Il ragazzo e l'airone
Appena visto questo famosissimo film, record di incassi mondiale, vincitore di un premio Oscar come miglior film d'animazione.
Avevo sentito parlare molto de "il Ragazzo e l'Airone", del fatto che la trama fosse incomprensibile, un film non facile per tanti, per altri invece un capolavoro di una grande profondità con varie filosofie nascoste dentro la trama.......
L'ho visto senza sapere nulla della trama e prendendo solo qualche informazione sul suo creatore, il famosissimo Hayao Miyazaki, qui scrittore e regista.
La trama secondo me c'è tutta (sinceramente non capisco chi dice che la trama è incomprensibile) , mi ha ricordato sotto certi aspetti "Alice nel paese delle meraviglie": un ragazzino di nome Mahito, dopo la morte violenta della madre in un incendio nell'ospedale dove era ricoverata, si trasferisce in campagna con il padre che si è da poco risposato; Mahito non riesce da subito a legare con questa matrigna, tra l'altro sorella della defunta madre; in questo luogo tranquillo un Airone cenerino parlante lo conduce in un mondo fantastico, un pò come il bianconiglio con Alice, solo che l'Airone lo attira con la promessa di fargli rivedere la defunta madre.
Dal momento in cui Mahito entra in questo mondo magico dove tutto è possibile, il regista Hayao Miyazaki libera tutta la sua creatività, donando allo spettatore immagini davvero suggestive, con suoni e una colonna sonora davvero stimolante, un ritmo più lento, che ti trascina e ti incanta portandoti in questo mondo fantastico che non dona sempre spiegazioni, qui sta il punto!
Non si deve trovare per forza un motivo in tutto ciò che accade e viene mostrato, è così e basta!
Ci si deve solo lasciar trasportare dalle sensazioni che questo mondo ti offre e lasciare che la tua fantasia assopita venga stimolata.
La figura materna è centrale in questo film, così come il tema della perdita: Mahito ritrova sua madre come una ragazzina della sua età che non teme il fuoco che fu causa della sua morte, ma lo comanda! e aiuta e guida il nostro protagonista in questa avventura con ottimismo.
**ATTENZIONE SPOILER SUL FINALE**
Una volta mostrato questo, la trama verge al finale dove tutto si chiude: Mahito trova il suo prozio, creatore di questo mondo magico che, troppo anziano, propone al nostro protagonista non solo di poter ereditare tutto ciò, ma di poterlo anche cambiare e modificare a suo piacimento in futuro se vorrà, creando un mondo fantastico per lui perfetto.... ma Mahito non è interessato a questa eredità, e decide di tornare a casa, nel mondo reale con la sua matrigna, ora figura materna che sente emotivamente più vicina.... e alla fine ci riesce.
Non è detto che il finale migliore sarebbe stato quello con Mahito che avrebbe creato un mondo perfetto, ogni individuo è diverso e quello che può essere allettante per me può non esserlo per qualcun'altro.
Mahito desiderava vivere nel mondo reale, seppur imperfetto, violento e pieno di dolore, perchè lì non sarebbe stato solo, avrebbe avuto degli amici, questa è stata la sua scelta.
** FINE SPOILER FINALE **
Un film di formazione e crescita sicuramente.
Non un film commerciale che vuol piacere a tanti, ma che si apre a tante interpretazioni e sta proprio qui il bello.
Chi è più informato sulla vita di Hayao Miyazaki troverà tanti similitudini e tematiche nascoste, come il fatto che il padre stesso di Miyazaki si risposò con la sorella della sua ex moglie, o del fatto che Miyazaki non abbia , e forse non troverà mai, un degno erede che lo eguagli a livello artistico..... e molto altro ancora!
Un film sicuramente visionario, che non ha pretesa di accontentare nessuno, di non dare per forza risposte a tutto, ma proprio per questo interessante perchè stimolante a tutti i livelli: visivo, sonoro, nelle musiche, nella sua interpretazione su tanti livelli..... questa è Arte!
Per me e per molti non il miglior film di Miyazaki, per altri un capolavoro, insomma un film che crea pareri contrastanti ma la cosa importante è che è un film che discosta totalmente dalle classiche menate commerciali al cinema.
In definitiva gli dò un 7,5 come voto.
Meglio di come mi aspettassi.
Avevo sentito parlare molto de "il Ragazzo e l'Airone", del fatto che la trama fosse incomprensibile, un film non facile per tanti, per altri invece un capolavoro di una grande profondità con varie filosofie nascoste dentro la trama.......
L'ho visto senza sapere nulla della trama e prendendo solo qualche informazione sul suo creatore, il famosissimo Hayao Miyazaki, qui scrittore e regista.
La trama secondo me c'è tutta (sinceramente non capisco chi dice che la trama è incomprensibile) , mi ha ricordato sotto certi aspetti "Alice nel paese delle meraviglie": un ragazzino di nome Mahito, dopo la morte violenta della madre in un incendio nell'ospedale dove era ricoverata, si trasferisce in campagna con il padre che si è da poco risposato; Mahito non riesce da subito a legare con questa matrigna, tra l'altro sorella della defunta madre; in questo luogo tranquillo un Airone cenerino parlante lo conduce in un mondo fantastico, un pò come il bianconiglio con Alice, solo che l'Airone lo attira con la promessa di fargli rivedere la defunta madre.
Dal momento in cui Mahito entra in questo mondo magico dove tutto è possibile, il regista Hayao Miyazaki libera tutta la sua creatività, donando allo spettatore immagini davvero suggestive, con suoni e una colonna sonora davvero stimolante, un ritmo più lento, che ti trascina e ti incanta portandoti in questo mondo fantastico che non dona sempre spiegazioni, qui sta il punto!
Non si deve trovare per forza un motivo in tutto ciò che accade e viene mostrato, è così e basta!
Ci si deve solo lasciar trasportare dalle sensazioni che questo mondo ti offre e lasciare che la tua fantasia assopita venga stimolata.
La figura materna è centrale in questo film, così come il tema della perdita: Mahito ritrova sua madre come una ragazzina della sua età che non teme il fuoco che fu causa della sua morte, ma lo comanda! e aiuta e guida il nostro protagonista in questa avventura con ottimismo.
**ATTENZIONE SPOILER SUL FINALE**
Una volta mostrato questo, la trama verge al finale dove tutto si chiude: Mahito trova il suo prozio, creatore di questo mondo magico che, troppo anziano, propone al nostro protagonista non solo di poter ereditare tutto ciò, ma di poterlo anche cambiare e modificare a suo piacimento in futuro se vorrà, creando un mondo fantastico per lui perfetto.... ma Mahito non è interessato a questa eredità, e decide di tornare a casa, nel mondo reale con la sua matrigna, ora figura materna che sente emotivamente più vicina.... e alla fine ci riesce.
