Otaku no Video
Non sono troppo tenero con lo studio Gainax, ma è indubbio che a cavallo tra gli anni '80 e '90 abbia lasciato un segno importante nel mondo dell'animazione. E questo lo reputo uno dei suoi lavori migliori: divertente, ironico e riflessivo, che gioca con luoghi comuni e stereotipi. Anche quasi autobiografico, visto che lo Studio Gainax è stato fondato da otaku di prima generazione.
Nel primo episodio vediamo Ken Kubo, studente universitario, rincontrare un suo compagno di liceo, Tanaka, che gli presenterà dei suoi amici con cui condivide una forte passione per fumetti, cartoni, film... che lo reintrodurranno in un "mondo" che da qualche anno sembrava fosse per lui un ricordo.
Nel secondo invece ci si sposta dal lato passionale a quello imprenditoriale e creativo, con i nostri che passano dall'altra parte della barricata.
Alternata alla vicenda animata vi sono "interviste" dal vivo a vari otaku o ex, come quello nostalgico, il "pentito", il feticista delle armi, l'accumulatore compulsivo, il dissociato... tra l'ironico e il riflessivo, contornate da mini-sondaggi. Questa parte è trattata in maniera più seriosa rispetto all'altra, ma comunque ci si immerge in entrambi i casi nelle passioni più disparate, tra sobrietà, che porta a dedicarcisi nel tempo libero, discutendo a riguardo di cose seriose e altre più frivole, feticismi vari, per finire ai casi in cui si finisce per trascurare tutto il resto. A contornare il tutto, citazioni di fatti di cronaca seria e avvenimenti leggeri.
Se alcune cose possono sembrare esagerate a un occidentale, altre le troveremo famigliari, della serie "tutto il mondo è paese". Infatti, in quanti (probabilmente meno di ieri per fortuna) guardano anche da noi con sospetto un fruitore di fumetti e di cartoni animati dai quindici-sedici anni in su circa, bollandolo come frivolo e pigro, consigliandogli magari anche di leggere qualche libro serio? Oppure, fatte le debite proporzioni, anche da noi è un po' diffuso lo scambio di serie registrate e collezionate nel corso degli anni, grazie al quale tra l'altro si sono potute salvare alcune chicche. A vedere le file con tanto di accampamento per la prima cinematografica e il cosplay, poi non possono non venire in mente i fan e "fanatici" di "Guerre stellari"! E collezionare cellulari non è tanto diverso dal comprare tavole originali di un'opera a fumetti. Come si sa, anche in Italia e nel resto del mondo, per finire, c'erano e ci sono diverse fanzine su vari argomenti.
Quando questa mini-serie uscì, la figura dell' "otaku", anche a causa di avvenimenti tragici, cominciava ad essere vista sempre più con "sospetto" e a generare discussioni a riguardo. All'epoca attuale, oggi è un "reperto" storico, che ci mostra come a livello di "anime" la fantasia di questi appassionati fosse rapita da opere mainstream, mentre oggi la maggior parte di tale frangia ha finito con il distaccarsi dal resto del pubblico e diventare il fruitore principale, a causa del calo generale di ascolti che ha colpito le produzioni animate generaliste in orari mattutini e pomeridiani, con conseguente riduzione di queste. Il tutto infatti ha spostato l'attenzione dei produttori sulle vendite dell'home video, portando a realizzare sempre più opere manieriste e fini a sé stesse senza un briciolo di trama, con personaggi, soprattutto femminili, più carini e 'pucciosi' possibili, e in certi casi disegnati in maniera "infantile", a volte piuttosto sproporzionati a livello di forme, se non addirittura un misto tra le due cose, finendo pure molte volte per essere ridotti a oggetti sessuali. Questo purtroppo ora vuole la nuova generazione. Alla fine non è che un aumento di quello che c'era in alcuni OAV degli anni '80 e '90, primi prodotti destinanti espressamente agli otaku, che ha finito con il degenerare e proliferare.
Il sogno finale di Ken oggi sarebbe realizzato in maniera molto diversa, e peggiore purtroppo.
Nel primo episodio vediamo Ken Kubo, studente universitario, rincontrare un suo compagno di liceo, Tanaka, che gli presenterà dei suoi amici con cui condivide una forte passione per fumetti, cartoni, film... che lo reintrodurranno in un "mondo" che da qualche anno sembrava fosse per lui un ricordo.
Nel secondo invece ci si sposta dal lato passionale a quello imprenditoriale e creativo, con i nostri che passano dall'altra parte della barricata.
Alternata alla vicenda animata vi sono "interviste" dal vivo a vari otaku o ex, come quello nostalgico, il "pentito", il feticista delle armi, l'accumulatore compulsivo, il dissociato... tra l'ironico e il riflessivo, contornate da mini-sondaggi. Questa parte è trattata in maniera più seriosa rispetto all'altra, ma comunque ci si immerge in entrambi i casi nelle passioni più disparate, tra sobrietà, che porta a dedicarcisi nel tempo libero, discutendo a riguardo di cose seriose e altre più frivole, feticismi vari, per finire ai casi in cui si finisce per trascurare tutto il resto. A contornare il tutto, citazioni di fatti di cronaca seria e avvenimenti leggeri.
Se alcune cose possono sembrare esagerate a un occidentale, altre le troveremo famigliari, della serie "tutto il mondo è paese". Infatti, in quanti (probabilmente meno di ieri per fortuna) guardano anche da noi con sospetto un fruitore di fumetti e di cartoni animati dai quindici-sedici anni in su circa, bollandolo come frivolo e pigro, consigliandogli magari anche di leggere qualche libro serio? Oppure, fatte le debite proporzioni, anche da noi è un po' diffuso lo scambio di serie registrate e collezionate nel corso degli anni, grazie al quale tra l'altro si sono potute salvare alcune chicche. A vedere le file con tanto di accampamento per la prima cinematografica e il cosplay, poi non possono non venire in mente i fan e "fanatici" di "Guerre stellari"! E collezionare cellulari non è tanto diverso dal comprare tavole originali di un'opera a fumetti. Come si sa, anche in Italia e nel resto del mondo, per finire, c'erano e ci sono diverse fanzine su vari argomenti.
Quando questa mini-serie uscì, la figura dell' "otaku", anche a causa di avvenimenti tragici, cominciava ad essere vista sempre più con "sospetto" e a generare discussioni a riguardo. All'epoca attuale, oggi è un "reperto" storico, che ci mostra come a livello di "anime" la fantasia di questi appassionati fosse rapita da opere mainstream, mentre oggi la maggior parte di tale frangia ha finito con il distaccarsi dal resto del pubblico e diventare il fruitore principale, a causa del calo generale di ascolti che ha colpito le produzioni animate generaliste in orari mattutini e pomeridiani, con conseguente riduzione di queste. Il tutto infatti ha spostato l'attenzione dei produttori sulle vendite dell'home video, portando a realizzare sempre più opere manieriste e fini a sé stesse senza un briciolo di trama, con personaggi, soprattutto femminili, più carini e 'pucciosi' possibili, e in certi casi disegnati in maniera "infantile", a volte piuttosto sproporzionati a livello di forme, se non addirittura un misto tra le due cose, finendo pure molte volte per essere ridotti a oggetti sessuali. Questo purtroppo ora vuole la nuova generazione. Alla fine non è che un aumento di quello che c'era in alcuni OAV degli anni '80 e '90, primi prodotti destinanti espressamente agli otaku, che ha finito con il degenerare e proliferare.
