Pretty Cure Max Heart
Creare un sequel non è sempre un’idea vincente, soprattutto se lo si fa senza avere in mente una chiara idea su come proseguire la storia. Considerando quanto “Futari Wa” abbia avuto successo, e quanto le protagoniste siano entrate nei cuori degli spettatori, era anche normale proseguire su questa linea, eppure trovo che questa occasione sia stata sfruttata male, in certi casi perfino con pigrizia.
Si può notare questo problema già nella trama, che in realtà era anche iniziata in modo un minimo intrigante. Certo, il punto di partenza era abbastanza forzato, se si pensa a cosa ci è stato detto per ben due volte nel corso della precedente stagione, ma una mezza spiegazione c’è stata e ci si accontenta. In sostanza, la Regina del Giardino della Luce si è indebolita e di conseguenza scomposta in tre parti, dunque la missione delle Cure è quella di ricongiungere queste parti, in modo da evitare l’ennesimo risveglio di Re Jaaku. Il fulcro, quindi, è come al solito il confronto tra luce e oscurità, le cui personificazioni si trovano a fronteggiarsi di nuovo, anche se questa volta sotto forma di bambini. Ciò ha senso, perché in fondo i concetti di bene e male non scompaiono mai, bensì evolvono nel tempo, dunque c’erano senza problemi le premesse per scrivere una storia che fosse interessante in quarantasette episodi su quarantasette... cosa che però non è avvenuta, perché per gran parte delle puntate gli autori si perdono, per poi ritrovarsi solo in sporadiche occasioni (e anche queste non è che siano gestite alla perfezione in alcuni casi). Gli episodi, per la gran parte slice of life, sono più noiosi di quelli della stagione precedente, e la colpa di questo va imputata ovviamente all’inerzia con cui si trascinano le storie “minori”, soprattutto quelle delle tre protagoniste.
Il caso più eclatante è di sicuro quello di Hikari, ovvero Shiny Luminous, ovvero una delle Cure gestite peggio nella storia del franchise. Ci viene presentata fin da subito come personaggio chiave di questa nuova vicenda, e poiché Nagisa e Honoka hanno già fatto la loro parte in “Futari Wa”, sarebbe stato bello vedere approfondito questo nuovo ingresso nel team. Parlo al condizionale passato, perché poi questa eventualità non si è mai verificata, relegando la poveretta all’inutilità più totale. Le sue origini sono chiare fin da subito, dunque il mistero che la circonda perde presto di attrattiva; resta comunque il suo sviluppo psicologico, che però viene sfruttato così male, che di conseguenza intere puntate perdono di attrattiva. Di positivo c’è comunque il fatto che lei compia un percorso, semplice, sempre lineare e coerente con sé stesso: Hikari all’inizio possiede conoscenze davvero molto basilari del mondo in cui si ritrova a vivere, e piano piano acquisisce sempre più informazioni, al punto da dover prendere, sul finale, una decisione in maniera del tutto autonoma. Purtroppo però c’è anche il rovescio della medaglia, un errore a mio parere grave, in generale ma soprattutto nel caso di un personaggio intorno a cui ruota l’intera trama: il percorso subisce molto spesso delle battute d’arresto. Delle pause potevano essere comprensibili, perché escludere del tutto gli altri personaggi (protagoniste e comparse) non avrebbe avuto senso, visto che questi continuano ad esistere, ma purtroppo si è scelta l’altra opzione, che a questo punto non fa altro che evidenziare come non ci fosse la benché minima idea di come far muovere Hikari (che, ripeto, in teoria doveva essere la protagonista assoluta di “Max Heart”).
Tuttavia Shiny Luminous non è l’unica ad avere problemi in questo senso. Anzi, sfido chiunque a trovare in questa seconda stagione qualcuno che sia gestito come si deve. Nagisa e Honoka infatti non fanno eccezione, tanto da seguire la loro nuova compagna nella classifica dei personaggi che subiscono un pessimo trattamento, risultando piuttosto deludenti (per quanto comunque Nagisa sia sempre quella messa meglio rispetto alla partner). E la loro è una situazione davvero paradossale, perché sono protagoniste assolute, però non dovrebbero esserlo, perché c’è Hikari, però allo stesso tempo si ritrovano a rubare la scena all’amica e non si capisce il perché, dato che... non si sviluppano più. Nada. Si ritrovano sotto i riflettori, ma non esiste nessuna loro maturazione, tranne che negli ultimi episodi, dove invece si trovano ad affrontare eventi mai vissuti prima e che, per questo, permettono loro di mettersi alla prova. La sensazione che si prova per gran parte del tempo è dunque quella che le Cure abbiano già dato tutto ciò che avevano da dare, e che i minuti spesi siano sostanzialmente inutili, perlomeno se si cerca una serie che punta sull’evoluzione dei personaggi come, ad esempio, lo è stata “Futari Wa”. Non c’è un messaggio, non c’è un cambiamento, solo qualche emozione qua e là che però non porta a nulla, se non nel blocco finale di puntate, da cui tutto per fortuna riprende vita.
Che dire allora di Lulun? Se l’avete dimenticata, non posso biasimarvi: prima di questo rewatch è successo anche a me, e rivedendo gli episodi ho capito il motivo. Lulun è tanto carina quanto inutile. Il suo aspetto è gradevole, ma è l’unico lato positivo che possiede. Perfino il lieve sviluppo a cui va incontro non riesce a spiccare, dato che ricalca in tutto e per tutto quello di Pollun, solo più superficiale, avendo avuto meno tempo a disposizione. In più questa nuova mascotte non ha neanche chissà quali rapporti con gli altri personaggi, dal momento che interagisce soltanto con la sua padrona (Hikari) e con Pollun stesso, che le fa da mentore. Ciò, unito alla ripetitività della storia, non può di certo essere un bene. L’unico che non ne esce sconfitto, stranamente, è proprio Pollun, che anzi migliora e cresce, arrivando a capire cosa in passato abbiano provato le ragazze a causa della propria infantilità. In ogni caso, si poteva fare molto di più.
Leggermente meglio va ai nemici, che copiano così tanto i propri predecessori (i primi) da risultare impersonali come loro. Ciò da un lato è un bene, visto che ci si aspettava già una certa mediocrità, e quindi la delusione è stata minore, ma davvero al terzo gruppo di cattivi non si riesce a fare niente di meglio? I parallelismi non si sprecano, c’è addirittura un bambino misterioso indispensabile per la trama e che non odia le avversarie. Kiriya, sei tu? Ovviamente non finisce qui, ci sono comunque delle differenze, e in generale degli elementi che ho apprezzato, che aiutano a compensare in parte quei problemi già menzionati. Innanzitutto sono stati mantenuti i due maggiordomi Zakenna, stranamente non purificati nella conclusione di “Futari Wa”. Non ha molto senso che rimangano, almeno a livello di coerenza, ma sono simpatici e aiutano a smorzare la tensione, giustificando anche i momenti più ridicoli che coinvolgono i loro superiori. Ciò genera in automatico quello che credo sia il secondo pregio di questo gruppo, ovvero il senso di famiglia che lasciano percepire ogni volta che si vede una scena ambientata alla villa. Non viene molto approfondito, purtroppo, viene semplicemente costruito piano piano, a piccoli passi, ma tanto basta per renderlo godibile. Per fare un esempio, nonostante i nemici siano l’esatto contrario di memorabili, riescono insieme a sembrare una famiglia più di quanto ci siano riusciti i precedenti Poisonny e Kiriya, che in teoria avevano anche un legame di sangue.
Tuttavia, e di questo mi dispiace abbastanza, il pregio in questione si traduce in un nulla di fatto quando si tratta di combattere, perché sfortunatamente molte lotte fanno acqua da tutte le parti, non solo in ambito nemici (che di rado arrivano a collaborare). Ma partiamo per una volta dai lati positivi: innanzitutto, la qualità generale è migliorata rispetto a “Futari Wa”, sia per il livello dei disegni (meno mostruosi del solito), sia per la maggiore fisicità. Non significa che ogni lotta sia favolosa, tutt’altro, ma in proporzione sono meno ridicole delle prime e ogni tanto ci sono anche dei picchi interessanti. Tolti questi ultimi, però, ci si rende conto presto che lo schema è sempre lo stesso. Già il problema è presente durante le parti slice of life, che si sviluppano sempre allo stesso modo e che in alcuni casi sono perfino copiate o da “Futari Wa” o da “Max Heart” stesso, in più lo ritroviamo anche durante le lotte, dunque il disastro è assicurato: i nemici, di per sé, non sono originali e non si distinguono tra loro (hanno differenze caratteriali, ma contano troppo poco), il che porta ad avere dei combattimenti privi di peculiarità. Nessuno riesce a dare una propria impronta agli scontri. Non c’è un nemico furbo e calcolatore che punta tutto sulla strategia o uno più violento, è tutto molto piatto. E il bello è che, in teoria, i nemici possiedono queste caratteristiche, semplicemente non le sfruttano, quindi a che servono? A niente, così come non serve a nulla neanche Hikari, che riesce a essere inutile anche qui. Oscilla di continuo tra il ruolo di deus ex machina spudorato a quello di zavorra, ma in generale si può dire che abbia battuto il record mondiale di Cure che sferra il primo colpo più tardi delle altre (e lo fa in “Hugtto”, una serie che neanche è la sua, trasmessa oltre dieci anni dopo questa). Questo schema, che all’inizio poteva anche essere vagamente interessante, con il tempo diventa in maniera assurda logorante e poco coerente, perché prevede dei passaggi che non ha senso siano presenti ancora a serie inoltrata, non quando i nemici conoscono la natura di Luminous e dall’altro lato le Cure sanno cosa cerchino i nemici. In sostanza, si vede di continuo un cattivo qualsiasi che riesce a isolare Luminous e Black e White, che invece si scontrano con lo Zakenna di turno; dunque il duo si preoccupa per la compagna e si ripromette di proteggerla, mentre i cattivi comprendono il modo di combattere delle avversarie e assicurano di tornare più forti... ma secondo voi questo avviene? Ovviamente no. Ogni volta sempre la stessa storia, come se l’episodio precedente non fosse esistito. Capisco (fino a un certo punto) che Luminous non abbia attacchi fisici o purificatori, e che quindi sia più passiva delle altre due, ma mi sembra di essere presa in giro, perché non è possibile che in contesti simili Nagisa e Honoka facciano una tale figura da tonte, il tutto mentre Hikari non si offende mai.
Pessimi sono anche gli attacchi, o meglio l’attacco. Accadeva già in “Futari Wa” che gli attacchi fossero molto simili fra loro, mentre qui no, qui sono proprio uguali e non viene neanche nascosto. Sì, è vero, una volta si sente parlare di nuovo del Marble Screw e una volta del Luminario, ma è tutto molto monotono, e se non fosse per il nome, non si capirebbe neanche che si tratta di un colpo diverso. Addirittura a circa metà serie viene reintrodotto l’espediente dei braccialetti che potenziano Black e White, tra l’altro spacciato come novità assoluta, quando in realtà si era già visto in passato con le stesse modalità. A salvare un po’ la situazione c’è però Luminous, che fa poco, ma in questo caso fa bene, perché porta una leggerissima ventata d’aria fresca. Infatti, non essendo attiva in combattimento, ha (o meglio, dovrebbe avere) un ruolo difensivo, e ciò si vede dall’unica tecnica in solitaria che possiede, il Luminous Heartiel Action, che apprezzo proprio per questa volontà di creare qualcosa di differente dal solito. Sorvolo invece su quella sorta di scudo che evoca con l’aiuto di Lulun: non ha nemmeno un nome, quindi non credo che ci fosse l’intenzione di dargli troppa importanza.
