Konohana Kitan
"Konohana Kitan" è una serie animata di dodici episodi prodotta da studio Lerche e basata sull'omonimo manga.
Ambientazione principale è il Konohanatei, una locanda termale situata in un paese pieno zeppo di folklore nipponico, dove esseri umani, spiriti e, qualche volta, divinità, soggiornano, ed è famosa per il suo staff, interamente composto da kitsune, ovvero delle affascinanti mezze-volpi: Satsuki, Ren, Sakura, Kiri, Natsuki, il loro boss Okami e la nuova arrivata Yuzu. L'anime segue la vita quotidiana di queste ragazze impegnate nel loro lavoro, spesso movimentato da situazioni leggermente soprannaturali o personali basate sui loro problemi o quelli dei loro clienti.
Le protagoniste dimostrano, come in molti anime di questo tipo, un ventaglio di personalità molto variegato e le cui interazioni danno dei risultati che passano dalla dolcezza al comico e, addirittura, al romantico: dalla dolcissima Yuzu alla particolare Sakura, alla furba Kiri, al maschiaccio Natsume, alla leggermente tsundere Satsuki e alla forte tsundere Ren, le situazioni presentate fanno variare le atmosfere all'interno della locanda, da situazioni comiche come fraintendimenti o equivoci a situazioni più dolci e romantiche (sì, perché l'anime è uno shoujo-ai/yuri). Essendo inoltre la serie ambientata in un mondo mistico, vengono fatti tantissimi riferimenti a leggende, personaggi o fenomeni tipici del folklore del Sol Levante.
Graficamente, lo studio Lerche crea il suo titolo graficamente più riuscito, dai personaggi alle ambientazioni, perfino ai momenti più mistici, mentre nel lato sonoro vi è una forte varietà di sonorità, da musiche tipiche delle leggende nipponiche ad altre più standard. Menzione particolare alla opening eseguita dal gruppo Eufonius e alle sue ben quattro ending, ognuna dedicata a una stagione.
Volete visitare una località termale molto speciale? Allora andate al Konohanatei e lasciatevi accogliere dalle sue affascinanti e dolci kitsune. Non spaventatevi dalle prime puntate, perché poi "Konohana Kitan" mostrerà le sue carte e migliorerà con le sue storie inaspettatamente incredibili e con i suoi personaggi.
Ambientazione principale è il Konohanatei, una locanda termale situata in un paese pieno zeppo di folklore nipponico, dove esseri umani, spiriti e, qualche volta, divinità, soggiornano, ed è famosa per il suo staff, interamente composto da kitsune, ovvero delle affascinanti mezze-volpi: Satsuki, Ren, Sakura, Kiri, Natsuki, il loro boss Okami e la nuova arrivata Yuzu. L'anime segue la vita quotidiana di queste ragazze impegnate nel loro lavoro, spesso movimentato da situazioni leggermente soprannaturali o personali basate sui loro problemi o quelli dei loro clienti.
Le protagoniste dimostrano, come in molti anime di questo tipo, un ventaglio di personalità molto variegato e le cui interazioni danno dei risultati che passano dalla dolcezza al comico e, addirittura, al romantico: dalla dolcissima Yuzu alla particolare Sakura, alla furba Kiri, al maschiaccio Natsume, alla leggermente tsundere Satsuki e alla forte tsundere Ren, le situazioni presentate fanno variare le atmosfere all'interno della locanda, da situazioni comiche come fraintendimenti o equivoci a situazioni più dolci e romantiche (sì, perché l'anime è uno shoujo-ai/yuri). Essendo inoltre la serie ambientata in un mondo mistico, vengono fatti tantissimi riferimenti a leggende, personaggi o fenomeni tipici del folklore del Sol Levante.
Graficamente, lo studio Lerche crea il suo titolo graficamente più riuscito, dai personaggi alle ambientazioni, perfino ai momenti più mistici, mentre nel lato sonoro vi è una forte varietà di sonorità, da musiche tipiche delle leggende nipponiche ad altre più standard. Menzione particolare alla opening eseguita dal gruppo Eufonius e alle sue ben quattro ending, ognuna dedicata a una stagione.