Il sogno finale di Ken oggi sarebbe realizzato in maniera molto diversa, e peggiore purtroppo.
Spesso, tra gli Occidentali, sopratutto Italiani e Yankees, il termine otaku viene utilizzato positivamente, in modo tale da identificare, scherzosamente, l'appassionato di anime/manga sprovvisto di occhi a mandorla con un'etichetta divertente e foneticamente stramba. Un po' come accade quando una persona che s'interessa di animazione vintage viene bollata alla buona come girellaro, quando in realtà la nomea è negativa e serve ad identificare esclusivamente le persone di quaranta e passa anni le quali conservano morbosamente il ricordo degli anime della loro infanzia; difendono a spada tratta gli adattamenti poco fedeli dell'epoca e i doppiaggi storici; bollano aprioristicamente come scadente tutta l'animazione non compatibile con il loro imprinting a base di televisioni regionali, Rai e Mediaset. Allo stesso modo di girellaro, anche otaku è un termine molto infelice nel suo significato originario. Nel contesto della società giapponese, l'otaku è un individuo asociale, ossessionato in modo negativo da determinati anime, manga, videogiochi ed altre manifestazioni dello sfrenato consumismo nipponico. L'otaku è quello che quando vede un'anime sente l'esigenza di andare a rubare e/o comprare i rodovetri e i numerosi gadget annessi; uno che s'innamora delle idol virtuali in 2D, se ne compra le bamboline in vetroresina e si rivolge ad esse come se fossero ragazze vere; una persona la quale si lava poco, la cui sessualità spesso viene uccisa dall'eccessivo contatto con donnine pucciose e/o perfette le quali non hanno alcuna corrispondenza con le donne in carne e ossa del mondo reale. Ci sono anche quelli ossessionati dalle armi (come ad esempio Kensuke Aida di "Evangelion", messo lì da Anno non a caso) e così via.
"Otaku no Video" è il famoso documentario otaku creato dalla GAINAX, studio nato in seno alla rivoluzione macrossiana del 1982 la quale ha ufficiosamente generato il fenomeno (Haruhiko Mikimoto e Shoji Kawamori durante la lavorazione di "Macross" usavano chiamarsi tra di loro otaku). Tuttavia, la società giapponese del boom economico, con la sua competitività e i suoi ritmi frenetici, presentava già prima del 1982 una piaga composta da individui alienati dal consumismo e ossessionati da determinati suoi prodotti. L'esempio più lampante è il protagonista di "Gundam", Amuro Rei: lui è il tipico figlio unico viziato di genitori divorziati e assenti, i quali pensano unicamente alla carriera trascurandolo; quando Amuro ha un momento libero, si chiude nella sua stanza al buio a riparare Haro o a smanettare con congegni elettronici di vario tipo. Secondo numerose interviste ai giovani dell'epoca, essi s'identificavano parecchio con Amuro, sopratutto gli studenti universitari come Kawamori, Anno, Mikimoto, Hirano e copagnia, i quali diventeranno con "Macross" gli artefici del "sogno otaku" descritto in "Otaku no Video". Infatti, guardando "Macross", si nota subito la grande attenzione maniacale degli autori ai dettagli, alle armi, al design, ai congegni elettronici ecc. Tomino aveva preso un giovane dell'epoca e lo aveva messo sopra un robottone a fare la guerra, né più né meno. Se il monito di "Gundam" era comunque ottimista e legato alla fiducia nelle nuove generazioni, è con "Z Gundam" che il fenomeno otaku viene stroncato in toto dal maestro, attraverso vari moniti e provocazioni più o meno velate. Kamille, il protagonista del'anime, è messo ancora peggio di Amuro: è un asociale completo, in rotta di collisione con tutto e con tutti, il quale odia i genitori e via via con il trascorrere della serie impazzisce completamente, in quanto non riesce ad uscire dal suo tetro guscio fatto di solitudine, ossessione e grigiore.
Non a caso ho tirato fuori Tomino, in quanto vedendo "Otaku no Video" si nota come gli addetti ai lavori della GAINAX, indubbiamente cresciuti a pane e Sunrise, lo omaggino molte volte, anche citando opere quasi sconosciute all'occidente come "Xabungle" e "Ideon". Come dicevo in precedenza, questo documentario è comunque ottimista, in quanto il sogno otaku viene palesemente esaltato e idealizzato. Tuttavia, molto correttamente, la parte di "Otaku no Video" più solare è quella animata, mentre le scene reali, composte da provocatorie interviste più o meno congegnate a veri e propri otaku tout court, a tratti sono molto inquietanti e deprimenti. Siamo infatti ben lontani dal nomignolo simpatico che ci si attribuisce erroneamente tra italiani: l'otaku nel suo significato originario viene presentato in tutte le sue forme, da quello il quale ha abbandonato gli studi per scrivere fanzine e una volta finita la passione ricorda la cosa con piacere, fino ad arrivare a quelli che vanno a rubare i rodovetri, a quegli altri i quali ammettono esplicitamente di aver perso l'interesse sessuale verso ragazze vere, oppure a quegli altri ancora i quali vivono in una stanzetta fetente piena di VHS e registrano dalla mattina alla sera tutti gli anime che vengono trasmessi senza censure sulle TV minori.
L'otaku esiste in virtù del benessere economico. Sono stati proprio gli otaku infatti a distruggere la fascia giornaliera, comprando i numerosi OAV creati apposta per loro, contenenti opere dagli aspetti tecnici mostruosi, dai rifiniti particolari, dalla conturbante sessualità di sottofondo e dai numerosi cliché iterati a oltranza. La maggiorparte dell'animazione attuale da fascia serale segue concettualmente la scia di quel tipo di OAV, tuttavia con canoni diversi, più o meno infelici, indotti dalla moda in voga al momento (per adesso siamo nella viral fase "anime moe tratto da novel"), e ancora più cliché, capziosità consumistiche, personaggi-fanservice, idols virtuali e quant'altro. Non c'è comunque stato un ricambio generazionale di autori validi (dietro ad un "Dangaioh" a caso c'erano nomi del calibro di Toshiko Hirano, Hideaki Anno e Shoji Kawamori, nonostante la banalità narrativa e contenutistica del titolo).
Per noi Occidentali è molto importante vedere "Otaku no Video", a prescindere dalla solita fighetteria autocelebrativa tipica della GAINAX (che personalmente trovo abbastanza irritante), in quanto è utile a capire veramente cosa vuol dire otaku e in che contesto tale nomea nasce. Ciò detto, l'ottimismo di "Otaku no Video" adesso come adesso è molto ingenuo: il sogno otaku ormai è bello che morto e sepolto, come decretato in modo molto intelligente dal seminale "Welcome to the N.H.K." di Takimoto.
Una lettura indispensabile per comprendere appieno il fenomeno otaku, anche dal punto di vista della postmodernità che lo ha generato, è l'ottimo "Generazione Otaku. Uno studio della postmodernità" del filosofo giapponese Hiroki Azuma.
