Il 4 settembre 2021 un manga conquistava per la prima volta la classifica settimanale dei libri più venduti in Italia. Il manga del record era l'edizione (a tiratura limitata) “celebration” del numero 98 di One Piece  di Star Comics con 14.800 copie vendute secondo quando riportava l’inserto Tuttolibri de La stampa.

Fenomeno momentaneo? Casualità? Abbiamo visto che invece i fumetti giapponesi hanno ormai messo le proprie tende nelle varie classifiche, conquistando la prima posizione generale per quattro volte, ultima con l'edizione Variant Cover  di Demon Slayer poco tempo fa.

Questo successo, lo sappiamo, non piace a tutti. Nello stesso mondo del fumetto c'è da sempre chi denigra i manga come letture (con poche rare eccezioni) di serie b. Figuriamoci nel mondo della critica letteraria! 
Immaginate gente che non sa neanche di cosa stiamo parlando, magari pensando a cose "porno" o "devianti". Un pericolo culturale per le nuove generazioni!

La dimostrazione di quanto poco preparato al cambiamento sia questo mondo è la "recensione" di Antonio D'Orrico nella sua "casa" del Corriere della Sera. Critico considerato POP, che non nasconde neanche la sua irritazione nel doversi "abbassare" a dover scrivere due righe su un fumetto giapponese perchè i numeri purtroppo non si possono ignorare più.
Badate bene, non stiamo puntando il dito sul giudizio che egli esprime su Demon Slayer, ha tutto il diritto di considerarlo "bruttarello". Stiamo puntando il dito sul costrutto che fa da viatico al giudizio in questione, costruito senza spiegare che stiamo parlando di un prodotto per ragazzi, target ben diverso da quello legato al fumetto di Manara a cui viene pparagonato. Siamo di fronte alla testimonianza diretta come a un giornalista, nonchè critico letterario e saggista, di navigata esperienza, manchino totalmente gli strumenti per ragionare e discutere su un argomento di cui manifesta totale ignoranza (come detto da Filippo Petrucci di Distopia Evangelion in un post su Facebook).
Non sarebbe il caso che giornali, tv e organi vari d'informazione inizino a chiamare anche chi si occupa di fumetto e animazione da anni? Persone che sanno di cosa parlano? 
Non ci si rende conto che denigrando qualcosa che non si capisce, si denigra anche la gente che quel qualcosa la apprezza, senza cercare un confronto o un approfondimento (come dice il giornalista Gianmaria Tammaro)?
Voi cosa ne pensate?