Volete visitare una località termale molto speciale? Allora andate al Konohanatei e lasciatevi accogliere dalle sue affascinanti e dolci kitsune. Non spaventatevi dalle prime puntate, perché poi "Konohana Kitan" mostrerà le sue carte e migliorerà con le sue storie inaspettatamente incredibili e con i suoi personaggi.
Nella nostra vita il senso di “déjà vu”, di già visto, è sempre dietro l’angolo: possiamo guardare un film e pensare che sia uguale a un altro, possiamo ascoltare una canzone e pensare sia simile a un’altra e possiamo guardare un anime e pensare che, in fondo, come quello ce ne siano tanti. “Konohana Kitan” può far tranquillamente questa impressione; a un primo sguardo infatti sembra il classico anime con protagoniste ragazze molto carine e con un design moe accattivante per attirare il pubblico ‘otaku-oriented’, uno slice of life con ambientazione lavorativa (una locanda tradizionale giapponese, o ryokan propriamente detta, in questo caso) da inserire nel filone delle ‘cute girls doing cute things’ (ragazze carine che fanno cose carine, per chi non mastica l’idioma di Albione). Tutto verissimo. “Konohana Kitan” non disattende nessuna di queste caratteristiche, se vogliamo, eppure, quando e se si riesce ad andare oltre queste impressioni iniziali, potremo vedere che quest’anime è in grado di offrire anche altro, perché accanto a questi elementi unisce una caratterizzazione dei personaggi variegata e meno standard di quanto si potesse pensare, temi affrontati tra i più diversi, a volte leggeri ma spesso anche molto profondi, e una realizzazione tecnica sopraffina, soprattutto nella scelta e nella gestione dei colori da utilizzare, che lo rendono una piccola perla non solo luccicante all’esterno ma brillante nella sua interezza come raramente capita di incontrarne.
“Konohana Kitan”, che è un adattamento dell’omonimo manga di Sakuya Amano in corso di pubblicazione dal 2014, è un anime ambientato principalmente nella locanda da cui prende il nome, il Konohana, un albergo tradizionale giapponese situato in una terra di confine tra il mondo in cui viviamo e il mondo ultraterreno, meta ambita dei viaggiatori più vari tra i quali rientrano yokai (creature soprannaturali della mitologia giapponese) di ogni specie, divinità dalle sembianze umane ma anche spiriti dei defunti incapaci ancora di trapassare perché legati a un qualche cruccio irrisolto della loro vita terrena. Questa locanda è gestita dalle protagoniste della serie, sei ragazze kitsunemimi (da kitsune/volpe, cioè donne dall’aspetto umano con elementi tipici delle volpi a caratterizzarlo quali orecchie o code) impegnate sia a fare il loro lavoro sia a confrontarsi con i clienti e con sé stesse nelle vicende più disparate che le aiutano a chiarire i loro sentimenti, crescere e maturare. Discorso applicabile questo soprattutto a Yuzu, adorabile ragazza volpacchiotta che è la protagonista principale della serie, che comincia praticamente col suo arrivo al Konohana, dove farà la conoscenza delle altre ragazze che la affiancheranno nel suo lavoro: Kiri, la dipendente più ‘adulta’ che gestisce il resto del personale; Satsuki, una bella ragazza dal carattere inizialmente spigoloso che dividerà la stanza con Yuzu, diventando sua mentore; Ren, ragazza bellissima un po’ fredda e distaccata; Natsume, ragazza dal fascino androgino simpatica e sempre piena di iniziativa; e infine Sakura, la piccola del gruppo, timida e taciturna ma pure inarrestabile quando si mette in testa qualcosa e fa di tutto per ottenerla.