"Otaku no Video" è il famoso documentario otaku creato dalla GAINAX, studio nato in seno alla rivoluzione macrossiana del 1982 la quale ha ufficiosamente generato il fenomeno (Haruhiko Mikimoto e Shoji Kawamori durante la lavorazione di "Macross" usavano chiamarsi tra di loro otaku). Tuttavia, la società giapponese del boom economico, con la sua competitività e i suoi ritmi frenetici, presentava già prima del 1982 una piaga composta da individui alienati dal consumismo e ossessionati da determinati suoi prodotti. L'esempio più lampante è il protagonista di "Gundam", Amuro Rei: lui è il tipico figlio unico viziato di genitori divorziati e assenti, i quali pensano unicamente alla carriera trascurandolo; quando Amuro ha un momento libero, si chiude nella sua stanza al buio a riparare Haro o a smanettare con congegni elettronici di vario tipo. Secondo numerose interviste ai giovani dell'epoca, essi s'identificavano parecchio con Amuro, sopratutto gli studenti universitari come Kawamori, Anno, Mikimoto, Hirano e copagnia, i quali diventeranno con "Macross" gli artefici del "sogno otaku" descritto in "Otaku no Video". Infatti, guardando "Macross", si nota subito la grande attenzione maniacale degli autori ai dettagli, alle armi, al design, ai congegni elettronici ecc. Tomino aveva preso un giovane dell'epoca e lo aveva messo sopra un robottone a fare la guerra, né più né meno. Se il monito di "Gundam" era comunque ottimista e legato alla fiducia nelle nuove generazioni, è con "Z Gundam" che il fenomeno otaku viene stroncato in toto dal maestro, attraverso vari moniti e provocazioni più o meno velate. Kamille, il protagonista del'anime, è messo ancora peggio di Amuro: è un asociale completo, in rotta di collisione con tutto e con tutti, il quale odia i genitori e via via con il trascorrere della serie impazzisce completamente, in quanto non riesce ad uscire dal suo tetro guscio fatto di solitudine, ossessione e grigiore.
Non a caso ho tirato fuori Tomino, in quanto vedendo "Otaku no Video" si nota come gli addetti ai lavori della GAINAX, indubbiamente cresciuti a pane e Sunrise, lo omaggino molte volte, anche citando opere quasi sconosciute all'occidente come "Xabungle" e "Ideon". Come dicevo in precedenza, questo documentario è comunque ottimista, in quanto il sogno otaku viene palesemente esaltato e idealizzato. Tuttavia, molto correttamente, la parte di "Otaku no Video" più solare è quella animata, mentre le scene reali, composte da provocatorie interviste più o meno congegnate a veri e propri otaku tout court, a tratti sono molto inquietanti e deprimenti. Siamo infatti ben lontani dal nomignolo simpatico che ci si attribuisce erroneamente tra italiani: l'otaku nel suo significato originario viene presentato in tutte le sue forme, da quello il quale ha abbandonato gli studi per scrivere fanzine e una volta finita la passione ricorda la cosa con piacere, fino ad arrivare a quelli che vanno a rubare i rodovetri, a quegli altri i quali ammettono esplicitamente di aver perso l'interesse sessuale verso ragazze vere, oppure a quegli altri ancora i quali vivono in una stanzetta fetente piena di VHS e registrano dalla mattina alla sera tutti gli anime che vengono trasmessi senza censure sulle TV minori.
L'otaku esiste in virtù del benessere economico. Sono stati proprio gli otaku infatti a distruggere la fascia giornaliera, comprando i numerosi OAV creati apposta per loro, contenenti opere dagli aspetti tecnici mostruosi, dai rifiniti particolari, dalla conturbante sessualità di sottofondo e dai numerosi cliché iterati a oltranza. La maggiorparte dell'animazione attuale da fascia serale segue concettualmente la scia di quel tipo di OAV, tuttavia con canoni diversi, più o meno infelici, indotti dalla moda in voga al momento (per adesso siamo nella viral fase "anime moe tratto da novel"), e ancora più cliché, capziosità consumistiche, personaggi-fanservice, idols virtuali e quant'altro. Non c'è comunque stato un ricambio generazionale di autori validi (dietro ad un "Dangaioh" a caso c'erano nomi del calibro di Toshiko Hirano, Hideaki Anno e Shoji Kawamori, nonostante la banalità narrativa e contenutistica del titolo).
Per noi Occidentali è molto importante vedere "Otaku no Video", a prescindere dalla solita fighetteria autocelebrativa tipica della GAINAX (che personalmente trovo abbastanza irritante), in quanto è utile a capire veramente cosa vuol dire otaku e in che contesto tale nomea nasce. Ciò detto, l'ottimismo di "Otaku no Video" adesso come adesso è molto ingenuo: il sogno otaku ormai è bello che morto e sepolto, come decretato in modo molto intelligente dal seminale "Welcome to the N.H.K." di Takimoto.
Una lettura indispensabile per comprendere appieno il fenomeno otaku, anche dal punto di vista della postmodernità che lo ha generato, è l'ottimo "Generazione Otaku. Uno studio della postmodernità" del filosofo giapponese Hiroki Azuma.
"Otaku no Video" (film degli otaku) parla di quella che potrebbe benissimo essere la storia di un Bill Gates del mondo degli otaku, animato da una passione fortissima che gli conferisce una determinazione totale e irrefrenabile. Particolarmente significativo è notare la trasformazione iniziale del protagonista, che passa per vari stadi intermedi, prima di raggiungere l'ossessione. Già, perché il termine otaku nasce in Giappone per identificare gente ossessionata, non semplicemente appassionata di anime, manga, "militaria" o modellistica.
La trama, tutto sommato, è semplice, sebbene non manchi qualche colpo di scena. Essa è inframezzata di tanto in tanto da brevi filmati non animati nei quali trovano posto delle interviste (di non certa attendibilità, ma che non credo si discostino poi tanto da quella che potrebbe essere la realtà) a persone che hanno vissuto, o vivono, da otaku. Questa componente è inoltre completata dall'esposizione dei dati raccolti con dei sondaggi. Al di là del fatto che tali interviste e sondaggi siano state effettivamente raccolte tra veri otaku oppure costruite a tavolino, le questioni sollevate sono sicuramente reali, e costituiscono l'altra faccia della medaglia del mondo degli otaku, che può apparire agli occhi degli appassionati come un "paese delle meraviglie" in cui rifugiarsi ed essere felici. Sono dunque allo stesso tempo in contrapposizione con le vicende raccontate nella porzione animata e strettamente connesse con essa. Anche solo per questo motivo qualsiasi appassionato di collezionismo, anime e manga dovrebbe prendere in considerazione la visione di "Otaku no video".
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico, è quello che ci si può aspettare da una produzione del 1991, e tenuto conto di questo non si può che essere soddisfatti. Le canzoni di apertura e chiusura, poi, non sono affatto male.
Nella valutazione pesa poi il non poter fare a meno degli inframmezzi costituiti da interviste e sondaggi, col risultato che il godimento dell'animazione in sé è un po' compromesso a partire dalla seconda visione, quando cioè di tale componente si potrebbe ormai fare a meno. Quest'ultimo fatto incide molto sul godimento complessivo.
Sconsigliato a chi cercasse un filmetto da guardare con gli amici o una storia strappalacrime!