Non è detto che il finale migliore sarebbe stato quello con Mahito che avrebbe creato un mondo perfetto, ogni individuo è diverso e quello che può essere allettante per me può non esserlo per qualcun'altro.
Mahito desiderava vivere nel mondo reale, seppur imperfetto, violento e pieno di dolore, perchè lì non sarebbe stato solo, avrebbe avuto degli amici, questa è stata la sua scelta.
** FINE SPOILER FINALE **
Un film di formazione e crescita sicuramente.
Non un film commerciale che vuol piacere a tanti, ma che si apre a tante interpretazioni e sta proprio qui il bello.
Chi è più informato sulla vita di Hayao Miyazaki troverà tanti similitudini e tematiche nascoste, come il fatto che il padre stesso di Miyazaki si risposò con la sorella della sua ex moglie, o del fatto che Miyazaki non abbia , e forse non troverà mai, un degno erede che lo eguagli a livello artistico..... e molto altro ancora!
Un film sicuramente visionario, che non ha pretesa di accontentare nessuno, di non dare per forza risposte a tutto, ma proprio per questo interessante perchè stimolante a tutti i livelli: visivo, sonoro, nelle musiche, nella sua interpretazione su tanti livelli..... questa è Arte!
Per me e per molti non il miglior film di Miyazaki, per altri un capolavoro, insomma un film che crea pareri contrastanti ma la cosa importante è che è un film che discosta totalmente dalle classiche menate commerciali al cinema.
In definitiva gli dò un 7,5 come voto.
Meglio di come mi aspettassi.
“E voi come vivrete?”
Il titolo giapponese è fortemente evocativo, ma non lo comprendo, quindi credo che il titolo internazionale non sia malaccio. Sì, perché il titolo giapponese in fondo non lo capisco... A cosa si riferisce? Alla guerra? Al dover dimenticare le fantasie della gioventù? All’affrontare i lutti della vita? In fondo, queste cose sono nel film, ma le trovo banali, già viste.
Già sento le lamentele di chi esalta Hayao Miyazaki sul mio giudizio così netto, ma io trovo questo film un condensato delle tematiche usate dall’autore nei suoi precedenti film.
Wilde divideva i libri in libri interessanti e noiosi, e Miyazaki ci offre un’opera molto interessante. Una fiaba per adulti come quelle del napoletano Basile o della prima versione delle fiabe del focolare dei fratelli Grimm.
I personaggi della fantasia uccidono. Nel mondo della torre, di cui il prozio è il grande demiurgo, gli uccelli importati dall’esterno hanno smesso di essere gioiosi animaletti, per diventare strumenti di morte. Il prozio cerca un erede con il proprio sangue, per creare un mondo migliore, visto che sta perdendo dopo decenni le forze.
Arriva Mahito, un nome che è un programma, perché significa “sincero”. Questo ragazzo è alla ricerca della mamma morta e della zia incinta del suo fratellino. Fondamentalmente, è uno scontento, ma è anche un ragazzo coraggioso: il suo mondo è il nostro, ma eppure è diverso in virtù del fatto che la gente crede nello straordinario. Tutti ci credono, rendendo più facile il dispiegarsi della magia di Miyazaki.
Potrei parlare di ambientalismo, con il demiurgo che prova a creare un mondo nuovo, ma lo crea decisamente crudele come il vecchio.
Potrei parlare di guerra, con i parrocchetti che sembrano esaltati fascisti, o di morte, con i pellicani che si nutrono degli spiriti dei bambini che dovrebbero nascere... insomma, il mondo della torre è un mondo venuto male, e il demiurgo in una cosa somiglia allo stesso Hayao Miyazaki: per poter continuare e diventare perfetto, il prozio ha bisogno di un erede che è del suo sangue, ma Mahito non è pronto, e per colpa sua il mondo verrà distrutto. Un chiaro rimprovero al figlio Goro che, chiamato a succedere al padre alla guida della macchina dei sogni Ghibli, non si è dimostrato all’altezza, e dunque con la fine del fondatore tutto è destinato ad andare a rotoli.
Ci sono voluti sette anni per colpa del COVID-19 per portare a termine quest’opera, e mi sembra un buon risultato: ho detto che i topoi rappresentati spesso da Miyazaki si trovano anche qui come negli altri film, ma tutto è narrato senza annoiare. Due ore di grande regia e di buona narrazione. Insomma, io gli do un bell’otto e mezzo, e lo consiglio a un pubblico di adulti o comunque di bambini accompagnati dai genitori.
Il titolo giapponese è fortemente evocativo, ma non lo comprendo, quindi credo che il titolo internazionale non sia malaccio. Sì, perché il titolo giapponese in fondo non lo capisco... A cosa si riferisce? Alla guerra? Al dover dimenticare le fantasie della gioventù? All’affrontare i lutti della vita? In fondo, queste cose sono nel film, ma le trovo banali, già viste.
Già sento le lamentele di chi esalta Hayao Miyazaki sul mio giudizio così netto, ma io trovo questo film un condensato delle tematiche usate dall’autore nei suoi precedenti film.
Wilde divideva i libri in libri interessanti e noiosi, e Miyazaki ci offre un’opera molto interessante. Una fiaba per adulti come quelle del napoletano Basile o della prima versione delle fiabe del focolare dei fratelli Grimm.
I personaggi della fantasia uccidono. Nel mondo della torre, di cui il prozio è il grande demiurgo, gli uccelli importati dall’esterno hanno smesso di essere gioiosi animaletti, per diventare strumenti di morte. Il prozio cerca un erede con il proprio sangue, per creare un mondo migliore, visto che sta perdendo dopo decenni le forze.
Arriva Mahito, un nome che è un programma, perché significa “sincero”. Questo ragazzo è alla ricerca della mamma morta e della zia incinta del suo fratellino. Fondamentalmente, è uno scontento, ma è anche un ragazzo coraggioso: il suo mondo è il nostro, ma eppure è diverso in virtù del fatto che la gente crede nello straordinario. Tutti ci credono, rendendo più facile il dispiegarsi della magia di Miyazaki.
Potrei parlare di ambientalismo, con il demiurgo che prova a creare un mondo nuovo, ma lo crea decisamente crudele come il vecchio.
Potrei parlare di guerra, con i parrocchetti che sembrano esaltati fascisti, o di morte, con i pellicani che si nutrono degli spiriti dei bambini che dovrebbero nascere... insomma, il mondo della torre è un mondo venuto male, e il demiurgo in una cosa somiglia allo stesso Hayao Miyazaki: per poter continuare e diventare perfetto, il prozio ha bisogno di un erede che è del suo sangue, ma Mahito non è pronto, e per colpa sua il mondo verrà distrutto. Un chiaro rimprovero al figlio Goro che, chiamato a succedere al padre alla guida della macchina dei sogni Ghibli, non si è dimostrato all’altezza, e dunque con la fine del fondatore tutto è destinato ad andare a rotoli.