Questo cast ben assortito è, nell’aspetto e nel loro carattere, l’elemento di “Konohana Kitan” più riconducibile agli stereotipi di anime del genere, eppure è anche un punto di forza della serie, perché ogni personaggio ha una sua importanza e una sua storia passata che arricchisce un quadro dozzinale solo all’apparenza. Il passato non sempre felice delle protagoniste è un elemento che ricorre spesso nelle storie che racconta la serie e forma, insieme ai rapporti sentimentali più o meno velati che intercorrono tra loro e agli avvenimenti che interessano l’ospite del momento, un mix riuscitissimo che rende “Konohana Kitan” una serie dai contenuti molto più profondi di quanto il suo aspetto lasci trasparire: attraverso queste componenti infatti vengono affrontati temi delicati come i rapporti familiari duri o infelici, sia tra genitori e figli che tra fratelli e sorelle, tendenze autodistruttive come depressione e suicidio, storie di crescita e miglioramento spesso lunghe, complicate ma capaci anche di raggiungere un lieto fine, e discorsi mistici, spirituali, che si concentrano sul folklore giapponese e lo shintoismo del quale vengono mostrati i tratti caratteristici della sua tradizione secolare ma anche le difficoltà che affronta una religione così intimista ed eterea a resistere all’avanzare dei tempi moderni con le persone che raramente si rivolgono alle divinità se non nelle feste programmate o in occasioni particolari. A tutto questo si aggiunge anche l’ “amore” che si instaura tra le ragazze protagoniste della serie, amore in senso lato in quanto viene trattato in tante sfumature diverse a seconda della coppia presa in considerazione: laddove tra Ren e Natsume per esempio nasce e vive un sentimento d’amore vero, reciproco, passionale, tra Yuzu e Satsuki c’è un’ammirazione velata da parte della protagonista verso la sua senpai più esperta, ma anche da parte di Satsuki verso la nuova arrivata timida e inesperta, così come tra Kiri e Sakura c’è un amore che ricorda quello di una madre verso la figlia e viceversa. Non esiste un unico modo d’amare quindi, e “Konohana Kitan” prova a rappresentare con i suoi personaggi tutte queste diversità, raggiungendo un risultato mirabile che conferisce all’opera tutta un’atmosfera dolce, tranquilla e rilassante che si respira sin dal primo minuto; guardare “Konohana Kitan” è un esercizio piacevolissimo che calma l’animo e ristora lo spirito, è una serie che diverte, commuove, fa riflettere e, ancora più semplicemente, fa emozionare in maniera autentica e genuina.
E a contribuire ad ottenere tutto questo c’è un comparto tecnico che, ancora più dei personaggi, dei temi e della storia in sé, rappresenta per me il vero punto di forza di questa serie. Realizzato dallo studio Lerche, diretto da Hideki Okamoto, “Konohana Kitan” è un quadro in movimento in cui personaggi e ambientazione si fondono per ottenere un risultato meraviglioso da guardare, non tanto per il character design dei personaggi che è bello ma in fondo non originalissimo, ma per la cura maniacale imposta nella realizzazione dei dettagli più disparati, dagli sfondi di tutti gli ambienti, quello classico della locanda, i tanti scorci naturali e paesaggistici e i profili urbani dai più moderni ai più antichi, ai dettagli dei vestiti tradizionali (kimono, yukata, divise da lavoro) delle protagoniste. Nulla viene lasciato al caso e nulla viene improvvisato in “Konohana Kitan”, che esalta i tanti elementi classici che propone con un utilizzo dei colori che, secondo me, è tra quanto di meglio si sia visto in questo anno di produzione animata. E’ difficile infatti rendere a parole lo stupore che regala quest’anime coi suoi giochi di colori: fin dai titoli dei singoli episodi, presentati con lo sfondo dei magnifici disegni di tessuti per kimono, “Konohana Kitan” rapisce l’occhio dello spettatore in tutti modi possibili, i locali, i vestiti, i paesaggi, i fiori, ogni cosa di questa serie è colorata ad hoc e serve a valorizzare la scena rappresentata in quel momento; l’uso di colori dai toni più forti o più tenui, monocromatici o variegati cambia continuamente ed è funzionale all’andamento della storia né più né meno di quanto non possano esserlo i dialoghi o le azioni dei protagonisti: ogni episodio, che è anche animato con dovizia e precisione oltre che particolarmente disegnato, è una tavolozza di colori in piena evoluzione, un dipinto che muta senza arrestarsi mai e che non mancherà di sorprendere e meravigliare chi guarda dall’inizio alla fine.
