Tenshi no Koi
<b>Attenzione: la recensione contiene spoiler</b>
Prima di parlare di "Tenshi no Koi", o come lo chiameremo in italiano, traducendo il titolo internazionale che stavolta rende giustizia al contenuto del film a cui è affibbiato, "I miei giorni piovosi", c'è da dire che da parte di un qualsiasi spettatore considerare questo film simile, se non peggio, a un film di Moccia è un insulto pesante, se non blasfemo.
La tematica non è poi tanto lontana dalla verità sociale che imperversa da anni in Giappone: tanti sono infatti i giovani, ragazze ma anche ragazzi, che si prostituiscono in maniere più o meno evidenti per raggiungere la ricchezza o quanto meno l'agiatezza economica di cui pochi sembrano realmente disporre. Come aveva già mostrato il documentario uscito nel 2006 "The Great Happiness Space: Tale of an Osaka Love Thief", che aveva provocato non poco stupore, se non ribrezzo, e in alcuni casi approvazione nei più alti ambienti statunitensi ed europei, l'amore in Giappone si compra a qualsiasi età e prezzo. Certo, se il documentario mostrava in maniera più cruda la realtà degli Host Club e dei locali e bagni per uomini, questo film, uscito tre anni dopo, è molto più limpido, mostrando tuttavia fin dove arriva la corruzione della personalità e quindi direttamente di sé stessi.
Rio è la protagonista diciassettenne di questo film, che nei primi fotogrammi vediamo con due anni di meno mentre si trova in ospedale per fare degli accertamenti (che poi si scopriranno legati a un incidente), mentre in un'altra stanza, ma con il suo stesso cognome (della serie: a volte il caso tira strani scherzi), a Kouki, un uomo sulla trentina, viene pronosticato un tumore che lo porterà a una triste fine, senza forze o memoria: terribile per lui che studia e insegna storia all'università, ma soprattutto gli viene data una data termine, due anni di vita.
Rincontriamo pochi fotogrammi più tardi i nostri protagonisti, proprio verso lo scadere del tempo. Lei ha messo su un gruppo di prostituzione con le amiche, inganna per procurarsi nuove alleate in un gioco che non solo è disgustoso, ma anche impregnato dall'odore meschino del denaro, intrattiene una relazione con una compagna di classe che in lei (e questo lo capiremo solo a fine film) vede l'unica luce della sua vita, ma soprattutto mostra cosa comporta la mancanza di una figura genitoriale. Lui invece, sbadato, cerca di farsi delle foto per il suo funerale. Il caso vuole che ritirando le fotografie i due si scambino i pacchi per via del caso di omonimia: è qui che nasce il film, ciò che stavamo aspettando. Per Rio è un colpo di fulmine, non solo riesce a incontrare l'uomo, a detta delle sue amiche strano, rappresentato nelle foto, ma, anzi, lo esamina, lo segue, ci studia e sempre di più se innamora, arrivando ad accontentarsi di un appuntamento, non da manga come ci si aspetta alla sua età, ma da adulti, in giro per siti storici o in biblioteca. Lui le nasconde la verità fino all'ultimo, mostrando come l'amore riesca spesso a ridare vita e speranza ad una persona che l'ha completamente persa.
La pioggia qui è simbolica: segna la fine ma anche l'inizio di una nuova storia.
Certamente il film va capito nelle sue sfumature, nelle piccole realtà della vita, ma è in questo che si discosta mostrando come anche i più giovani possano essere capaci di grandi cose, sia in senso positivo che negativo.
La regia mi è piaciuta molto, buoni i tempi di gestione, ottimo il cast, soprattutto Shōsuke Tanihara (Kouki). Consiglio il film vivamente.
Prima di parlare di "Tenshi no Koi", o come lo chiameremo in italiano, traducendo il titolo internazionale che stavolta rende giustizia al contenuto del film a cui è affibbiato, "I miei giorni piovosi", c'è da dire che da parte di un qualsiasi spettatore considerare questo film simile, se non peggio, a un film di Moccia è un insulto pesante, se non blasfemo.