Ci sono voluti sette anni per colpa del COVID-19 per portare a termine quest’opera, e mi sembra un buon risultato: ho detto che i topoi rappresentati spesso da Miyazaki si trovano anche qui come negli altri film, ma tutto è narrato senza annoiare. Due ore di grande regia e di buona narrazione. Insomma, io gli do un bell’otto e mezzo, e lo consiglio a un pubblico di adulti o comunque di bambini accompagnati dai genitori.
Dopo molto tempo mi sono trovato finalmente con l’opportunità di vedere al cinema un film inedito di Miyazaki; ammetto che non ci speravo davvero più. Credevo che la sua ultima dichiarazione di ritiro fosse una scelta verosimile, visto anche il tipo di film e le tematiche che aveva proposto con “Si alza il vento”, ma è pur vero che cose ne sono successe moltissime da allora e, alcune di queste, indubbiamente hanno dato motivo al regista di dedicarsi di nuovo all’animazione, per veicolare a un pubblico vasto le sue idee a riguardo. E, guardando “Il ragazzo e l'airone”, è palese come i messaggi che vuole trasmettere siano tanti, ed escono con una urgenza e veemenza che di rado avevo visto nelle opere di Miyazaki. Sfortunatamente, non posso dire che lo facciano in un modo ordinato e chiaro, togliendo all’opera parte di quella magia e poesia che è caratteristica di Miyazaki.
“Il ragazzo e l'airone” è un gioiellino da vedere, dal punto di vista tecnico si attesta su livelli eccelsi, ma a livello narrativo l’ho trovato discontinuo, non sempre coerente e, ahimè, soprattutto, poco coinvolgente emotivamente. Il messaggio viene comunque veicolato, lo spettatore lo capisce, ma a che costo? Per buona parte della visione mi sono abbastanza annoiato, non sono mai riuscito ad appassionarmi alle vicende narrate o entrare in connessione empatica con nessuno dei personaggi. Sebbene vada a trattare tematiche fantastiche e magiche, non ho nemmeno trovato quel “senso di meraviglia” che ho sempre adorato in altri lavori, probabilmente a causa di un incedere narrativo incerto e dell’assenza di empatia con i suoi protagonisti, senza dimenticare qualche forzatura di troppo.
Nel complesso non posso negare che sono, viste le altissime aspettative, uscito abbastanza deluso dal cinema: mi aspettavo qualcosa in più di uno showcase tecnico di ottima animazione. Posso capire che il periodo per il Maestro e per lo Studio Ghibli è stato molto complicato, ma “Il ragazzo e l'airone” l’ho trovato lacunoso, tecnica a parte, proprio su quelle cose che hanno reso lo studio di animazione meritatamente popolare in tutto il mondo.
Forse più per appassionati dell’artista Miyazaki, che di animazione.
“Il ragazzo e l'airone” è un gioiellino da vedere, dal punto di vista tecnico si attesta su livelli eccelsi, ma a livello narrativo l’ho trovato discontinuo, non sempre coerente e, ahimè, soprattutto, poco coinvolgente emotivamente. Il messaggio viene comunque veicolato, lo spettatore lo capisce, ma a che costo? Per buona parte della visione mi sono abbastanza annoiato, non sono mai riuscito ad appassionarmi alle vicende narrate o entrare in connessione empatica con nessuno dei personaggi. Sebbene vada a trattare tematiche fantastiche e magiche, non ho nemmeno trovato quel “senso di meraviglia” che ho sempre adorato in altri lavori, probabilmente a causa di un incedere narrativo incerto e dell’assenza di empatia con i suoi protagonisti, senza dimenticare qualche forzatura di troppo.
Nel complesso non posso negare che sono, viste le altissime aspettative, uscito abbastanza deluso dal cinema: mi aspettavo qualcosa in più di uno showcase tecnico di ottima animazione. Posso capire che il periodo per il Maestro e per lo Studio Ghibli è stato molto complicato, ma “Il ragazzo e l'airone” l’ho trovato lacunoso, tecnica a parte, proprio su quelle cose che hanno reso lo studio di animazione meritatamente popolare in tutto il mondo.
Forse più per appassionati dell’artista Miyazaki, che di animazione.
"Il ragazzo e l'airone", ennesima fatica dello Studio Ghibli uscita nelle sale nel 2023, è l'ultimo film del maestro Miyazaki. La storia racconta di Mahito, un ragazzino di dodici anni che, dopo la morte della madre, si trasferisce con il padre in una nuova città. Qui, Mahito incontra un airone...
Il film è un'opera ricca di significati e suggestioni, che affronta alcuni temi profondi; i personaggi sono ben caratterizzati, ma io li ho trovati un po' freddi, diciamo un po' anonimi. Il mondo in cui si svolge la storia è ricco di dettagli e di fascino, le immagini sono molto belle, una grafica classica molto ben curata, e anche le musiche sono giuste.
"Il ragazzo e l'airone" è un film che conferma lo stile di Hayao Miyazaki. Il maestro giapponese anche in questo suo ultimo lavoro affronta i suoi soliti temi, tuttavia è innegabile che Miyazaki in questo film abbia utilizzato per l'ennesima volta le tematiche che utilizza sempre nei suoi film, reiterandole. I temi del viaggio, il volo, le creature strane, i rapporti famigliari, ecc. sono ormai presenti in ogni sua opera, io sinceramente spero che in futuro lo Studio Ghibli cambi, si rinnovi, e si discosti dai soliti temi parecchio usati di Miyazaki.
Da un lato, è innegabile che le tematiche di Miyazaki siano sempre interessanti, e che il suo modo di trattarle sia sempre coinvolgente, dall'altro lato, però, la reiterazione di queste tematiche può portare a una certa sensazione di prevedibilità e di ripetitività, eccessiva ripetitività. Per concludere, aggiungo che il finale non mi è piaciuto molto, nel senso che brutto non è, però non mi ha neppure conquistato.
In definitiva, "Il ragazzo e l'airone" è un film che merita di essere visto, soprattutto dai fan di Hayao Miyazaki, però sinceramente spero che in futuro lo Studio Ghibli si rinnovi e si discosti dai soliti temi di Miyazaki che si porta dietro da anni e anni, e che hanno un po' stufato. Il mio voto è 6, per i motivi che ho esplicato, diciamo che dello Studio Ghibli preferisco altri film come "La principessa Mononoke" o "Il castello errante di Howl".
Il film è un'opera ricca di significati e suggestioni, che affronta alcuni temi profondi; i personaggi sono ben caratterizzati, ma io li ho trovati un po' freddi, diciamo un po' anonimi. Il mondo in cui si svolge la storia è ricco di dettagli e di fascino, le immagini sono molto belle, una grafica classica molto ben curata, e anche le musiche sono giuste.
