Che cos’è un supereroe? Un paladino della giustizia che sconfigge i criminali? Un protettore della gente che scaccia il terrore dalle città? Oppure un essere dalle capacità sovraumane in grado di piegare la realtà? Sono tutte domande di cui non abbiamo una risposta precisa. L’unica certezza che abbiamo circa la natura dei supereroi è riassunta dall’ormai storico mantra che accomuna la stragrande maggioranza dei protagonisti dei fumetti d’azione: "da grandi poteri derivano grandi responsabilità". Se hai ricevuto un dono che ti rende superiore, lo devi mettere a disposizione degli altri per difendere gli innocenti ed allontanare le paure e le minacce che attanagliano le persone che ti stanno attorno. L’alternativa è una sola, ossia sbarazzarsi di quel fardello e diventare un antieroe, colui che decide di sfruttare il proprio potere per ottenere tornaconti personali, a prescindere dalle buone e dalle cattive intenzioni, e inseguire quell’ideale di felicità che è comune a tutti gli altri esseri umani normali. Di fronte a questo bivio troviamo un ragazzino di sedici anni molto rozzo, maleducato, pieno di libidine, ma con pochi neuroni in testa, che ha inconsapevolmente dato vita ad uno degli eroi più atipici del mondo del fumetto recente, specie quello manga, e che al tempo stesso è diventato anche uno dei più amati: esatto, stiamo parlando del fenomenale Chainsaw Man.
La storia del manga scritto e disegnato dall’istrionico e stravagante Tatsuki Fujimoto (Fire Punch, Look Back) è ormai nota quasi a tutti: da quando è nato sulle pagine di Weekly Shonen Jump (Shueisha) nel 2018 in Giappone, per poi giungere qui da noi nel 2020 tramite la casa editrice Planet Manga; Chainsaw Man si è fatto una nomea in giro per il mondo grazie al suo stile inconfondibile e alla sregolatezza delle sua storia e dei suoi personaggi, portandolo ad essere considerato dai più come un’opera quasi unica nel suo genere e che ha saputo tracciare un percorso alternativo rispetto ai manga battle shonen che conoscevamo. Anche grazie al passaparola dei suoi fedelissimi fan, che tanto hanno contribuito alla sua popolarità, non ci è voluto molto tempo per vedere comparire il suo nome nelle classifiche di vendita (in Giappone così come in Italia), mostre dedicate all’opera e all’autore in giro per il mondo, i meme più variegati spargersi negli angoli più remoti di internet, cosplayer che invadono le fiere, ecc… Il tutto senza una serie anime a dar manforte per il momento, visto che dovremo aspettare ancora un po’ per guardare sui nostri schermi l’adattamento realizzato dallo studio MAPPA.
Come potete ben vedere, sono tante le ragioni esterne (e le conseguenze) del successo globale di Chainsaw Man che è possibile elencare, mentre sarà invece molto più difficile risalire ai motivi impliciti che hanno spinto questo manga, un po’ pure per via del suo fascino peculiare, che a tratti risulta essere anche enigmatico o addirittura criptico sotto determinati punti di vista, ad essere così apprezzato (e anche criticato) da milioni di lettori. D’altronde, stiamo parlando pur sempre di una serie ancora in corso e che da pochissimo è entrata nella sua seconda parte la quale è ancora tutta da raccontare, perciò trarne analisi sommarie non sarebbe solamente futile, ma in più fuorviante. Il Chainsaw Man di cui parleremo oggi è quello racchiuso nei suoi primi undici volumi, il cosiddetto arco narrativo della Pubblica Sicurezza, che sarà oggetto di questa recensione parziale del manga di Fujimoto e dal quale ne estrapoleremo le prime considerazioni e le analisi preliminari su tutto ciò che finora sappiamo.
La storia di Chainsaw Man è ambientata in un mondo non troppo dissimile dal nostro, dove però gli umani sono costretti a lottare contro i diavoli, esseri spaventosi che portano terrore e distruzione. Ma, in realtà, forse non sono tutti così cattivi.
