Le Bizzarre Avventure di JoJo: Stone Ocean
“Stone Ocean” era e rimane a mio avviso la parte meno riuscita de “Le Bizzarre Avventure di JoJo”. Ci sono diversi fattori che hanno contribuito ad un generale peggioramento della serie in questa parte di storia, che comunque, nonostante tutto, rimane in parte godibile e apprezzabile sotto alcuni punti di vista. Tuttavia, se comparata con le parti precedenti, il passo indietro si fa sentire e complessivamente non riesce ad andare oltre ad un giudizio discreto.
Un primo aspetto abbastanza critico di questa parte consiste in una certa discontinuità con la quale riesce a catturare l’attenzione del lettore. Le parti precedenti risultavano interessanti dall’inizio alla fine, i momenti di noia e le sbavature erano davvero poche e confinate nell’arco di pochi capitoli. In “Stone Ocean” le cose vanno diversamente. Dopo un incipit abbastanza interessante, la storia precipita in un susseguirsi di eventi blandi e senza mordente. Il livello si alza man mano che ci si avvicina alla fine, ma nel complesso si mantiene decisamente più altalenante che in passato. La parte finale è chiaramente quella più apprezzabile, ma non mi ha fatto dimenticare alcune vicende particolarmente piatte nei volumi precedenti. In sostanza, questa parte fa molta più fatica delle precedenti a catturarti in modo coerente, con un interesse verso la storia che quindi finisce per essere abbastanza discontinuo e mai del tutto convinto. Nonostante tutto però, credo che la serie abbia saputo offrire una crescita tendenziale che le ha permesso, almeno in parte, di riscattarsi negli ultimi volumi.
Sul fronte personaggi la situazione è molto eterogenea. Jolyne è una buona protagonista, e aver finalmente inserito una donna come personaggio principale ha sicuramente portato una ventata di aria fresca. Anche padre Pucci si è rivelato un valido personaggio, i momenti in cui scopriamo di più sul suo passato sono tra i più accattivanti di tutto il manga. Jotaro si difende ancora bene.
Tutti gli altri si sono rivelati un gigantesco buco nell’acqua. Hermès Costello, Emporio Alniño, Foo Fighters, Weather Report e Narciso Annasui sono una gigantesca delusione. Mai una parte di JoJo aveva conosciuto dei personaggi più anonimi e meno carismatici di questi. Aver fallito completamente nella creazione di un gruppo di comprimari all’altezza è stato a mio modo di vedere l’errore più grande di questa sesta parte e in generale il punto in cui si sente maggiormente la differenza con le avventure passate.
L’aspetto più riuscito è invece quello della creazione dei nuovi Stand, che in questo caso si sono rivelati i migliori creati dall’autore. La creatività e fantasia che li accompagna è davvero sorprendente e non di rado, superano di gran lunga in carisma i loro portatori. Le battaglie in cui sono coinvolti sono troppo spesso confuse e incomprensibili, ma nonostante questo riescono comunque a brillare in un contesto modesto e a rivitalizzare le situazioni meno ispirate. Di certo la punta d’eccellenza di questa sesta parte.
L’ambientazione sortisce effetti molto trasversali. Alcune delle vicende ambientate nella prigione risultano molto accattivanti e adatte a delle storie thriller. Ma nel complesso, la sensazione dominante è che questi non siano certamente i migliori scenari in cui i protagonisti di JoJo abbiano mai messo piede.
Complessivamente credo che “Stone Ocean” sia da un lato una serie comunque discreta e apprezzabile su alcuni aspetti, ma inevitabilmente la meno interessante e convincente di tutto l’universo narrativo di JoJo visto fin qui. Una serie che occasionalmente risulta divertente e appagante, ma che al tempo stesso fa nascere il desiderio di un rinnovamento per tutto il manga che non ha caso si sarebbe visto in “Steel Ball Run”.
Un primo aspetto abbastanza critico di questa parte consiste in una certa discontinuità con la quale riesce a catturare l’attenzione del lettore. Le parti precedenti risultavano interessanti dall’inizio alla fine, i momenti di noia e le sbavature erano davvero poche e confinate nell’arco di pochi capitoli. In “Stone Ocean” le cose vanno diversamente. Dopo un incipit abbastanza interessante, la storia precipita in un susseguirsi di eventi blandi e senza mordente. Il livello si alza man mano che ci si avvicina alla fine, ma nel complesso si mantiene decisamente più altalenante che in passato. La parte finale è chiaramente quella più apprezzabile, ma non mi ha fatto dimenticare alcune vicende particolarmente piatte nei volumi precedenti. In sostanza, questa parte fa molta più fatica delle precedenti a catturarti in modo coerente, con un interesse verso la storia che quindi finisce per essere abbastanza discontinuo e mai del tutto convinto. Nonostante tutto però, credo che la serie abbia saputo offrire una crescita tendenziale che le ha permesso, almeno in parte, di riscattarsi negli ultimi volumi.
Sul fronte personaggi la situazione è molto eterogenea. Jolyne è una buona protagonista, e aver finalmente inserito una donna come personaggio principale ha sicuramente portato una ventata di aria fresca. Anche padre Pucci si è rivelato un valido personaggio, i momenti in cui scopriamo di più sul suo passato sono tra i più accattivanti di tutto il manga. Jotaro si difende ancora bene.
Tutti gli altri si sono rivelati un gigantesco buco nell’acqua. Hermès Costello, Emporio Alniño, Foo Fighters, Weather Report e Narciso Annasui sono una gigantesca delusione. Mai una parte di JoJo aveva conosciuto dei personaggi più anonimi e meno carismatici di questi. Aver fallito completamente nella creazione di un gruppo di comprimari all’altezza è stato a mio modo di vedere l’errore più grande di questa sesta parte e in generale il punto in cui si sente maggiormente la differenza con le avventure passate.
L’aspetto più riuscito è invece quello della creazione dei nuovi Stand, che in questo caso si sono rivelati i migliori creati dall’autore. La creatività e fantasia che li accompagna è davvero sorprendente e non di rado, superano di gran lunga in carisma i loro portatori. Le battaglie in cui sono coinvolti sono troppo spesso confuse e incomprensibili, ma nonostante questo riescono comunque a brillare in un contesto modesto e a rivitalizzare le situazioni meno ispirate. Di certo la punta d’eccellenza di questa sesta parte.
L’ambientazione sortisce effetti molto trasversali. Alcune delle vicende ambientate nella prigione risultano molto accattivanti e adatte a delle storie thriller. Ma nel complesso, la sensazione dominante è che questi non siano certamente i migliori scenari in cui i protagonisti di JoJo abbiano mai messo piede.
Complessivamente credo che “Stone Ocean” sia da un lato una serie comunque discreta e apprezzabile su alcuni aspetti, ma inevitabilmente la meno interessante e convincente di tutto l’universo narrativo di JoJo visto fin qui. Una serie che occasionalmente risulta divertente e appagante, ma che al tempo stesso fa nascere il desiderio di un rinnovamento per tutto il manga che non ha caso si sarebbe visto in “Steel Ball Run”.
Attenzione possibili spoiler!!
Florida 2011, la sesta serie di JoJo vede protagonista Jolyne Cujoh figlia di Jotaro Kujo che si ritrova ingiustamente detenuta nel carcere di Green dolphin Street incastrata da un piano archittetato dal cappellano del carcere nonchè antagonista della serie Enrico Pucci, ovvero un vecchio amico di Dio Brando.
Jolyne è una ragazza "normale" tuttavia il primo impatto che mi ha dato come personaggio è quello di una ragazza ingenua ma al tempo stesso piantagrane, cresciuta commettendo piccoli reati qua e la per attirare l'attenzione di suo padre,amareggiata dalla mancanza di quest'ultimo nella sua vita.