"Il ragazzo e l'airone" è un film che conferma lo stile di Hayao Miyazaki. Il maestro giapponese anche in questo suo ultimo lavoro affronta i suoi soliti temi, tuttavia è innegabile che Miyazaki in questo film abbia utilizzato per l'ennesima volta le tematiche che utilizza sempre nei suoi film, reiterandole. I temi del viaggio, il volo, le creature strane, i rapporti famigliari, ecc. sono ormai presenti in ogni sua opera, io sinceramente spero che in futuro lo Studio Ghibli cambi, si rinnovi, e si discosti dai soliti temi parecchio usati di Miyazaki.
Da un lato, è innegabile che le tematiche di Miyazaki siano sempre interessanti, e che il suo modo di trattarle sia sempre coinvolgente, dall'altro lato, però, la reiterazione di queste tematiche può portare a una certa sensazione di prevedibilità e di ripetitività, eccessiva ripetitività. Per concludere, aggiungo che il finale non mi è piaciuto molto, nel senso che brutto non è, però non mi ha neppure conquistato.
In definitiva, "Il ragazzo e l'airone" è un film che merita di essere visto, soprattutto dai fan di Hayao Miyazaki, però sinceramente spero che in futuro lo Studio Ghibli si rinnovi e si discosti dai soliti temi di Miyazaki che si porta dietro da anni e anni, e che hanno un po' stufato. Il mio voto è 6, per i motivi che ho esplicato, diciamo che dello Studio Ghibli preferisco altri film come "La principessa Mononoke" o "Il castello errante di Howl".
Largamente ispirato al romanzo del 1937 “E voi come vivrete?” di Genzaburō Yoshino, “Il ragazzo e l’airone” di Hayao Miyazaki si presenta al pubblico come l’ultimo, e questa volta veramente ultimo, film del regista giapponese premio Oscar. Dieci anni dopo l’ultima volta, Miyazaki ritorna sul grande schermo, probabilmente dimenticandosi di avere ottant’anni suonati, segno evidente di come l’età sia effettivamente soltanto un numero, soprattutto quando si parla di menti grandiose e geniali come la sua. A causa dei disagi legati alla pandemia di COVID-19, la produzione del lungometraggio è durata circa sette anni, un tempo lungo abbastanza da consentire al regista giapponese di lavorare in piena tranquillità, per portare a compimento quello che può considerarsi a pieno titolo come il lascito testamentario di un autore che ha segnato in modo indelebile il mondo dell’animazione giapponese e ha lasciato un’impronta nel cuore di tantissimi giovani e adulti sparsi in giro per il mondo.
Tokyo, 1943. Mentre la Guerra del Pacifico impazza, il dodicenne Mahito Maki perde la madre Hisako durante l'incendio dell’ospedale in cui lavora e l'anno successivo il padre Shoichi si risposa con Natsuko, sorella minore di Hisako. Per allontanarsi dalla guerra, la famiglia si trasferisce nella tenuta di campagna di Natsuko, dove Mahito fatica ad abituarsi alla nuova casa e soffre per la perdita della madre e per la gravidanza della zia-matrigna. Un giorno, inseguendo un misterioso airone cenerino per il bosco, trova le rovine di una torre abbandonata, a cui sembra essere legata un’oscura storia familiare. Come se non bastasse, Mahito fatica ad integrarsi nella nuova scuola, tant’è finisce col prendere parte a una zuffa con un altro ragazzino della sua stessa età. Per evitare di dover ritornare in quel luogo che sente profondamente ostile, Mahito si ferisce intenzionalmente alla testa con una pietra, costringendosi a letto. Durante la convalescenza trova una copia del romanzo “E voi come vivrete?” annotato dalla madre, che evidentemente avrebbe voluto regalarglielo quando sarebbe stato abbastanza grande. La lettura del libro viene interrotta dalle domestiche, alla ricerca della dispersa Natsuko. Mahito vede la matrigna allontanarsi in direzione della torre e la segue insieme alla domestica Kiriko. Qui, l'airone cenerino informa Mahito che, se vorrà, potrà rivedere la madre morta e ritrovare la zia, ma solo a patto di entrare nella sinistra torre. Inizia così il surreale viaggio di Mahito alla ricerca di sé stesso.
Come sostenuto da tanti altri in giro per il web, “Il ragazzo e l’airone” è un film complesso, ricco di rimandi alle opere precedenti del regista e fondamentalmente incomprensibile senza sapere ciò che egli ha rappresentato per l’animazione giapponese degli ultimi quarant’anni. Per comprendere il film, non è necessario aver preso visione dei vari “Kiki consegne a domicilio” o “La città incantata”, quanto avere qualche informazione sull’autore e regista premio Oscar Hayao Miyazaki. Onestamente, di gente che è uscita dalla sala senza aver capito nulla o quasi ne ho vista parecchia, e mentirei se io stesso dicessi di aver colto tutti i messaggi che l’autore ha voluto lasciarci. Come poche altre volte mi era capitato, al termine della visione sono rimasto completamente immobile sulla poltrona, tanto da destare la preoccupazione del mio amico vicino di posto, perché il finale e il film in generale sono stati di un impatto emotivo tale, da lasciarmi in uno stato di turbamento momentaneo mai sperimentato prima d’ora. Senza esitazione alcuna, posso affermare anche io che, sì, “Il ragazzo e l’airone” è stata una visione incredibilmente impegnativa e assolutamente non adatta a dei bambini piccoli, per quanto spesso erroneamente i genitori associno l’animazione a qualcosa che è ad esclusivo appannaggio dei più piccini.
Il film ci racconta di un viaggio onirico alla Satoshi Kon, seppur molto meno psichedelico, tra dimensioni spaziali e temporali altre da quella che il protagonista è solito definire realtà. Un viaggio che ha il sapore di una fuga dalla realtà, durante il quale Mahito riuscirà a trovare sé stesso. Di elementi familiari ce ne sono parecchi; oltre alle citazioni esplicite ai film precedenti, si pensi ai Wara Wara, “Il ragazzo e l’airone” si distingue per la solita perizia tecnica, leitmotiv indiscusso dello Studio Ghibli, e un comparto musicale semplicemente di qualità superiore, affidato a un inarrivabile Joe Hisaishi, ancora in forma smagliante. D’altro canto, non mancano elementi di difficile lettura che, ancora adesso, destano in me dubbio e perplessità. Siamo distanti anni luce dalle trame lineari del Miyazaki a noi più familiare, limpido e fiabesco. La strada tracciata dall’autore è tortuosa e labirintica, tant’è che in molti hanno finito col perdersi. Il regista ha volutamente lasciato in ombra il fanciullino che è solito comparire in altre sue pellicole e ha fatto emergere l’uomo Miyazaki, padre deluso, regista di fama internazionale e vincitore di un premio Oscar. Questo rende “Il ragazzo e l’airone” un film molto autobiografico, al pari di “Si alza il vento”, ma dai toni decisamente più malinconici e amareggiati. Hayao Miyazaki è un uomo che ha messo tutto sé stesso nell’animazione, a cui è stato e continua ad essere profondamente devoto da quasi cinquant’anni, e che ha esaurito le cartucce nel fucile ormai da un po’ di tempo. Quello che doveva dire è stato abbondantemente detto ed è custodito nelle opere nate dalla sua immensa penna. Opere che hanno lasciato un’impronta indelebile in chiunque le abbia viste. Hayao Miyazaki è partito da una semplice passione, che gli ha consentito di creare mondi fantastici di una bellezza senza tempo, in cui si è rifugiato per evadere dalla realtà. Il tempo per vagare con la mente, però, è finito e si fa sempre più impellente la necessità di ritornare a quella realtà a tinte fosche da lui costantemente rifuggita e ripudiata. L’età avanza inesorabilmente, e questo Miyazaki lo sa bene, così come sa di aver, per colpe non sue, fallito nel trovare un erede che prendesse il suo posto e portasse avanti il nome dello Studio Ghibli, che sembra essere destinato a morire con la morte del suo fondatore. Questo è quello che traspare al termine della visione de “Il ragazzo e l’airone”, indubbiamente non il miglior film di Miyazaki, che ha deciso, per una volta, di mostrarci il lato di sé più reale e depresso.