Il nostro protagonista Denji vive assieme ad un diavolo di nome Pochita, una creatura dalle sembianze simili a quelle di un cane e che è in grado di trasformarsi in una motosega ammazza-diavoli. La vita del giovane ragazzo è però tutt’altro che semplice: abbandonato dal padre deceduto, il quale ha lasciato in eredità a lui solamente un mucchio di debiti, Denji vive nella povertà e nel degrado più assoluti, guadagnandosi da vivere come cacciatore di taglie. Almeno fino a quando, ritrovatosi in punto di morte dopo l’assalto di un diavolo, non ha fuso il suo corpo con quello di Pochita ed è diventato Chainsaw Man, il Diavolo Motosega, un uomo con un corpo da cui spuntano seghe affilatissime in grado di tagliuzzare chiunque si trovi davanti.
Il suo potere non passa di certo inosservato davanti agli occhi del governo, che decide subito di prenderlo sotto la sua ala e di sfruttarlo come controffensiva nella lotta contro gli altri diavoli. Ad occuparsi direttamente di Denji sarà Makima, una donna affascinante quanto misteriosa che fa parte dei piani alti della Pubblica Sicurezza: lei darà al ragazzo un posto dove vivere, un piatto dove mangiare e dei compagni con cui lavorare assieme. Tanti saranno i colleghi che faranno squadra con Chainsaw Man, primi fra tutti l’incontenibile e folle majin Power, un diavolo che si è impossessata di un cadavere umano ma che ora è passata dalla parte di questi ultimi, e Aki Hayakawa, un umano che ha ottenuto dei poteri stringendo un contratto con un diavolo. Questa squadra speciale, insieme alle altre divisioni della Pubblica Sicurezza, avranno il compito di proteggere la cittadinanza dagli attacchi dei diavoli e di indagare su alcuni di esse, specie quelli più pericolosi e temuti come il Diavolo Pistola. Denji ha, inoltre, un secondo fine da portare avanti e si tratta della conquista del cuore di Makima, l’unica donna che nella sua vita, almeno fino a quell’istante, aveva mostrato una certa forma di affetto nei suoi confronti, cosa che ha portato il giovane ad infatuarsi completamente di lei.
All’inizio questo manga si presenta come una travolgente e delirante storia d’azione che prende in prestito tanti di quegli elementi hanno reso famosi i B-movie americani: violenza esagerata, super cattivi da film dell’orrore, protagonisti volgari e privi di buon senso, frasi ad effetto di dubbia perspicacia e chi più ne ha più ne metta. Il tratto crudo e dinamico di Fujimoto, che bada poco all’estetica e più alla sostanza, lo si percepisce eccome nelle sue tavole cosparse di sangue e interiora che rendono omaggio a quel tipo di cinema splatter che lo stesso autore non ha mai nascosto di amare. Tutto è così frenetico in Chainsaw Man che a momenti sembra difficile metabolizzare al momento cosa sta accadendo fra le sue pagine, perché ci troviamo davanti sia a delle vicende surreali delle quali a fatica se ne riescono prevedere i loro sviluppi che a dei personaggi, da quelli in apparenza più "lucidi" fino coloro che hanno rinnegato ogni forma di raziocinio, non sempre semplici da decifrare in base alle loro azioni, alla loro condotta o semplicemente in base a quali pensieri esprimono. Leggere questo manga è straniante per essenzialmente due motivi, concatenati fra di loro: è tutto così talmente trash da non sembrare minimamente credibile sotto il profilo della coerenza, ma allo stesso tempo ci viene da chiederci se dietro a così tanta follia gratuita, buttata lì come se fosse fine a se stessa, si nasconda in realtà un filo conduttore.