In carcere Jolyne grazie all'aiuto di suo padre diventerà portatrice dello stand Stone Free tramite la freccia a differenza degli altri jojo; il potere è una corda umanoide in grado di sferrare pugni potenti almeno quanto quelli di Star Platinum nel raggio di due metri, a distanza la corda può districare il suo corpo permettendole di ascoltare conversazioni e fuggire in spazi angusti.
Nel carcere si formerà una squadra di guerrieri stand detenuti composta da Hermes Costello, Emporio, Foo Fighter (un accumulo di Plancton), Narciso Anasui (che inizialmente viene presentato come donna) e Wheater Report.
Per quanto riguarda la parte che si svolge nel penitenziario la trovo semplicemente fantastica, gli stand e la memoria sotto forma di dischi è un idea veramente ben riuscita da parte di Araki, i detenuti e le guardie rese (quasi tutte) nemici stand da Whitesnake, lo stand di Padre Pucci che Jolyne & Co.stanno cercando di fermare per impedirgli di raggiungere il suo scopo danno cosi il via a combattimenti adrenalinici, splatter pieni di suspense e strategia in perfetto stile Arakiano, che in questa serie nei livelli di abilità stand si è veramente superato nella bizzarria e assurdità in situazioni claustrofobiche che riescono a tenerti col fiato sospeso durante i vari scontri e incollato al manga pagina dopo pagina.
Nella parte dell'evasione dal Green Dolphin Street Araki ha avuto nuovamente un ottima idea con i figli di DIO, sia per i poteri stand che hanno che per la caraterizzazione dei personaggi, c'è da dire che questa parte nonostante sia una corsa agli ostacoli riesce a catturare il lettore per la singolarità dei poteri stand e per come vengono affrontati e sconfitti da Jolyne & Co.
La conclusione è davvero inaspettata, per me è stato bello vedere come dopo lo scontro critico contro made in haven il finale di jojo: WHAT A WONDERFUL WORLD !
Le tavole di Araki risultano abbastanza confusionarie, al punto di starci incollato sopra per capire bene gli avvenimenti ma ci si abitua, per me qui Araki ha sfiorato la perfezione 9,5 è il voto!
Florida 2011, la sesta serie di JoJo vede protagonista Jolyne Cujoh figlia di Jotaro Kujo che si ritrova ingiustamente detenuta nel carcere di Green dolphin Street incastrata da un piano archittetato dal cappellano del carcere nonchè antagonista della serie Enrico Pucci, ovvero un vecchio amico di Dio Brando.
Jolyne è una ragazza "normale" tuttavia il primo impatto che mi ha dato come personaggio è quello di una ragazza ingenua ma al tempo stesso piantagrane, cresciuta commettendo piccoli reati qua e la per attirare l'attenzione di suo padre,amareggiata dalla mancanza di quest'ultimo nella sua vita.
In carcere Jolyne grazie all'aiuto di suo padre diventerà portatrice dello stand Stone Free tramite la freccia a differenza degli altri jojo; il potere è una corda umanoide in grado di sferrare pugni potenti almeno quanto quelli di Star Platinum nel raggio di due metri, a distanza la corda può districare il suo corpo permettendole di ascoltare conversazioni e fuggire in spazi angusti.
Nel carcere si formerà una squadra di guerrieri stand detenuti composta da Hermes Costello, Emporio, Foo Fighter (un accumulo di Plancton), Narciso Anasui (che inizialmente viene presentato come donna) e Wheater Report.
Per quanto riguarda la parte che si svolge nel penitenziario la trovo semplicemente fantastica, gli stand e la memoria sotto forma di dischi è un idea veramente ben riuscita da parte di Araki, i detenuti e le guardie rese (quasi tutte) nemici stand da Whitesnake, lo stand di Padre Pucci che Jolyne & Co.stanno cercando di fermare per impedirgli di raggiungere il suo scopo danno cosi il via a combattimenti adrenalinici, splatter pieni di suspense e strategia in perfetto stile Arakiano, che in questa serie nei livelli di abilità stand si è veramente superato nella bizzarria e assurdità in situazioni claustrofobiche che riescono a tenerti col fiato sospeso durante i vari scontri e incollato al manga pagina dopo pagina.
Nella parte dell'evasione dal Green Dolphin Street Araki ha avuto nuovamente un ottima idea con i figli di DIO, sia per i poteri stand che hanno che per la caraterizzazione dei personaggi, c'è da dire che questa parte nonostante sia una corsa agli ostacoli riesce a catturare il lettore per la singolarità dei poteri stand e per come vengono affrontati e sconfitti da Jolyne & Co.
La conclusione è davvero inaspettata, per me è stato bello vedere come dopo lo scontro critico contro made in haven il finale di jojo: WHAT A WONDERFUL WORLD !
Le tavole di Araki risultano abbastanza confusionarie, al punto di starci incollato sopra per capire bene gli avvenimenti ma ci si abitua, per me qui Araki ha sfiorato la perfezione 9,5 è il voto!
Siamo alle soglie del duemila, ma Hiroiko Araki dimostra a tutti di essere ancora un autore instancabile proseguendo la sua saga generazionale sulla famiglia Joestar. Siamo giunti alla sesta serie, con cui Araki metterà fine alla saga che oramai durava da oltre vent'anni (poi si smentirà in seguito con Steel Ball Run). Nuova ambientazione e nuove avventure accompagneranno Jolyne Kujo, figlia dell'onnipresente Jotaro Kujo. L'opera è stata riproposta come le precedenti cinque serie, da parte della Star Comics, in volumi corposi da trecento pagine al costo di 6 euro l'uno.
Storia molto semplice; siamo nell'anno 2011 e Jolyne è una ragazza americana come tante altre, finchè un giorno viene accusata ingiustamente di omicidio finendo rinchiusa nel carcere di Green Doplhin Street. La ragazza tagliandosi per via della punta di "freccia" inviatale da suo padre Jotaro, sviluppa il suo stand chiamato "Stone Free". Mano a mano la ragazza creerà come i precedenti protagonisti un suo gruppo con il quale scoprirà le macchinazioni dietro la sua incarcerazione.
Insieme a "Vento Aureo", "Stone Ocean" è l'unica tra tutte serie delle "Bizzarre Avventure di Jojo" con gli stand ad essere dotata di una parvenza di trama. Questo dovrebbe assicurarle in automatico dei punti in più ed invece nel corso della lettura si ci accorge che essa è palesemente la peggiore delle sei serie di Jojo, chiudendo ignobilmente una saga che meritava un arco narrativo finale ben più brillante. Araki decide di optare per una trama più forte rispetto alle precedenti serie, però si vede palesemente come egli non sappia minimamente come andare avanti, decidendo di navigare a vista aspettando l'ispirazione che gli veniva nel momento in cui doveva consegnare settimanalmente il capitolo. In questo modo ci ritroviamo personaggi che cambiano sesso a convenienza dell'autore (Anasui) o situazioni buttate lì e non più riprese perché gli venivano in mente altre cose.
Se la trama è carente, anche i combattimenti soffrono incredibilmente rispetto alle altre serie di Jojo. La genialità e l'originalità negli scontri, da sempre marchi di fabbrica di Araki, qui mostrano palesemente la stanchezza della formuletta degli stand oramai reiterata da troppo tempo e che risulta incapace di evolversi in un qualcosa di nuovo o per lo meno originale. A ciò si aggiungono inoltre i combattimenti con dei poteri stand sin troppo assurdi e incomprensibili nel loro utilizzo nello scontro, palesando come Araki cerchi una teatralità sin troppo ossessiva, finendo con l'andare a discapito dell'effettiva utilità di essi, che hanno senso solamente nello scontro con i vari personaggi, poiché per usare tali poteri, c'è sempre più bisogno di determinate, quanto improbabili circostanze, finendo con il far si che gli stand con i loro poteri risultino forzati, mentre nelle precedenti serie essi mostravano capacità più concrete e sopratutto utili anche in altri scontri.