La tematica non è poi tanto lontana dalla verità sociale che imperversa da anni in Giappone: tanti sono infatti i giovani, ragazze ma anche ragazzi, che si prostituiscono in maniere più o meno evidenti per raggiungere la ricchezza o quanto meno l'agiatezza economica di cui pochi sembrano realmente disporre. Come aveva già mostrato il documentario uscito nel 2006 "The Great Happiness Space: Tale of an Osaka Love Thief", che aveva provocato non poco stupore, se non ribrezzo, e in alcuni casi approvazione nei più alti ambienti statunitensi ed europei, l'amore in Giappone si compra a qualsiasi età e prezzo. Certo, se il documentario mostrava in maniera più cruda la realtà degli Host Club e dei locali e bagni per uomini, questo film, uscito tre anni dopo, è molto più limpido, mostrando tuttavia fin dove arriva la corruzione della personalità e quindi direttamente di sé stessi.
Rio è la protagonista diciassettenne di questo film, che nei primi fotogrammi vediamo con due anni di meno mentre si trova in ospedale per fare degli accertamenti (che poi si scopriranno legati a un incidente), mentre in un'altra stanza, ma con il suo stesso cognome (della serie: a volte il caso tira strani scherzi), a Kouki, un uomo sulla trentina, viene pronosticato un tumore che lo porterà a una triste fine, senza forze o memoria: terribile per lui che studia e insegna storia all'università, ma soprattutto gli viene data una data termine, due anni di vita.
Rincontriamo pochi fotogrammi più tardi i nostri protagonisti, proprio verso lo scadere del tempo. Lei ha messo su un gruppo di prostituzione con le amiche, inganna per procurarsi nuove alleate in un gioco che non solo è disgustoso, ma anche impregnato dall'odore meschino del denaro, intrattiene una relazione con una compagna di classe che in lei (e questo lo capiremo solo a fine film) vede l'unica luce della sua vita, ma soprattutto mostra cosa comporta la mancanza di una figura genitoriale. Lui invece, sbadato, cerca di farsi delle foto per il suo funerale. Il caso vuole che ritirando le fotografie i due si scambino i pacchi per via del caso di omonimia: è qui che nasce il film, ciò che stavamo aspettando. Per Rio è un colpo di fulmine, non solo riesce a incontrare l'uomo, a detta delle sue amiche strano, rappresentato nelle foto, ma, anzi, lo esamina, lo segue, ci studia e sempre di più se innamora, arrivando ad accontentarsi di un appuntamento, non da manga come ci si aspetta alla sua età, ma da adulti, in giro per siti storici o in biblioteca. Lui le nasconde la verità fino all'ultimo, mostrando come l'amore riesca spesso a ridare vita e speranza ad una persona che l'ha completamente persa.
La pioggia qui è simbolica: segna la fine ma anche l'inizio di una nuova storia.
Certamente il film va capito nelle sue sfumature, nelle piccole realtà della vita, ma è in questo che si discosta mostrando come anche i più giovani possano essere capaci di grandi cose, sia in senso positivo che negativo.
La regia mi è piaciuta molto, buoni i tempi di gestione, ottimo il cast, soprattutto Shōsuke Tanihara (Kouki). Consiglio il film vivamente.
Siamo in ospedale, e la paziente risponde al nome di Rio Ozawa, quattordici anni. La madre compila la cartella mentre Rio è seduta in sala d'attesa, in disparte da tutti. Si sente scrutata e giudicata, ma soprattutto sola, proprio come l'uomo seduto con lei dall'altra parte dell'albero addobbato con palline bianche e rosse. Siamo nel periodo di Natale, la musica di Indigo Blue suona lenta e lieta come sottofondo, mentre i due pazienti seduti ai lati dell'albero addobbato a festa si sentono morire. Entrambi soli e disperati. Feriti. Questo incontro fatale fra i due, che non hanno nulla in comune se non il dolore che li ha portati fin lì - lui per un tumore al cervello, lei non si sa precisamente, almeno per ora, per quale motivo la madre la costringe a trovarsi in quel posto -, si ripeterà tre anni dopo.