Di veramente bello poi ci sono le trasformazioni, sia quella di Luminous, sia quella di Black e White. La prima è un po’ troppo statica e ha delle inquadrature e dei suoni che non mi convincono troppo, ma se la cava abbastanza bene ed è adeguata al genere di personaggio. La seconda invece è quella che riesce al 100% nell’intento, superando perfino la versione precedente, che era piuttosto bruttina, considerando poi che era anch’essa molto statica e non rispecchiava per niente il tono della serie. Qui invece le Cure si muovono e anche parecchio, e non sono nemmeno disegnate male. L’unica pecca arriva a fine stagione e per colpa di Hikari (anzi, di Lulun), in quanto la scena in cui la mascotte si tramuta in spilla, che da sola è anche realizzata bene, viene appiccicata alla fine della trasformazione di Luminous senza un minimo di continuità, né di colonna sonora né di sfondi, e questo è un vero peccato, perché va a rovinare qualcosa che stava scorrendo liscio come l’olio.
A proposito di disegni, come già accennato, la qualità è migliorata, anche se in alcuni episodi si vedono ancora dei veri e propri obbrobri. In generale, come è anche ovvio, sono le parti slice of life quelle che rendono di più, laddove in quelle di azione i personaggi risultano spesso deformati, sia per quanto riguarda le protagoniste sia per quanto riguarda i nemici. “Meravigliose” ad esempio le svariate facce brutte di Circulas, le ossa di White che svaniscono, facendola diventare di gomma (e questo anche negli ultimi episodi), o l’intera figura di Luminous che, nell’iconico episodio 11, perde del tutto di consistenza e sembra più un dipinto astratto che un corpo umano. Positivo anche l’uso della CGI, che, pur non essendo mai fatto benissimo (come nel caso del Queen Chairect o della Regina), è comunque nella maggior parte dei casi efficace e poco straniante. Un esempio di questo miglioramento è di sicuro Re Jaaku, che si muove in modo molto più fluido e quindi risolve uno dei problemi che l’intera stagione precedente aveva.
Sul lato tecnico è positivo anche l’utilizzo delle musiche, che sono sempre appropriate all’occasione. Di materiale nuovo c’è poco, ma in questo caso la ripetitività non pesa, perché comunque i brani strumentali sono sempre piacevoli da ascoltare. Per quanto riguarda invece l’opening e le due ending, ho qualche appunto da fare. L’opening, un semplicissimo rifacimento della storica opening, brilla di luce riflessa, in quanto è uguale alla precedente solo più spenta, con meno emozione; la prima ending al contrario è una canzone originale, che a mio parere è veramente inascoltabile, una delle sigle peggiori che io abbia mai sentito. Veramente non riesco a digerirla. Per fortuna nel periodo invernale è stata sostituita con un’ending decisamente più orecchiabile: meglio tardi che mai, anche se avrei preferito sentirla già da molto prima, perché è sì leggera ma non eccessivamente frivola come l’altra.
In conclusione, i difetti di “Max Heart” sono veramente tanti. In parte pesano più rispetto a quelli della stagione precedente, che aveva dalla sua parte un’ovvia inesperienza degli autori, ma per il resto possono anche essere sorvolati. Non del tutto, come nel caso dei problemi delle animazioni o dello sviluppo dei personaggi, ma in gran percentuale sì. Oggettivamente quindi non posso dire che “Max Heart” sia riuscitissimo, per quanto possa comunque risultare gradevole se si guarda senza un certo occhio critico. Le vicende sono rilassanti, i personaggi continuano a vivere storie in cui tutti possiamo immedesimarci, quindi non me la sento di bocciare del tutto questa stagione e le do un 6 risicato.
Si può notare questo problema già nella trama, che in realtà era anche iniziata in modo un minimo intrigante. Certo, il punto di partenza era abbastanza forzato, se si pensa a cosa ci è stato detto per ben due volte nel corso della precedente stagione, ma una mezza spiegazione c’è stata e ci si accontenta. In sostanza, la Regina del Giardino della Luce si è indebolita e di conseguenza scomposta in tre parti, dunque la missione delle Cure è quella di ricongiungere queste parti, in modo da evitare l’ennesimo risveglio di Re Jaaku. Il fulcro, quindi, è come al solito il confronto tra luce e oscurità, le cui personificazioni si trovano a fronteggiarsi di nuovo, anche se questa volta sotto forma di bambini. Ciò ha senso, perché in fondo i concetti di bene e male non scompaiono mai, bensì evolvono nel tempo, dunque c’erano senza problemi le premesse per scrivere una storia che fosse interessante in quarantasette episodi su quarantasette... cosa che però non è avvenuta, perché per gran parte delle puntate gli autori si perdono, per poi ritrovarsi solo in sporadiche occasioni (e anche queste non è che siano gestite alla perfezione in alcuni casi). Gli episodi, per la gran parte slice of life, sono più noiosi di quelli della stagione precedente, e la colpa di questo va imputata ovviamente all’inerzia con cui si trascinano le storie “minori”, soprattutto quelle delle tre protagoniste.
Il caso più eclatante è di sicuro quello di Hikari, ovvero Shiny Luminous, ovvero una delle Cure gestite peggio nella storia del franchise. Ci viene presentata fin da subito come personaggio chiave di questa nuova vicenda, e poiché Nagisa e Honoka hanno già fatto la loro parte in “Futari Wa”, sarebbe stato bello vedere approfondito questo nuovo ingresso nel team. Parlo al condizionale passato, perché poi questa eventualità non si è mai verificata, relegando la poveretta all’inutilità più totale. Le sue origini sono chiare fin da subito, dunque il mistero che la circonda perde presto di attrattiva; resta comunque il suo sviluppo psicologico, che però viene sfruttato così male, che di conseguenza intere puntate perdono di attrattiva. Di positivo c’è comunque il fatto che lei compia un percorso, semplice, sempre lineare e coerente con sé stesso: Hikari all’inizio possiede conoscenze davvero molto basilari del mondo in cui si ritrova a vivere, e piano piano acquisisce sempre più informazioni, al punto da dover prendere, sul finale, una decisione in maniera del tutto autonoma. Purtroppo però c’è anche il rovescio della medaglia, un errore a mio parere grave, in generale ma soprattutto nel caso di un personaggio intorno a cui ruota l’intera trama: il percorso subisce molto spesso delle battute d’arresto. Delle pause potevano essere comprensibili, perché escludere del tutto gli altri personaggi (protagoniste e comparse) non avrebbe avuto senso, visto che questi continuano ad esistere, ma purtroppo si è scelta l’altra opzione, che a questo punto non fa altro che evidenziare come non ci fosse la benché minima idea di come far muovere Hikari (che, ripeto, in teoria doveva essere la protagonista assoluta di “Max Heart”).
Tuttavia Shiny Luminous non è l’unica ad avere problemi in questo senso. Anzi, sfido chiunque a trovare in questa seconda stagione qualcuno che sia gestito come si deve. Nagisa e Honoka infatti non fanno eccezione, tanto da seguire la loro nuova compagna nella classifica dei personaggi che subiscono un pessimo trattamento, risultando piuttosto deludenti (per quanto comunque Nagisa sia sempre quella messa meglio rispetto alla partner). E la loro è una situazione davvero paradossale, perché sono protagoniste assolute, però non dovrebbero esserlo, perché c’è Hikari, però allo stesso tempo si ritrovano a rubare la scena all’amica e non si capisce il perché, dato che... non si sviluppano più. Nada. Si ritrovano sotto i riflettori, ma non esiste nessuna loro maturazione, tranne che negli ultimi episodi, dove invece si trovano ad affrontare eventi mai vissuti prima e che, per questo, permettono loro di mettersi alla prova. La sensazione che si prova per gran parte del tempo è dunque quella che le Cure abbiano già dato tutto ciò che avevano da dare, e che i minuti spesi siano sostanzialmente inutili, perlomeno se si cerca una serie che punta sull’evoluzione dei personaggi come, ad esempio, lo è stata “Futari Wa”. Non c’è un messaggio, non c’è un cambiamento, solo qualche emozione qua e là che però non porta a nulla, se non nel blocco finale di puntate, da cui tutto per fortuna riprende vita.
Che dire allora di Lulun? Se l’avete dimenticata, non posso biasimarvi: prima di questo rewatch è successo anche a me, e rivedendo gli episodi ho capito il motivo. Lulun è tanto carina quanto inutile. Il suo aspetto è gradevole, ma è l’unico lato positivo che possiede. Perfino il lieve sviluppo a cui va incontro non riesce a spiccare, dato che ricalca in tutto e per tutto quello di Pollun, solo più superficiale, avendo avuto meno tempo a disposizione. In più questa nuova mascotte non ha neanche chissà quali rapporti con gli altri personaggi, dal momento che interagisce soltanto con la sua padrona (Hikari) e con Pollun stesso, che le fa da mentore. Ciò, unito alla ripetitività della storia, non può di certo essere un bene. L’unico che non ne esce sconfitto, stranamente, è proprio Pollun, che anzi migliora e cresce, arrivando a capire cosa in passato abbiano provato le ragazze a causa della propria infantilità. In ogni caso, si poteva fare molto di più.
Leggermente meglio va ai nemici, che copiano così tanto i propri predecessori (i primi) da risultare impersonali come loro. Ciò da un lato è un bene, visto che ci si aspettava già una certa mediocrità, e quindi la delusione è stata minore, ma davvero al terzo gruppo di cattivi non si riesce a fare niente di meglio? I parallelismi non si sprecano, c’è addirittura un bambino misterioso indispensabile per la trama e che non odia le avversarie. Kiriya, sei tu? Ovviamente non finisce qui, ci sono comunque delle differenze, e in generale degli elementi che ho apprezzato, che aiutano a compensare in parte quei problemi già menzionati. Innanzitutto sono stati mantenuti i due maggiordomi Zakenna, stranamente non purificati nella conclusione di “Futari Wa”. Non ha molto senso che rimangano, almeno a livello di coerenza, ma sono simpatici e aiutano a smorzare la tensione, giustificando anche i momenti più ridicoli che coinvolgono i loro superiori. Ciò genera in automatico quello che credo sia il secondo pregio di questo gruppo, ovvero il senso di famiglia che lasciano percepire ogni volta che si vede una scena ambientata alla villa. Non viene molto approfondito, purtroppo, viene semplicemente costruito piano piano, a piccoli passi, ma tanto basta per renderlo godibile. Per fare un esempio, nonostante i nemici siano l’esatto contrario di memorabili, riescono insieme a sembrare una famiglia più di quanto ci siano riusciti i precedenti Poisonny e Kiriya, che in teoria avevano anche un legame di sangue.