Per quanto concerne i personaggi, questa serie viene massacrata dai fan nel suo unico punto che invece risulta indubbiamente riuscito; la protagonista Jolyne. Araki la analizza come in precedenza aveva fatto per i soli Jonathan Joestar e Giovanna Giorno. L'autore la squadra in tutte le sue paure, debolezze e incertezze, delle quali ne prende coscienza per diventare sempre più forte attraverso le tante battaglie a cui prenderà parte. Gli unici altri due personaggi riusciti sono l'onnipresente Jotaro Kujo, usato molto meglio come spalla di supporto alla protagonista e l'antagonista Padre Pucci, che ha un piano molto atipico per un manga shonen e soprattutto delizierà il lettore per via del suo collegamento con l'antagonista della prima e terza serie. Per quanto concerne il gruppo di aiutanti di Jolyne purtroppo qua vengono le note dolenti, Anasui è l'unico che un po' emerge ma è sfruttato male, Emporio è impalpabile, Ermes non incide, Weather Report che non ricorda nulla del suo passato, risulta il classico personaggio creato da Araki di cui non sa che farsene inizialmente perché non ha una programmazione della trama, ed infine Foo Fighters che risulta piatto e abbastanza anonimo.
Per quanto concerne il disegno, esso muta nuovamente rispetto alla quinta serie. Il tratto di Araki si fa più raffinato, decretando in questo modo la definitiva scomparsa dei personaggi dai super muscoli, a favore di figure esili e longilinee. Tutto ciò porta al fatto che risulti quasi impossibile distinguere i personaggi maschili da quelli femminili (Ermes per quanto ci venga presentata come una donna è raffigurata come un maschio, Anasui cambia addirittura sesso da femmina a maschio per convenienza dell'autore).
Nota dolente dell'intera serie è la messa in scena dei combattimenti, la quantità eccessiva di retini creano un effetto visivo sin troppo barocco negli scontri che dovrebbero invece essere chiari e comprensibili, l'assenza di sfondi unita alle pose assurde dei personaggi e ai poteri stand che fanno uso di strategie sempre più improbabili, crea un enorme senso di caos nel povero lettore che dovrà fare i salti mortali per comprendere cosa l'autore abbia voluto rappresentare in determinate tavole. Spazio e tempo sono gestiti in modo totalmente arbitrario dall'autore, contribuendo ad aumentare ancor di più il senso di confusione presente nelle tavole.
In sostanza, "Stone Ocean" oggettivamente è la peggiore delle sei serie delle "Bizzarre Avventure di Jojo". Purtroppo la serie seppur abbia un'ottima antagonista e un buon cattivo, è vittima della teatralità del suo autore che non è riuscito a controllare tutti gli elementi bizzarri, che in precedenza avevano fatto la sua fortuna, mentre qui ne decretano il fallimento perché Araki ha lasciano troppo a briglie sciolte il suo estro senza alcun controllo o contenimento. Il finale della serie è un altro punto irrisolto visto che seppur risulti molto distante dai canoni shonen e finisca con l'essere l'unico modo per concludere le vicende, purtroppo è un finale molto a convenienza dell'autore, che in questo modo potrà proseguire tranquillamente la saga, poiché andare avanti nel futuro non sarebbe stata una cosa saggia visti i problemi di gestione mostrati in questa serie.
Seppur ci si rammarichi per un soggetto alla base interessante ma sviluppato malissimo, "Stone Ocean" volenti o nolenti, si dimostra un tassello imprescindibile all'interno della saga generazionale di Araki, visto che mette fine alle vicende precedenti e il suo finale costituisce il preludio per il prosieguo della storia che percorrerà orizzonti inediti e si spera anche caratterizzati da una maggior freschezza e ventata di novità.
Storia molto semplice; siamo nell'anno 2011 e Jolyne è una ragazza americana come tante altre, finchè un giorno viene accusata ingiustamente di omicidio finendo rinchiusa nel carcere di Green Doplhin Street. La ragazza tagliandosi per via della punta di "freccia" inviatale da suo padre Jotaro, sviluppa il suo stand chiamato "Stone Free". Mano a mano la ragazza creerà come i precedenti protagonisti un suo gruppo con il quale scoprirà le macchinazioni dietro la sua incarcerazione.
Insieme a "Vento Aureo", "Stone Ocean" è l'unica tra tutte serie delle "Bizzarre Avventure di Jojo" con gli stand ad essere dotata di una parvenza di trama. Questo dovrebbe assicurarle in automatico dei punti in più ed invece nel corso della lettura si ci accorge che essa è palesemente la peggiore delle sei serie di Jojo, chiudendo ignobilmente una saga che meritava un arco narrativo finale ben più brillante. Araki decide di optare per una trama più forte rispetto alle precedenti serie, però si vede palesemente come egli non sappia minimamente come andare avanti, decidendo di navigare a vista aspettando l'ispirazione che gli veniva nel momento in cui doveva consegnare settimanalmente il capitolo. In questo modo ci ritroviamo personaggi che cambiano sesso a convenienza dell'autore (Anasui) o situazioni buttate lì e non più riprese perché gli venivano in mente altre cose.
Se la trama è carente, anche i combattimenti soffrono incredibilmente rispetto alle altre serie di Jojo. La genialità e l'originalità negli scontri, da sempre marchi di fabbrica di Araki, qui mostrano palesemente la stanchezza della formuletta degli stand oramai reiterata da troppo tempo e che risulta incapace di evolversi in un qualcosa di nuovo o per lo meno originale. A ciò si aggiungono inoltre i combattimenti con dei poteri stand sin troppo assurdi e incomprensibili nel loro utilizzo nello scontro, palesando come Araki cerchi una teatralità sin troppo ossessiva, finendo con l'andare a discapito dell'effettiva utilità di essi, che hanno senso solamente nello scontro con i vari personaggi, poiché per usare tali poteri, c'è sempre più bisogno di determinate, quanto improbabili circostanze, finendo con il far si che gli stand con i loro poteri risultino forzati, mentre nelle precedenti serie essi mostravano capacità più concrete e sopratutto utili anche in altri scontri.
Per quanto concerne i personaggi, questa serie viene massacrata dai fan nel suo unico punto che invece risulta indubbiamente riuscito; la protagonista Jolyne. Araki la analizza come in precedenza aveva fatto per i soli Jonathan Joestar e Giovanna Giorno. L'autore la squadra in tutte le sue paure, debolezze e incertezze, delle quali ne prende coscienza per diventare sempre più forte attraverso le tante battaglie a cui prenderà parte. Gli unici altri due personaggi riusciti sono l'onnipresente Jotaro Kujo, usato molto meglio come spalla di supporto alla protagonista e l'antagonista Padre Pucci, che ha un piano molto atipico per un manga shonen e soprattutto delizierà il lettore per via del suo collegamento con l'antagonista della prima e terza serie. Per quanto concerne il gruppo di aiutanti di Jolyne purtroppo qua vengono le note dolenti, Anasui è l'unico che un po' emerge ma è sfruttato male, Emporio è impalpabile, Ermes non incide, Weather Report che non ricorda nulla del suo passato, risulta il classico personaggio creato da Araki di cui non sa che farsene inizialmente perché non ha una programmazione della trama, ed infine Foo Fighters che risulta piatto e abbastanza anonimo.
Per quanto concerne il disegno, esso muta nuovamente rispetto alla quinta serie. Il tratto di Araki si fa più raffinato, decretando in questo modo la definitiva scomparsa dei personaggi dai super muscoli, a favore di figure esili e longilinee. Tutto ciò porta al fatto che risulti quasi impossibile distinguere i personaggi maschili da quelli femminili (Ermes per quanto ci venga presentata come una donna è raffigurata come un maschio, Anasui cambia addirittura sesso da femmina a maschio per convenienza dell'autore).