Rio ha diciassette anni adesso. Si sente già donna, con il suo bellissimo corpo messo in mostra, fasciato da abiti vistosi e all'ultima moda, sfoggiati con sicurezza. Non sembra avere nulla in comune con la ragazza impaurita di tre anni prima, stretta nel suo cappotto scuro e col cappello di lana calcato sugli occhi. Oggi Rio prende da sé le sue decisioni: dove dormire, cosa comprare, chi frequentare; raccoglie i soldi sul letto e nasconde a tutti i suoi mille volti. Il volto allegro che mostra alle compagne di marachelle, quello di ragazza popolare a scuola, quello di fidanzata invidiabile o quello di amante segreta e dolcemente devota. Rio prende tutto ciò che le si offre, senza far distinzioni, né preoccuparsi di sbagliare, ferire e perdersi: la sua vita fatta di eccessi è presa con la totale leggerezza dell'essere. Come se le ragazze di questa storia vivessero una vita comune, fatta di mille foto assieme, e giornate tra i banchi di scuola e shopping sfrenato. Nulla - se non nei primi dieci minuti del film - fa trapelare un problema di fondo: ricatti, prostituzione, inganni e segreti assumono il carattere di un gioco di cui la protagonista è padrona discreta, senza alcune conseguenze o remore.
Vi è un carattere innaturale e scanzonato nelle dinamiche relazionali, così come nella personalità della protagonista, la cui psiche è costruita in maniera così semplice e cristallina, che il repentino cambio di comportamento non risente di alcuna difficoltà nell'accettazione. E' abbastanza improbabile che una liceale che svende il suo corpo da tempo, mente a tutti e cela molteplici vite segrete con ognuna delle sue conoscenze (senza la minima difficoltà, tra l'altro!), si liberi di tutto questo senza aver bisogno di una fase intermedia. Un periodo in cui comprende che ciò che ha non le basta più, che l'incontro col ragazzo dei suoi sogni possa aver messo in dubbio la sua vita attuale. Decidere se vale la pena o meno cambiare, e infine, accettare il cambiamento - che è una fase antecedente all'atto stesso.
Invece la storia evolve, così come viene. Persino gli intoppi non sembrano essere realmente tali, perché non provocano uno smarrimento profondo nei personaggi, che subito se ne dimenticano e proseguono con le loro vite. Le tipiche problematiche della società giapponese vengono mostrate, ma non denunciate col giusto garbo. Qualche dramma qui e là a turbare l'esistenza scorrevole di Rio: alcune scene sembrano già viste, altre un po' prevedibili, ma sempre godibili e piuttosto simpatiche. L'intera storia regge poco, ma in fondo ciò che ci viene propinato non dispiace, specialmente per come ci viene mostrato. Infatti, il punto forte del film è l'immagine. Le riprese hanno saputo giocare su inquadrature ampie, in cui i due protagonisti, Rio e Kouki, si trovano come due piccole figure in uno spazio spianato e suggestivo. Le scenografie sanno comunicare molto più della sceneggiatura, e ad accompagnare queste scene ci sono le musiche giuste. Insomma, se non altro il comparto tecnico vale, e si presenta sopra la media, innalzando i discreti meriti di questo film del 2009 di Yuri Kantake.
Tenshi no Koi significa letteralmente "Angel's Love", ma per una volta il titolo inglese, "My rainy days", ha molto più senso. Infatti, i due innamorati - la cui differenza d'età non si presenta come un problema poi tanto spaventoso - attaccano bottone in un giorno di pioggia in cui lei, con la sua solita intraprendenza che prevarica sul carattere schivo e riservato di lui, coglie il pretesto per dividere lo stesso ombrello e passeggiare assieme. Il viso tutto pepe di Nozomi Sasaki ci fa prendere il film col giusto stato d'animo, ossia quello di un leggero godimento, un ottimo passatempo senza premura alcuna. Un po' più impegnata è la recitazione di Shosuke Tanihara (nei panni del co-protagonista Kouki Ozawa), ma non è certo lui a risollevare il film... Semmai, questo merito spetta alla fotografia.