Riprendendo un po’ il discorso fatto durante la presentazione dell’opera, Chainsaw Man sa distinguersi dalle altre pubblicazioni tipiche di Shonen Jump (in primis), mostrandosi quasi come un’antitesi del battle shonen moderno. Fujimoto ha impostato nel suo manga molti topoi e schemi narrativi tipici di questo filone, come ad esempio i combattimenti frontali fra buoni e cattivi, i colpi di scena che cambiano gli esiti delle battaglie e, anche se non proprio in via del tutto convenzionale, i legami fra i personaggi che donano loro la forza per sconfiggere le avversità. Oltre a ciò, si ha però la sensazione che Chainsaw Man sia in realtà più vicino ad un film di Quentin Tarantino rispetto che ad uno One Piece, un Naruto o un Bleach, poiché i suoi personaggi principali sono mossi da desideri meramente egoistici. L’esempio più lampante è lo stesso protagonista Denji, un ragazzo la cui massima aspirazione nella vita è toccare le tette di una ragazza. I diavoli non vengono combattuti per proteggere gli altri, bensì li si affronta per avere salva la propria pelle (come nel caso di Kobeni), per vendetta (Aki), per senso del dovere (Himeno) oppure per vanagloria (Power).
Altro elemento caratterizzante del manga è il pessimismo di fondo che permea questo mondo lugubre pervaso dal terrore nei confronti dei diavoli. Parafrasando una delle frasi di Himeno: "Per diventare cacciatori di diavoli bisogna avere qualche rotella fuori posto".
Il lavoro nella Pubblica Sicurezza richiede di fare i conti con la morte ogni giorno, portarsi dietro un carico disarmante di dolore per la perdita dei propri colleghi caduti in battaglia e cercare di mantenere salda quel poco di lucidità rimasta. Vedendola in questa prospettiva, la follia di Chainsaw Man già inizia ad apparirci come un qualcosa di più tangibile razionalmente: una follia dettata principalmente dalla paura nei confronti del proprio destino. Una follia che intravediamo nei volti dei personaggi disegnati da Fujimoto, talvolta mascherati da un apparente velo di apatia o da qualche temporaneo attimo di felicità, riuscendo a comunicare anche grazie la loro marcata (o assente) espressività il loro stato d’animo e i loro pensieri tormentati dall’inquietudine. Ed è proprio dall’inquietudine che nascono i diavoli che minacciano la comunità degli umani, sempre più timorosa di se stessa, sempre più alla ricerca di una serenità perduta e alla ricerca di un "eroe" che possa eliminare tutto ciò che di sbagliato c’è nel mondo.
Qui entra in scena Chainsaw Man, l’eroe designato di questo racconto. L’unico che è in grado, per mezzo del suo immenso potere, di cambiare le sorti dell’umanità verso un futuro migliore. Denji è un protagonista ignaro del peso che si porta sulle spalle, poiché è un semplice ragazzo come tanti che non ha ancora la coscienza di una persona matura e quindi si fa facilmente trasportare dalle emozioni. Questa sua vulnerabilità lo rende un bersaglio facile all’interno di un contesto così drammatico, nel quale ogni uomo cerca di divorare l’altro per sopravvivere tramite la forza bruta o l’inganno, perché è questa la realtà tratteggiata dal da Fujimoto nel suo manga: una società assai timorosa dei suoi stessi demoni che affida le sue speranze proprio ad un diavolo spietato come Chainsaw Man, l’arma perfetta per sconfiggere il male e riportare sotto controllo l’ordine.
È questo quello che Denji davvero vuole?
Quello che compirà il giovane cacciatore di diavoli sarà un lungo percorso alla ricerca dell’io, della propria identità personale e del suo posto all’interno del mondo. Il suo desiderio di vivere pienamente una vita normale come le altre, fatta di serate con gli amici, gite al mare e flirt con le belle ragazze, si va a scontrare con la crudele realtà dei fatti che ci viene mostrata, dove la paura non lascia spazio all’amore. Chainsaw Man ha il compito di salvare il mondo, però Denji avrà una missione ben più ardua: imparare ad amare l’altro con sincerità e farsi accettare per quello che è e non per quello che rappresenta il suo alter ego. Nel frattempo, non rimane nient’altro da fare se non tirare dritto verso il futuro, accettando ciò che c’è di buono e di cattivo nella vita di tutti i giorni, sapendo che non esistono soluzioni a tutti i dilemmi che si parano davanti strada facendo.