Tuttavia, e di questo mi dispiace abbastanza, il pregio in questione si traduce in un nulla di fatto quando si tratta di combattere, perché sfortunatamente molte lotte fanno acqua da tutte le parti, non solo in ambito nemici (che di rado arrivano a collaborare). Ma partiamo per una volta dai lati positivi: innanzitutto, la qualità generale è migliorata rispetto a “Futari Wa”, sia per il livello dei disegni (meno mostruosi del solito), sia per la maggiore fisicità. Non significa che ogni lotta sia favolosa, tutt’altro, ma in proporzione sono meno ridicole delle prime e ogni tanto ci sono anche dei picchi interessanti. Tolti questi ultimi, però, ci si rende conto presto che lo schema è sempre lo stesso. Già il problema è presente durante le parti slice of life, che si sviluppano sempre allo stesso modo e che in alcuni casi sono perfino copiate o da “Futari Wa” o da “Max Heart” stesso, in più lo ritroviamo anche durante le lotte, dunque il disastro è assicurato: i nemici, di per sé, non sono originali e non si distinguono tra loro (hanno differenze caratteriali, ma contano troppo poco), il che porta ad avere dei combattimenti privi di peculiarità. Nessuno riesce a dare una propria impronta agli scontri. Non c’è un nemico furbo e calcolatore che punta tutto sulla strategia o uno più violento, è tutto molto piatto. E il bello è che, in teoria, i nemici possiedono queste caratteristiche, semplicemente non le sfruttano, quindi a che servono? A niente, così come non serve a nulla neanche Hikari, che riesce a essere inutile anche qui. Oscilla di continuo tra il ruolo di deus ex machina spudorato a quello di zavorra, ma in generale si può dire che abbia battuto il record mondiale di Cure che sferra il primo colpo più tardi delle altre (e lo fa in “Hugtto”, una serie che neanche è la sua, trasmessa oltre dieci anni dopo questa). Questo schema, che all’inizio poteva anche essere vagamente interessante, con il tempo diventa in maniera assurda logorante e poco coerente, perché prevede dei passaggi che non ha senso siano presenti ancora a serie inoltrata, non quando i nemici conoscono la natura di Luminous e dall’altro lato le Cure sanno cosa cerchino i nemici. In sostanza, si vede di continuo un cattivo qualsiasi che riesce a isolare Luminous e Black e White, che invece si scontrano con lo Zakenna di turno; dunque il duo si preoccupa per la compagna e si ripromette di proteggerla, mentre i cattivi comprendono il modo di combattere delle avversarie e assicurano di tornare più forti... ma secondo voi questo avviene? Ovviamente no. Ogni volta sempre la stessa storia, come se l’episodio precedente non fosse esistito. Capisco (fino a un certo punto) che Luminous non abbia attacchi fisici o purificatori, e che quindi sia più passiva delle altre due, ma mi sembra di essere presa in giro, perché non è possibile che in contesti simili Nagisa e Honoka facciano una tale figura da tonte, il tutto mentre Hikari non si offende mai.
Pessimi sono anche gli attacchi, o meglio l’attacco. Accadeva già in “Futari Wa” che gli attacchi fossero molto simili fra loro, mentre qui no, qui sono proprio uguali e non viene neanche nascosto. Sì, è vero, una volta si sente parlare di nuovo del Marble Screw e una volta del Luminario, ma è tutto molto monotono, e se non fosse per il nome, non si capirebbe neanche che si tratta di un colpo diverso. Addirittura a circa metà serie viene reintrodotto l’espediente dei braccialetti che potenziano Black e White, tra l’altro spacciato come novità assoluta, quando in realtà si era già visto in passato con le stesse modalità. A salvare un po’ la situazione c’è però Luminous, che fa poco, ma in questo caso fa bene, perché porta una leggerissima ventata d’aria fresca. Infatti, non essendo attiva in combattimento, ha (o meglio, dovrebbe avere) un ruolo difensivo, e ciò si vede dall’unica tecnica in solitaria che possiede, il Luminous Heartiel Action, che apprezzo proprio per questa volontà di creare qualcosa di differente dal solito. Sorvolo invece su quella sorta di scudo che evoca con l’aiuto di Lulun: non ha nemmeno un nome, quindi non credo che ci fosse l’intenzione di dargli troppa importanza.
Di veramente bello poi ci sono le trasformazioni, sia quella di Luminous, sia quella di Black e White. La prima è un po’ troppo statica e ha delle inquadrature e dei suoni che non mi convincono troppo, ma se la cava abbastanza bene ed è adeguata al genere di personaggio. La seconda invece è quella che riesce al 100% nell’intento, superando perfino la versione precedente, che era piuttosto bruttina, considerando poi che era anch’essa molto statica e non rispecchiava per niente il tono della serie. Qui invece le Cure si muovono e anche parecchio, e non sono nemmeno disegnate male. L’unica pecca arriva a fine stagione e per colpa di Hikari (anzi, di Lulun), in quanto la scena in cui la mascotte si tramuta in spilla, che da sola è anche realizzata bene, viene appiccicata alla fine della trasformazione di Luminous senza un minimo di continuità, né di colonna sonora né di sfondi, e questo è un vero peccato, perché va a rovinare qualcosa che stava scorrendo liscio come l’olio.
A proposito di disegni, come già accennato, la qualità è migliorata, anche se in alcuni episodi si vedono ancora dei veri e propri obbrobri. In generale, come è anche ovvio, sono le parti slice of life quelle che rendono di più, laddove in quelle di azione i personaggi risultano spesso deformati, sia per quanto riguarda le protagoniste sia per quanto riguarda i nemici. “Meravigliose” ad esempio le svariate facce brutte di Circulas, le ossa di White che svaniscono, facendola diventare di gomma (e questo anche negli ultimi episodi), o l’intera figura di Luminous che, nell’iconico episodio 11, perde del tutto di consistenza e sembra più un dipinto astratto che un corpo umano. Positivo anche l’uso della CGI, che, pur non essendo mai fatto benissimo (come nel caso del Queen Chairect o della Regina), è comunque nella maggior parte dei casi efficace e poco straniante. Un esempio di questo miglioramento è di sicuro Re Jaaku, che si muove in modo molto più fluido e quindi risolve uno dei problemi che l’intera stagione precedente aveva.
Sul lato tecnico è positivo anche l’utilizzo delle musiche, che sono sempre appropriate all’occasione. Di materiale nuovo c’è poco, ma in questo caso la ripetitività non pesa, perché comunque i brani strumentali sono sempre piacevoli da ascoltare. Per quanto riguarda invece l’opening e le due ending, ho qualche appunto da fare. L’opening, un semplicissimo rifacimento della storica opening, brilla di luce riflessa, in quanto è uguale alla precedente solo più spenta, con meno emozione; la prima ending al contrario è una canzone originale, che a mio parere è veramente inascoltabile, una delle sigle peggiori che io abbia mai sentito. Veramente non riesco a digerirla. Per fortuna nel periodo invernale è stata sostituita con un’ending decisamente più orecchiabile: meglio tardi che mai, anche se avrei preferito sentirla già da molto prima, perché è sì leggera ma non eccessivamente frivola come l’altra.
In conclusione, i difetti di “Max Heart” sono veramente tanti. In parte pesano più rispetto a quelli della stagione precedente, che aveva dalla sua parte un’ovvia inesperienza degli autori, ma per il resto possono anche essere sorvolati. Non del tutto, come nel caso dei problemi delle animazioni o dello sviluppo dei personaggi, ma in gran percentuale sì. Oggettivamente quindi non posso dire che “Max Heart” sia riuscitissimo, per quanto possa comunque risultare gradevole se si guarda senza un certo occhio critico. Le vicende sono rilassanti, i personaggi continuano a vivere storie in cui tutti possiamo immedesimarci, quindi non me la sento di bocciare del tutto questa stagione e le do un 6 risicato.
<b>Attenzione: la recensione contiene spoiler</b>
Luce e Oscurità sono le due facce imprescindibili della stessa medaglia, un equilibrio praticamente intoccabile, che, se modificato, porterà al caos e al nulla assoluto. E proprio questa teoria è il tema di "Pretty Cure Max Heart", targato 2005, sequel diretto di quel "Futari Wa Precure" che, non si sa in che modo a mio parere, ha cambiato il volto del genere maho shojo, forse per il carisma dei suoi personaggi o le spettacolare battaglie da battle shonen o chissà che, tanto da creare questo sequel, che riproporrà tutte le ambientazioni e personaggi della precedente serie, ovviamente con delle novità.
Ambientato qualche tempo dopo la durissima vittoria contro re Jaaku, Nagisa e Honoka continuano le loro vite di tutti i giorni, fra casa, scuola, famiglia e tutti i problemi tipici dell'adolescenza. La scuola è ricominciata, il terzo anno delle medie, e vi sono delle novità: Nagisa è diventata capitano della squadra di lacrosse, mentre Honoka vice-presidente del club di scienze. Al termine della stancante giornata, prendono la via di casa, ovviamente con deviazione al chiosco di takoyaki di Akane. Lungo la strada entrambe si accorgono un fatto curioso. Istintivamente si sono portate dietro i loro cellulari di trasformazione, ancora disattivati, e in breve tempo la nostalgia del loro periodo di leggendarie guerriere Pretty Cure, delle loro battaglie e dei loro amici fatati, emerge.
Ma una volta arrivate in centro, capita l'inaspettato: il cielo diventa viola, la gente in giro scompare e appare uno Zakenna, col suo caratteristico verso. Neanche il tempo di chiedersi come cavolo è possibile che sia riapparso uno Zakenna, data la sconfitta di re Jaaku, che il mostro comincia a rincorrerle, arrivando infine a metterle all'angolo. Ma all'improvviso i cellulari delle due ragazze si illuminano, subiscono una modifica all'aspetto e infine riappaiono Mepple e Mipple. Sfortunatamente, non è il momento di gioire, dato che lo Zakenna riprende l'assalto, mentre le due ragazze, ancora scombussolate, chiedono spiegazioni, ma le loro fate ne sono ignare. Non avendo altra scelta, le ragazze decidono di ri-trasformarsi, ma avviene qualcosa di diverso: gli abiti delle due ragazze subiscono delle modifiche, in particolare quello di Nagisa, e anche la trasformazione cambia, diventando più movimentata, ricreando il concetto di contrasto nelle trasformazioni delle protagoniste: quella di Nagisa è veloce, aggressiva e potente; quella di Honoka è lenta, delicata e aggraziata. E dopo essersi rimesse in scena, all'attacco! I cambiamenti si vedono anche nelle capacità, rendendo le ragazze più agili e potenti di prima, perfino il Marble Screw e diventato più potente (Marble Screw Max), e lo Zakenna è K.O.