Rio ha diciassette anni adesso. Si sente già donna, con il suo bellissimo corpo messo in mostra, fasciato da abiti vistosi e all'ultima moda, sfoggiati con sicurezza. Non sembra avere nulla in comune con la ragazza impaurita di tre anni prima, stretta nel suo cappotto scuro e col cappello di lana calcato sugli occhi. Oggi Rio prende da sé le sue decisioni: dove dormire, cosa comprare, chi frequentare; raccoglie i soldi sul letto e nasconde a tutti i suoi mille volti. Il volto allegro che mostra alle compagne di marachelle, quello di ragazza popolare a scuola, quello di fidanzata invidiabile o quello di amante segreta e dolcemente devota. Rio prende tutto ciò che le si offre, senza far distinzioni, né preoccuparsi di sbagliare, ferire e perdersi: la sua vita fatta di eccessi è presa con la totale leggerezza dell'essere. Come se le ragazze di questa storia vivessero una vita comune, fatta di mille foto assieme, e giornate tra i banchi di scuola e shopping sfrenato. Nulla - se non nei primi dieci minuti del film - fa trapelare un problema di fondo: ricatti, prostituzione, inganni e segreti assumono il carattere di un gioco di cui la protagonista è padrona discreta, senza alcune conseguenze o remore.
Vi è un carattere innaturale e scanzonato nelle dinamiche relazionali, così come nella personalità della protagonista, la cui psiche è costruita in maniera così semplice e cristallina, che il repentino cambio di comportamento non risente di alcuna difficoltà nell'accettazione. E' abbastanza improbabile che una liceale che svende il suo corpo da tempo, mente a tutti e cela molteplici vite segrete con ognuna delle sue conoscenze (senza la minima difficoltà, tra l'altro!), si liberi di tutto questo senza aver bisogno di una fase intermedia. Un periodo in cui comprende che ciò che ha non le basta più, che l'incontro col ragazzo dei suoi sogni possa aver messo in dubbio la sua vita attuale. Decidere se vale la pena o meno cambiare, e infine, accettare il cambiamento - che è una fase antecedente all'atto stesso.
Invece la storia evolve, così come viene. Persino gli intoppi non sembrano essere realmente tali, perché non provocano uno smarrimento profondo nei personaggi, che subito se ne dimenticano e proseguono con le loro vite. Le tipiche problematiche della società giapponese vengono mostrate, ma non denunciate col giusto garbo. Qualche dramma qui e là a turbare l'esistenza scorrevole di Rio: alcune scene sembrano già viste, altre un po' prevedibili, ma sempre godibili e piuttosto simpatiche. L'intera storia regge poco, ma in fondo ciò che ci viene propinato non dispiace, specialmente per come ci viene mostrato. Infatti, il punto forte del film è l'immagine. Le riprese hanno saputo giocare su inquadrature ampie, in cui i due protagonisti, Rio e Kouki, si trovano come due piccole figure in uno spazio spianato e suggestivo. Le scenografie sanno comunicare molto più della sceneggiatura, e ad accompagnare queste scene ci sono le musiche giuste. Insomma, se non altro il comparto tecnico vale, e si presenta sopra la media, innalzando i discreti meriti di questo film del 2009 di Yuri Kantake.
Tenshi no Koi significa letteralmente "Angel's Love", ma per una volta il titolo inglese, "My rainy days", ha molto più senso. Infatti, i due innamorati - la cui differenza d'età non si presenta come un problema poi tanto spaventoso - attaccano bottone in un giorno di pioggia in cui lei, con la sua solita intraprendenza che prevarica sul carattere schivo e riservato di lui, coglie il pretesto per dividere lo stesso ombrello e passeggiare assieme. Il viso tutto pepe di Nozomi Sasaki ci fa prendere il film col giusto stato d'animo, ossia quello di un leggero godimento, un ottimo passatempo senza premura alcuna. Un po' più impegnata è la recitazione di Shosuke Tanihara (nei panni del co-protagonista Kouki Ozawa), ma non è certo lui a risollevare il film... Semmai, questo merito spetta alla fotografia.