La storia del manga scritto e disegnato dall’istrionico e stravagante Tatsuki Fujimoto (Fire Punch, Look Back) è ormai nota quasi a tutti: da quando è nato sulle pagine di Weekly Shonen Jump (Shueisha) nel 2018 in Giappone, per poi giungere qui da noi nel 2020 tramite la casa editrice Planet Manga; Chainsaw Man si è fatto una nomea in giro per il mondo grazie al suo stile inconfondibile e alla sregolatezza delle sua storia e dei suoi personaggi, portandolo ad essere considerato dai più come un’opera quasi unica nel suo genere e che ha saputo tracciare un percorso alternativo rispetto ai manga battle shonen che conoscevamo. Anche grazie al passaparola dei suoi fedelissimi fan, che tanto hanno contribuito alla sua popolarità, non ci è voluto molto tempo per vedere comparire il suo nome nelle classifiche di vendita (in Giappone così come in Italia), mostre dedicate all’opera e all’autore in giro per il mondo, i meme più variegati spargersi negli angoli più remoti di internet, cosplayer che invadono le fiere, ecc… Il tutto senza una serie anime a dar manforte per il momento, visto che dovremo aspettare ancora un po’ per guardare sui nostri schermi l’adattamento realizzato dallo studio MAPPA.
Come potete ben vedere, sono tante le ragioni esterne (e le conseguenze) del successo globale di Chainsaw Man che è possibile elencare, mentre sarà invece molto più difficile risalire ai motivi impliciti che hanno spinto questo manga, un po’ pure per via del suo fascino peculiare, che a tratti risulta essere anche enigmatico o addirittura criptico sotto determinati punti di vista, ad essere così apprezzato (e anche criticato) da milioni di lettori. D’altronde, stiamo parlando pur sempre di una serie ancora in corso e che da pochissimo è entrata nella sua seconda parte la quale è ancora tutta da raccontare, perciò trarne analisi sommarie non sarebbe solamente futile, ma in più fuorviante. Il Chainsaw Man di cui parleremo oggi è quello racchiuso nei suoi primi undici volumi, il cosiddetto arco narrativo della Pubblica Sicurezza, che sarà oggetto di questa recensione parziale del manga di Fujimoto e dal quale ne estrapoleremo le prime considerazioni e le analisi preliminari su tutto ciò che finora sappiamo.
La storia di Chainsaw Man è ambientata in un mondo non troppo dissimile dal nostro, dove però gli umani sono costretti a lottare contro i diavoli, esseri spaventosi che portano terrore e distruzione. Ma, in realtà, forse non sono tutti così cattivi.
Il nostro protagonista Denji vive assieme ad un diavolo di nome Pochita, una creatura dalle sembianze simili a quelle di un cane e che è in grado di trasformarsi in una motosega ammazza-diavoli. La vita del giovane ragazzo è però tutt’altro che semplice: abbandonato dal padre deceduto, il quale ha lasciato in eredità a lui solamente un mucchio di debiti, Denji vive nella povertà e nel degrado più assoluti, guadagnandosi da vivere come cacciatore di taglie. Almeno fino a quando, ritrovatosi in punto di morte dopo l’assalto di un diavolo, non ha fuso il suo corpo con quello di Pochita ed è diventato Chainsaw Man, il Diavolo Motosega, un uomo con un corpo da cui spuntano seghe affilatissime in grado di tagliuzzare chiunque si trovi davanti.