Nota dolente dell'intera serie è la messa in scena dei combattimenti, la quantità eccessiva di retini creano un effetto visivo sin troppo barocco negli scontri che dovrebbero invece essere chiari e comprensibili, l'assenza di sfondi unita alle pose assurde dei personaggi e ai poteri stand che fanno uso di strategie sempre più improbabili, crea un enorme senso di caos nel povero lettore che dovrà fare i salti mortali per comprendere cosa l'autore abbia voluto rappresentare in determinate tavole. Spazio e tempo sono gestiti in modo totalmente arbitrario dall'autore, contribuendo ad aumentare ancor di più il senso di confusione presente nelle tavole.
In sostanza, "Stone Ocean" oggettivamente è la peggiore delle sei serie delle "Bizzarre Avventure di Jojo". Purtroppo la serie seppur abbia un'ottima antagonista e un buon cattivo, è vittima della teatralità del suo autore che non è riuscito a controllare tutti gli elementi bizzarri, che in precedenza avevano fatto la sua fortuna, mentre qui ne decretano il fallimento perché Araki ha lasciano troppo a briglie sciolte il suo estro senza alcun controllo o contenimento. Il finale della serie è un altro punto irrisolto visto che seppur risulti molto distante dai canoni shonen e finisca con l'essere l'unico modo per concludere le vicende, purtroppo è un finale molto a convenienza dell'autore, che in questo modo potrà proseguire tranquillamente la saga, poiché andare avanti nel futuro non sarebbe stata una cosa saggia visti i problemi di gestione mostrati in questa serie.
Seppur ci si rammarichi per un soggetto alla base interessante ma sviluppato malissimo, "Stone Ocean" volenti o nolenti, si dimostra un tassello imprescindibile all'interno della saga generazionale di Araki, visto che mette fine alle vicende precedenti e il suo finale costituisce il preludio per il prosieguo della storia che percorrerà orizzonti inediti e si spera anche caratterizzati da una maggior freschezza e ventata di novità.
Though I keep searching for an answer,
I never seem to find what I'm looking for
Oh Lord, I pray
You give me strength to carry on,
'cos I know what it means
To walk along the lonely street of dreams
(Whitesnake, "Here I go again", 1982)
Non c'è pace per la stirpe dei Joestar, i cui componenti sono destinati a lottare contro la leggendaria maschera di pietra e il crudele e ambizioso Dio Brando cui grazie ad essa si è aperta la via del male e del potere. Una lotta epica e sanguinosa che si perpetua sin dalla Londra vittoriana e, con varie diramazioni, prosegue attraverso il tempo, lo spazio e le generazioni, fino a diventare essa stessa una leggenda, che continuerà ad essere narrata e vissuta in eterno...
Si potrebbe dire che sia questo il messaggio chiave di Stone Ocean, sesta (e, in un certo senso, ultima) parte della lunga saga generazionale di JoJo, nata dalla fervida fantasia di Hirohiko Araki che presenta un nuovo, fondamentale tassello della lotta fra il bene incarnato dalla famiglia Joestar e il male rappresentato da Dio Brando.
L'ombra del malefico nemico apparso nella prima serie Phantom Blood e poi sconfitto definitivamente nella terza Stardust Crusaders, infatti, continua a minacciare l'umanità anche svariati decenni dopo la sua morte, negli Stati Uniti di un 2011 fittizio.
Jolyne Kujo, la figlia di Jotaro, trascorre la sua giovinezza nel carcere di Green Dolphin Street, dove è stata rinchiusa in seguito all'infondata accusa di omicidio.
E' qui che il destino si mette in moto, permettendo alla ragazza di ottenere un potere Stand, Stone Free (capace di creare un filo che Jolyne può controllare a suo piacimento nei modi più ingegnosi) e facendole incontrare amici ed alleati ma anche un enigmatico e pericoloso avversario che ha un profondo legame con Dio Brando e un oscuro progetto in mente.
Ancora una volta, Hirohiko Araki ribalta il suo celebre manga. Dopo averci fatto assistere alla loro mutazione da colossi forti e robusti a mafiosi secchi e pacchiani, l'autore dà il colpo di grazia alla virilità dei suoi eroi presentandoci inaspettatamente come protagonista una ragazza, accompagnata per buona parte della storia da un cast di alleati ed avversari tutti al femminile.
Se, però, Giorno e compagni erano maschi dall'aria molto effeminata, di rimando, Jolyne e le altre ragazze che affollano il penitenziario di Green Dolphin Street sono, invece, un po' mascoline, un po' popstar di fine anni '90 (si dice che, per creare la protagonista, l'autore si sia ispirato al look sfoggiato da Britney Spears nel suo primo video "Baby one more time") e decisamente toste. Sanno il fatto loro, hanno ben chiari i loro obbiettivi e riescono a spuntarla contro le terribili avversarie che le tormentano all'interno del carcere, le guardie e i detenuti del "sesso forte", ma sanno anche essere belle, affascinanti e ben caratterizzate.
I personaggi maschili che, in seguito, si affiancheranno a Jolyne e alle sue compagne magari non brilleranno per virilità (tanto che uno di loro, Anasui, viene inizialmente presentato come donna e poi l'autore gli cambia sesso dopo qualche vignetta), ma sono comunque dei bei personaggi, che è interessante seguire.
Ognuno dei membri del gruppo di personaggi che si verrà man mano a costituire, infatti, ha una sua storia personale e compie un suo ben preciso percorso di crescita.
Quella dei protagonisti di Stone Ocean all'interno del carcere è una ricerca non solo di giustizia e libertà, ma anche di affetti e legami.
Come Jolyne, ragazza ben poco femminile da sempre abbandonata un po' a se stessa, che ha cercato per tutta la vita l'affetto di un padre troppo spesso assente.
L'autore tratteggia in maniera splendida il rapporto fra padre e figlia, costruendolo fra un combattimento mortale e l'altro, mentre la ragazza viene pian piano a conoscenza dei segreti della sua famiglia, di quella storia di maschere, vampiri, frecce, poteri, destini e voglie a forma di stella che la tiene così lontana e allo stesso così vicina a papà Jotaro.
Fra le mura di Green Dolphin, Jolyne cresce; trova degli amici che farebbero di tutto per lei; trova il bizzarro Anasui, che se ne innamora a prima vista e tenta il tutto per tutto, in maniera ora smargiassa e divertente, ora inaspettatamente cavalleresca e romantica, per vincere il suo cuore; ritrova il padre che ha sempre desiderato al suo fianco; trova il suo posto nel mondo, segnato dallo stellato destino della sua famiglia, e trova anche un po' se stessa, una ragazza che, dietro un aspetto da dura, in fondo cerca solo un po' d'amore e di certezze.
Come Ermes, in cerca di vendetta per la morte della sorella; come Emporio, misterioso ragazzino rimasto solo per anni in attesa di compiere una straordinaria missione; come Foo Fighters, essere sovrannaturale che Jolyne prende come sua alleata e a cui insegnerà ad amare e a capire gli umani e i loro sentimenti; come Weather Reaport, che non ricorda nulla del suo passato: tutti i personaggi della storia cercano e trovano un legame, un affetto, un amore che li farà crescere.
Si potrebbero usare, per descrivere la situazione di Jolyne e di un po' tutti i personaggi del manga, le parole della rockband inglese Whitesnake, che nel 1987 cantava:
"Is this love that I'm feeling? Is this the love that I've been searching for? Is this love or am I dreaming? This must be love, 'cos it's really got a hold on me..."
Un nome, Whitesnake, che sorprendentemente ritorna più volte all'interno della storia, associato al carismatico antagonista principale, il cui carattere pare proprio pensato sulla base dei testi della band.
Sicuramente il personaggio più interessante di tutta la vicenda, il boss finale ruba facilmente la scena a tutti gli altri personaggi con una storia personale misteriosa e affascinante che ci viene svelata a piccoli passi, per la sua enigmatica e importantissima missione, per il particolare legame che lo unisce con una geniale ambivalenza linguistica all'indimenticato Dio Brando, il villain principale della serie di JoJo.