Ottime sono anche le musiche della colonna sonora di Hajime Kikuchi, melodie distensive adattissime al contesto che aiutano ulteriormente chi guarda la serie a immergersi nelle sue atmosfere fiabesche, come ottimo è il doppiaggio giapponese della serie, unico elemento forse, insieme al character design, a poter risultare banale in quanto abbastanza conforme alle serie che nell’aspetto (ma non nei contenuti) ricordano “Konohana Kitan”, ma non per questo meritevole di biasimo: tutte le doppiatrici delle protagoniste principali infatti danno vita a questi personaggi in maniera più che credibile, nonostante i cliché del genere richiedano voci molto basse e dolci all’estremo da rischiare di risultare a volte finanche fastidiose, cosa che personalmente non ho riscontrato ma che non posso nascondere all’orecchio dell’ascoltatore più o meno esperto. Praticamente perfette anche le sigle della serie, una opening e ben quattro ending; l’opening si intitola "Kokoro ni Tsubomi" ed è opera del gruppo progressive rock degli Eufonius, un pezzo musicale che ha un inizio molto lento seguito da un crescendo notevole accompagnato da un video che adatta benissimo le immagini alla musica: l’inizio infatti è tranquillo e soffuso, mentre mostra le ragazze inservienti del Konohana che preparano la struttura al risveglio degli ospiti, mentre la seconda parte velocizza il tutto con una carrellata dei vari personaggi che si incontreranno col passare del tempo, per chiudere con un primo piano dei protagonisti e di una sorridente Yuzu, mentre il Konohana li sovrasta quasi maestosamente. Le quattro ending invece sono cantate dalle sei doppiatrici dei personaggi principali della serie, musicalmente sono molto simili con brani lenti e contemplativi, ma è una scelta voluta, proprio perché la musica deve accompagnare la visione dei quattro splendidi video, dedicati ognuno a una delle quattro stagioni, dove, tra disegni ispirati e colori magnifici, ancora una volta la serie ribadisce la sua componente artistica elevatissima.
E proprio questa componente estetica splendida che ho più volte esaltato, unita ai contenuti, ai temi, ai personaggi e alle storie che la serie racconta, che rappresenta il motivo per cui ritengo di consigliare caldamente la visione di “Konohana Kitan”; chiunque abbia voglia di farsi trascinare in un universo incantato, di guardare una serie dolce, romantica, rilassante e divertente allo stesso tempo o anche semplicemente di esplorare nuovi orizzonti e non si fa abbagliare dall’apparentemente banale copertina può trovare in questa serie quello che cerca, un piccolo tesoro nascosto e purtroppo molto, molto sottovalutato.
“Konohana Kitan”, che è un adattamento dell’omonimo manga di Sakuya Amano in corso di pubblicazione dal 2014, è un anime ambientato principalmente nella locanda da cui prende il nome, il Konohana, un albergo tradizionale giapponese situato in una terra di confine tra il mondo in cui viviamo e il mondo ultraterreno, meta ambita dei viaggiatori più vari tra i quali rientrano yokai (creature soprannaturali della mitologia giapponese) di ogni specie, divinità dalle sembianze umane ma anche spiriti dei defunti incapaci ancora di trapassare perché legati a un qualche cruccio irrisolto della loro vita terrena. Questa locanda è gestita dalle protagoniste della serie, sei ragazze kitsunemimi (da kitsune/volpe, cioè donne dall’aspetto umano con elementi tipici delle volpi a caratterizzarlo quali orecchie o code) impegnate sia a fare il loro lavoro sia a confrontarsi con i clienti e con sé stesse nelle vicende più disparate che le aiutano a chiarire i loro sentimenti, crescere e maturare. Discorso applicabile questo soprattutto a Yuzu, adorabile ragazza volpacchiotta che è la protagonista principale della serie, che comincia praticamente col suo arrivo al Konohana, dove farà la conoscenza delle altre ragazze che la affiancheranno nel suo lavoro: Kiri, la dipendente più ‘adulta’ che gestisce il resto del personale; Satsuki, una bella ragazza dal carattere inizialmente spigoloso che dividerà la stanza con Yuzu, diventando sua mentore; Ren, ragazza bellissima un po’ fredda e distaccata; Natsume, ragazza dal fascino androgino simpatica e sempre piena di iniziativa; e infine Sakura, la piccola del gruppo, timida e taciturna ma pure inarrestabile quando si mette in testa qualcosa e fa di tutto per ottenerla.