La trama, tutto sommato, è semplice, sebbene non manchi qualche colpo di scena. Essa è inframezzata di tanto in tanto da brevi filmati non animati nei quali trovano posto delle interviste (di non certa attendibilità, ma che non credo si discostino poi tanto da quella che potrebbe essere la realtà) a persone che hanno vissuto, o vivono, da otaku. Questa componente è inoltre completata dall'esposizione dei dati raccolti con dei sondaggi. Al di là del fatto che tali interviste e sondaggi siano state effettivamente raccolte tra veri otaku oppure costruite a tavolino, le questioni sollevate sono sicuramente reali, e costituiscono l'altra faccia della medaglia del mondo degli otaku, che può apparire agli occhi degli appassionati come un "paese delle meraviglie" in cui rifugiarsi ed essere felici. Sono dunque allo stesso tempo in contrapposizione con le vicende raccontate nella porzione animata e strettamente connesse con essa. Anche solo per questo motivo qualsiasi appassionato di collezionismo, anime e manga dovrebbe prendere in considerazione la visione di "Otaku no video".
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico, è quello che ci si può aspettare da una produzione del 1991, e tenuto conto di questo non si può che essere soddisfatti. Le canzoni di apertura e chiusura, poi, non sono affatto male.
Nella valutazione pesa poi il non poter fare a meno degli inframmezzi costituiti da interviste e sondaggi, col risultato che il godimento dell'animazione in sé è un po' compromesso a partire dalla seconda visione, quando cioè di tale componente si potrebbe ormai fare a meno. Quest'ultimo fatto incide molto sul godimento complessivo.
Sconsigliato a chi cercasse un filmetto da guardare con gli amici o una storia strappalacrime!
Welcome to Otakuland
Il 23 giugno del 1989 viene arrestato Tsutomu Miyazaki, serial killer responsabile della mutilazione e uccisione di quattro bambine. Dato che il soggetto è un assiduo frequentatore del Komiket e fervente appassionato di anime e manga, i media ci vanno a nozze e in Giappone nasce la 'questione otaku' che, con grande impatto sull'opinione pubblica, arriva a essere persino dibattuta in parlamento con il varo di provvedimenti di censura e confisca di materiale artistico.
E' in questo clima che "Otaku no video" viene pubblicato nel 1991 dalla Gainax in forma di OAV (Original Anime Video), diviso in due medio-metraggi della durata complessiva di circa 100 minuti a metà strada fra la fiction di animazione e il documentario dal vivo.
"Otaku no video" (traducibile sia con "Il film degli otaku" sia con "Il tuo film") rappresenta un momento alquanto inconsueto nella storia dell'animazione nipponica per una serie di motivi: innanzitutto si tratta del primo titolo a mettere da parte i tipici generi e temi per affrontare il discorso degli 'otaku' in senso stretto, come fenomeno di costume di portata generazionale; in secondo luogo contribuisce decisamente a far emergere lo studio Gainax per la produzione di anime innovativi e per l'intuizione del crescente potenziale del mercato home video destinato a una nicchia ben precisa di pubblico in contrapposizione a quelli tipicamente televisivo e cinematografico; infine può essere letto come una sorta di autobiografia ironica e romanzata dei padri fondatori dell'ormai famoso studio di animazione. Insomma un vero e proprio esperimento in cui si testano soluzioni dai risultati quanto meno imprevedibili.
Il film, realizzato con la tradizionale tecnica di animazione, è diviso in due parti realisticamente ambientate nel 1982 e 1985 con il sottotitolo di 'Graffiti of otaku generation'. Questa è inframmezzata da sequenze girate dal vivo - 'Ritratti di otaku' - in cui si mette in scena un presunto documentario basato su interviste a sedicenti autentici otaku e corroborato da studi sociologici verosimili con tanto di grafici e statistiche.
Lungi dal dipingere gli otaku come feroci assassini, la storia si focalizza sui sogni e le aspirazioni di un gruppetto di studenti universitari che, in una sorta di american dream in salsa wasabi, riescono a realizzare le loro aspettative di fama e di successo commerciale attraverso la loro forza di volontà e la passione per i loro idoli.
Il racconto emula volutamente i meccanismi e gli stilemi classici del genere anime e le sovrabbondanti citazioni fanno man bassa dei personaggi e degli autori più famosi: nell'OAV si parla platealmente di Komiket, fanzines, cosplay, modellismo e collezionismo come mai si era fatto prima, aprendo le porte alla popolarità che il termine 'otaku' avrebbe presto assunto su scala mondiale, arrivando ad assumere il significato, oggi universalmente accettato nell'uso comune, di 'appassionato di manga/anime'.
"Otaku no video" è un anime che si guarda allo specchio, riflette su sé stesso e sul mondo del fandom da un punto di vista del tutto nuovo per l'epoca, con una peculiare cifra ibrida e postmoderna che, nel suo citazionismo estremo e spinto ai limiti autoreferenziali, diventa la sua stessa ragion d'essere.
Il 23 giugno del 1989 viene arrestato Tsutomu Miyazaki, serial killer responsabile della mutilazione e uccisione di quattro bambine. Dato che il soggetto è un assiduo frequentatore del Komiket e fervente appassionato di anime e manga, i media ci vanno a nozze e in Giappone nasce la 'questione otaku' che, con grande impatto sull'opinione pubblica, arriva a essere persino dibattuta in parlamento con il varo di provvedimenti di censura e confisca di materiale artistico.
E' in questo clima che "Otaku no video" viene pubblicato nel 1991 dalla Gainax in forma di OAV (Original Anime Video), diviso in due medio-metraggi della durata complessiva di circa 100 minuti a metà strada fra la fiction di animazione e il documentario dal vivo.
"Otaku no video" (traducibile sia con "Il film degli otaku" sia con "Il tuo film") rappresenta un momento alquanto inconsueto nella storia dell'animazione nipponica per una serie di motivi: innanzitutto si tratta del primo titolo a mettere da parte i tipici generi e temi per affrontare il discorso degli 'otaku' in senso stretto, come fenomeno di costume di portata generazionale; in secondo luogo contribuisce decisamente a far emergere lo studio Gainax per la produzione di anime innovativi e per l'intuizione del crescente potenziale del mercato home video destinato a una nicchia ben precisa di pubblico in contrapposizione a quelli tipicamente televisivo e cinematografico; infine può essere letto come una sorta di autobiografia ironica e romanzata dei padri fondatori dell'ormai famoso studio di animazione. Insomma un vero e proprio esperimento in cui si testano soluzioni dai risultati quanto meno imprevedibili.
Il film, realizzato con la tradizionale tecnica di animazione, è diviso in due parti realisticamente ambientate nel 1982 e 1985 con il sottotitolo di 'Graffiti of otaku generation'. Questa è inframmezzata da sequenze girate dal vivo - 'Ritratti di otaku' - in cui si mette in scena un presunto documentario basato su interviste a sedicenti autentici otaku e corroborato da studi sociologici verosimili con tanto di grafici e statistiche.
Lungi dal dipingere gli otaku come feroci assassini, la storia si focalizza sui sogni e le aspirazioni di un gruppetto di studenti universitari che, in una sorta di american dream in salsa wasabi, riescono a realizzare le loro aspettative di fama e di successo commerciale attraverso la loro forza di volontà e la passione per i loro idoli.
Il racconto emula volutamente i meccanismi e gli stilemi classici del genere anime e le sovrabbondanti citazioni fanno man bassa dei personaggi e degli autori più famosi: nell'OAV si parla platealmente di Komiket, fanzines, cosplay, modellismo e collezionismo come mai si era fatto prima, aprendo le porte alla popolarità che il termine 'otaku' avrebbe presto assunto su scala mondiale, arrivando ad assumere il significato, oggi universalmente accettato nell'uso comune, di 'appassionato di manga/anime'.