Ma le sorprese non sono finite: anche Pollun si è risvegliato, seguito da due vecchie conoscenze, Wisdom e il gran consigliere, ma ora si passa alle brutte notizie. Quando Re Jaaku venne sconfitto, urlò un sinistro avvertimento alla Regina della luce, dicendole che sarebbe tornato. E purtroppo non sono state parole al vento, infatti, prima di sparire, un terrificante raggio nero partì dal suo corpo, prima di venire completamente investito dal potentissimo Rainbow Storm definitivo, e ora quel raggio ha colpito la regina, facendola svanire nel nulla. Infatti, entrambi incarnano la luce e l'oscurità e, senza uno, sparisce anche l'altro. Entrambe queste incarnazioni però non sono morte, ma hanno subito delle reincarnazioni (ora mi spiego). Infatti la Regina della luce si e divisa in tre entità distinte: la prima entità consiste nei dodici Cuori magici, dodici fatine che rappresentano le aspirazioni della regina, e che, se riunite in un oggetto chiamato Trono della regina, che sarebbe la seconda entità che ne rappresenta il cuore, permetterebbero la sua rinascita. L'ultima entità, la vita, si incarnerà in una ragazzina di dodici anni, Hikari Kujo.
Quest'ultima farà credere ad Akane di essere una sua parente, ottenendo di fatto un rifugio, e finirà con l'iscriversi come studentessa di primo anno nella scuola di Nagisa e Honoka, suscitando la loro curiosità nei suoi confronti; per una serie di coincidenze conoscerà Pollun e l'identità delle ragazze come Pretty Cure. E, quando quest'ultime vengono messe alle strette durante un combattimento, capita l'incredibile: Pollun, avvertendo in Hikari la stessa energia della Regina della luce, si trasforma in un nuovo oggetto di trasformazione e chiede alla ragazza di trasformarsi; il risultato è una nuova guerriera: Shiny Luminous. A differenza di Cure Black e Cure White, Luminous non è una tipa da mischia, ma di supporto; infatti il suo potere, l'Heartial Action, può bloccare il nemico, o Zakenna, di turno, e ridare le forze alle ragazze, e infine tutte e tre insieme daranno vita al devastante attacco triplo Extreme Luminario.
A metà serie, inoltre, entrerà in scena, ovviamente dopo una serie di peripezie da spasso, Lulun, la sorella minore di Pollun, che regalerà alle guerriere nuovi poteri: Luminous otterrà un potere difensivo per difendersi dai feroci assalti nei suoi confronti, mentre Black e White otterranno i Bracciali di scintille, che potenzieranno all'ennesima potenza il Marble Screw nel devastante Marble Screw Max Sparkle.
Dal lato oscuro, invece, Re Jaaku si reincarnerà in un bambino e prenderà dimora nella villa della prima serie, ovviamente abitata dai due Zakenna maggiordomi, e verrà preso sotto le cure dei quattro guardiani, gli ultimi soldati rimasti di Dotsuku: Circulus, Uraganos, Biblis e Valdes. Capendo che Luminous contiene la vita della odiata, dal loro punto di vista, Regina della luce, e credendo che il bambino ospite di Re Jaaku non rinascerà finché sarà presente, concentreranno tutti i loro attacchi su di lei, ma Black e White saranno sempre pronte a difenderla, come i quattro guerrieri di Dotsuku, che lottano per difendere il "loro" bambino, quando quest'ultimo finirà per incontrare più volte Hikari, con risultati da brivido. Il tutto porterà infine alla battaglia finale, tra rivelazioni e capovolgimenti di fronte continui che culmineranno infine in una conclusione a dir poco galattica ed emozionante.
Insomma, ancora una volta, gli scontri sono la quintessenza della serie, con battaglie da battle shonen, tra scontri ad alta velocità, colpi energetici a destra e a manca, ecc., ma ulteriormente potenziati e, a volte, addirittura, con risultati apocalittici; ma si sa, le Pretty Cure sono delle toste con la T maiuscola, e non cederanno facilmente.
E ovviamente non ci saranno solo battaglie, ma anche episodi da slice of life adolescenziale a tema scolastico, familiare, sportivo, sentimentale, festivo, ecc., a volte da risate, a volte anche serie, e sottolineo serie, dal momento che le protagoniste entrano nel periodo più difficile dell'adolescenza, con l'inizio delle responsabilità che la vita comincia a portare davanti.
E, stavolta, anche gli antagonisti avranno dei momenti da risate, per i passatempi personali e per il ruolo da "babysitter" nei confronti del bambino.
Per farla breve, Nagisa e Honoka lasciano ancora una volta il segno, con una serie capace d'immergere lo spettatore sia nel suo lato di vitalità sia nel suo lato action. Alla prossima!
Luce e Oscurità sono le due facce imprescindibili della stessa medaglia, un equilibrio praticamente intoccabile, che, se modificato, porterà al caos e al nulla assoluto. E proprio questa teoria è il tema di "Pretty Cure Max Heart", targato 2005, sequel diretto di quel "Futari Wa Precure" che, non si sa in che modo a mio parere, ha cambiato il volto del genere maho shojo, forse per il carisma dei suoi personaggi o le spettacolare battaglie da battle shonen o chissà che, tanto da creare questo sequel, che riproporrà tutte le ambientazioni e personaggi della precedente serie, ovviamente con delle novità.
Ambientato qualche tempo dopo la durissima vittoria contro re Jaaku, Nagisa e Honoka continuano le loro vite di tutti i giorni, fra casa, scuola, famiglia e tutti i problemi tipici dell'adolescenza. La scuola è ricominciata, il terzo anno delle medie, e vi sono delle novità: Nagisa è diventata capitano della squadra di lacrosse, mentre Honoka vice-presidente del club di scienze. Al termine della stancante giornata, prendono la via di casa, ovviamente con deviazione al chiosco di takoyaki di Akane. Lungo la strada entrambe si accorgono un fatto curioso. Istintivamente si sono portate dietro i loro cellulari di trasformazione, ancora disattivati, e in breve tempo la nostalgia del loro periodo di leggendarie guerriere Pretty Cure, delle loro battaglie e dei loro amici fatati, emerge.
Ma una volta arrivate in centro, capita l'inaspettato: il cielo diventa viola, la gente in giro scompare e appare uno Zakenna, col suo caratteristico verso. Neanche il tempo di chiedersi come cavolo è possibile che sia riapparso uno Zakenna, data la sconfitta di re Jaaku, che il mostro comincia a rincorrerle, arrivando infine a metterle all'angolo. Ma all'improvviso i cellulari delle due ragazze si illuminano, subiscono una modifica all'aspetto e infine riappaiono Mepple e Mipple. Sfortunatamente, non è il momento di gioire, dato che lo Zakenna riprende l'assalto, mentre le due ragazze, ancora scombussolate, chiedono spiegazioni, ma le loro fate ne sono ignare. Non avendo altra scelta, le ragazze decidono di ri-trasformarsi, ma avviene qualcosa di diverso: gli abiti delle due ragazze subiscono delle modifiche, in particolare quello di Nagisa, e anche la trasformazione cambia, diventando più movimentata, ricreando il concetto di contrasto nelle trasformazioni delle protagoniste: quella di Nagisa è veloce, aggressiva e potente; quella di Honoka è lenta, delicata e aggraziata. E dopo essersi rimesse in scena, all'attacco! I cambiamenti si vedono anche nelle capacità, rendendo le ragazze più agili e potenti di prima, perfino il Marble Screw e diventato più potente (Marble Screw Max), e lo Zakenna è K.O.
Ma le sorprese non sono finite: anche Pollun si è risvegliato, seguito da due vecchie conoscenze, Wisdom e il gran consigliere, ma ora si passa alle brutte notizie. Quando Re Jaaku venne sconfitto, urlò un sinistro avvertimento alla Regina della luce, dicendole che sarebbe tornato. E purtroppo non sono state parole al vento, infatti, prima di sparire, un terrificante raggio nero partì dal suo corpo, prima di venire completamente investito dal potentissimo Rainbow Storm definitivo, e ora quel raggio ha colpito la regina, facendola svanire nel nulla. Infatti, entrambi incarnano la luce e l'oscurità e, senza uno, sparisce anche l'altro. Entrambe queste incarnazioni però non sono morte, ma hanno subito delle reincarnazioni (ora mi spiego). Infatti la Regina della luce si e divisa in tre entità distinte: la prima entità consiste nei dodici Cuori magici, dodici fatine che rappresentano le aspirazioni della regina, e che, se riunite in un oggetto chiamato Trono della regina, che sarebbe la seconda entità che ne rappresenta il cuore, permetterebbero la sua rinascita. L'ultima entità, la vita, si incarnerà in una ragazzina di dodici anni, Hikari Kujo.
Quest'ultima farà credere ad Akane di essere una sua parente, ottenendo di fatto un rifugio, e finirà con l'iscriversi come studentessa di primo anno nella scuola di Nagisa e Honoka, suscitando la loro curiosità nei suoi confronti; per una serie di coincidenze conoscerà Pollun e l'identità delle ragazze come Pretty Cure. E, quando quest'ultime vengono messe alle strette durante un combattimento, capita l'incredibile: Pollun, avvertendo in Hikari la stessa energia della Regina della luce, si trasforma in un nuovo oggetto di trasformazione e chiede alla ragazza di trasformarsi; il risultato è una nuova guerriera: Shiny Luminous. A differenza di Cure Black e Cure White, Luminous non è una tipa da mischia, ma di supporto; infatti il suo potere, l'Heartial Action, può bloccare il nemico, o Zakenna, di turno, e ridare le forze alle ragazze, e infine tutte e tre insieme daranno vita al devastante attacco triplo Extreme Luminario.
A metà serie, inoltre, entrerà in scena, ovviamente dopo una serie di peripezie da spasso, Lulun, la sorella minore di Pollun, che regalerà alle guerriere nuovi poteri: Luminous otterrà un potere difensivo per difendersi dai feroci assalti nei suoi confronti, mentre Black e White otterranno i Bracciali di scintille, che potenzieranno all'ennesima potenza il Marble Screw nel devastante Marble Screw Max Sparkle.
Dal lato oscuro, invece, Re Jaaku si reincarnerà in un bambino e prenderà dimora nella villa della prima serie, ovviamente abitata dai due Zakenna maggiordomi, e verrà preso sotto le cure dei quattro guardiani, gli ultimi soldati rimasti di Dotsuku: Circulus, Uraganos, Biblis e Valdes. Capendo che Luminous contiene la vita della odiata, dal loro punto di vista, Regina della luce, e credendo che il bambino ospite di Re Jaaku non rinascerà finché sarà presente, concentreranno tutti i loro attacchi su di lei, ma Black e White saranno sempre pronte a difenderla, come i quattro guerrieri di Dotsuku, che lottano per difendere il "loro" bambino, quando quest'ultimo finirà per incontrare più volte Hikari, con risultati da brivido. Il tutto porterà infine alla battaglia finale, tra rivelazioni e capovolgimenti di fronte continui che culmineranno infine in una conclusione a dir poco galattica ed emozionante.
Insomma, ancora una volta, gli scontri sono la quintessenza della serie, con battaglie da battle shonen, tra scontri ad alta velocità, colpi energetici a destra e a manca, ecc., ma ulteriormente potenziati e, a volte, addirittura, con risultati apocalittici; ma si sa, le Pretty Cure sono delle toste con la T maiuscola, e non cederanno facilmente.
E ovviamente non ci saranno solo battaglie, ma anche episodi da slice of life adolescenziale a tema scolastico, familiare, sportivo, sentimentale, festivo, ecc., a volte da risate, a volte anche serie, e sottolineo serie, dal momento che le protagoniste entrano nel periodo più difficile dell'adolescenza, con l'inizio delle responsabilità che la vita comincia a portare davanti.