Questo cast ben assortito è, nell’aspetto e nel loro carattere, l’elemento di “Konohana Kitan” più riconducibile agli stereotipi di anime del genere, eppure è anche un punto di forza della serie, perché ogni personaggio ha una sua importanza e una sua storia passata che arricchisce un quadro dozzinale solo all’apparenza. Il passato non sempre felice delle protagoniste è un elemento che ricorre spesso nelle storie che racconta la serie e forma, insieme ai rapporti sentimentali più o meno velati che intercorrono tra loro e agli avvenimenti che interessano l’ospite del momento, un mix riuscitissimo che rende “Konohana Kitan” una serie dai contenuti molto più profondi di quanto il suo aspetto lasci trasparire: attraverso queste componenti infatti vengono affrontati temi delicati come i rapporti familiari duri o infelici, sia tra genitori e figli che tra fratelli e sorelle, tendenze autodistruttive come depressione e suicidio, storie di crescita e miglioramento spesso lunghe, complicate ma capaci anche di raggiungere un lieto fine, e discorsi mistici, spirituali, che si concentrano sul folklore giapponese e lo shintoismo del quale vengono mostrati i tratti caratteristici della sua tradizione secolare ma anche le difficoltà che affronta una religione così intimista ed eterea a resistere all’avanzare dei tempi moderni con le persone che raramente si rivolgono alle divinità se non nelle feste programmate o in occasioni particolari. A tutto questo si aggiunge anche l’ “amore” che si instaura tra le ragazze protagoniste della serie, amore in senso lato in quanto viene trattato in tante sfumature diverse a seconda della coppia presa in considerazione: laddove tra Ren e Natsume per esempio nasce e vive un sentimento d’amore vero, reciproco, passionale, tra Yuzu e Satsuki c’è un’ammirazione velata da parte della protagonista verso la sua senpai più esperta, ma anche da parte di Satsuki verso la nuova arrivata timida e inesperta, così come tra Kiri e Sakura c’è un amore che ricorda quello di una madre verso la figlia e viceversa. Non esiste un unico modo d’amare quindi, e “Konohana Kitan” prova a rappresentare con i suoi personaggi tutte queste diversità, raggiungendo un risultato mirabile che conferisce all’opera tutta un’atmosfera dolce, tranquilla e rilassante che si respira sin dal primo minuto; guardare “Konohana Kitan” è un esercizio piacevolissimo che calma l’animo e ristora lo spirito, è una serie che diverte, commuove, fa riflettere e, ancora più semplicemente, fa emozionare in maniera autentica e genuina.
