
Capisco il tuo discorso se stessimo parlando degli stipendi italiani, che sono in media molto bassi (ma è bassa anche la produttività e alta l'inefficienza della pubblica amministrazione, non esiste la bacchetta magica, le tasse si possono abbassare solo lavorando a lungo termine sui problemi dell'economia italiana).
Ma non è in realtà un problema solo italiano, se ne lamentano anche altrove.
Per i videogiochi era uscita l'anno scorso una polemica sulla VN tradotte da mangagamer, dove il massimo che i traduttori venivano pagati è 1,75 centesimi per carattere che, per dare un'idea della follia di queste cifre è circa 1/3 di quella che già sarebbe considerata una paga misera (5 centesimi a carattere).
Ma d'altronde non sarebbe possibile pagare di più la traduzione di giochi che vendono qualche migliaio di copie e hanno una quantità enorme di testo.
E si finisce con la traduzione vista quasi come hobby, in questo caso svolto da fan (probabilmente neolaureati) di quei prodotti, che sono disposti a lavorare quasi gratis (insomma, a metà tra lavoro e fan-translation).
Spesso sì, ma non sempre, capita anche che siano lavori fatti da traduttori competenti che non avendo problemi finanziari (perché sono ricchi, perché il lavoro principale è un altro) si possono permettere di accettare lavori "sottocosto". Che è uno dei problemi che denunciava Susanna Scrivo nel suo pezzo.
E si ritorna al lavoro di traduzione visto come hobby e non come vero e proprio lavoro di cui poter vivere.
Ah beh, sì, il post di Lost in Translating direi che spiega bene quest'ultimo caso. C'è poi anche la questione delle persone assunte in stage/in prova/in stage curriculare (solitamente non retribuito) che si trovano ad accettare di svolgere lavori per un compenso misero o nullo perché altrimenti non hanno la possibilità di essere assunti (che nel nostro paese accade fin troppo spesso, e non solo per i traduttori) :/
Sussistono problemi identici per tutti gli ambiti dove deve operare un traduttore.
Ma la lista dei 25 c'è da qualche parte? l'articolo riprende un comunicato stampa, me ne sono accorto consultando un paio di siti, però nessuno sembra riportare la lista delle persone coinvolte...
E chissà perchè temo non l'abbia neppure AC.
Lo temo anche io.
Sì, io parlavo in termini un po' più ampi prendendo in considerazione il lavoro nel senso più "largo" e ampio del termine, estendendolo proprio a tutti i lavori.
Soluzione? Diventare un influencer stile Merluzzo&co e ottenere dei vantaggi grazie alla popolarità.
Altrimenti tanto vale cambiare lavoro se la paga è inferiore a quella di un precario e ti richiede il triplo dei requisiti.
2) Ho smesso di leggere manga/novel tradotti in italiano da quasi 10 anni, in quanto:
a) i tempi di uscita erano estremamente lunghi (minimo 6 mesi se è una novel)
b) non sarebbero mai stati tradotti in italiano (tante perle nascoste irraggiungibili)
Perché? Problemi di licenze e di qualità rendono il compito di tradurre un inferno burocratico.
Soluzione? O ti compri il volume originario in giapponese (o inglese) oppure totale pirateria (dove ci sono spasimanti traduttori che accettano donazioni e piattaforme basate sul machine translations).
3) E i manhwa e i manhua? Si tratta di un territorio totalmente inesplorato in Italia.
L'unica frase che mi viene in mente per chi ignora questo mondo è che siano: “the frog at the bottom of the well”.
4) Essere pagati con un salario "nella media" per tradurre un manga come Detective Conan sarà sicuramente un lavoro da cani.
Una singola di quelle tavole corrisponde a 5-6 di un qualsiasi altro manga a livello di testo da tradurre.
5) Yep. Google translate fa miracoli con il giapponese. Fa ancora schifo col cinese (troppo complesso), ma le machine translations con quick revision manuale fanno un lavoro apprezzabile.
L'utente medio se ne sbatte se la frase non sia scritta perfettamente, quindi non è un problema. Parlo principalmente delle novel.
Per i manga va bene il peggio-schifo visto che tanto ci sono le figure e quindi facilmente intuibile.
6) Secondo me, in futuro, la distribuzione dei manga si sposterà interamente in digitale su piattaforme come Crunchyroll/comics (a soli €65/y), quindi i traduttori impazziranno (e andranno a finire nel manicomio dei dalek /s).
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