E, stavolta, anche gli antagonisti avranno dei momenti da risate, per i passatempi personali e per il ruolo da "babysitter" nei confronti del bambino.
Per farla breve, Nagisa e Honoka lasciano ancora una volta il segno, con una serie capace d'immergere lo spettatore sia nel suo lato di vitalità sia nel suo lato action. Alla prossima!
Pretty Cure Max Heart è il seguito diretto della prima serie, Pretty Cure, e vede come protagoniste ancora Nagisa e Honoka nei loro ruoli di Cure Black e Cure White.
Dopo avere sconfitto il Dark King, questa volta le protagoniste ne devono impedire la resurrezione.
Alle due ragazze se ne aggiunge una terza, Hikari, in grado di trasformarsi in Shiny Luminous, che ha dentro di sé il potere della luce.
Questa seconda serie di Pretty Cure è piacevole da guardare per chi ha apprezzato la prima, di cui mantiene i pregi, ma anche i difetti.
Abbiamo un’ottima caratterizzazione dei personaggi principali, come Nagisa e Honoka, che continuano a maturare e crescere, e che devono fare i conti con nuovi problemi, come ad esempio cosa fare in futuro, o con l’amore, nel caso di Nagisa; abbiamo l’amicizia di Nagisa e Honoka per Hikari e la sua crescita. I personaggi secondari, e le famiglie delle ragazze che gli sceneggiatori non hanno dimenticato, danno vita a dei begli episodi che affrontano diverse tematiche. Anche i nemici sono abbastanza ben caratterizzati, anche se un po’ troppo semplificati rispetto a quelli della prima serie.
Come la prima serie, anche questa però presenta lo stesso problema della ripetitività degli episodi, e della stessa struttura ciclica degli stessi. Ho avuto l’impressione che alcuni episodi siano stati creati solo per allungare il tutto, di episodi davvero importanti ce ne sono pochi.
Le situazioni vengono portate avanti per molti episodi senza che si evolvano, e alla lunga s’inizia ad accusare una stanchezza di fondo, specialmente la parte che riguarda il misterioso legame tra Hikari e il misterioso bambino, che viene portato avanti di fatto solo a pochi episodi dalla fine.
Per quel che riguarda la parte grafica, il lavoro svolto è dello stesso buon livello della prima serie, i disegni sono belli e le animazioni sono buone, anche se subiscono un leggero calo nelle scene più concitate, come quelle di lotta.
Per il doppiaggio sono tornati ai loro ruoli tutti i doppiatori della prima serie, che hanno fornito un’ottima prestazione. La colonna sonora presenta pezzi della prima serie, e altri nuovi, che forniscono un ottimo accompagnamento a tutte le scene.
Mi ha un po’ deluso il finale, che era apocalittico nella battaglia conclusiva, ma troppo semplice nella conclusione della serie, e nella storia di Nagisa e Honoka. Dopo avere seguito le loro avventure per 96 episodi (contando la prima serie), mi aspettavo qualcosa in più, ma mi ha comunque commosso.
Pretty Cure Max Heart è un buon sequel, ma come la maggior parte di essi, inferiore alla serie che l’ha preceduta. Comunque per chi ha visto e apprezzato Pretty Cure, è d’obbligo la visione.
Dopo avere sconfitto il Dark King, questa volta le protagoniste ne devono impedire la resurrezione.
Alle due ragazze se ne aggiunge una terza, Hikari, in grado di trasformarsi in Shiny Luminous, che ha dentro di sé il potere della luce.
Questa seconda serie di Pretty Cure è piacevole da guardare per chi ha apprezzato la prima, di cui mantiene i pregi, ma anche i difetti.
Abbiamo un’ottima caratterizzazione dei personaggi principali, come Nagisa e Honoka, che continuano a maturare e crescere, e che devono fare i conti con nuovi problemi, come ad esempio cosa fare in futuro, o con l’amore, nel caso di Nagisa; abbiamo l’amicizia di Nagisa e Honoka per Hikari e la sua crescita. I personaggi secondari, e le famiglie delle ragazze che gli sceneggiatori non hanno dimenticato, danno vita a dei begli episodi che affrontano diverse tematiche. Anche i nemici sono abbastanza ben caratterizzati, anche se un po’ troppo semplificati rispetto a quelli della prima serie.
Come la prima serie, anche questa però presenta lo stesso problema della ripetitività degli episodi, e della stessa struttura ciclica degli stessi. Ho avuto l’impressione che alcuni episodi siano stati creati solo per allungare il tutto, di episodi davvero importanti ce ne sono pochi.
Le situazioni vengono portate avanti per molti episodi senza che si evolvano, e alla lunga s’inizia ad accusare una stanchezza di fondo, specialmente la parte che riguarda il misterioso legame tra Hikari e il misterioso bambino, che viene portato avanti di fatto solo a pochi episodi dalla fine.
Per quel che riguarda la parte grafica, il lavoro svolto è dello stesso buon livello della prima serie, i disegni sono belli e le animazioni sono buone, anche se subiscono un leggero calo nelle scene più concitate, come quelle di lotta.
Per il doppiaggio sono tornati ai loro ruoli tutti i doppiatori della prima serie, che hanno fornito un’ottima prestazione. La colonna sonora presenta pezzi della prima serie, e altri nuovi, che forniscono un ottimo accompagnamento a tutte le scene.
Mi ha un po’ deluso il finale, che era apocalittico nella battaglia conclusiva, ma troppo semplice nella conclusione della serie, e nella storia di Nagisa e Honoka. Dopo avere seguito le loro avventure per 96 episodi (contando la prima serie), mi aspettavo qualcosa in più, ma mi ha comunque commosso.
Pretty Cure Max Heart è un buon sequel, ma come la maggior parte di essi, inferiore alla serie che l’ha preceduta. Comunque per chi ha visto e apprezzato Pretty Cure, è d’obbligo la visione.
In seguito all'energia sprigionata da Re Jyaku durante l'ultimo attacco sferratogli dalle Pretty Cure, la Regina del Giardino della Luce ha perso parte dei suoi poteri. Per recuperare le forze ha bisogno di rinascere e separa il suo corpo in tre elementi: l'energia vitale, il cuore e le 12 aspirazioni, anche dette "cuori magici".
Per Nagisa e Honoka la vita scorre lieta come al solito. Giunte ormai all'ultimo anno di scuola media, si ritrovano con nuove responsabilità. Nagisa è diventata il nuovo capitano della squadra di lacrosse, mentre Honoka è stata nominata presidente del club di scienze. Ma la nuova missione per salvare il Giardino dell'Arcobaleno dalla rinascita di Re Jyaku incombe. Informate dal Guardiano delle Pietre Prismatiche e dal Vecchio Saggio sul compito di trovare i tre elementi che compongono la vita della Regina, conosceranno anche una nuova combattente. Hikari Kujou, alias Shiny Luminous, le aiuterà a compiere la delicata missione. Ma sin dall'inizio Mepple e Mipple sospettano che la dolce Hikari abbia in sé l'energia vitale della Regina. Sarà davvero così?
Lo ammetto, inizialmente ero un pochino scettica sull'inserimento di un nuovo personaggio nel collaudato duo delle Pretty Cure. Invece Hikari Kujou, dal viso dolce e gentile, una ragazzina di 12 anni sempre disponibile con tutti e dall'animo generoso, fa il suo ingresso in scena in punta di piedi fino a scavare un posto nel cuore degli spettatori. Hikari si presenta come la cugina della signorina Akane e l'aiuta ogni giorno nel suo chiosco di takoyaki. Il suo essere nuova al mondo, la rende curiosa ma allo stesso tempo timorosa. Nagisa e Honoka si ritrovano così a farle da guida, e la tenera Hikari apprende ogni giorno nuove cose e fortifica il rapporto con le due amiche. Diventa così una pedina fondamentale in battaglia, ma soprattutto un'amica preziosa e insostituibile.
La particolarità di questa serie è senza dubbio il forte contrasto tra il bene e il male, rappresentato dai due esseri della luce e dell'oscurità. Hikari e il bambino che custodiscono i guerrieri di Dotsuku sembrano tuttavia avere un forte legame. La metafora che rappresenta le due facce della stessa medaglia è costantemente presente in ogni episodio. La vicenda che si nasconde dietro questi due personaggi è molto interessante e fino all'ultimo episodio vi sono particolari da scoprire sul loro rapporto.
Nonostante queste vicende occupino gran parte della storia, Nagisa e Honoka rimangono ancora una volta le indiscusse protagoniste. Le loro avventure da combattenti, ma anche le vicende familiari e scolastiche, rimangono un elemento importante come nella prima stagione. Piano piano affrontano i piccoli problemi quotidiani, maturando sia come guerriere che come persone.
I personaggi malvagi che affollano il mondo delle Pretty Cure sono uno degli elementi che mi spingono ad amare profondamente questa serie. Anche in Max Heart abbiamo un'ottima caratterizzazione dei guerrieri di Dotsuku.
Circulus, il più serioso del quartetto è il vice-capo del gruppo. Il suo obiettivo è quello d'interrogare Shiny Luminous. Litiga spesso con Uraganus.
Biblis, è l'unica donna e ha un fare molto altezzoso. Non si direbbe, ma è golosa di dolci.
Uraganus si può tranquillamente considerare lo stupido del gruppo. La sua unica dote è una forza mostruosa. Parlare con lui è come parlare a un muro.
Valdes, il più temibile e il più forte tra i quattro. Contro di lui le Pretty Cure dovranno sudare in più di un'occasione.
Ultimi, ma non meno importanti, sono i due mostri ,che accudiscono il baby Re Jyaku. Sono talmente goffi e spassosi che trattenere le risate è praticamente impossibile.
Considero Pretty Cure Max Heart superiore alla prima stagione. Durante la visione degli episodi ho riso e ho pianto. Mi sono sentita impacciata anch'io quando Nagisa cercava goffamente di rivelare i suoi sentimenti a Fuji P. e mi sono rattristata insieme ad Hikari quando temeva per il suo futuro.
Per tutti questi motivi do un 8 e mezzo a questa bella serie e la consiglio a tutti gli amanti dei majokko.
Per Nagisa e Honoka la vita scorre lieta come al solito. Giunte ormai all'ultimo anno di scuola media, si ritrovano con nuove responsabilità. Nagisa è diventata il nuovo capitano della squadra di lacrosse, mentre Honoka è stata nominata presidente del club di scienze. Ma la nuova missione per salvare il Giardino dell'Arcobaleno dalla rinascita di Re Jyaku incombe. Informate dal Guardiano delle Pietre Prismatiche e dal Vecchio Saggio sul compito di trovare i tre elementi che compongono la vita della Regina, conosceranno anche una nuova combattente. Hikari Kujou, alias Shiny Luminous, le aiuterà a compiere la delicata missione. Ma sin dall'inizio Mepple e Mipple sospettano che la dolce Hikari abbia in sé l'energia vitale della Regina. Sarà davvero così?