Stone Ocean ci svela, infatti, altri tasselli del passato del carismatico Dio Brando, donandogli un'umanità e un fascino filosofico e decadente del tutto particolari, che contribuiscono a renderlo uno dei migliori cattivi mai visti nei fumetti giapponesi.
E' un po' il testamento spirituale di Araki, Stone Ocean, poiché contiene tutto ciò che l'autore ha inserito come elementi caratterizzanti della sua serie più famosa.
Si torna in America, ed è un'America fatta di prigioni che sembrano uscite dai film dei Blues Brothers (non a caso, uno degli Stand che a Jolyne toccherà affrontare ha l'emblematico nome di "Jailhouse Lock"), di lunghe e assolate highways (to hell), di criminali, parchi di divertimenti, basi spaziali, paludi abitate dagli immancabili coccodrilli.
Un'America che ci viene evocata attraverso le voci dei suoi cantanti, che riecheggiano ancora una volta nei nomi degli Stand: Elvis Presley, Survivor, Foo Fighters, Talking Heads, Weather Report, Kiss, Van Halen, Limp Bizkit, Marylin Manson, The Manhattan Transfer, Goo Goo Dolls, Bob Dylan, AC/DC.
Ancora, i già citati Whitesnake, Elvis Costello, Rolling Stones, Yo Yo Ma, Queen: Araki continua a saccheggiare la musica di tutto il mondo per crearci un bizzarro e affascinante jukebox dal ritmo indimenticabile.
Stone Ocean è, però, una storia vista dagli occhi di una donna, quindi l'autore non manca di approfittarne per sfruttare anche la sua passione per la moda, non solo creando abiti sempre più bizzarri e pacchiani, ma anche prendendo in prestito i nomi di innumerevoli marche e stilisti per chiamare i suoi personaggi: Guess, Hermés, Wrangler, Emporio Armani, Gucci, Kenzo Suzuki, Enrico Coveri, Dolce e Gabbana, Roccobarocco, Versace, Max Mara, Mila Schon e chi più ne ha più ne metta.
La storia offre un'interessante trama di base, ricca di misteri da scoprire poco a poco, che, come di consueto, viene raccontata attraverso i vari combattimenti contro i portatori di Stand che i nostri eroi si trovano sul loro cammino.
Anche in questo caso, l'autore si sbizzarrisce nel creare i poteri più bizzarri che ci siano, rendendo gli scontri sempre vari e ricchi di pathos e variabili: adesivi che sdoppiano gli oggetti su cui sono applicati, personaggi capaci di controllare la gravità, i meteoriti, i criptidi, personaggi che combattono seguendo il feng-shui, che incrementano l'adrenalina e la rabbia di chi gli sta intorno, che controllano a loro piacimento gli eventi passati, che resuscitano i morti come zombi, che controllano la memoria degli avversari, che (lo Stand più geniale visto sinora nella saga!) donano la vita ai personaggi di fantasia dei libri, dei fumetti, dei film e dei quadri.
I combattimenti, come da tradizione di Araki, sono sempre avvincenti, diversi e ricchi di violenza, tensione e trovate ingegnose. Dispiace, però, che lo stile di disegno sia diventato tanto piacevole nelle illustrazioni (specie quelle a colori) quanto molto più confusionario nella gestione delle tavole.
Se gli sfondi offrono paesaggi e oggetti riprodotti con grande finezza, le scene d'azione sono confuse, spesso e volentieri poco comprensibili e rendono un po' più complicato seguire gli scontri.
Uno degli elementi di Stone Ocean che fanno maggiormente discutere è indubbiamente il finale, uno dei più bizzarri e assurdi mai concepiti. Allo stesso tempo entusiasmante e anticlimatico, deludente e rassicurante. Lascia nel lettore delusione e curiosità, sconforto e speranza.
Un finale inconsueto, apocalittico, che spinge la follia della storia e del suo autore ai massimi livelli, donando allo stesso tempo un'impagabile sensazione di completezza, perché la storia di JoJo finisce e non finisce qui, lasciando che la leggenda della famiglia Joestar continui a vivere attraverso i tempi e i mondi, continuando a raccontare della lotta fra il bene e il male, di coraggio, di eroi, di citazioni musicali sempre più esplicite, di poteri incredibili e di splendide bizzarrie.
E' una storia strana eppure dotata di gran fascino, quella di Stone Ocean, che si fa leggere fra interesse, entusiasmo ed emozioni, trattando temi come il razzismo, i rapporti familiari, l'amore, l'amicizia, la criminalità, la vendetta, la religione.
Sicuramente, tuttavia, scontenterà molti lettori per via di scelte particolari e coraggiose come una gran preponderanza di personaggi femminili in un racconto di botte e violenza, un'ambientazione carceraria un po' claustrofobica, continui e pressanti riferimenti al mondo della moda (di scarso interesse per il lettore medio di Shounen Jump), uno stile di disegno strambo e confusionario, un finale sui generis.
Si avverte, però, una grande coerenza nell'operato di Hirohiko Araki e nel percorso che lo ha portato a far evolvere il suo JoJo nel corso degli anni, raccontando con amore e maestria la storia della famiglia Joestar generazione dopo generazione.
Col suo stile particolarissimo e col suo finale unico al mondo, Stone Ocean è un tassello importantissimo di questa storia, che si può dire finisca un po' qui, ma solo in parte.
Perché le bizzarre avventure di JoJo sono eterne, come il nastro di Moebius che, furbescamente, il folle e geniale Hirohiko Araki ci cita di striscio nell'ultimo volume, in quello che parrebbe essere l'ennesimo, assurdo colpo di genio dei nostri eroici Joestar per trarsi d'impaccio in una situazione disperata, ma che, forse, è ben più di ciò che sembra.
I never seem to find what I'm looking for
Oh Lord, I pray
You give me strength to carry on,
'cos I know what it means
To walk along the lonely street of dreams
(Whitesnake, "Here I go again", 1982)
Non c'è pace per la stirpe dei Joestar, i cui componenti sono destinati a lottare contro la leggendaria maschera di pietra e il crudele e ambizioso Dio Brando cui grazie ad essa si è aperta la via del male e del potere. Una lotta epica e sanguinosa che si perpetua sin dalla Londra vittoriana e, con varie diramazioni, prosegue attraverso il tempo, lo spazio e le generazioni, fino a diventare essa stessa una leggenda, che continuerà ad essere narrata e vissuta in eterno...
Si potrebbe dire che sia questo il messaggio chiave di Stone Ocean, sesta (e, in un certo senso, ultima) parte della lunga saga generazionale di JoJo, nata dalla fervida fantasia di Hirohiko Araki che presenta un nuovo, fondamentale tassello della lotta fra il bene incarnato dalla famiglia Joestar e il male rappresentato da Dio Brando.
L'ombra del malefico nemico apparso nella prima serie Phantom Blood e poi sconfitto definitivamente nella terza Stardust Crusaders, infatti, continua a minacciare l'umanità anche svariati decenni dopo la sua morte, negli Stati Uniti di un 2011 fittizio.
Jolyne Kujo, la figlia di Jotaro, trascorre la sua giovinezza nel carcere di Green Dolphin Street, dove è stata rinchiusa in seguito all'infondata accusa di omicidio.
E' qui che il destino si mette in moto, permettendo alla ragazza di ottenere un potere Stand, Stone Free (capace di creare un filo che Jolyne può controllare a suo piacimento nei modi più ingegnosi) e facendole incontrare amici ed alleati ma anche un enigmatico e pericoloso avversario che ha un profondo legame con Dio Brando e un oscuro progetto in mente.
Ancora una volta, Hirohiko Araki ribalta il suo celebre manga. Dopo averci fatto assistere alla loro mutazione da colossi forti e robusti a mafiosi secchi e pacchiani, l'autore dà il colpo di grazia alla virilità dei suoi eroi presentandoci inaspettatamente come protagonista una ragazza, accompagnata per buona parte della storia da un cast di alleati ed avversari tutti al femminile.
