Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su drama e live action, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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Something in the Rain
8.0/10
La prima stagione di "Something in the Rain" è stata presentata in anteprima JTBC il 30 marzo 2018 ed è andato in onda nei 16 episodi di cui si compone concludendosi il 19 maggio 2018 in Corea. Per quanto riguarda il resto del mondo, ha debuttato su Netflix il 13 aprile 2018 ed è ancora ad oggi disponibile.
Quindi non si tratta di un prodotto recentissimo e sembrerebbe che sia in cantiere una seconda serie di cui purtroppo non ho ancora raccolto notizie certe sulla sua realizzazione.
"Something in the Rain", nota anche come "Pretty Noona (sorella maggiore in coreano, equivalente di "oneesan" - formale - o "oneechan" -informale - in giapponese) who buys me food" (titolo molto meno "romantico" di quello con cui la serie è distribuita nel mondo) è stata per me la prima serie coreana, scoprendo un mondo del tutto sconosciuto e tutto sommato da quanto ho potuto constatare piacevole e interessante. La serie ha anche collezionato diversi premi, tra cui quello di Best Drama Series agli Asian Television Awards.
In effetti, documentandomi un po' in rete e sfogliando l'offerta delle opere orientali (coreane e giapponesi) sulle piattaforme streaming, mi sono fatto l'idea che oramai (purtroppo in grave ritardo) non esistono solo le produzioni europee, nord e sud americane, ma anche quelle asiatiche, costituite da un "ecosistema" molto sfaccettato, ricco di varietà di opere che si ispirano un po' a tutti i generi noti che possono soddisfare anche i gusti più particolari e difficili degli spettatori occidentali.
E "Something in the rain" come prodotto non fa eccezione in termini di qualità e di dimostrazione di capacità a concorrere con le serie cui siamo abituati di produzione "occidentale", anzi superando ogni più rosea aspettativa in termini di trama, sceneggiatura, regia e interpretazione.
La serie è diretta da Ahn Pan-seok, ambientata a Seoul, racconta le vicende amorose e lavorative dei due protagonisti: Yoon Jin-ah (interpretata dalla bella e brava Son Ye-jin) e di Seo Joon-hee (interpretato da un altrettanto bello e bravo Hae-In Jung).
La trama è piuttosto semplice e di primo acchito sembra un vero e proprio "slice of life" che racconta uno spaccato di vita di persone normali che interagiscono tra loro lavorando, condividendo amori, passioni e problemi tipici di persone qualsiasi nell'affrontare le gioie e i dolori che la vita sottopone loro.
Sarebbe tuttavia un errore classificare la serie esclusivamente di genere romantico perché affronta in modo equilibrato e intelligente una serie di temi che riguardano la vita di ciascuno di noi quali le interazioni (non sempre "semplici") con i propri familiari, i rapporti con i genitori, i problemi di discriminazione e molestie nel mondo del lavoro, i pregiudizi sociali e familiari tipici della società (coreana ma non solo) con una peculiarità che non può sfuggire allo spettatore più attento: "Something in the rain" grazie alla lunghezza degli episodi (in media dai 60 agli 80 minuti ciascuno) mostra i suoi personaggi in un modo piuttosto completo e non "orienta" in modo preponderante il giudizio di chi visiona l'opera tra i personaggi "buoni" da quelli "cattivi" perché "non giudica" al posto di chi vede l'opera...
Ciascun personaggio, anche quelli più "odiosi", vengono mostrati e sviluppati in modo tale da comunque dimostrare i loro "validi" ragioni e principi per comportarsi in un determinato modo; e quelli che sembrano più "superficiali" dimostrano di essere attenti e sensibili a determinate tematiche tanto da "stupire" lo spettatore a rivalutare la propria idea...
In fondo la serie sembra "costruita" proprio per criticare in modo delicato i cosiddetti "stereotipi" tipici delle società un po' tradizionali e lo fa in un modo "normale", da "tutti i giorni" e non tramite azioni dirompenti e di rottura dei propri personaggi.
In un certo senso si ispira al motto latino "gutta cavat lapidem", immergendo lo spettatore in una storia di tutti i giorni in cui illustra in un arco di tempo piuttosto limitato ma continuo l'evoluzione delle esistenze di tutti i personaggi in relazione alla storia dei due protagonisti principali: Yoon Jin-ah e Seo Joon-hee.