"Otaku no video" è un anime che si guarda allo specchio, riflette su sé stesso e sul mondo del fandom da un punto di vista del tutto nuovo per l'epoca, con una peculiare cifra ibrida e postmoderna che, nel suo citazionismo estremo e spinto ai limiti autoreferenziali, diventa la sua stessa ragion d'essere.
Do 10, perché penso che ogni appassionato di anime, manga e, perché no, di cultura giapponese in generale, dovrebbe vedere questi due OAV.
Cos'è un otaku? Quante volte come appassionati di anime e manga vi sareste posti questa domanda? Vi siete stufati delle solite risposte degli utenti di Yahoo Answer e dei forum (che, chissà poi, se hanno ragione o meno)? Stufi di chi crede di sapere tutto? Volete le idee chiare? Allora "Otaku no video" è proprio quello che fa per voi.
Questi due OAV non sono altro che una commedia che, come un documentario, ci mostra cos'è la vera cultura otaku. Scoprirete come una passione possa diventare un'ossessione, come da semplice interessato a un argomento si possa diventare uno che semplicemente non pensa ad altro.
La storia inizia nel 1982, quando un ragazzo incontra alcuni otaku e inizia a interessarsi al loro mondo e finisce con diventare anch'esso un otaku, anzi finisce per diventare il più otaku degli otaku: l'otaking! In questa sua ossessione di volere diventare il più grande fra gli otaku ho trovato qualcosa tipico degli shounen, specie sportivi, dove il protagonista è uno che vuole diventare il migliore in qualcosa.
Onestamente, alcune cose (specie nel 2° episodio) sono abbastanza assurde ma, in fondo si tratta pur sempre di una serie comica - i Simpson sono famosi appunto per essere esagerati.
Al di fuori del Giappone ormai essere otaku ha preso il semplice significato di appassionato di anime e manga. Personalmente non ci trovo nulla di male se si vuole dare un nome alla propria passione, ma è anche interessante vedere qual è il significato originale: un otaku è semplicemente un ossessionato, non necessariamente dai manga o dagli anime, ma da una cosa qualsiasi che diventa per lui un'ossessione. Questo la serie ci mostra nelle false interviste agli otaku.
La serie mi è piaciuta anche perché in qualche modo mi sono sentito un po' come i personaggi: anche io sono fissato, di anime, manga, fumetti e cartoni animati, e spesso dimentico che c'è altro nella vita. Seppur non nel vero senso della parola, credo di essere abbastanza vicino ai veri otaku.
Aggiungo anche la nota per l'ottima grafica e per le bellissime opening ed ending.
Cos'è un otaku? Quante volte come appassionati di anime e manga vi sareste posti questa domanda? Vi siete stufati delle solite risposte degli utenti di Yahoo Answer e dei forum (che, chissà poi, se hanno ragione o meno)? Stufi di chi crede di sapere tutto? Volete le idee chiare? Allora "Otaku no video" è proprio quello che fa per voi.
Questi due OAV non sono altro che una commedia che, come un documentario, ci mostra cos'è la vera cultura otaku. Scoprirete come una passione possa diventare un'ossessione, come da semplice interessato a un argomento si possa diventare uno che semplicemente non pensa ad altro.
La storia inizia nel 1982, quando un ragazzo incontra alcuni otaku e inizia a interessarsi al loro mondo e finisce con diventare anch'esso un otaku, anzi finisce per diventare il più otaku degli otaku: l'otaking! In questa sua ossessione di volere diventare il più grande fra gli otaku ho trovato qualcosa tipico degli shounen, specie sportivi, dove il protagonista è uno che vuole diventare il migliore in qualcosa.
Onestamente, alcune cose (specie nel 2° episodio) sono abbastanza assurde ma, in fondo si tratta pur sempre di una serie comica - i Simpson sono famosi appunto per essere esagerati.
Al di fuori del Giappone ormai essere otaku ha preso il semplice significato di appassionato di anime e manga. Personalmente non ci trovo nulla di male se si vuole dare un nome alla propria passione, ma è anche interessante vedere qual è il significato originale: un otaku è semplicemente un ossessionato, non necessariamente dai manga o dagli anime, ma da una cosa qualsiasi che diventa per lui un'ossessione. Questo la serie ci mostra nelle false interviste agli otaku.
La serie mi è piaciuta anche perché in qualche modo mi sono sentito un po' come i personaggi: anche io sono fissato, di anime, manga, fumetti e cartoni animati, e spesso dimentico che c'è altro nella vita. Seppur non nel vero senso della parola, credo di essere abbastanza vicino ai veri otaku.
Aggiungo anche la nota per l'ottima grafica e per le bellissime opening ed ending.
Dopo aver letto le varie recensioni positive alla fine ho deciso di guardare "Otaku no video" e devo dire che ho fatto bene. Non è di certo la classica opera che magari ti prende, ti appassiona o commuove, va molto oltre: ti parla di un fenomeno che sicuramente qui da noi non ha attecchito (almeno non ancora), con i suoi problemi sociali. Certo il tutto è trattato in modo tale da renderlo gradevole, spezzato da interviste a persone che un tempo erano "otaku", che magari rimpiangono i tempi passati o li rinnegano, con sondaggi dell'epoca che mettono in evidenza il fenomeno e il suo incalzare nella società.
La serie fa pensare o quanto meno mi ha dato da pensare. Lo consiglio a chi veramente vuole documentarsi per entrare un pochino di più in una cultura e in un mondo così lontani e diversi dai nostri.
La serie fa pensare o quanto meno mi ha dato da pensare. Lo consiglio a chi veramente vuole documentarsi per entrare un pochino di più in una cultura e in un mondo così lontani e diversi dai nostri.
In Occidente il termine "otaku" è ancora oggi, sempre più frequentemente, relazionato al mondo di anime, manga e videogiochi, in riferimento ai sempre più numerosi appassionati di quest'universo. Eppure, non molti ancora sanno della "vera" natura di questa denominazione, spesso usata a sproposito dalle nostre parti, che tuttavia in patria, seppur non come in passato, continua a non costituire affatto motivo di vanto.
<i>Otaku no Video</i> e <i>Zoku Otaku no Video</i>, la raccolta dei due OAV in questione, prodotti dalla GAINAX nel 1991, si propone come vero e proprio modello istruttivo, rivolto all’epoca principalmente al pubblico nipponico, ma di questi tempi certamente indirizzabile anche a noi occidentali. Da una parte, siamo di fronte a una commedia a tutti gli effetti, che narra le peripezie di un gruppo di fanatici di manga e anime; dall'altra assistiamo una sorta di "finto documentario". Per metà l'attenzione è rivolta a una storia apparentemente banale, quella di Kubo, un ragazzo che da neofita si trasforma in fan accanito, deciso a divenire il re degli otaku, l'"otaking" - e qui si risale al significato originale del termine, che indica il fan sfegatato. Continue citazioni di manga e anime sono presenti lungo tutto il racconto sotto forma di poster, fumetti, scaffali straripanti di videocassette, riviste, spille, adesivi e oggetti vari disseminati ovunque, che forniscono allo spettatore uno spaccato di vent'anni di animazione nipponica, riproposta attraverso le opere più note e significative (<i>Urusei Yatsura, Lupin III, Gundam, Macross, Minky Momo, Harlock</i> e altre ancora).