Se, però, Giorno e compagni erano maschi dall'aria molto effeminata, di rimando, Jolyne e le altre ragazze che affollano il penitenziario di Green Dolphin Street sono, invece, un po' mascoline, un po' popstar di fine anni '90 (si dice che, per creare la protagonista, l'autore si sia ispirato al look sfoggiato da Britney Spears nel suo primo video "Baby one more time") e decisamente toste. Sanno il fatto loro, hanno ben chiari i loro obbiettivi e riescono a spuntarla contro le terribili avversarie che le tormentano all'interno del carcere, le guardie e i detenuti del "sesso forte", ma sanno anche essere belle, affascinanti e ben caratterizzate.
I personaggi maschili che, in seguito, si affiancheranno a Jolyne e alle sue compagne magari non brilleranno per virilità (tanto che uno di loro, Anasui, viene inizialmente presentato come donna e poi l'autore gli cambia sesso dopo qualche vignetta), ma sono comunque dei bei personaggi, che è interessante seguire.
Ognuno dei membri del gruppo di personaggi che si verrà man mano a costituire, infatti, ha una sua storia personale e compie un suo ben preciso percorso di crescita.
Quella dei protagonisti di Stone Ocean all'interno del carcere è una ricerca non solo di giustizia e libertà, ma anche di affetti e legami.
Come Jolyne, ragazza ben poco femminile da sempre abbandonata un po' a se stessa, che ha cercato per tutta la vita l'affetto di un padre troppo spesso assente.
L'autore tratteggia in maniera splendida il rapporto fra padre e figlia, costruendolo fra un combattimento mortale e l'altro, mentre la ragazza viene pian piano a conoscenza dei segreti della sua famiglia, di quella storia di maschere, vampiri, frecce, poteri, destini e voglie a forma di stella che la tiene così lontana e allo stesso così vicina a papà Jotaro.
Fra le mura di Green Dolphin, Jolyne cresce; trova degli amici che farebbero di tutto per lei; trova il bizzarro Anasui, che se ne innamora a prima vista e tenta il tutto per tutto, in maniera ora smargiassa e divertente, ora inaspettatamente cavalleresca e romantica, per vincere il suo cuore; ritrova il padre che ha sempre desiderato al suo fianco; trova il suo posto nel mondo, segnato dallo stellato destino della sua famiglia, e trova anche un po' se stessa, una ragazza che, dietro un aspetto da dura, in fondo cerca solo un po' d'amore e di certezze.
Come Ermes, in cerca di vendetta per la morte della sorella; come Emporio, misterioso ragazzino rimasto solo per anni in attesa di compiere una straordinaria missione; come Foo Fighters, essere sovrannaturale che Jolyne prende come sua alleata e a cui insegnerà ad amare e a capire gli umani e i loro sentimenti; come Weather Reaport, che non ricorda nulla del suo passato: tutti i personaggi della storia cercano e trovano un legame, un affetto, un amore che li farà crescere.
Si potrebbero usare, per descrivere la situazione di Jolyne e di un po' tutti i personaggi del manga, le parole della rockband inglese Whitesnake, che nel 1987 cantava:
"Is this love that I'm feeling? Is this the love that I've been searching for? Is this love or am I dreaming? This must be love, 'cos it's really got a hold on me..."
Un nome, Whitesnake, che sorprendentemente ritorna più volte all'interno della storia, associato al carismatico antagonista principale, il cui carattere pare proprio pensato sulla base dei testi della band.
Sicuramente il personaggio più interessante di tutta la vicenda, il boss finale ruba facilmente la scena a tutti gli altri personaggi con una storia personale misteriosa e affascinante che ci viene svelata a piccoli passi, per la sua enigmatica e importantissima missione, per il particolare legame che lo unisce con una geniale ambivalenza linguistica all'indimenticato Dio Brando, il villain principale della serie di JoJo.
Stone Ocean ci svela, infatti, altri tasselli del passato del carismatico Dio Brando, donandogli un'umanità e un fascino filosofico e decadente del tutto particolari, che contribuiscono a renderlo uno dei migliori cattivi mai visti nei fumetti giapponesi.
E' un po' il testamento spirituale di Araki, Stone Ocean, poiché contiene tutto ciò che l'autore ha inserito come elementi caratterizzanti della sua serie più famosa.
Si torna in America, ed è un'America fatta di prigioni che sembrano uscite dai film dei Blues Brothers (non a caso, uno degli Stand che a Jolyne toccherà affrontare ha l'emblematico nome di "Jailhouse Lock"), di lunghe e assolate highways (to hell), di criminali, parchi di divertimenti, basi spaziali, paludi abitate dagli immancabili coccodrilli.
Un'America che ci viene evocata attraverso le voci dei suoi cantanti, che riecheggiano ancora una volta nei nomi degli Stand: Elvis Presley, Survivor, Foo Fighters, Talking Heads, Weather Report, Kiss, Van Halen, Limp Bizkit, Marylin Manson, The Manhattan Transfer, Goo Goo Dolls, Bob Dylan, AC/DC.
Ancora, i già citati Whitesnake, Elvis Costello, Rolling Stones, Yo Yo Ma, Queen: Araki continua a saccheggiare la musica di tutto il mondo per crearci un bizzarro e affascinante jukebox dal ritmo indimenticabile.
Stone Ocean è, però, una storia vista dagli occhi di una donna, quindi l'autore non manca di approfittarne per sfruttare anche la sua passione per la moda, non solo creando abiti sempre più bizzarri e pacchiani, ma anche prendendo in prestito i nomi di innumerevoli marche e stilisti per chiamare i suoi personaggi: Guess, Hermés, Wrangler, Emporio Armani, Gucci, Kenzo Suzuki, Enrico Coveri, Dolce e Gabbana, Roccobarocco, Versace, Max Mara, Mila Schon e chi più ne ha più ne metta.
La storia offre un'interessante trama di base, ricca di misteri da scoprire poco a poco, che, come di consueto, viene raccontata attraverso i vari combattimenti contro i portatori di Stand che i nostri eroi si trovano sul loro cammino.
Anche in questo caso, l'autore si sbizzarrisce nel creare i poteri più bizzarri che ci siano, rendendo gli scontri sempre vari e ricchi di pathos e variabili: adesivi che sdoppiano gli oggetti su cui sono applicati, personaggi capaci di controllare la gravità, i meteoriti, i criptidi, personaggi che combattono seguendo il feng-shui, che incrementano l'adrenalina e la rabbia di chi gli sta intorno, che controllano a loro piacimento gli eventi passati, che resuscitano i morti come zombi, che controllano la memoria degli avversari, che (lo Stand più geniale visto sinora nella saga!) donano la vita ai personaggi di fantasia dei libri, dei fumetti, dei film e dei quadri.
I combattimenti, come da tradizione di Araki, sono sempre avvincenti, diversi e ricchi di violenza, tensione e trovate ingegnose. Dispiace, però, che lo stile di disegno sia diventato tanto piacevole nelle illustrazioni (specie quelle a colori) quanto molto più confusionario nella gestione delle tavole.
Se gli sfondi offrono paesaggi e oggetti riprodotti con grande finezza, le scene d'azione sono confuse, spesso e volentieri poco comprensibili e rendono un po' più complicato seguire gli scontri.
Uno degli elementi di Stone Ocean che fanno maggiormente discutere è indubbiamente il finale, uno dei più bizzarri e assurdi mai concepiti. Allo stesso tempo entusiasmante e anticlimatico, deludente e rassicurante. Lascia nel lettore delusione e curiosità, sconforto e speranza.