E arriviamo alla sostanza della trama con leggero spoiler
Yoon Jin-ah è una donna adulta nel pieno della maturità fisica (su quella mentale avrei qualche riserva, ad eccezione del finale dove sembra evolvere positivamente) appena al di sotto della soglia critica dei 40 anni che vive la propria esistenza tra un lavoro che le riserva poche soddisfazioni e molte umiliazioni anche a livello personale e una vita sentimentale "poco appagante" a causa di un "fidanzato" gradito ai suoi genitori e di successo a livello lavorativo ma meschino, stupido, superficiale al limite del grottesco.
Proprio nel punto più basso della "parabola discendente" della sua esistenza, Jin-ah incontra casualmente Joon-hee, fratello minore della sua amica del cuore appena tornato dagli USA dopo tre anni di trasferta lavorativa, di circa 10 anni più giovane di lei.
Il momento dell'incontro ha un non so che di esilarante e fanciullesco: i due comunque adulti si mettono a rincorrersi nella piazza in cui si sono incontrati come due bambini che si fanno festa felici di rivedersi...
Senza esagerare con lo spoiler, Jin-ah sebbene molto più grande di Joon-hee, inizierà a vedere il ragazzo con occhi "diversi" anche a causa delle continue attenzioni che lui le riserva in ogni momento in cui trascorrono del tempo insieme.
I primi episodi sono dedicati alla "epifania" del loro amore e credo che ad oggi non abbia mai visto una serie così dolce, romantica, realistica improntata al c.d. amore "puro" e "ideale", quasi da "dolce stil novo"...
Lei sarà sotto i 40 anni di età ma sembra una ragazzina al primo amore per le sue reazioni buffe, per la sua ingenuità e quella capacità di sembrare tale con le espressioni, le reazioni e il tono della voce: sarà la lingua coreana e il loro modo "cantilenato" di esprimersi ma in certi frangenti sono esilaranti e carichi di una dolcezza che scaldano il cuore... Lui, a dispetto della più giovane età, sfoggia spesso nel recitare un sorriso dolce solo in apparenza "beffardo" o di "presa in giro", che in modo "giogionesco" comunica tutto il suo interesse e divertimento nei confronti di Jin-ah e del suo atteggiamento da ragazzina impertinente e imbranata...
In più, tra i due, lui sembra nella coppia la persona matura ed equilibrata... anche nelle battute risulta essere sagace e ironico il giusto, mantenendo sempre un equilibrio e compostezza che manda sistematicamente in "crisi" Jin-ah... e ovviamente il confronto con il suo ex fidanzato è impietoso...
Da "Amici mai" ad una sorta di "Korean graffiti"...
Al di là della bella storia di amore, "Something in the rain" inserisce altri "temi" che risulteranno alla maggioranza degli spettatori attuali e classici: i problemi sul posto di lavoro (rapporti tra colleghi/e e responsabili), le discriminazioni e talvolta gli abusi nei confronti delle donne, la rigidità e il tradizionalismo delle famiglie nell'arrogarsi il diritto di decidere del futuro e della felicità dei loro figli.
Vedere Jin-ah litigare sempre con la madre perché non è ancora accasata con un "buon partito" sarà anche utile allo svolgimento della trama ma lascia qualche punto di riflessione su quanto un genitore possa interferire nella vita anche sentimentale della propria figlia, come se fosse una vera e propria "proprietà".
Idem per le considerazioni sul ceto e l'estrazione sociale di Joo-hee: assistere ai monologhi rabbiosi e pieni di astio della madre che non vuole accettare il ragazzo solo perché molto più giovane di lei, perché appartiene ad una classe sociale inferiore, perché non ha avuto i genitori (lui è stato cresciuto dalla sorella) o non ha un impiego di spicco e che dia visibilità e onore alla famiglia fa ancora rabbrividire tenendo conto dell'epoca in cui viviamo.
Al contempo mi ha colpito anche la remissività e il rispetto che i figli dimostrano nei confronti dei genitori anche in occasioni in cui i secondi sembrano proprio essere nel torto più evidente: vedere i figli inginocchiarsi davanti ad un adulto o genitore per scusarsi del disagio che hanno arrecato con la loro storia di amore "non convenzionale" è abbastanza inquietante se visti con occhi "occidentali" ma probabilmente normale e logico per la cultura ed educazione "orientale"...