Lo ammetto, inizialmente ero un pochino scettica sull'inserimento di un nuovo personaggio nel collaudato duo delle Pretty Cure. Invece Hikari Kujou, dal viso dolce e gentile, una ragazzina di 12 anni sempre disponibile con tutti e dall'animo generoso, fa il suo ingresso in scena in punta di piedi fino a scavare un posto nel cuore degli spettatori. Hikari si presenta come la cugina della signorina Akane e l'aiuta ogni giorno nel suo chiosco di takoyaki. Il suo essere nuova al mondo, la rende curiosa ma allo stesso tempo timorosa. Nagisa e Honoka si ritrovano così a farle da guida, e la tenera Hikari apprende ogni giorno nuove cose e fortifica il rapporto con le due amiche. Diventa così una pedina fondamentale in battaglia, ma soprattutto un'amica preziosa e insostituibile.
La particolarità di questa serie è senza dubbio il forte contrasto tra il bene e il male, rappresentato dai due esseri della luce e dell'oscurità. Hikari e il bambino che custodiscono i guerrieri di Dotsuku sembrano tuttavia avere un forte legame. La metafora che rappresenta le due facce della stessa medaglia è costantemente presente in ogni episodio. La vicenda che si nasconde dietro questi due personaggi è molto interessante e fino all'ultimo episodio vi sono particolari da scoprire sul loro rapporto.
Nonostante queste vicende occupino gran parte della storia, Nagisa e Honoka rimangono ancora una volta le indiscusse protagoniste. Le loro avventure da combattenti, ma anche le vicende familiari e scolastiche, rimangono un elemento importante come nella prima stagione. Piano piano affrontano i piccoli problemi quotidiani, maturando sia come guerriere che come persone.
I personaggi malvagi che affollano il mondo delle Pretty Cure sono uno degli elementi che mi spingono ad amare profondamente questa serie. Anche in Max Heart abbiamo un'ottima caratterizzazione dei guerrieri di Dotsuku.
Circulus, il più serioso del quartetto è il vice-capo del gruppo. Il suo obiettivo è quello d'interrogare Shiny Luminous. Litiga spesso con Uraganus.
Biblis, è l'unica donna e ha un fare molto altezzoso. Non si direbbe, ma è golosa di dolci.
Uraganus si può tranquillamente considerare lo stupido del gruppo. La sua unica dote è una forza mostruosa. Parlare con lui è come parlare a un muro.
Valdes, il più temibile e il più forte tra i quattro. Contro di lui le Pretty Cure dovranno sudare in più di un'occasione.
Ultimi, ma non meno importanti, sono i due mostri ,che accudiscono il baby Re Jyaku. Sono talmente goffi e spassosi che trattenere le risate è praticamente impossibile.
Considero Pretty Cure Max Heart superiore alla prima stagione. Durante la visione degli episodi ho riso e ho pianto. Mi sono sentita impacciata anch'io quando Nagisa cercava goffamente di rivelare i suoi sentimenti a Fuji P. e mi sono rattristata insieme ad Hikari quando temeva per il suo futuro.
Per tutti questi motivi do un 8 e mezzo a questa bella serie e la consiglio a tutti gli amanti dei majokko.
Dopo aver debellato la minaccia del malvagio regno di Dozzuku e del suo sovrano Re Jakkum, Nagisa e Honoka possono finalmente tornare alla loro tranquilla vita di normali studentesse. La pace nuovamente acquisita non pare però destinata a durare molto perché nefasti segnali lasciano presagire un ritorno delle forze del male.
Le due ragazze dovranno così tornare a vestire i panni delle leggendarie guerriere Pretty Cure ma non saranno da sole perché a loro si aggiungerà una nuova combattente, Shiny Luminous, identità segreta della timida Hikari Kujo...
La seconda serie delle <i>Pretty Cure</i> si apre direttamente dal punto in cui si era conclusa la prima, diventando di fatto la seconda parte di una storia ancora in corso (un po' come il più recente R2 della serie <i>Code Geass</i>). L'impianto generale della serie viene confermato in modo ampio con delle novità nel cast di entrambi gli schieramenti.
Hikari, alias Shiny Luminous, è senza dubbio quella più rilevante in assoluto non solo perché con la sua apparizione fornisce nuovi spunti di sviluppo per la storia ma anche perché alla fine si rivela un personaggio non banale e più complesso di quanto si potrebbe pensare in un primo momento.
Non altrettanto interessanti sono i volti nuovi delle fila dell'esercito delle tenebre, composto dal quartetto Circulus, Bivis, Uraganos e Valdes, il cui unico merito è forse quello di avere un design più “vivo” e accattivante rispetto agli sconfitti colleghi della prima stagione, per il resto sono monotoni e senza spunti per tutti gli episodi. Essendo poi inutile oltre misura il bambino che custodiscono, gli unici a salvarsi sono i due maggiordomi Zakenna che almeno sono simpatici.
Fortunatamente ci sono sempre Nagisa e Honoka, coppia davvero molto affiatata e riuscita, che riusciremo a conoscere ancora meglio in questa seconda serie. E anche i vari esserini magici d'ordinanza, ovvero Mipple, Mapple, Pollum e Lulum, che stavolta sono anche simpatici e non fastidiosi come nella prima serie.
Meritevoli di segnalazione anche i vari comprimari che girano attorno ai protagonisti (Akane in particolare) che completano egregiamente il cast.
<i>Max Heart </i>si presenta bene con una grafica molto pulita, buoni effetti speciali (considerando anche che la serie non è recentissima) e delle musiche che sottolineano sempre bene ogni momento.
Molto buono anche il doppiaggio italiano dove Perla Liberatori (Nagisa) e Monica Vulcano (Honoka) se la cavano più che egregiamente. Hikari è invece affidata a Maria Letizia Scifoni (Kagome in Inuyasha) con buoni risultati. Unico possibile difetto risiede nel fatto che il terzetto appare più adulto nelle voci di quanto non sarebbe considerata anche la loro età (14 anni circa).
Il difetto principale della serie è anche quello un po' atavico del filone delle <i>Pretty Cure,</i> se vogliamo un suo marchio di fabbrica: gli episodi si svolgono tutti (ad eccezione di quelli “di svolta”) secondo lo stesso schema dato da una prima parte di vita quotidiana e una seconda con lo scontro con i malvagi. Tutto questo da un lato non conferisce dinamismo alla serie (sebbene in realtà un po' tutte le serie majokko-sentai abbiano questa caratteristica) ma, almeno nel caso delle<i> Pretty Cure</i>, la parte di vita quotidiana è gradevole e talvolta anche divertente. Noia arriva invece all'atto dei combattimenti che dopo un certo punto diventano davvero ripetitivi e spesso si risolvono quasi solo con una lunga sequenza d'attacco di Cure Black e Cure White che, nonostante qualche modifica, non è cambiata molto rispetto alla prima serie.
<i>Pretty Cure Max Heart</i> è comunque una buona serie, gradevole e anche interessante. Personalmente la reputo superiore alla prima che ancora di più soffriva degli atavici difetti sopra descritti.
A un pubblico giovane probabilmente piacerà ma anche i più grandicelli ci troveranno motivi di interesse specie se di “maghette” combattenti ma anche no, ne hanno incontrate nel corso della loro crescita.
Le due ragazze dovranno così tornare a vestire i panni delle leggendarie guerriere Pretty Cure ma non saranno da sole perché a loro si aggiungerà una nuova combattente, Shiny Luminous, identità segreta della timida Hikari Kujo...
La seconda serie delle <i>Pretty Cure</i> si apre direttamente dal punto in cui si era conclusa la prima, diventando di fatto la seconda parte di una storia ancora in corso (un po' come il più recente R2 della serie <i>Code Geass</i>). L'impianto generale della serie viene confermato in modo ampio con delle novità nel cast di entrambi gli schieramenti.
Hikari, alias Shiny Luminous, è senza dubbio quella più rilevante in assoluto non solo perché con la sua apparizione fornisce nuovi spunti di sviluppo per la storia ma anche perché alla fine si rivela un personaggio non banale e più complesso di quanto si potrebbe pensare in un primo momento.
Non altrettanto interessanti sono i volti nuovi delle fila dell'esercito delle tenebre, composto dal quartetto Circulus, Bivis, Uraganos e Valdes, il cui unico merito è forse quello di avere un design più “vivo” e accattivante rispetto agli sconfitti colleghi della prima stagione, per il resto sono monotoni e senza spunti per tutti gli episodi. Essendo poi inutile oltre misura il bambino che custodiscono, gli unici a salvarsi sono i due maggiordomi Zakenna che almeno sono simpatici.
Fortunatamente ci sono sempre Nagisa e Honoka, coppia davvero molto affiatata e riuscita, che riusciremo a conoscere ancora meglio in questa seconda serie. E anche i vari esserini magici d'ordinanza, ovvero Mipple, Mapple, Pollum e Lulum, che stavolta sono anche simpatici e non fastidiosi come nella prima serie.
Meritevoli di segnalazione anche i vari comprimari che girano attorno ai protagonisti (Akane in particolare) che completano egregiamente il cast.
<i>Max Heart </i>si presenta bene con una grafica molto pulita, buoni effetti speciali (considerando anche che la serie non è recentissima) e delle musiche che sottolineano sempre bene ogni momento.
Molto buono anche il doppiaggio italiano dove Perla Liberatori (Nagisa) e Monica Vulcano (Honoka) se la cavano più che egregiamente. Hikari è invece affidata a Maria Letizia Scifoni (Kagome in Inuyasha) con buoni risultati. Unico possibile difetto risiede nel fatto che il terzetto appare più adulto nelle voci di quanto non sarebbe considerata anche la loro età (14 anni circa).
Il difetto principale della serie è anche quello un po' atavico del filone delle <i>Pretty Cure,</i> se vogliamo un suo marchio di fabbrica: gli episodi si svolgono tutti (ad eccezione di quelli “di svolta”) secondo lo stesso schema dato da una prima parte di vita quotidiana e una seconda con lo scontro con i malvagi. Tutto questo da un lato non conferisce dinamismo alla serie (sebbene in realtà un po' tutte le serie majokko-sentai abbiano questa caratteristica) ma, almeno nel caso delle<i> Pretty Cure</i>, la parte di vita quotidiana è gradevole e talvolta anche divertente. Noia arriva invece all'atto dei combattimenti che dopo un certo punto diventano davvero ripetitivi e spesso si risolvono quasi solo con una lunga sequenza d'attacco di Cure Black e Cure White che, nonostante qualche modifica, non è cambiata molto rispetto alla prima serie.
<i>Pretty Cure Max Heart</i> è comunque una buona serie, gradevole e anche interessante. Personalmente la reputo superiore alla prima che ancora di più soffriva degli atavici difetti sopra descritti.
A un pubblico giovane probabilmente piacerà ma anche i più grandicelli ci troveranno motivi di interesse specie se di “maghette” combattenti ma anche no, ne hanno incontrate nel corso della loro crescita.
La luce e le tenebre sono due concetti inscindibilmente connessi fra di loro.
Dove c’è l’uno, c’è anche l’altro, irrimediabilmente.
E’ per questo che, con la scomparsa del perfido Re Jaaku, la stessa sorte è accaduta anche alla regina del Giardino della Luce, la cui essenza è stata divisa e sparpagliata chissà dove sulla Terra.