Che lo si voglia accettare o meno, Miyazaki è stato l’animazione giapponese degli ultimi decenni, colui che con le sue storie al confine tra il reale e il fiabesco ha fatto sognare milioni di persone in ogni angolo del mondo. La fine di un’era si avvicina, e la domanda, nonché titolo originale dell’opera, “E voi come vivrete?”, suona come un’esortazione, destinata a rimanere senza risposta, perché ognuno è e sarà sempre libero di fare ciò che vuole. Nessuno può sapere cosa ci riserverà il domani e quanto ancora potremmo goderci la presenza di Miyazaki in questo mondo, per questo, poiché il tempo ancora me lo concede, porgo i miei più sinceri ringraziamenti all’uomo che più di ogni altro mi ha fatto amare l’animazione e, seppur in piccolissima parte, ha contribuito a plasmare la persona che sono oggi.
“Al creatore di mondi Hayao Miyazaki, grazie dal profondo del mio cuore.”
Firmato, un sognatore qualsiasi.
Tokyo, 1943. Mentre la Guerra del Pacifico impazza, il dodicenne Mahito Maki perde la madre Hisako durante l'incendio dell’ospedale in cui lavora e l'anno successivo il padre Shoichi si risposa con Natsuko, sorella minore di Hisako. Per allontanarsi dalla guerra, la famiglia si trasferisce nella tenuta di campagna di Natsuko, dove Mahito fatica ad abituarsi alla nuova casa e soffre per la perdita della madre e per la gravidanza della zia-matrigna. Un giorno, inseguendo un misterioso airone cenerino per il bosco, trova le rovine di una torre abbandonata, a cui sembra essere legata un’oscura storia familiare. Come se non bastasse, Mahito fatica ad integrarsi nella nuova scuola, tant’è finisce col prendere parte a una zuffa con un altro ragazzino della sua stessa età. Per evitare di dover ritornare in quel luogo che sente profondamente ostile, Mahito si ferisce intenzionalmente alla testa con una pietra, costringendosi a letto. Durante la convalescenza trova una copia del romanzo “E voi come vivrete?” annotato dalla madre, che evidentemente avrebbe voluto regalarglielo quando sarebbe stato abbastanza grande. La lettura del libro viene interrotta dalle domestiche, alla ricerca della dispersa Natsuko. Mahito vede la matrigna allontanarsi in direzione della torre e la segue insieme alla domestica Kiriko. Qui, l'airone cenerino informa Mahito che, se vorrà, potrà rivedere la madre morta e ritrovare la zia, ma solo a patto di entrare nella sinistra torre. Inizia così il surreale viaggio di Mahito alla ricerca di sé stesso.
Come sostenuto da tanti altri in giro per il web, “Il ragazzo e l’airone” è un film complesso, ricco di rimandi alle opere precedenti del regista e fondamentalmente incomprensibile senza sapere ciò che egli ha rappresentato per l’animazione giapponese degli ultimi quarant’anni. Per comprendere il film, non è necessario aver preso visione dei vari “Kiki consegne a domicilio” o “La città incantata”, quanto avere qualche informazione sull’autore e regista premio Oscar Hayao Miyazaki. Onestamente, di gente che è uscita dalla sala senza aver capito nulla o quasi ne ho vista parecchia, e mentirei se io stesso dicessi di aver colto tutti i messaggi che l’autore ha voluto lasciarci. Come poche altre volte mi era capitato, al termine della visione sono rimasto completamente immobile sulla poltrona, tanto da destare la preoccupazione del mio amico vicino di posto, perché il finale e il film in generale sono stati di un impatto emotivo tale, da lasciarmi in uno stato di turbamento momentaneo mai sperimentato prima d’ora. Senza esitazione alcuna, posso affermare anche io che, sì, “Il ragazzo e l’airone” è stata una visione incredibilmente impegnativa e assolutamente non adatta a dei bambini piccoli, per quanto spesso erroneamente i genitori associno l’animazione a qualcosa che è ad esclusivo appannaggio dei più piccini.
Il film ci racconta di un viaggio onirico alla Satoshi Kon, seppur molto meno psichedelico, tra dimensioni spaziali e temporali altre da quella che il protagonista è solito definire realtà. Un viaggio che ha il sapore di una fuga dalla realtà, durante il quale Mahito riuscirà a trovare sé stesso. Di elementi familiari ce ne sono parecchi; oltre alle citazioni esplicite ai film precedenti, si pensi ai Wara Wara, “Il ragazzo e l’airone” si distingue per la solita perizia tecnica, leitmotiv indiscusso dello Studio Ghibli, e un comparto musicale semplicemente di qualità superiore, affidato a un inarrivabile Joe Hisaishi, ancora in forma smagliante. D’altro canto, non mancano elementi di difficile lettura che, ancora adesso, destano in me dubbio e perplessità. Siamo distanti anni luce dalle trame lineari del Miyazaki a noi più familiare, limpido e fiabesco. La strada tracciata dall’autore è tortuosa e labirintica, tant’è che in molti hanno finito col perdersi. Il regista ha volutamente lasciato in ombra il fanciullino che è solito comparire in altre sue pellicole e ha fatto emergere l’uomo Miyazaki, padre deluso, regista di fama internazionale e vincitore di un premio Oscar. Questo rende “Il ragazzo e l’airone” un film molto autobiografico, al pari di “Si alza il vento”, ma dai toni decisamente più malinconici e amareggiati. Hayao Miyazaki è un uomo che ha messo tutto sé stesso nell’animazione, a cui è stato e continua ad essere profondamente devoto da quasi cinquant’anni, e che ha esaurito le cartucce nel fucile ormai da un po’ di tempo. Quello che doveva dire è stato abbondantemente detto ed è custodito nelle opere nate dalla sua immensa penna. Opere che hanno lasciato un’impronta indelebile in chiunque le abbia viste. Hayao Miyazaki è partito da una semplice passione, che gli ha consentito di creare mondi fantastici di una bellezza senza tempo, in cui si è rifugiato per evadere dalla realtà. Il tempo per vagare con la mente, però, è finito e si fa sempre più impellente la necessità di ritornare a quella realtà a tinte fosche da lui costantemente rifuggita e ripudiata. L’età avanza inesorabilmente, e questo Miyazaki lo sa bene, così come sa di aver, per colpe non sue, fallito nel trovare un erede che prendesse il suo posto e portasse avanti il nome dello Studio Ghibli, che sembra essere destinato a morire con la morte del suo fondatore. Questo è quello che traspare al termine della visione de “Il ragazzo e l’airone”, indubbiamente non il miglior film di Miyazaki, che ha deciso, per una volta, di mostrarci il lato di sé più reale e depresso.