Il suo potere non passa di certo inosservato davanti agli occhi del governo, che decide subito di prenderlo sotto la sua ala e di sfruttarlo come controffensiva nella lotta contro gli altri diavoli. Ad occuparsi direttamente di Denji sarà Makima, una donna affascinante quanto misteriosa che fa parte dei piani alti della Pubblica Sicurezza: lei darà al ragazzo un posto dove vivere, un piatto dove mangiare e dei compagni con cui lavorare assieme. Tanti saranno i colleghi che faranno squadra con Chainsaw Man, primi fra tutti l’incontenibile e folle majin Power, un diavolo che si è impossessata di un cadavere umano ma che ora è passata dalla parte di questi ultimi, e Aki Hayakawa, un umano che ha ottenuto dei poteri stringendo un contratto con un diavolo. Questa squadra speciale, insieme alle altre divisioni della Pubblica Sicurezza, avranno il compito di proteggere la cittadinanza dagli attacchi dei diavoli e di indagare su alcuni di esse, specie quelli più pericolosi e temuti come il Diavolo Pistola. Denji ha, inoltre, un secondo fine da portare avanti e si tratta della conquista del cuore di Makima, l’unica donna che nella sua vita, almeno fino a quell’istante, aveva mostrato una certa forma di affetto nei suoi confronti, cosa che ha portato il giovane ad infatuarsi completamente di lei.
All’inizio questo manga si presenta come una travolgente e delirante storia d’azione che prende in prestito tanti di quegli elementi hanno reso famosi i B-movie americani: violenza esagerata, super cattivi da film dell’orrore, protagonisti volgari e privi di buon senso, frasi ad effetto di dubbia perspicacia e chi più ne ha più ne metta. Il tratto crudo e dinamico di Fujimoto, che bada poco all’estetica e più alla sostanza, lo si percepisce eccome nelle sue tavole cosparse di sangue e interiora che rendono omaggio a quel tipo di cinema splatter che lo stesso autore non ha mai nascosto di amare. Tutto è così frenetico in Chainsaw Man che a momenti sembra difficile metabolizzare al momento cosa sta accadendo fra le sue pagine, perché ci troviamo davanti sia a delle vicende surreali delle quali a fatica se ne riescono prevedere i loro sviluppi che a dei personaggi, da quelli in apparenza più "lucidi" fino coloro che hanno rinnegato ogni forma di raziocinio, non sempre semplici da decifrare in base alle loro azioni, alla loro condotta o semplicemente in base a quali pensieri esprimono. Leggere questo manga è straniante per essenzialmente due motivi, concatenati fra di loro: è tutto così talmente trash da non sembrare minimamente credibile sotto il profilo della coerenza, ma allo stesso tempo ci viene da chiederci se dietro a così tanta follia gratuita, buttata lì come se fosse fine a se stessa, si nasconda in realtà un filo conduttore.
Riprendendo un po’ il discorso fatto durante la presentazione dell’opera, Chainsaw Man sa distinguersi dalle altre pubblicazioni tipiche di Shonen Jump (in primis), mostrandosi quasi come un’antitesi del battle shonen moderno. Fujimoto ha impostato nel suo manga molti topoi e schemi narrativi tipici di questo filone, come ad esempio i combattimenti frontali fra buoni e cattivi, i colpi di scena che cambiano gli esiti delle battaglie e, anche se non proprio in via del tutto convenzionale, i legami fra i personaggi che donano loro la forza per sconfiggere le avversità. Oltre a ciò, si ha però la sensazione che Chainsaw Man sia in realtà più vicino ad un film di Quentin Tarantino rispetto che ad uno One Piece, un Naruto o un Bleach, poiché i suoi personaggi principali sono mossi da desideri meramente egoistici. L’esempio più lampante è lo stesso protagonista Denji, un ragazzo la cui massima aspirazione nella vita è toccare le tette di una ragazza. I diavoli non vengono combattuti per proteggere gli altri, bensì li si affronta per avere salva la propria pelle (come nel caso di Kobeni), per vendetta (Aki), per senso del dovere (Himeno) oppure per vanagloria (Power).
Altro elemento caratterizzante del manga è il pessimismo di fondo che permea questo mondo lugubre pervaso dal terrore nei confronti dei diavoli. Parafrasando una delle frasi di Himeno: "Per diventare cacciatori di diavoli bisogna avere qualche rotella fuori posto".