Ma luce e tenebre sono inscindibilmente legati, oltre che essere eterni, perciò sia la regina buona sia l’oscuro sovrano sono entrambi ancora vivi e in attesa di tornare agli antichi fasti.
Per quanto riguarda Re Jaaku, pare che la sua essenza vitale sia rinchiusa in un taciturno e misterioso bimbo biondo, e a farsi carico della sua reincarnazione sono i due comicissimi maggiordomi-Zakenna che avevamo avuto modo di apprezzare nella prima serie, coadiuvati da un quartetto di loschi figuri composto dall’indomito Circulas, dalla femme fatale Biblis, dal buffissimo, enorme, maldestro e non molto sveglio Uraganos e dall’enigmatico e maligno Baldez.
L’anima della regina della luce, invece, è stata divisa in dodici parti, chiamate Heartiels, che si nascondono sulla Terra, separate dalla sua essenza vitale, e sarà compito delle ormai collaudate Nagisa e Honoka, alias Cure Black e Cure White, naturalmente aiutate dai fedelissimi Mipple, Mepple e Porun, rimettere insieme tutti i frammenti per far tornare la regnante a nuova vita.
C’è una cosa che salta immediatamente all’occhio, guardando Futari wa Pretty Cure Max Heart, seconda stagione del fortunato franchise Toei Animation che è la diretta continuazione della prima storia, ossia che, stavolta, le guerriere non sono più “futari”, perché si è aggiunto al cast un nuovo personaggio, la timida e misteriosa Hikari Kujou alias Shiny Luminous, che le aiuterà nei combattimenti.
Fortunatamente, l’introduzione di un nuovo personaggio così importante è egregiamente gestita e lo spettatore prova immediatamente empatia per Hikari, sentendosi motivato a seguirne le vicende, sia quelle “umane” che vedono la ricerca, per la ragazza, di amici fidati e di un posto nel mondo, sia quelle “magiche” che riguardano il suo misterioso legame con quanto narrato nella nostra premessa.
C’è da dire che, purtroppo, di tanto in tanto Hikari ruba un po’ la scena alle stesse Nagisa e Honoka, un po’ come fu per Chibiusa ai tempi di Sailor Moon, ma è normale che sia così, dato che, in quanto nuovo personaggio ha bisogno di più spazio per essere introdotta. In ogni caso, Nagisa e Honoka sono tutt’altro che scomparse e anzi continueranno ad allietare lo spettatore con mille e più gags scaturite dalla loro diversità caratteriale, mentre, passo passo, continuano a cementare la loro amicizia.
L’elemento di vita quotidiana, gioia di chi ha amato la prima serie, fortunatamente non manca di incantarci anche in questa seconda avventura. Se da un lato è vero che a Nagisa e Honoka verrà data minor attenzione perché devono spartirla con Hikari, è anche innegabile che il mondo di Pretty Cure continua a mostrarci una certa vitalità e personaggi, siano essi protagonisti o comprimari, che si interrogano sui rapporti familiari, sull’amicizia, sulle questioni di cuore, sulle responsabilità, sui sogni, sul passato e sul futuro con grande naturalezza, riuscendo a risultare in alcuni casi persino toccanti e donando validi insegnamenti ai giovani spettatori cui la serie è diretta.
Rivedremo tutti i personaggi già conosciuti nella prima storia, approfondendone i caratteri, e ne conosceremo di nuovi che saranno ugualmente amabili. Del resto, si tratta della diretta continuazione di quella vicenda, con gli stessi personaggi e gli stessi autori, dunque era logico supporre che Pretty Cure Max Heart ne avrebbe mantenuto gran parte dei pregi. Pregi come l’umorismo che caratterizzava la prima stagione, dovuto alla scalmanata e maldestra Nagisa e alle sue sfuriate o gaffes, ai simpaticissimi folletti che la accompagnavano o agli spassosissimi Zakenna.
Questo stesso umorismo, fortunatamente, viene mantenuto e ampliato nella nuova storia, in quanto si darà anche a diversi altri personaggi, come il saggio del Giardino della Luce, il guardiano delle Prism Stones o nuovi folletti, l’occasione di inscenare numerose gags ben riuscite.
Sembra un po’ incredibile a dirsi, ma Pretty Cure Max Heart, in certi frangenti, fa ridere, davvero ridere di gusto, e gran parte del merito va alla parte “oscura” del cast. Continueremo, infatti, a conoscere molti nuovi Zakenna, che si faranno sempre più divertenti (sarà impossibile non ridere vedendo trasformarsi in un mostro una celebre pittura di uno dei molti templi di Kyoto) e a divertirci coi due imbranatissimi maggiordomi, ma la parte del leone spetta a Biblis, Circulas e Uraganos. Personaggi dal grandissimo potenziale comico, che risultano più simpatici delle stesse protagoniste, nel loro reiterato litigare per ogni cosa, cercare (riuscendoci pure) di adattarsi al mondo degli umani, travestirsi da Babbo Natale nella sigla di chiusura, giocare a baseball col bambino che devono proteggere o mangiare una torta alla fragola cercando vicendevolmente di rubarsi l’agognato frutto.
La grande empatia che si instaura tra lo spettatore e gli antagonisti, tuttavia, rappresenta uno dei maggiori problemi della serie.
Ricordate il fondamentale concetto su cui questa si basa? E’ una concezione manichea secondo cui luce e tenebre sono sempre contrapposte, con la luce sempre dalla parte del giusto e le tenebre sempre rappresentanti il male.
Eppure, chi guarda Pretty Cure Max Heart se ne accorgerà, gli avversari delle guerriere non sono poi così cattivi, e la cosa più malvagia che fanno nel corso degli episodi è evocare uno Zakenna che distruggerà qualche albero o strattonerà le protagoniste. Per il resto, fuori dalla battaglia, Biblis, Circulas e Uraganos sono personaggi che si divertono, provano sentimenti, desiderano a modo loro la felicità e vogliono bene al bambino che incarna il loro signore, al pari degli umani che sulla carta vogliono distruggere. Nonostante questo, però, e la cosa verrà sempre più enfatizzata man mano che la serie volge a conclusione, Nagisa e Honoka perseverano nel loro ritenersi nel giusto, e né loro né i cattivi fanno nulla per potersi comprendere vicendevolmente, cosa che permetterebbe ai cattivi di ottenere una maggiore caratterizzazione, avulsa dall’ essere delle spalle comiche e cattivi per contratto, e al tono degli scontri di maturare un po’, rendendoli meno monotoni e più profondi. Dispiace davvero vedere un manicheismo così superficiale, nella rappresentazione di Pretty Cure Max Heart, soprattutto pensando che, senza andare a scomodare Sailor Moon, già la prima serie ci aveva offerto dei personaggi più “sfumati”, e dunque ricordati con più affetto dallo spettatore, tra gli antagonisti.
Purtroppo, e lo dico a malincuore, è nella parte “magica” che Pretty Cure Max Heart fa un po’ acqua, e non solo perché gli scontri sono tutti simili fra loro e la caratterizzazione degli avversari è sì spassosa ma anche superficiale e talvolta incoerente.
L’intrigante trama di base insiste reiteratamente sulla contrapposizione di luce e tenebre e lascia presagire apocalittiche catastrofi qualora questi due elementi, incarnati da Hikari e dal bambino dei cattivi, dovessero incontrarsi. I molteplici colpi di scena al riguardo, tuttavia, si risolvono spesso e volentieri in un buco nell’acqua, per poi essere insabbiati da decine di episodi riempitivi dallo schema ripetitivo che affascina per la rappresentazione del quotidiano, ma mal spiega le vicende magiche della storia e tralascia i loro aspetti più interessanti trattandoli solo superficialmente. Del resto, i cattivi hanno uno scopo piuttosto vago e si limitano ad attaccare di continuo le protagoniste cercando da loro delle risposte all’annosa questione del rapporto tra luce e tenebre, risposte che, purtroppo per loro, non potranno ottenere da quelle che, a conti fatti, rimangono delle semplici ragazzine e che non otterranno mai, data l’impostazione manichea della trama.
Anche dal lato più prettamente “action”, Pretty Cure Max Heart cala un po’ rispetto alla prima stagione. I combattimenti sono molto fisici e sempre adrenalinici e ben animati, ma i power up di Nagisa e Honoka si limitano a nuove versioni, con qualche effetto speciale e inglesismo in più, del loro colpo base, e il power up di Hikari quasi non si capisce che cosa sia e quale utilità abbia. Ci sono infatti momenti in cui sembra che solo Hikari sia utile e altri in cui invece lei non serve a nulla e neppure compare, e questa incoerenza si rivela a tratti fastidiosa.
Nonostante i difetti a livello di trama, Pretty Cure Max Heart è comunque un prodotto ben confezionato a livello tecnico, con splendidi colori, effetti di luce e animazioni molto fluide. Ottima la colonna sonora che presenta diverse tracce orchestrate di grande effetto. La sigla d’apertura è la stessa canzone che apriva la prima serie, ma con un diverso arrangiamento, mentre sono due le sigle di chiusura: “Murimuri! Ariari! In jyaa nai!”, una canzone con un testo parecchio sciocco e infantile, al punto da sembrare quasi irritante, ma con un ritmo allegro e molto trascinante, e “Wonder Winter Yatta”, ugualmente sempliciotta nel testo ma coinvolgente a livello musicale.
Molto buono il doppiaggio giapponese, che ci permette di ritrovare il buon cast della prima stagione in gran forma. Tra i nuovi personaggi, purtroppo, bisogna dire che la Hikari di Rie Tanaka non sempre è convincente e anzi risulta un po’ forzata, inespressiva e macchinosa nelle scene d’azione, mentre si possono spendere solo parole d’elogio, e per giunta innumerevoli, per il poliedrico Wataru Takagi, che caratterizza un Uraganos davvero spassoso. Ottimi sono anche i vari Heartiels, ognuno caratterizzato da una propria inclinazione e da un preciso modo di parlare.
Bisogna tener conto del fatto che Pretty Cure Max Heart si rivolge ad un pubblico giovane. A questo non interesserà approfondire le ragioni dei cattivi, né si interrogherà su questioni morali durante la visione. Basterà avere dei buoni, dei cattivi e dei messaggi da far propri nella vita reale. In questo, la serie si rivela molto brava, in quanto di bei messaggi da veicolare agli spettatori ve ne sono tanti. Da spettatore più grandicello, tuttavia, avrei preferito che fra questi messaggi vi fosse anche un confronto ideologico e psicologico tra le due parti in conflitto, che rimangono purtroppo caratterizzate in maniera superficiale.
Intendiamoci, si tratta comunque di una serie avvincente e godibilissima, che ha degli splendidi momenti e che ci farà davvero ridere a crepapelle, in alcuni frangenti. Tuttavia, determinati suoi aspetti potevano essere curati decisamente meglio e uno spettatore più adulto, purtroppo, avverte che c’è un piccolissimo ma in qualche modo fastidioso ingranaggio inceppato nel meccanismo…
Dove c’è l’uno, c’è anche l’altro, irrimediabilmente.