Un finale inconsueto, apocalittico, che spinge la follia della storia e del suo autore ai massimi livelli, donando allo stesso tempo un'impagabile sensazione di completezza, perché la storia di JoJo finisce e non finisce qui, lasciando che la leggenda della famiglia Joestar continui a vivere attraverso i tempi e i mondi, continuando a raccontare della lotta fra il bene e il male, di coraggio, di eroi, di citazioni musicali sempre più esplicite, di poteri incredibili e di splendide bizzarrie.
E' una storia strana eppure dotata di gran fascino, quella di Stone Ocean, che si fa leggere fra interesse, entusiasmo ed emozioni, trattando temi come il razzismo, i rapporti familiari, l'amore, l'amicizia, la criminalità, la vendetta, la religione.
Sicuramente, tuttavia, scontenterà molti lettori per via di scelte particolari e coraggiose come una gran preponderanza di personaggi femminili in un racconto di botte e violenza, un'ambientazione carceraria un po' claustrofobica, continui e pressanti riferimenti al mondo della moda (di scarso interesse per il lettore medio di Shounen Jump), uno stile di disegno strambo e confusionario, un finale sui generis.
Si avverte, però, una grande coerenza nell'operato di Hirohiko Araki e nel percorso che lo ha portato a far evolvere il suo JoJo nel corso degli anni, raccontando con amore e maestria la storia della famiglia Joestar generazione dopo generazione.
Col suo stile particolarissimo e col suo finale unico al mondo, Stone Ocean è un tassello importantissimo di questa storia, che si può dire finisca un po' qui, ma solo in parte.
Perché le bizzarre avventure di JoJo sono eterne, come il nastro di Moebius che, furbescamente, il folle e geniale Hirohiko Araki ci cita di striscio nell'ultimo volume, in quello che parrebbe essere l'ennesimo, assurdo colpo di genio dei nostri eroici Joestar per trarsi d'impaccio in una situazione disperata, ma che, forse, è ben più di ciò che sembra.
Prima di dire la mia opinione su questa serie, che è ancora una volta un capolavoro, voglio dire un'altra cosa: ogni volta che finisco una serie di Jojo, penso che è stata la migliore in assoluto e che probabilmente nessun'altra la supererà, poiché mi sembra improbabile che l'autore riesca ancora ad inventarsi altre genialate, essendo che in una serie ne sfrutta tante, ma mi sbaglio ogni volta, ed ogni serie è meglio dell'altra. Ci troviamo ancora una volta di fronte all'ennesimo capolavoro di questo mangaka che continua a stupirmi, pagina dopo pagina, volume dopo volume, serie dopo serie. Ritornano le battaglie strategiche a colpi di stand, dai variegati poteri ovviamente stupendi, che danno vita a scene che in nessun altro manga potremmo mai vedere. Questa serie è ambientata per la maggior parte dei volumi in un carcere, e la trama prende subito il via con alcuni misteri, che, man mano che la storia va avanti, si infittiscono e si moltiplicano, aumentando sempre di più l'interesse per ciò che accadrà. Dal punto di vista della trama, quindi, questa secondo me è una delle migliori serie, davvero ben studiata ed intricata, ricca di colpi di scena imprevedibili, inoltre ci sono vari collegamenti con alcuni avvenimenti delle serie passate, ed anche con un personaggio in particolare, per tanto questa serie si gusta meglio avendo letto quelle precedenti. Parlando dei personaggi, a differenza della serie precedente, qui risultano quasi tutti ben caratterizzati e per niente piatti, e questo ci permette di affezionarci a loro. Molto bello anche il percorso che fa la protagonista e la sua crescita interiore, ma il personaggio migliore di tutta la serie a mio avviso è l'antagonista. Il suo obiettivo è uno dei più interessanti di tutti gli antagonisti che ho visto, e pur di riuscirci è disposto a tutto: non si fa scrupoli ad usare gente e a toglierla di mezzo come se niente fosse, inoltre anche le sue frasi sono stupende e ha tutto un suo modo di pensare a di agire che lo rende davvero unico. Verso gli ultimi volumi si ha uno dei picchi massimi di epicità mostrati in Jojo, grazie alla capacità di Araki di giocare con le sue creazioni e mostrarci tavole pazzesche, riuscendo a trasformare la realtà mostrata nelle pagine nel modo in cui vuole, insomma, si ha una massiccia di dose di bizzarrie, una dietro l'altra, a cui si rimane davvero a bocca aperta. Quindi, ancora una volta, sono rimasto stupito dalla fantasia fuori dal comune di questo autore, che a mio avviso ha sfornato un altro capolavoro.
<b>ATTENZIONE SPOILER</b>
"Stone Ocean" rappresenta la sesta ed ultima parte del primo filone narrativo della saga generazionale di Hirohiko Araki. Il nuovo Jojo è una ragazza: Jolyne Kujo, figlia del protagonista della terza serie Jotaro. Ad affiancare lei e il suo stand Stone Free, ci saranno Hermes Costello e il suo Kiss, Narciso Anasui con Diver Down, Foo Fighters e Weather Report. Il gruppo si muoverà all'interno della prigione Neo Dolphin Street, situata in Florida, cercando di arginare le malefiche trame di Padre Enrico Pucci, cappellano della prigione, nonché ammiratore e confidente di Dio Brando.
I combattimenti stand sono molto complessi e alcuni disegni non rendono chiaro lo svolgimento dell'azione, ma nonostante tutto Araki dimostra che il suo tratto è maturato notevolmente grazie all'espressività dei personaggi, chiara come non mai rispetto alle altre serie. Così come in "Vento Aureo", non c'è un personaggio principale che spicca sugli altri, bensì è l'interazione tra di loro che permette di godere appieno della personalità di tutti. Le citazioni alla musica e l'umorismo dilagante (seppur in questa serie un pò più macabro), si sprecano.
Passando ai punti negativi: la trama. Sì perché Araki, per creare "Stone Ocean", ha dovuto operare delle forzature enormi inventandosi di sana pianta un confidente (Pucci) di Dio ai tempi di Stardust Crusaders nonché (altri) tre figli di Dio, usciti da chissà dove. Il finale, nonostante tutto, mi è piaciuto, anche perché era l'unico modo per continuare la serie.
Il disegno, come dicevamo, è eccelso, ma oltre ad alcune scene confusionarie si riscontrano anche alcuni personaggi su cui Araki avrebbe potuto fare un lavoro migliore, ovvero Jolyne, Hermes e Anasui. Jolyne di base è una bella ragazza, ma in alcune tavole Araki le dona un volto e un fisico troppo mascolini. Hermes ha la faccia di un uomo in tutto e per tutto, solo che ha il seno (braccia e gambe sono palesemente maschili). Infine Anasui, che Araki ha inizialmente presentato come donna, per poi cambiarla/o in uomo. Cito anche Jotaro, irriconoscibile non solo da quello della terza serie, ma anche della quarta e quinta.
Insomma, Araki dimostra ancora una volta di non sbagliare un colpo, disegnando una saga appassionante e divertente, se non fosse per qualche disegno che non convince appieno e una trama troppo forzata.
"Stone Ocean" rappresenta la sesta ed ultima parte del primo filone narrativo della saga generazionale di Hirohiko Araki. Il nuovo Jojo è una ragazza: Jolyne Kujo, figlia del protagonista della terza serie Jotaro. Ad affiancare lei e il suo stand Stone Free, ci saranno Hermes Costello e il suo Kiss, Narciso Anasui con Diver Down, Foo Fighters e Weather Report. Il gruppo si muoverà all'interno della prigione Neo Dolphin Street, situata in Florida, cercando di arginare le malefiche trame di Padre Enrico Pucci, cappellano della prigione, nonché ammiratore e confidente di Dio Brando.