Il lavoro nella Pubblica Sicurezza richiede di fare i conti con la morte ogni giorno, portarsi dietro un carico disarmante di dolore per la perdita dei propri colleghi caduti in battaglia e cercare di mantenere salda quel poco di lucidità rimasta. Vedendola in questa prospettiva, la follia di Chainsaw Man già inizia ad apparirci come un qualcosa di più tangibile razionalmente: una follia dettata principalmente dalla paura nei confronti del proprio destino. Una follia che intravediamo nei volti dei personaggi disegnati da Fujimoto, talvolta mascherati da un apparente velo di apatia o da qualche temporaneo attimo di felicità, riuscendo a comunicare anche grazie la loro marcata (o assente) espressività il loro stato d’animo e i loro pensieri tormentati dall’inquietudine. Ed è proprio dall’inquietudine che nascono i diavoli che minacciano la comunità degli umani, sempre più timorosa di se stessa, sempre più alla ricerca di una serenità perduta e alla ricerca di un "eroe" che possa eliminare tutto ciò che di sbagliato c’è nel mondo.
Qui entra in scena Chainsaw Man, l’eroe designato di questo racconto. L’unico che è in grado, per mezzo del suo immenso potere, di cambiare le sorti dell’umanità verso un futuro migliore. Denji è un protagonista ignaro del peso che si porta sulle spalle, poiché è un semplice ragazzo come tanti che non ha ancora la coscienza di una persona matura e quindi si fa facilmente trasportare dalle emozioni. Questa sua vulnerabilità lo rende un bersaglio facile all’interno di un contesto così drammatico, nel quale ogni uomo cerca di divorare l’altro per sopravvivere tramite la forza bruta o l’inganno, perché è questa la realtà tratteggiata dal da Fujimoto nel suo manga: una società assai timorosa dei suoi stessi demoni che affida le sue speranze proprio ad un diavolo spietato come Chainsaw Man, l’arma perfetta per sconfiggere il male e riportare sotto controllo l’ordine.
È questo quello che Denji davvero vuole?
Quello che compirà il giovane cacciatore di diavoli sarà un lungo percorso alla ricerca dell’io, della propria identità personale e del suo posto all’interno del mondo. Il suo desiderio di vivere pienamente una vita normale come le altre, fatta di serate con gli amici, gite al mare e flirt con le belle ragazze, si va a scontrare con la crudele realtà dei fatti che ci viene mostrata, dove la paura non lascia spazio all’amore. Chainsaw Man ha il compito di salvare il mondo, però Denji avrà una missione ben più ardua: imparare ad amare l’altro con sincerità e farsi accettare per quello che è e non per quello che rappresenta il suo alter ego. Nel frattempo, non rimane nient’altro da fare se non tirare dritto verso il futuro, accettando ciò che c’è di buono e di cattivo nella vita di tutti i giorni, sapendo che non esistono soluzioni a tutti i dilemmi che si parano davanti strada facendo.
La stessa cosa vale per la seconda parte di Chainsaw Man, appena iniziata proprio in questi ultimissimi giorni e che di sicuro ci riserverà tante sorprese inaspettate, le quali potrebbero pure ribaltare tutte le considerazioni fatta finora. Un po’ ce lo auguriamo pure, perché se c’è un qualcosa che amiamo di Fujimoto, quella è la sua capacità a smentirci tutte le volte che ne ha l’occasione, per sorprenderci con qualcosa di nuovo e di inaspettato. Quel che possiamo affermare con una certa convinzione è che Chainsaw Man ha segnato un punto di svolta non solo nella carriera del mangaka, che dopo questo suo successo si è consacrato come uno degli autori più importanti della scena contemporanea, ma anche un nuovo modo di concepire il manga d’azione, che, pur non discostandosi troppo dai canoni classici, è riuscito ad incorporare elementi di worldbuilding e storytelling presenti in altri generi o addirittura in altri media. Il merito del successo di questo manga lo si ritrova nei pochi vincoli che si è posto nella sua sregolatezza, nel suo voler osare a portare in tavola un qualcosa che sapesse sfidare i preconcetti, ma al tempo stesso c’è da prendere atto dell’arguzia con cui le sue tavole sono state in grado di comunicare una storia e dei personaggi dal sapore squisitamente post-moderno.