Che lo si voglia accettare o meno, Miyazaki è stato l’animazione giapponese degli ultimi decenni, colui che con le sue storie al confine tra il reale e il fiabesco ha fatto sognare milioni di persone in ogni angolo del mondo. La fine di un’era si avvicina, e la domanda, nonché titolo originale dell’opera, “E voi come vivrete?”, suona come un’esortazione, destinata a rimanere senza risposta, perché ognuno è e sarà sempre libero di fare ciò che vuole. Nessuno può sapere cosa ci riserverà il domani e quanto ancora potremmo goderci la presenza di Miyazaki in questo mondo, per questo, poiché il tempo ancora me lo concede, porgo i miei più sinceri ringraziamenti all’uomo che più di ogni altro mi ha fatto amare l’animazione e, seppur in piccolissima parte, ha contribuito a plasmare la persona che sono oggi.
“Al creatore di mondi Hayao Miyazaki, grazie dal profondo del mio cuore.”
Firmato, un sognatore qualsiasi.
Percorso terapeutico per l'elaborazione del lutto e del trauma, dove, nonostante tutto, come in "Si alza il vento", bisogna tentare di vivere.
Catabasi orfica e dantesca (la discesa nel mondo dei morti e la risalita verso le vette del Demiurgo, la selva oscura come passaggio necessario per accedere all'Altrove, sul cui ingresso campeggia "Fecemi la divina potestate", l'airone come Virgilio, Kiriko come Caronte, la madre come Beatrice, e dunque come Sapienza Celeste), flusso di coscienza che abbandona le forme classiche della narrazione per abbracciare il puro simbolismo, l'avanguardia, la sperimentazione, la pittura di Arnold Böcklin.
Più vicino al "libro rosso dei sogni" di Jung che non a un racconto che risponde ai dispositivi convenzionali dello storytelling.
Morfologia della fiaba, oltrepassamento della soglia tra la fisica e la metafisica, viaggio iniziatico, cammino di crescita e maturazione in cui, superando una serie di prove, si può dimostrare di essere diventati adulti.
Percorso spirituale, alchemico, per "dare forma" a sé stessi, per conseguire la determinazione del Sé, la sconfitta delle impurità dell'Ego e la messa in "ordine" delle sconosciute e trascinanti forze dell'inconscio (le rane, i pellicani, i parrocchetti).
La dimensione magica come elemento da superare ma anche da sperimentare in quanto necessario per lo sviluppo personale.
Rielaborazione e radicalizzazione del cinema, del linguaggio e dei temi del regista, film testamentario e autobiografico sull'epilogo di una carriera e di una vita, sulla fine di un "creatore di mondi" e il suo studio (destinato a sparire insieme alla sua opera e cosciente che i giovani e gli eredi debbano essere lasciati liberi, si fermerà, con la penna in mano, solo quando il mondo gli crollerà addosso, accettando in pace la sua sorte).
Presa di consapevolezza della natura dei propri lavori e della propria verità interiore, psicologica ed esistenziale, che porta anche a comprendere come forse solo i giovani, chiamati a "plasmare il mondo a loro immagine" e a seguire la loro strada, e non i vecchi disillusi ormai al tramonto, possano essere una fonte di speranza (gli anziani non possono fare più nulla, è tardi per loro, ma le nuove generazioni hanno un futuro davanti).
Racconto escapista, evasione da una realtà nei confronti della quale si prova disagio, fuga ed estraniamento nel mondo dei sogni.
Già Marco Pagot, traumatizzato e segnato, si rifugiava nella sua grotta marina, mentre Howl, depresso, scappava e si isolava nel suo castello errante, ognuno rinchiuso nel proprio mondo, senza voler avere più niente a che fare con l'esterno (e come loro probabilmente è anche lo stesso Miyazaki con i suoi mondi meravigliosi). Entrambi feriti dalla vita e da una realtà, di guerre, violenze e conflitti, per la quale non si prova nessun piacere. Ma arriva il momento in cui "bisogna fare i conti con la realtà", in cui non si può più evitarla, in cui si deve accettarla, affrontarla e saperne tirare fuori il meglio. Il momento in cui si deve imparare e si è chiamati ad uscire dal proprio guscio per agire nel mondo, per crescere e diventare adulti. Perché scappare non risolve nulla e fuggire non è una soluzione, non cambia niente.
Un film, quindi, a ricordo di quanto sia importante saper fare i conti con la realtà.
Un'opera d'arte.
Catabasi orfica e dantesca (la discesa nel mondo dei morti e la risalita verso le vette del Demiurgo, la selva oscura come passaggio necessario per accedere all'Altrove, sul cui ingresso campeggia "Fecemi la divina potestate", l'airone come Virgilio, Kiriko come Caronte, la madre come Beatrice, e dunque come Sapienza Celeste), flusso di coscienza che abbandona le forme classiche della narrazione per abbracciare il puro simbolismo, l'avanguardia, la sperimentazione, la pittura di Arnold Böcklin.
Più vicino al "libro rosso dei sogni" di Jung che non a un racconto che risponde ai dispositivi convenzionali dello storytelling.
Morfologia della fiaba, oltrepassamento della soglia tra la fisica e la metafisica, viaggio iniziatico, cammino di crescita e maturazione in cui, superando una serie di prove, si può dimostrare di essere diventati adulti.
Percorso spirituale, alchemico, per "dare forma" a sé stessi, per conseguire la determinazione del Sé, la sconfitta delle impurità dell'Ego e la messa in "ordine" delle sconosciute e trascinanti forze dell'inconscio (le rane, i pellicani, i parrocchetti).
La dimensione magica come elemento da superare ma anche da sperimentare in quanto necessario per lo sviluppo personale.
Rielaborazione e radicalizzazione del cinema, del linguaggio e dei temi del regista, film testamentario e autobiografico sull'epilogo di una carriera e di una vita, sulla fine di un "creatore di mondi" e il suo studio (destinato a sparire insieme alla sua opera e cosciente che i giovani e gli eredi debbano essere lasciati liberi, si fermerà, con la penna in mano, solo quando il mondo gli crollerà addosso, accettando in pace la sua sorte).