E’ per questo che, con la scomparsa del perfido Re Jaaku, la stessa sorte è accaduta anche alla regina del Giardino della Luce, la cui essenza è stata divisa e sparpagliata chissà dove sulla Terra.
Ma luce e tenebre sono inscindibilmente legati, oltre che essere eterni, perciò sia la regina buona sia l’oscuro sovrano sono entrambi ancora vivi e in attesa di tornare agli antichi fasti.
Per quanto riguarda Re Jaaku, pare che la sua essenza vitale sia rinchiusa in un taciturno e misterioso bimbo biondo, e a farsi carico della sua reincarnazione sono i due comicissimi maggiordomi-Zakenna che avevamo avuto modo di apprezzare nella prima serie, coadiuvati da un quartetto di loschi figuri composto dall’indomito Circulas, dalla femme fatale Biblis, dal buffissimo, enorme, maldestro e non molto sveglio Uraganos e dall’enigmatico e maligno Baldez.
L’anima della regina della luce, invece, è stata divisa in dodici parti, chiamate Heartiels, che si nascondono sulla Terra, separate dalla sua essenza vitale, e sarà compito delle ormai collaudate Nagisa e Honoka, alias Cure Black e Cure White, naturalmente aiutate dai fedelissimi Mipple, Mepple e Porun, rimettere insieme tutti i frammenti per far tornare la regnante a nuova vita.
C’è una cosa che salta immediatamente all’occhio, guardando Futari wa Pretty Cure Max Heart, seconda stagione del fortunato franchise Toei Animation che è la diretta continuazione della prima storia, ossia che, stavolta, le guerriere non sono più “futari”, perché si è aggiunto al cast un nuovo personaggio, la timida e misteriosa Hikari Kujou alias Shiny Luminous, che le aiuterà nei combattimenti.
Fortunatamente, l’introduzione di un nuovo personaggio così importante è egregiamente gestita e lo spettatore prova immediatamente empatia per Hikari, sentendosi motivato a seguirne le vicende, sia quelle “umane” che vedono la ricerca, per la ragazza, di amici fidati e di un posto nel mondo, sia quelle “magiche” che riguardano il suo misterioso legame con quanto narrato nella nostra premessa.
C’è da dire che, purtroppo, di tanto in tanto Hikari ruba un po’ la scena alle stesse Nagisa e Honoka, un po’ come fu per Chibiusa ai tempi di Sailor Moon, ma è normale che sia così, dato che, in quanto nuovo personaggio ha bisogno di più spazio per essere introdotta. In ogni caso, Nagisa e Honoka sono tutt’altro che scomparse e anzi continueranno ad allietare lo spettatore con mille e più gags scaturite dalla loro diversità caratteriale, mentre, passo passo, continuano a cementare la loro amicizia.
L’elemento di vita quotidiana, gioia di chi ha amato la prima serie, fortunatamente non manca di incantarci anche in questa seconda avventura. Se da un lato è vero che a Nagisa e Honoka verrà data minor attenzione perché devono spartirla con Hikari, è anche innegabile che il mondo di Pretty Cure continua a mostrarci una certa vitalità e personaggi, siano essi protagonisti o comprimari, che si interrogano sui rapporti familiari, sull’amicizia, sulle questioni di cuore, sulle responsabilità, sui sogni, sul passato e sul futuro con grande naturalezza, riuscendo a risultare in alcuni casi persino toccanti e donando validi insegnamenti ai giovani spettatori cui la serie è diretta.
Rivedremo tutti i personaggi già conosciuti nella prima storia, approfondendone i caratteri, e ne conosceremo di nuovi che saranno ugualmente amabili. Del resto, si tratta della diretta continuazione di quella vicenda, con gli stessi personaggi e gli stessi autori, dunque era logico supporre che Pretty Cure Max Heart ne avrebbe mantenuto gran parte dei pregi. Pregi come l’umorismo che caratterizzava la prima stagione, dovuto alla scalmanata e maldestra Nagisa e alle sue sfuriate o gaffes, ai simpaticissimi folletti che la accompagnavano o agli spassosissimi Zakenna.
Questo stesso umorismo, fortunatamente, viene mantenuto e ampliato nella nuova storia, in quanto si darà anche a diversi altri personaggi, come il saggio del Giardino della Luce, il guardiano delle Prism Stones o nuovi folletti, l’occasione di inscenare numerose gags ben riuscite.
Sembra un po’ incredibile a dirsi, ma Pretty Cure Max Heart, in certi frangenti, fa ridere, davvero ridere di gusto, e gran parte del merito va alla parte “oscura” del cast. Continueremo, infatti, a conoscere molti nuovi Zakenna, che si faranno sempre più divertenti (sarà impossibile non ridere vedendo trasformarsi in un mostro una celebre pittura di uno dei molti templi di Kyoto) e a divertirci coi due imbranatissimi maggiordomi, ma la parte del leone spetta a Biblis, Circulas e Uraganos. Personaggi dal grandissimo potenziale comico, che risultano più simpatici delle stesse protagoniste, nel loro reiterato litigare per ogni cosa, cercare (riuscendoci pure) di adattarsi al mondo degli umani, travestirsi da Babbo Natale nella sigla di chiusura, giocare a baseball col bambino che devono proteggere o mangiare una torta alla fragola cercando vicendevolmente di rubarsi l’agognato frutto.
La grande empatia che si instaura tra lo spettatore e gli antagonisti, tuttavia, rappresenta uno dei maggiori problemi della serie.
Ricordate il fondamentale concetto su cui questa si basa? E’ una concezione manichea secondo cui luce e tenebre sono sempre contrapposte, con la luce sempre dalla parte del giusto e le tenebre sempre rappresentanti il male.
Eppure, chi guarda Pretty Cure Max Heart se ne accorgerà, gli avversari delle guerriere non sono poi così cattivi, e la cosa più malvagia che fanno nel corso degli episodi è evocare uno Zakenna che distruggerà qualche albero o strattonerà le protagoniste. Per il resto, fuori dalla battaglia, Biblis, Circulas e Uraganos sono personaggi che si divertono, provano sentimenti, desiderano a modo loro la felicità e vogliono bene al bambino che incarna il loro signore, al pari degli umani che sulla carta vogliono distruggere. Nonostante questo, però, e la cosa verrà sempre più enfatizzata man mano che la serie volge a conclusione, Nagisa e Honoka perseverano nel loro ritenersi nel giusto, e né loro né i cattivi fanno nulla per potersi comprendere vicendevolmente, cosa che permetterebbe ai cattivi di ottenere una maggiore caratterizzazione, avulsa dall’ essere delle spalle comiche e cattivi per contratto, e al tono degli scontri di maturare un po’, rendendoli meno monotoni e più profondi. Dispiace davvero vedere un manicheismo così superficiale, nella rappresentazione di Pretty Cure Max Heart, soprattutto pensando che, senza andare a scomodare Sailor Moon, già la prima serie ci aveva offerto dei personaggi più “sfumati”, e dunque ricordati con più affetto dallo spettatore, tra gli antagonisti.
Purtroppo, e lo dico a malincuore, è nella parte “magica” che Pretty Cure Max Heart fa un po’ acqua, e non solo perché gli scontri sono tutti simili fra loro e la caratterizzazione degli avversari è sì spassosa ma anche superficiale e talvolta incoerente.
L’intrigante trama di base insiste reiteratamente sulla contrapposizione di luce e tenebre e lascia presagire apocalittiche catastrofi qualora questi due elementi, incarnati da Hikari e dal bambino dei cattivi, dovessero incontrarsi. I molteplici colpi di scena al riguardo, tuttavia, si risolvono spesso e volentieri in un buco nell’acqua, per poi essere insabbiati da decine di episodi riempitivi dallo schema ripetitivo che affascina per la rappresentazione del quotidiano, ma mal spiega le vicende magiche della storia e tralascia i loro aspetti più interessanti trattandoli solo superficialmente. Del resto, i cattivi hanno uno scopo piuttosto vago e si limitano ad attaccare di continuo le protagoniste cercando da loro delle risposte all’annosa questione del rapporto tra luce e tenebre, risposte che, purtroppo per loro, non potranno ottenere da quelle che, a conti fatti, rimangono delle semplici ragazzine e che non otterranno mai, data l’impostazione manichea della trama.
Anche dal lato più prettamente “action”, Pretty Cure Max Heart cala un po’ rispetto alla prima stagione. I combattimenti sono molto fisici e sempre adrenalinici e ben animati, ma i power up di Nagisa e Honoka si limitano a nuove versioni, con qualche effetto speciale e inglesismo in più, del loro colpo base, e il power up di Hikari quasi non si capisce che cosa sia e quale utilità abbia. Ci sono infatti momenti in cui sembra che solo Hikari sia utile e altri in cui invece lei non serve a nulla e neppure compare, e questa incoerenza si rivela a tratti fastidiosa.
Nonostante i difetti a livello di trama, Pretty Cure Max Heart è comunque un prodotto ben confezionato a livello tecnico, con splendidi colori, effetti di luce e animazioni molto fluide. Ottima la colonna sonora che presenta diverse tracce orchestrate di grande effetto. La sigla d’apertura è la stessa canzone che apriva la prima serie, ma con un diverso arrangiamento, mentre sono due le sigle di chiusura: “Murimuri! Ariari! In jyaa nai!”, una canzone con un testo parecchio sciocco e infantile, al punto da sembrare quasi irritante, ma con un ritmo allegro e molto trascinante, e “Wonder Winter Yatta”, ugualmente sempliciotta nel testo ma coinvolgente a livello musicale.
Molto buono il doppiaggio giapponese, che ci permette di ritrovare il buon cast della prima stagione in gran forma. Tra i nuovi personaggi, purtroppo, bisogna dire che la Hikari di Rie Tanaka non sempre è convincente e anzi risulta un po’ forzata, inespressiva e macchinosa nelle scene d’azione, mentre si possono spendere solo parole d’elogio, e per giunta innumerevoli, per il poliedrico Wataru Takagi, che caratterizza un Uraganos davvero spassoso. Ottimi sono anche i vari Heartiels, ognuno caratterizzato da una propria inclinazione e da un preciso modo di parlare.
Bisogna tener conto del fatto che Pretty Cure Max Heart si rivolge ad un pubblico giovane. A questo non interesserà approfondire le ragioni dei cattivi, né si interrogherà su questioni morali durante la visione. Basterà avere dei buoni, dei cattivi e dei messaggi da far propri nella vita reale. In questo, la serie si rivela molto brava, in quanto di bei messaggi da veicolare agli spettatori ve ne sono tanti. Da spettatore più grandicello, tuttavia, avrei preferito che fra questi messaggi vi fosse anche un confronto ideologico e psicologico tra le due parti in conflitto, che rimangono purtroppo caratterizzate in maniera superficiale.
Intendiamoci, si tratta comunque di una serie avvincente e godibilissima, che ha degli splendidi momenti e che ci farà davvero ridere a crepapelle, in alcuni frangenti. Tuttavia, determinati suoi aspetti potevano essere curati decisamente meglio e uno spettatore più adulto, purtroppo, avverte che c’è un piccolissimo ma in qualche modo fastidioso ingranaggio inceppato nel meccanismo…