Gli sviluppi della trama non sono affatto verosimili, ma non è questo che importa, perché esistono dei chiari messaggi di fondo. Gli autori operano brillantemente due manovre, parallele ed opposte: da un lato, lo spassoso excursus animato tra cartoni e manga sprona le utopie degli otaku, invitandoli a non abbandonare l’interessamento verso tale passione; dall'altro, una serie d'interviste dal vivo ad autentici ex otaku - tutte argutamente fasulle - fungono chiaramente da avvertimento. Da qui dipende ad esempio, secondo me, la scelta di "troncare" il filo narrativo con l'inserimento periodico degli spezzoni reali, quasi a voler dirci: "Ragazzi, sognate, perché è giusto così, ma ogni tanto è necessario risvegliarsi, ristabilire un contatto col mondo!". Ma non solo, si può benissimo notare come l'ordine delle interviste presentate costituisca una sorta di classificazione, dalla condizione "migliore" dei soggetti intervistati (il proprietario di un'azienda che non rinnega una passione adolescenziale ormai fioca, ma carica di bei ricordi), alla peggiore (un disoccupato che, quale ladro di cel di anime, non fatica a ritenersi un criminale), e dalla quale scaturirebbe un’analisi sempre più critica del problema.
<i>Otaku no Video</i> è in definitiva un'opera d'intrattenimento con spunti didattici sorprendentemente attuali e allo stesso tempo un vero e proprio album di ricordi legati alla storia della "cultura otaku", da rivisitare ed esporre alle nuove generazioni di appassionati.
<i>Otaku no Video</i> e <i>Zoku Otaku no Video</i>, la raccolta dei due OAV in questione, prodotti dalla GAINAX nel 1991, si propone come vero e proprio modello istruttivo, rivolto all’epoca principalmente al pubblico nipponico, ma di questi tempi certamente indirizzabile anche a noi occidentali. Da una parte, siamo di fronte a una commedia a tutti gli effetti, che narra le peripezie di un gruppo di fanatici di manga e anime; dall'altra assistiamo una sorta di "finto documentario". Per metà l'attenzione è rivolta a una storia apparentemente banale, quella di Kubo, un ragazzo che da neofita si trasforma in fan accanito, deciso a divenire il re degli otaku, l'"otaking" - e qui si risale al significato originale del termine, che indica il fan sfegatato. Continue citazioni di manga e anime sono presenti lungo tutto il racconto sotto forma di poster, fumetti, scaffali straripanti di videocassette, riviste, spille, adesivi e oggetti vari disseminati ovunque, che forniscono allo spettatore uno spaccato di vent'anni di animazione nipponica, riproposta attraverso le opere più note e significative (<i>Urusei Yatsura, Lupin III, Gundam, Macross, Minky Momo, Harlock</i> e altre ancora).
Gli sviluppi della trama non sono affatto verosimili, ma non è questo che importa, perché esistono dei chiari messaggi di fondo. Gli autori operano brillantemente due manovre, parallele ed opposte: da un lato, lo spassoso excursus animato tra cartoni e manga sprona le utopie degli otaku, invitandoli a non abbandonare l’interessamento verso tale passione; dall'altro, una serie d'interviste dal vivo ad autentici ex otaku - tutte argutamente fasulle - fungono chiaramente da avvertimento. Da qui dipende ad esempio, secondo me, la scelta di "troncare" il filo narrativo con l'inserimento periodico degli spezzoni reali, quasi a voler dirci: "Ragazzi, sognate, perché è giusto così, ma ogni tanto è necessario risvegliarsi, ristabilire un contatto col mondo!". Ma non solo, si può benissimo notare come l'ordine delle interviste presentate costituisca una sorta di classificazione, dalla condizione "migliore" dei soggetti intervistati (il proprietario di un'azienda che non rinnega una passione adolescenziale ormai fioca, ma carica di bei ricordi), alla peggiore (un disoccupato che, quale ladro di cel di anime, non fatica a ritenersi un criminale), e dalla quale scaturirebbe un’analisi sempre più critica del problema.
<i>Otaku no Video</i> è in definitiva un'opera d'intrattenimento con spunti didattici sorprendentemente attuali e allo stesso tempo un vero e proprio album di ricordi legati alla storia della "cultura otaku", da rivisitare ed esporre alle nuove generazioni di appassionati.
Otaku no Video a mio parere può essere considerato fra le migliori serie oav dei primi anni '90.
Ambientato nel Giappone dell'anno di produzione, la storia narra la vita di un ragazzo che compie il fatidico e comune (in Giappone) passo dalla normalità allo status di"otaku". La situazione viene presentata come forse la più realistica che possa capitare a un qualsiasi ragazzo, cioè quella di appassionarsi agli anime per condizionamento (in questo caso più persuasione che condizionamento) attraverso la stessa passione coltivata dagli amici, che a loro volta sono appunto già dei veterani in questo campo.
C'è da dire che è stato pensato come anime/documentario, infatti metà del tempo viene passato a raccontare la semplice storia dei ragazzi protagonisti, mentre nell'altra metà (ad alternanza) prendono posto diverse interviste ad otaku adulti, pentiti e non, oppure "persi" e non.
E' un anime dai mille volti questo. Può essere infatti interpretato in maniera diversa, perché mostra entrambe le facce del mondo otaku, in tutte le sue sfaccettature: è vero che la passione dell'essere otaku è forte e piacevolissima (come viene adulata nell'opening, davvero bellissima, sia per il testo che per la melodia), e a qualcuno da anche un motivo di vita (molti di voi che staranno leggendo questa recensione sapranno come ci si sente); però non bisogna dimenticare qual è la vera realtà, non bisogna cioè isolarsi completamente dal mondo reale, poiché la situazione in questi casi tende a degenerare drasticamente, come viene mostrato nei casi dei "persi".
Comunque gli oav lasciano dei chiari messaggi che perdureranno a lungo nella vostra coscienza e questo è dovuto all'ottimo lavoro svolto dai produttori (Gainax), che ringrazio per avermi fatto vivere un esperienza simile. Nella parte animata, cioè quella in cui vengono mostrati solo gli aspetti positivi di questo modo di vivere, ci sono praticamente tutte le situazioni che un appassionato di anime possa sognare.
Purtroppo alla lunga gli spezzoni dal vivo, ossia le interviste, risultano più che pesanti, rompendo il ritmo narrativo, sebbene almeno la prima volta andrebbero viste.
Lo sviluppo della trama è comunque abbastanza lineare, ma non mancano i colpi di scena.
I disegni e le animazioni li considererei più che discreti, se non fosse per una mancata sincronia fra doppiaggio e i movimenti della bocca.
Le musiche sono d'impatto e caratteristiche. Come detto è ben realizzata l'opening ma lo stesso vale per l'ending in cui vi è presente sempre questo dualismo di interpretazione, un po' ipocrita oserei dire.
Ciò che infine posso dire è che ogni appassionato di anime che si rispetti non può esimersi dal vedere questa bella e simbolica serie oav.
Son davvero contento di aver visto quest'anime, perché in qualche modo ha lasciato un'impronta nella mia vita.
Se mai dovessi essere colto dal dubbio sulla mia pura e sincera passione per questo mondo, o se qualcosa nella mia vita dovesse andare storto a causa di questa, mi basta ripensare un attimo ad una scena di quest'anime per ritrovare tutta la serenità e la gioia di vita di cui un essere umano può godere.