Presa di consapevolezza della natura dei propri lavori e della propria verità interiore, psicologica ed esistenziale, che porta anche a comprendere come forse solo i giovani, chiamati a "plasmare il mondo a loro immagine" e a seguire la loro strada, e non i vecchi disillusi ormai al tramonto, possano essere una fonte di speranza (gli anziani non possono fare più nulla, è tardi per loro, ma le nuove generazioni hanno un futuro davanti).
Racconto escapista, evasione da una realtà nei confronti della quale si prova disagio, fuga ed estraniamento nel mondo dei sogni.
Già Marco Pagot, traumatizzato e segnato, si rifugiava nella sua grotta marina, mentre Howl, depresso, scappava e si isolava nel suo castello errante, ognuno rinchiuso nel proprio mondo, senza voler avere più niente a che fare con l'esterno (e come loro probabilmente è anche lo stesso Miyazaki con i suoi mondi meravigliosi). Entrambi feriti dalla vita e da una realtà, di guerre, violenze e conflitti, per la quale non si prova nessun piacere. Ma arriva il momento in cui "bisogna fare i conti con la realtà", in cui non si può più evitarla, in cui si deve accettarla, affrontarla e saperne tirare fuori il meglio. Il momento in cui si deve imparare e si è chiamati ad uscire dal proprio guscio per agire nel mondo, per crescere e diventare adulti. Perché scappare non risolve nulla e fuggire non è una soluzione, non cambia niente.
Un film, quindi, a ricordo di quanto sia importante saper fare i conti con la realtà.
Un'opera d'arte.
Miyazaki ha ormai più di ottant'anni, è purtroppo nello sfiorire della sua vita e delle sue forze vitali (anche se così non sembrerebbe), e si ritrova a ponderare certezze, speranze che un tempo dava per scontate. Nel recente documentario "10 Years With Hayao Miyazaki" (2019) troviamo un Miyazaki spesso cinico e quasi disilluso, anche se ancora attivamente curioso della propria stessa disillusione, introspettivo e ricercante. Non sono un esperto biografo dell'autore, ma so che da giovane ha fatto parte di campagne politiche e sociali abbastanza decise e decisive, partecipando e dando anche direzioni future a tutta una serie di battaglie che definiremmo genericamente liberal-progressiste, ecologiste, pro-democratiche. Che Miyazaki stesso, nel recente documentario, e quindi da anziano, si chieda se davvero la democrazia post-bellica si riduca a un banale "esser felici" è un importante punto di contatto tra noi, questo e il precedente film, ossia "Si alza il vento". Questo penultimo film, a mio vedere non emotivamente così scardinante, è comunque un'opera che in un certo senso si distacca dalla sua filosofia ghibliana classica, vertente sulla fantasia e sulla metafora fantasiosa. Miyazaki in "Si alza il vento" ritocca terra e si ricollega col defunto amico Isao Takahata, che ha sempre creato opere molto più radicate nell'umano (si pensi a "La tomba delle lucciole", ma anche al bellissimo "Pioggia di ricordi"). Con "Il ragazzo e l'airone" Miyazaki pare concludere questo suo scettico ripensarsi, ritornando in un certo senso al fantastico, ma mantenendo i dubbi che l'anzianità gli ha offerto. Questo potpourri concettuale d'altronde è anche artistico, ché Miyazaki prende spunto da qui e lì, da sé stesso e da altri, così tanto e in modo così palese da pensare che lo abbia quasi voluto palesare (si veda la ricercata recensione di G. Gangi al riguardo: archive.md/uYHEN).
La dirimente differenza tra il vecchio Miyazaki e il nuovo Miyazaki (anche se il vecchio corrisponde al giovane e il nuovo al vecchio) è nel punto finale e d'arrivo della sua morale. La morte e la distruzione non è la prima volta che capitano tra le mani del regista che, seppure spesso accusato di buonismo, di una visione bambinescamente georgica della realtà, non è mai stato così stupido da creare solo favole à la Totoro e Arrietty (dove comunque il tema della sofferenza rimane accennato, ma tangenziale). La guerra umana e la morte sono lo sfondo de "Il castello di Howl", non bisogna dimenticarlo, ma Howl è una fiaba e finisce bene come ogni fiaba. La guerra tra l'umano e il panteismo spirituale sono lo sfondo de "La principessa Mononoke", ma Mononoke è una fiaba e finisce bene come ogni fiaba, sebbene per ottenere questo bene una grande entità viene sacrificata. Ne "Il ragazzo e l'airone" la sofferenza della morte e della vacuità della vita umana portano i due protagonisti, ossia il ragazzo e il suo progenitore, a creare o sprofondare in un nuovo mondo speculare, una specie di Agartha dantesca, sotto il pretesto della ricerca di quel qualcosa che si è perso e che si vorrebbe riconquistare, che sia la propria madre o semplicemente la conoscenza. L'eclatante sta, però, nel fatto che, sebbene "Il ragazzo e l'airone" sia una fiaba e termini più o meno come una fiaba, una vena di cinica malinconia segna questo finale come mai alcun film di Miyazaki era stato segnato prima. La possibilità che il progenitore, nel finale, dà al giovane di ricreare un mondo speculare migliore di quel che lui ha creato, usando nuove forze vitali giovanili, fresche, viene disatteso per un, diciamo sterile, ritorno al presente. Il presente viene accettato così come è, la morte della madre viene accettata così come è, e si fa ritorno all'esistente con nuove forze e nuovo spirito, ma ricordando che la potenzialità creatrice è stata riposta in un cassetto e dimenticata. Il bel finale, sgargiantemente colorato, d'altronde si chiude, negli ultimi secondi, in un modo abbastanza freddo e sterile.
La dirimente differenza tra il vecchio Miyazaki e il nuovo Miyazaki (anche se il vecchio corrisponde al giovane e il nuovo al vecchio) è nel punto finale e d'arrivo della sua morale. La morte e la distruzione non è la prima volta che capitano tra le mani del regista che, seppure spesso accusato di buonismo, di una visione bambinescamente georgica della realtà, non è mai stato così stupido da creare solo favole à la Totoro e Arrietty (dove comunque il tema della sofferenza rimane accennato, ma tangenziale). La guerra umana e la morte sono lo sfondo de "Il castello di Howl", non bisogna dimenticarlo, ma Howl è una fiaba e finisce bene come ogni fiaba. La guerra tra l'umano e il panteismo spirituale sono lo sfondo de "La principessa Mononoke", ma Mononoke è una fiaba e finisce bene come ogni fiaba, sebbene per ottenere questo bene una grande entità viene sacrificata. Ne "Il ragazzo e l'airone" la sofferenza della morte e della vacuità della vita umana portano i due protagonisti, ossia il ragazzo e il suo progenitore, a creare o sprofondare in un nuovo mondo speculare, una specie di Agartha dantesca, sotto il pretesto della ricerca di quel qualcosa che si è perso e che si vorrebbe riconquistare, che sia la propria madre o semplicemente la conoscenza. L'eclatante sta, però, nel fatto che, sebbene "Il ragazzo e l'airone" sia una fiaba e termini più o meno come una fiaba, una vena di cinica malinconia segna questo finale come mai alcun film di Miyazaki era stato segnato prima. La possibilità che il progenitore, nel finale, dà al giovane di ricreare un mondo speculare migliore di quel che lui ha creato, usando nuove forze vitali giovanili, fresche, viene disatteso per un, diciamo sterile, ritorno al presente. Il presente viene accettato così come è, la morte della madre viene accettata così come è, e si fa ritorno all'esistente con nuove forze e nuovo spirito, ma ricordando che la potenzialità creatrice è stata riposta in un cassetto e dimenticata. Il bel finale, sgargiantemente colorato, d'altronde si chiude, negli ultimi secondi, in un modo abbastanza freddo e sterile.