Io personalmente ho preferito le altre opere di Fujimoto al momento, ma è anche vero che è giusto dare un giudizio conclusivo quando l'opera sarà effettivamente conclusa, magari questa seconda parte l'amerò come nient'altro al mondo.
Da parte mia c'è tutta la volontà di continuarlo e riconoscerò sempre i suoi grandissimi pregi, a partire dalla lucida follia di Fujimoto, impressa sia nel suo stile magnifico (per me uno dei migliori mangaka e non mi faccio problemi a dirlo) che in questa storia che ci vuole dire tanto, tutto ma anche un po' nulla.
Da l'idea di uno di quel film come "Sharknado" (che cita) dove nemmeno ci provi a nascondere l'assurdità e surrealismo delle scene. Ed è bellissimo!
Per una volta è bello avere un manga dove il più eroico e con più morale apparentemente è Pochita, la pseudo-mascotte, e il protagonista vuole quelle piccole gioie quotidiane(che sia un toast o un rapporto sessuale).
Lo stile "sporco" ben si adatta alle scene di combattimento folli e caotiche, tra motoseghe, spade, demoni, ecc. dove i contendenti spesso evitano immense discussioni filosofiche e morali tenendole, quando ci sono, per dopo o prima.
Una menzione d'onore a Makima che, volenti o nolenti, tutti abbiamo apprezzato in un modo o nell'altro.
ps: però le fanart di Makima le apprezzo anch'io.
Prima asserzione: i nomi dei diavoli che sono stati divorati vengono cancellati dal passato, dal presente e dai ricordi degli esseri umani;
Seconda asserzione: Esistono demoni per ogni paura;
Terza asserzione Makima vuole eliminare la morte (e altro);
Questo significherebbe che esistono demoni che potrebbero essere divorati quali aria, tempo che nel momento esatto venissero divorati l’esistenza stessa cesserebbe di esistere;
Al contempo esisterebbero anche demoni come il demone coriandolo, ma nel momento in cui venisse divorato significherebbe che non si potrebbero più creare le condizioni che porterebbero alla creazione di ciò che è stato divorato nonostante non sia vero. Posso prendere un paio di forbici, tagliare un foglio di carta, la carta tagliata si rimpicciolirebbe quello che è stato cancellato è il risultato delle azioni non le azioni.
Questo è un paradosso. Non può essere, non può esistere.
(Non ci focalizziamo sul "coriandoli" è solo l'esempio più banale ed esplicativo del paradosso).
Proprio per le tre affermazioni/regole poste dal manga tutto quello che ne consegue non ha senso in quanto non può esistere. Rinnegandone si.
Questo discorso ha senso nel caso ritenessimo davvero conclusa la "prima parte". Conoscendo l'autore non voglio dare nulla per scontato. PS. Makima è uno dei più grandi personaggi che ricordi. Ma anche altri si lasciano "amare" (tipo Aki) .
Anch'io
C'è molto nella serie oltre budella ovunque e meme, vediamo cosa ci porterà questa seconda parte della storia, carne al fuoco ce n'è ancora molta.
Sono sicuro che il salty degli hater insieme alla tossicità del fandom andrà ad aumentare a livello esponenziale con la serie ormai diventata un gran successo a livello mondiale ancora prima dell'uscita dell'anime, sarà divertente godersi lo spettacolo.
Poi alcuni passaggi li ho trovati un po' deboli
Forse a chi si avvicina oggi senza le "basi" potrà apparire tale, ma non c'ho trovato nulla di entusiasmante.
Una curiosità, tutti i manga della Shonen Jump del periodo che stanno facendo un grandissimo successo sono tutti disegnati malissimo con più tavole confusissime, Demon Slayers, Jujutsu Kaisen, Black Clover e ora Chainsaw Man, hanno intere pagine che paiono bozze.