Ambientato nel Giappone dell'anno di produzione, la storia narra la vita di un ragazzo che compie il fatidico e comune (in Giappone) passo dalla normalità allo status di"otaku". La situazione viene presentata come forse la più realistica che possa capitare a un qualsiasi ragazzo, cioè quella di appassionarsi agli anime per condizionamento (in questo caso più persuasione che condizionamento) attraverso la stessa passione coltivata dagli amici, che a loro volta sono appunto già dei veterani in questo campo.
C'è da dire che è stato pensato come anime/documentario, infatti metà del tempo viene passato a raccontare la semplice storia dei ragazzi protagonisti, mentre nell'altra metà (ad alternanza) prendono posto diverse interviste ad otaku adulti, pentiti e non, oppure "persi" e non.
E' un anime dai mille volti questo. Può essere infatti interpretato in maniera diversa, perché mostra entrambe le facce del mondo otaku, in tutte le sue sfaccettature: è vero che la passione dell'essere otaku è forte e piacevolissima (come viene adulata nell'opening, davvero bellissima, sia per il testo che per la melodia), e a qualcuno da anche un motivo di vita (molti di voi che staranno leggendo questa recensione sapranno come ci si sente); però non bisogna dimenticare qual è la vera realtà, non bisogna cioè isolarsi completamente dal mondo reale, poiché la situazione in questi casi tende a degenerare drasticamente, come viene mostrato nei casi dei "persi".
Comunque gli oav lasciano dei chiari messaggi che perdureranno a lungo nella vostra coscienza e questo è dovuto all'ottimo lavoro svolto dai produttori (Gainax), che ringrazio per avermi fatto vivere un esperienza simile. Nella parte animata, cioè quella in cui vengono mostrati solo gli aspetti positivi di questo modo di vivere, ci sono praticamente tutte le situazioni che un appassionato di anime possa sognare.
Purtroppo alla lunga gli spezzoni dal vivo, ossia le interviste, risultano più che pesanti, rompendo il ritmo narrativo, sebbene almeno la prima volta andrebbero viste.
Lo sviluppo della trama è comunque abbastanza lineare, ma non mancano i colpi di scena.
I disegni e le animazioni li considererei più che discreti, se non fosse per una mancata sincronia fra doppiaggio e i movimenti della bocca.
Le musiche sono d'impatto e caratteristiche. Come detto è ben realizzata l'opening ma lo stesso vale per l'ending in cui vi è presente sempre questo dualismo di interpretazione, un po' ipocrita oserei dire.
Ciò che infine posso dire è che ogni appassionato di anime che si rispetti non può esimersi dal vedere questa bella e simbolica serie oav.
Son davvero contento di aver visto quest'anime, perché in qualche modo ha lasciato un'impronta nella mia vita.
Se mai dovessi essere colto dal dubbio sulla mia pura e sincera passione per questo mondo, o se qualcosa nella mia vita dovesse andare storto a causa di questa, mi basta ripensare un attimo ad una scena di quest'anime per ritrovare tutta la serenità e la gioia di vita di cui un essere umano può godere.
Per tutta la durata del film una sensazione bruciante mi frullava in testa: sarò anch'io un otaku?
Otaku no video (che significherebbe "Il tuo video"), ovvero il viaggio nel degenerato mondo dei fissati degli anime, dei manga e del cosplay fino a perdere il contatto con la realtà, ha la sua forza principale nell'essere sia divertente che tremendamente inquietante. D'altronde il tema otaku è uno dei più ricorrenti dello studio Gainax (basti pensare a Evangelion o ad Abenobashi), e ancora una volta il risultato è assai ambiguo: un anime contro gli anime, un prodotto che mostra il fanservice per farlo a pezzi, che incita le persone a spegnere il televisore e vivere la propria vita. La cosa è assai affascinante, magari lascia dei dubbi, ma mi ha preso molto.
Molto interessanti le sequenze live action, contenenti interviste a veri otaku, nelle loro forme più disparate. Ancora una volta lo stile sperimentale Gainax non è smentito. Il risultato non convince da subito ma, una volta presa l'abitudine, dona molto al senso del film. Per le sequenze animate, sempre all'altezza la realizzazione grafica. Stupefacente il finale anacronistico (vedere per capire) e anche la musica è memorabile, in particolare la sigla iniziale.
Un OAV abbastanza atipico, a tratti disorientante, ma che ancora oggi è attualissimo e non ha perso fascino. Un altro lavoro memorabile della Gainax. Ma ci avrà messo le mani Hideaki Anno?
Otaku no video (che significherebbe "Il tuo video"), ovvero il viaggio nel degenerato mondo dei fissati degli anime, dei manga e del cosplay fino a perdere il contatto con la realtà, ha la sua forza principale nell'essere sia divertente che tremendamente inquietante. D'altronde il tema otaku è uno dei più ricorrenti dello studio Gainax (basti pensare a Evangelion o ad Abenobashi), e ancora una volta il risultato è assai ambiguo: un anime contro gli anime, un prodotto che mostra il fanservice per farlo a pezzi, che incita le persone a spegnere il televisore e vivere la propria vita. La cosa è assai affascinante, magari lascia dei dubbi, ma mi ha preso molto.
Molto interessanti le sequenze live action, contenenti interviste a veri otaku, nelle loro forme più disparate. Ancora una volta lo stile sperimentale Gainax non è smentito. Il risultato non convince da subito ma, una volta presa l'abitudine, dona molto al senso del film. Per le sequenze animate, sempre all'altezza la realizzazione grafica. Stupefacente il finale anacronistico (vedere per capire) e anche la musica è memorabile, in particolare la sigla iniziale.
Un OAV abbastanza atipico, a tratti disorientante, ma che ancora oggi è attualissimo e non ha perso fascino. Un altro lavoro memorabile della Gainax. Ma ci avrà messo le mani Hideaki Anno?
Sembrerebbe un ottimo anime per capire meglio come vivono gli otaku, purtroppo noi occidentali non possiamo cogliere tutte le sfumature, a meno che non ci sforziamo parecchio, e non parlo di dettagli come "il marchio di fabbrica dello Studio Fantasia" (il fanservice delle mutandine bianche tanto care a loro), ma proprio di concetti culturali ben diversi da noi, al punto di non poter capire come delle autentiche prese in giro (per un otaku nipponico) diventino per noi dei documenti preziosi, travisandone il significato. Le interviste infatti sono totalmente false, basta vedere come l'intervistato che sembra ricoprire una grossa carica all'interno di un'azienda (e si capisce dal profondo inchino della segretaria) prima rinneghi fino all'ultimo il suo essere un otaku sulla fantascienza (allora perchè ha accettato l'intervista se non voleva parlarne e in più qualcuno poteva sentirli?), per poi avere con se' STRANAMENTE una mascherina di carta simile a quella di Char Aznable... per questo credo che molte sfumature ci possono sfuggire non essendo noi stessi vissuti in quell'ambiente e in quel periodo.
Per il resto è un buon anime, la trama l'avrete già letta nella scheda, di più posso solo dire che ci sono delle buone animazioni e che le musiche sono molto adatte.
Piccolo appunto sugli extra dell'edizione italiana: vorrebbe spiegare tutte le citazioni presenti nell'anime, purtroppo non è un lavoro che secondo me può fare una sola persona per il semplice motivo che è difficile che un italiano possa riconoscerle bene tutte quante, infatti presenta qualche lieve errore, ma nulla di grave, anzi, ringrazio Dynit per aver inserito un documento senza dubbio ben curato.