E a contribuire ad ottenere tutto questo c’è un comparto tecnico che, ancora più dei personaggi, dei temi e della storia in sé, rappresenta per me il vero punto di forza di questa serie. Realizzato dallo studio Lerche, diretto da Hideki Okamoto, “Konohana Kitan” è un quadro in movimento in cui personaggi e ambientazione si fondono per ottenere un risultato meraviglioso da guardare, non tanto per il character design dei personaggi che è bello ma in fondo non originalissimo, ma per la cura maniacale imposta nella realizzazione dei dettagli più disparati, dagli sfondi di tutti gli ambienti, quello classico della locanda, i tanti scorci naturali e paesaggistici e i profili urbani dai più moderni ai più antichi, ai dettagli dei vestiti tradizionali (kimono, yukata, divise da lavoro) delle protagoniste. Nulla viene lasciato al caso e nulla viene improvvisato in “Konohana Kitan”, che esalta i tanti elementi classici che propone con un utilizzo dei colori che, secondo me, è tra quanto di meglio si sia visto in questo anno di produzione animata. E’ difficile infatti rendere a parole lo stupore che regala quest’anime coi suoi giochi di colori: fin dai titoli dei singoli episodi, presentati con lo sfondo dei magnifici disegni di tessuti per kimono, “Konohana Kitan” rapisce l’occhio dello spettatore in tutti modi possibili, i locali, i vestiti, i paesaggi, i fiori, ogni cosa di questa serie è colorata ad hoc e serve a valorizzare la scena rappresentata in quel momento; l’uso di colori dai toni più forti o più tenui, monocromatici o variegati cambia continuamente ed è funzionale all’andamento della storia né più né meno di quanto non possano esserlo i dialoghi o le azioni dei protagonisti: ogni episodio, che è anche animato con dovizia e precisione oltre che particolarmente disegnato, è una tavolozza di colori in piena evoluzione, un dipinto che muta senza arrestarsi mai e che non mancherà di sorprendere e meravigliare chi guarda dall’inizio alla fine.
Ottime sono anche le musiche della colonna sonora di Hajime Kikuchi, melodie distensive adattissime al contesto che aiutano ulteriormente chi guarda la serie a immergersi nelle sue atmosfere fiabesche, come ottimo è il doppiaggio giapponese della serie, unico elemento forse, insieme al character design, a poter risultare banale in quanto abbastanza conforme alle serie che nell’aspetto (ma non nei contenuti) ricordano “Konohana Kitan”, ma non per questo meritevole di biasimo: tutte le doppiatrici delle protagoniste principali infatti danno vita a questi personaggi in maniera più che credibile, nonostante i cliché del genere richiedano voci molto basse e dolci all’estremo da rischiare di risultare a volte finanche fastidiose, cosa che personalmente non ho riscontrato ma che non posso nascondere all’orecchio dell’ascoltatore più o meno esperto. Praticamente perfette anche le sigle della serie, una opening e ben quattro ending; l’opening si intitola "Kokoro ni Tsubomi" ed è opera del gruppo progressive rock degli Eufonius, un pezzo musicale che ha un inizio molto lento seguito da un crescendo notevole accompagnato da un video che adatta benissimo le immagini alla musica: l’inizio infatti è tranquillo e soffuso, mentre mostra le ragazze inservienti del Konohana che preparano la struttura al risveglio degli ospiti, mentre la seconda parte velocizza il tutto con una carrellata dei vari personaggi che si incontreranno col passare del tempo, per chiudere con un primo piano dei protagonisti e di una sorridente Yuzu, mentre il Konohana li sovrasta quasi maestosamente. Le quattro ending invece sono cantate dalle sei doppiatrici dei personaggi principali della serie, musicalmente sono molto simili con brani lenti e contemplativi, ma è una scelta voluta, proprio perché la musica deve accompagnare la visione dei quattro splendidi video, dedicati ognuno a una delle quattro stagioni, dove, tra disegni ispirati e colori magnifici, ancora una volta la serie ribadisce la sua componente artistica elevatissima.
E proprio questa componente estetica splendida che ho più volte esaltato, unita ai contenuti, ai temi, ai personaggi e alle storie che la serie racconta, che rappresenta il motivo per cui ritengo di consigliare caldamente la visione di “Konohana Kitan”; chiunque abbia voglia di farsi trascinare in un universo incantato, di guardare una serie dolce, romantica, rilassante e divertente allo stesso tempo o anche semplicemente di esplorare nuovi orizzonti e non si fa abbagliare dall’apparentemente banale copertina può trovare in questa serie quello che cerca, un piccolo tesoro nascosto e purtroppo molto, molto sottovalutato.