I combattimenti stand sono molto complessi e alcuni disegni non rendono chiaro lo svolgimento dell'azione, ma nonostante tutto Araki dimostra che il suo tratto è maturato notevolmente grazie all'espressività dei personaggi, chiara come non mai rispetto alle altre serie. Così come in "Vento Aureo", non c'è un personaggio principale che spicca sugli altri, bensì è l'interazione tra di loro che permette di godere appieno della personalità di tutti. Le citazioni alla musica e l'umorismo dilagante (seppur in questa serie un pò più macabro), si sprecano.
Passando ai punti negativi: la trama. Sì perché Araki, per creare "Stone Ocean", ha dovuto operare delle forzature enormi inventandosi di sana pianta un confidente (Pucci) di Dio ai tempi di Stardust Crusaders nonché (altri) tre figli di Dio, usciti da chissà dove. Il finale, nonostante tutto, mi è piaciuto, anche perché era l'unico modo per continuare la serie.
Il disegno, come dicevamo, è eccelso, ma oltre ad alcune scene confusionarie si riscontrano anche alcuni personaggi su cui Araki avrebbe potuto fare un lavoro migliore, ovvero Jolyne, Hermes e Anasui. Jolyne di base è una bella ragazza, ma in alcune tavole Araki le dona un volto e un fisico troppo mascolini. Hermes ha la faccia di un uomo in tutto e per tutto, solo che ha il seno (braccia e gambe sono palesemente maschili). Infine Anasui, che Araki ha inizialmente presentato come donna, per poi cambiarla/o in uomo. Cito anche Jotaro, irriconoscibile non solo da quello della terza serie, ma anche della quarta e quinta.
Insomma, Araki dimostra ancora una volta di non sbagliare un colpo, disegnando una saga appassionante e divertente, se non fosse per qualche disegno che non convince appieno e una trama troppo forzata.
Sone Ocean è indubbiamente, almeno per me, la serie meno riuscita di JoJo. I motivi sono tanti.
Innanzitutto i disegni riprendono i difetti di quelli della serie precedenti esasperandoli: protagonisti con l'aspetto ancora più effemminato tanto che a volte si fa a capire se un personaggio sia uomo o donna, quantità industriale di retini e di dettagli di sfondo che rendono le tavole tanto particolareggiate quanto poco chiare durante le numerosissime scene di azione.
La protagonista (l'unica JoJo al femminile tra tutte le serie) ha un carattere odioso e i suoi compagni di avventura non son ben caratterizzati quanto nelle serie precendeti tanto che ci si dimenticherà presto di loro: impalpabili.
La trama comunque è molto interessante soprattutto all'inizio e negli ultimi numeri che porteranno ad un finale sconvolgente e imprevedibile.
Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un nemico di tutto rispetto che resta il personaggio più riuscito e ben caratterizzato di questa sesta serie.
Trattandosi di JoJo, manga a cui son particolarmente affezionato, e non essendoci la possibilità di dare mezzi voti, gli assegno un 7 non troppo meritato
Innanzitutto i disegni riprendono i difetti di quelli della serie precedenti esasperandoli: protagonisti con l'aspetto ancora più effemminato tanto che a volte si fa a capire se un personaggio sia uomo o donna, quantità industriale di retini e di dettagli di sfondo che rendono le tavole tanto particolareggiate quanto poco chiare durante le numerosissime scene di azione.
La protagonista (l'unica JoJo al femminile tra tutte le serie) ha un carattere odioso e i suoi compagni di avventura non son ben caratterizzati quanto nelle serie precendeti tanto che ci si dimenticherà presto di loro: impalpabili.
La trama comunque è molto interessante soprattutto all'inizio e negli ultimi numeri che porteranno ad un finale sconvolgente e imprevedibile.
Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un nemico di tutto rispetto che resta il personaggio più riuscito e ben caratterizzato di questa sesta serie.
Trattandosi di JoJo, manga a cui son particolarmente affezionato, e non essendoci la possibilità di dare mezzi voti, gli assegno un 7 non troppo meritato
Premetto che il mio voto è regalato perchè sono estremamente di parte quando si parla di JoJo, in realtà più che un 6 sarebbe un 5. Stone Ocean è forse la saga meno incisiva e più confusionaria mai realizzata da Araki. La reputo meno incisiva perchè i personaggi sono caratterizzati male, la stessa protagonista Jolyne, più volte vi susciterà noia ed antipatia, e stesso discorso vale per i comprimari (eccetto per l'ormai onnipresente Jotaro Kujo). A dirla tutta, solo il cattivo di turno, tale Padre Enrico Pucci riesce a far appassionare il lettore grazie a vari collegamenti che ha con un personaggio della terza serie (Stardust Crusader).
Passando alla parte tecnica, è qui che calza bene il termine confusionario: Stone Ocean è un ammasso di disegni che non hanno garbo e che a volte risultano rozzi (viene quasi da rimpiangere la quinta serie, che sebbene avesse problemi simili risultava più chiara nel tratto) ed inoltre gli scontri sono realmente bizzarri ed estremamente confusionari. Che dire, fortunatamente Araki ha dato nuova vita a JoJo grazie a Steel Ball Run, ma d'altro canto Stone Ocean resterà sempre la pecora nera della saga di JoJo e di Araki stesso.
Passando alla parte tecnica, è qui che calza bene il termine confusionario: Stone Ocean è un ammasso di disegni che non hanno garbo e che a volte risultano rozzi (viene quasi da rimpiangere la quinta serie, che sebbene avesse problemi simili risultava più chiara nel tratto) ed inoltre gli scontri sono realmente bizzarri ed estremamente confusionari. Che dire, fortunatamente Araki ha dato nuova vita a JoJo grazie a Steel Ball Run, ma d'altro canto Stone Ocean resterà sempre la pecora nera della saga di JoJo e di Araki stesso.
Non ho potuto apprezzare quest'opera nella sua integrità, in quanto ho iniziato a seguirla dagli ultimi volumi. E devo anche aggiungere che Stone Ocean è stata la mia prima serie di JoJo, perciò ho faticato molto a comprendere molti avvenimenti. In realtà, come ogni serie "jojesca", non è strettamente legata alle precedenti e può essere letta autonomamente, ma penso che conoscere ciò che è accaduto nelle precedenti incarnazioni sia molto utile per avere un quadro completo di tutta la saga e capire meglio aspetti come gli stand, la Freccia, i legami tra le famiglie Joestar e Brando.
Detto questo, capirete dunque che consiglio a tutti di leggere prima le serie precedenti e poi impegnarsi con Stone Ocean. La serie risulta molto carina, la trama ben curata (almeno in quei volumi finali che ho letto) e appassionante. La protagonista mi è apparsa abbastanza inutile e nel finale lascerà spazio al padre (molto più cool) e nell'imprevedibile (anzi, bizzarro) finale al piccolo Emporio. Insomma, merita di esser letto. L'unica pecca è il disegno, molto particolare, a mio parere troppo retinato e in più tavole (soprattutto nelle scene d'azione) incomprensibile.
In ogni caso, lo consiglio a coloro che amano JoJo e che ancora non l'hanno letto, mentre a tutti gli altri dico di recuperare (se possibile) le saghe precedenti e avventurarsi nelle peripezie della famiglia Joestar: non si resterà delusi.
Detto questo, capirete dunque che consiglio a tutti di leggere prima le serie precedenti e poi impegnarsi con Stone Ocean. La serie risulta molto carina, la trama ben curata (almeno in quei volumi finali che ho letto) e appassionante. La protagonista mi è apparsa abbastanza inutile e nel finale lascerà spazio al padre (molto più cool) e nell'imprevedibile (anzi, bizzarro) finale al piccolo Emporio. Insomma, merita di esser letto. L'unica pecca è il disegno, molto particolare, a mio parere troppo retinato e in più tavole (soprattutto nelle scene d'azione) incomprensibile.
In ogni caso, lo consiglio a coloro che amano JoJo e che ancora non l'hanno letto, mentre a tutti gli altri dico di recuperare (se possibile) le saghe precedenti e avventurarsi nelle peripezie della famiglia Joestar: non si resterà delusi.