Per il resto è un buon anime, la trama l'avrete già letta nella scheda, di più posso solo dire che ci sono delle buone animazioni e che le musiche sono molto adatte.
Piccolo appunto sugli extra dell'edizione italiana: vorrebbe spiegare tutte le citazioni presenti nell'anime, purtroppo non è un lavoro che secondo me può fare una sola persona per il semplice motivo che è difficile che un italiano possa riconoscerle bene tutte quante, infatti presenta qualche lieve errore, ma nulla di grave, anzi, ringrazio Dynit per aver inserito un documento senza dubbio ben curato.
Uno sguardo completo e originale sul mondo degli Otaku, interessante sia per l'aspetto documentaristico che per la trama principale, il tutto in pieno "stile Gainax"
Il primo video descrive le avventure di Kubo, un ragazzo che, quasi per caso, entra a contatto con il mondo di anime e manga, appassionandosene e divedendo "un vero otaku" (dopo intensivi corsi di studio)
La trama si mantiene legata ad un estremo realismo, mostrando gli 'aspetti quotidiani della vita da otaku e le difficoltà che possono presentarsi a coloro che condividono questa passione.
Il secondo video, invece, ribalta la prospettiva del primo e trasforma la vicende in "quello che il mondo dovrebbe essere secondo un Otaku", continua la descrizione puntigliosa della vita da otaku, ma ad essa si aggiungono gli elementi del sogno: non è più l'otaku a allontanarsi dalla società, ma la società che si avvicina alla fantasia del protagonista!
Un opera frizzante e capace di sorprendere; una traccia audio italiana sarebbe stata certamente piacevole, ma anche in versione originale risulta estremamente interessante.
^^
Il primo video descrive le avventure di Kubo, un ragazzo che, quasi per caso, entra a contatto con il mondo di anime e manga, appassionandosene e divedendo "un vero otaku" (dopo intensivi corsi di studio)
La trama si mantiene legata ad un estremo realismo, mostrando gli 'aspetti quotidiani della vita da otaku e le difficoltà che possono presentarsi a coloro che condividono questa passione.
Il secondo video, invece, ribalta la prospettiva del primo e trasforma la vicende in "quello che il mondo dovrebbe essere secondo un Otaku", continua la descrizione puntigliosa della vita da otaku, ma ad essa si aggiungono gli elementi del sogno: non è più l'otaku a allontanarsi dalla società, ma la società che si avvicina alla fantasia del protagonista!
Un opera frizzante e capace di sorprendere; una traccia audio italiana sarebbe stata certamente piacevole, ma anche in versione originale risulta estremamente interessante.
^^
Alla fine avverto soprattutto una sensazione di amarezza: l'ottimo chara, il gioco delle citazioni, l'idea delle interviste, l'ironia surreale, ecc. non riescono a disperderla. "Otaku no video" è un documentario o un filmato educativo? Temo la seconda. Il tono sermoneggiante toglie credibilità ai dati forniti, e ho pure qualche dubbio sull'autenticità delle interviste: possibile che tutti si facciano censurare volto e voce mentre poi, quando viene sorpreso durante la notte un otaku in flagrante reato, se ne mostra apertamente volto e voce? Forse anche le interviste sono volutamente surreali e vanno interpretate in questa chiave? D'altra parte è pur vero che noi gaijin non conosciamo - per ora - il livello di ossessione degli otaku. Ma forse, con l'avvento delle fansub...
Ok è solo sottotitolato, ma questo non ècostituisce necessariamente un problema, visto che in lingua originale gli anime sono decisamente meglio.
Questo nostro in particolare affronta con dovizia un problema sociale molto diffuso nell'odierno mondo informatizzato, dove il rischio di estraniazione è molto molto alto (ma anche questo non è necessariamente un male visto lo schifo che ci sta attorno...).
consigliato.
Questo nostro in particolare affronta con dovizia un problema sociale molto diffuso nell'odierno mondo informatizzato, dove il rischio di estraniazione è molto molto alto (ma anche questo non è necessariamente un male visto lo schifo che ci sta attorno...).
consigliato.
Quanto lo ho atteso!!
Sin dal momento in cui vidi in una fanzine la notizia che dynamic aveva acquisito i diritti per il primo lavoro della gainax; finalmente a novembre una copia fiammante di questo dvd arrivava nelle mani del sottoscritto e... Gli improperi si sprecavano!!
L'ANIME SOTTOTITOLATO!!
Sul perchè non mi voglio manco pronunciare-ma è chiaro che non condivido presunte scuse, come la perdita dei master o dei dialoghi originali-.
E' stata una cosa che mi ha fatto vedere l'anime sotto una luce leggermente diversa, senza tutta l'attenzione che segue al desiderio di potersi gustare qualcosa di atteso cosi' a lungo, diciamo che si', sono rimasto un po' deluso.
Tecnicamente l'anime è abbastanza ben fatto, d'altronde ha tre lustri sulle spalle, ma non li dimostra eccessivamente. Interessantissimi sono invece gli intermezzi, in cui vengono proposte interviste ad otaku-ex e non-che ci danno un quadro della figura del fan giapponese di quegli anni (sull'autenticità delle interviste pero' ho alcuni dubbi...) .
Un buon dvd, nonostante lo scempio dei sottotitoli, ma che probabilmente non piacera' a tutti, lo consiglio ai fan della gainax, a chi vuole anche riflettere un po' sulla propria identita' di appassionato, e a chi cerca un prodotto leggermente diverso dal solito.
Se invece non vi sentite ispirati alla visione dopo aver letto le rece qui proposte, considerate un voto e mezzo in meno a quello che ho dato io, e proseguite oltre: non vi biasimero' piu' di tanto, data la particolarita' del prodotto
Sin dal momento in cui vidi in una fanzine la notizia che dynamic aveva acquisito i diritti per il primo lavoro della gainax; finalmente a novembre una copia fiammante di questo dvd arrivava nelle mani del sottoscritto e... Gli improperi si sprecavano!!
L'ANIME SOTTOTITOLATO!!
Sul perchè non mi voglio manco pronunciare-ma è chiaro che non condivido presunte scuse, come la perdita dei master o dei dialoghi originali-.
E' stata una cosa che mi ha fatto vedere l'anime sotto una luce leggermente diversa, senza tutta l'attenzione che segue al desiderio di potersi gustare qualcosa di atteso cosi' a lungo, diciamo che si', sono rimasto un po' deluso.
Tecnicamente l'anime è abbastanza ben fatto, d'altronde ha tre lustri sulle spalle, ma non li dimostra eccessivamente. Interessantissimi sono invece gli intermezzi, in cui vengono proposte interviste ad otaku-ex e non-che ci danno un quadro della figura del fan giapponese di quegli anni (sull'autenticità delle interviste pero' ho alcuni dubbi...) .
Un buon dvd, nonostante lo scempio dei sottotitoli, ma che probabilmente non piacera' a tutti, lo consiglio ai fan della gainax, a chi vuole anche riflettere un po' sulla propria identita' di appassionato, e a chi cerca un prodotto leggermente diverso dal solito.
Se invece non vi sentite ispirati alla visione dopo aver letto le rece qui proposte, considerate un voto e mezzo in meno a quello che ho dato io, e proseguite oltre: non vi biasimero' piu' di tanto, data la particolarita' del prodotto