Ho visto il film in anteprima a Lucca.
Mi chiedevo come mai tante critiche nei suoi confronti. Ero convinto che fosse l'ennesimo caso di un maestro del cinema che, dopo una lunga assenza, viene accusato di aver perso il tocco magico, di essere ormai al tramonto. È successo con George Lucas, con Steven Spielberg, con Peter Jackson, con Clint Eastwood, con Martin Scorsese, prima o poi accadrà anche a Tarantino e Del Toro. Insomma, ero convinto che le critiche lasciassero il tempo che trovavano.
Invece, purtroppo, qualcosa da criticare c'è eccome.
Qualcuno ha detto che il difetto del film è che non si capisce il messaggio. Lo stesso Miyazaki avrebbe detto che lui stesso non ha capito di che parla. Non sono d'accordo. Questo film è molto più semplice da capire di altri suoi prodotti, tipo "Il castello errante di Howl". Il messaggio del film è chiaro ed è anche bello: come recita il titolo originale ("E voi come vivrete?"), il film è un augurio e un invito di Miyazaki ai giovani, chiedendo loro di non ripetere gli errori della sua generazione (e di quella dopo, cioè quella attuale) e di costruire un futuro e un mondo migliore, senza guerra, senza atrocità etc.
Il problema è che questo messaggio lo si è già visto più e più volte. È stato onnipresente nei film Ghibli, pure in questo film ritroviamo tutti i tropi di un film Ghibli: il volo, l'innocenza infantile, il rapporto famigliare, le creature magiche inquietanti che però non sono così cattive, l'assenza di un antagonista del tutto nero, la santificazione della figura materna...
"Il ragazzo e l'airone" è praticamente un film fatto con lo stampino. Non aggiunge nulla di nuovo che non abbiate già visto in tutti gli altri film di Miyazaki. Perfino i personaggi, per design e tutto, sembrano una copia di altri personaggi. Makoto Shinkai è stato accusato di aver sempre riciclato il canovaccio di "Your Name." nei suoi film successivi. Ebbene, qui lo Studio Ghibli ha fatto esattamente la stessa cosa.
È un vero peccato che il tanto osannato Studio Ghibli non abbia mai avuto l'occasione di evolversi fuori dall'ombra di Miyazaki. Negli anni, hanno allontanato tutti i talenti emergenti (Mamoru Hosoda, Hirokatsu Kihara, Hiromasa Yonebayashi), quelli che avrebbero potuto realizzare storie che osassero di più. E il giovane Goro Miyazaki è stato rovinato dallo studio, che l'ha spinto a tutti i costi a cercare di essere suo padre.
Ma lo Studio Ghibli è nato per essere il giocattolo personale di Miyazaki e Takahata, che non hanno permesso a nessun altro di emergere. Ed è con loro che inevitabilmente morirà.
Gli do comunque 8, perché non è un brutto film ed è tecnicamente perfetto. Avrebbe meritato 10, se non sapesse dall'inizio alla fine di riciclato.
Mi chiedevo come mai tante critiche nei suoi confronti. Ero convinto che fosse l'ennesimo caso di un maestro del cinema che, dopo una lunga assenza, viene accusato di aver perso il tocco magico, di essere ormai al tramonto. È successo con George Lucas, con Steven Spielberg, con Peter Jackson, con Clint Eastwood, con Martin Scorsese, prima o poi accadrà anche a Tarantino e Del Toro. Insomma, ero convinto che le critiche lasciassero il tempo che trovavano.
Invece, purtroppo, qualcosa da criticare c'è eccome.
Qualcuno ha detto che il difetto del film è che non si capisce il messaggio. Lo stesso Miyazaki avrebbe detto che lui stesso non ha capito di che parla. Non sono d'accordo. Questo film è molto più semplice da capire di altri suoi prodotti, tipo "Il castello errante di Howl". Il messaggio del film è chiaro ed è anche bello: come recita il titolo originale ("E voi come vivrete?"), il film è un augurio e un invito di Miyazaki ai giovani, chiedendo loro di non ripetere gli errori della sua generazione (e di quella dopo, cioè quella attuale) e di costruire un futuro e un mondo migliore, senza guerra, senza atrocità etc.
Il problema è che questo messaggio lo si è già visto più e più volte. È stato onnipresente nei film Ghibli, pure in questo film ritroviamo tutti i tropi di un film Ghibli: il volo, l'innocenza infantile, il rapporto famigliare, le creature magiche inquietanti che però non sono così cattive, l'assenza di un antagonista del tutto nero, la santificazione della figura materna...
"Il ragazzo e l'airone" è praticamente un film fatto con lo stampino. Non aggiunge nulla di nuovo che non abbiate già visto in tutti gli altri film di Miyazaki. Perfino i personaggi, per design e tutto, sembrano una copia di altri personaggi. Makoto Shinkai è stato accusato di aver sempre riciclato il canovaccio di "Your Name." nei suoi film successivi. Ebbene, qui lo Studio Ghibli ha fatto esattamente la stessa cosa.
È un vero peccato che il tanto osannato Studio Ghibli non abbia mai avuto l'occasione di evolversi fuori dall'ombra di Miyazaki. Negli anni, hanno allontanato tutti i talenti emergenti (Mamoru Hosoda, Hirokatsu Kihara, Hiromasa Yonebayashi), quelli che avrebbero potuto realizzare storie che osassero di più. E il giovane Goro Miyazaki è stato rovinato dallo studio, che l'ha spinto a tutti i costi a cercare di essere suo padre.
Ma lo Studio Ghibli è nato per essere il giocattolo personale di Miyazaki e Takahata, che non hanno permesso a nessun altro di emergere. Ed è con loro che inevitabilmente morirà.
Gli do comunque 8, perché non è un brutto film ed è tecnicamente perfetto. Avrebbe meritato 10, se non sapesse dall'inizio alla fine di riciclato.