Un Miura nasce davvero uno ogni 1000.
Devilman invece mi ha sempre nauseato e non per la violenza, ma per l'idea di fondo.
Perchè Chainsaw Man è originale? Per la violenza? Non di certo. Per la presenza di demoni? Non di certo.
Dopo averlo letto, e parlo degli eventi fino al numero 9 diverse cose le trovavo strane... Denji uccide, si massacra, certo ma ho mai pensato a lui come a un essere malvagio o crudele? No, lui non vorrebbe neanche usarle le motoseghe. I Demoni nati dalla paure cavolo, dovrebbero esser malvagi, crudeli.. il demone bomba, per dirne uno, lo era veramente? Persino il demone violenza sembra una brava persona, ma non lo è, nessuno in quel manga lo è.
In pratica la violenza c'è ma non la si avverte come si dovrebbe.
E no. Non ci sono personaggi malvagi, come incredibilmente non ci sono personaggi buoni. In queste poche righe si legge dell'originalità dell'opera.
E l'autore lo sa, ci gioca molto su questo. Poi come detto dal decimo si perde perché esagera non spiegando come dovrebbe e ovviamente noi che non capiamo quasi nulla diamo pareri che non dovremmo dare.
Poi che possa piacere o meno è un altro discorso.
Le tavole di Fujimoto sono perlopiù pazzesche, a livello tecnico e comunicativo, una cosa che chiunque nel settore gli ha riconosciuto, probabilmente anche il vostro mangaka preferito la pensa così.
Chainsaw Man potrà essere rozzo e confusionario ma è estremamente coerente a livello artistico e narrativo con quello che l'autore vuole esprimere e vuole che tu provi. Ed io non sono un fanboy che abbaia per Makima (anche perché, pur riconoscendo il suo estremo valore come personaggio scritto divinamente, la odio e la schifo tantissimo) e ribadisco che Chainsaw Man per me è lontano dall'essere un capolavoro.
Andate a leggere Look Back e se pensate che sia disegnato male allora vuol dire che c'è un problema di fondo molto più grave.
Eppure metà dell'industria manga ha lodato le opere di Fujimoto e il suo disegno, gente come Asano, Urasawa per dirne alcuni ma la lista è lunga, più una serie lunga anche di autori di Novel e animatori di anime (e c'era la fila per proporsi per partecipare all'anime)... Ma immagino sia tutta gente a cui mancano le basi o l'esperienza in questo campo
Sottoscrivo ogni parola. D'accordo su tutto (in particolare su Makima XD).
Grazie, gentilissimo. Non mi definirei però straordinario, sono solo un umile mestierante che cerca di studiare e capire quel che legge e i suoi autori, giuro che non è così difficile
Grazie, davvero, ma basta proprio poco, basterebbe sforzarsi e leggere qualcosina in più e stare attenti a ciò che si ha attorno. Del resto l'autore ha fatto diversi manga, ha rilasciato interviste, è un uomo molto discusso sul web e lo studio registico delle tavole è un qualcosa che si fa da secoli e non ci vuole un PhD, solo tanta passione, voglia di lavorare, e non pensare che il proprio giudizio sia l'unica cosa che conta quando si valuta un'opera, magari comprendere che l'arte è un qualcosa che vada oltre la punta del nostro naso.
Però sì, ammetto, può essere difficile pensarlo, ma vabbè, grazie ancora per i dolcissimi complimenti.
SIA CHIARO: uno può dire "Chainsaw Man non mi piace" / "Chainsaw Man non mi ha preso" / "Chainsaw Man non m'interessa", quello che non si può dire è "Chainsaw Man è disegnato male". Stesso motivo per il quale puoi dire "il blu non mi piace come colore" ma non "il blu fa schifo come colore".
Mi associo però ai complimenti per la recensione è davvero ben fatta, chiara ed esaustiva
Non ho mai letto nulla di questo autore e mi ci volevo approcciare già da un pò.
Sicuramente una lettura ancora più da prender in considerazione.
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