Gli autori hanno poi abilmente intrecciato le esistenze dei protagonisti in modo da rendere il tutto "complicato" e plausibile: Jin-ah e Joon-hee si conoscono da bambini e la famiglia di lei considera lui alla stregua di un figlio aggiunto... Pertanto le famiglie (ad eccezione di una persona ossia il vituperato padre di Joo-hee) stentano a comprendere come i due si possano essere reciprocamente innamorati nonostante la grande differenza di età e del rapporto di parentela "di fatto" instauratosi nel tempo...
Anche nell'ambito del mondo del lavoro, l'immagine che la serie sembra comunicare sia quella di una realtà molto ipocrita, discriminatoria nei confronti del sesso femminile e comunque molto competitiva e di quasi totale dedizione: molte scene anche serali e quasi notturne sono ambientate negli uffici dove i protagonisti e i loro colleghi entrano ed escono a qualsiasi ora, come se fosse una seconda casa. Tale "esperienza" sembra essere comune a quella dei giapponesi, come se nella visione "orientale" il lavoro sia non solo e non tanto un modo di realizzazione professionale e personale ma un modo di sacrificio collettivo per il bene comune dell'azienda e pertanto della comunità...
Nella seconda parte è evidente come, in modo neanche tanto implicito, la serie perde un (bel) po' di romanticismo per inserire delle riflessioni più realistiche sulla vita e le sue "ingiustizie" e "paradossi". Si vedrà come i due protagonisti vanno a prendere decisioni opposte che poi si risolveranno solo nel finale positivo ma non "pirotecnico" dal punto di vista sentimentale.
Di sicuro si innestano temi più complessi come la comprensione, il perdono, l'elaborazione delle difficoltà e la definitiva maturazione di Jin-ah e Joon-hee verso la piena condivisione e ascolto delle reciproche esigenze, non solo imputabili al momento "magico" della passione dell'innamoramento, ma alla sofferenza del distacco e della necessità reciproca di avere proprio quella determinata persona al proprio fianco per provare a conviverci per il resto della esistenza.
Ma si assiste anche alla "realizzazione" da parte della madre di Jin-ah, nel momento del distacco finale, delle profonde ingiustizie e cattiverie inferte alla propria figlia nell'ostacolare la sua grande e unica storia di amore con Joon-hee.
Di notevole e pregevole spessore la reazione di Jin-ah: il perdono si fa strada nella decisione sofferta di allontanarsi definitivamente dalla famiglia per camminare finalmente in modo indipendente verso il proprio destino tutto da (ri)costruire... Perché, in fondo, nella vita non è mai troppo tardi per cambiare e provare a risolvere i problemi sofferti...
"Amare è dura e senza frutti al sole..." (Peppino di A. Venditti, Album Venditti e Segreti, 1986), con qualche "ingenuità"...
"Something in the rain" è una serie che mi ha convinto soprattutto per la seconda parte (quella forse meno sentimentale...) in cui è riuscita a mixare il lato romance con quello più profondo "slice of life" in cui anche se in parte ha cercato di scavare oltre la maschera superficiale è un po' anche caricaturale dei primi episodi in cui alcune situazioni e personaggi mi sono sembrati un po' eccessivi e poco approfonditi. In questo senso, e a mero titolo di esempio, l'ex di Jin-ah è francamente "surreale": passa dal grottesco allo stalker violento senza permettere allo spettatore di capire i motivi di tali reazioni
Come al solito, non mi va di segnalare dei "difetti" ma degli elementi che non ho apprezzato pienamente: di sicuro alcuni personaggi (neanche tanto) secondari ed in primis la madre di Jin-ah. Solo nell'ultimo episodio recupera quell'umanità tipica di una madre nei confronti della propria figlia che non si è mai vista in tutta la serie... un personaggio francamente troppo caricaturale e monodimensionale inserito solo per creare il disagio nella coppia fino alla loro esasperazione e rottura... ma potremmo citare anche il padre troppo debole e in apparenza vittima della moglie al pari dei figli (salvo poi ribellarsi quando "alticcio"...) e alcuni colleghi/superiori nell'azienda dove lavora Jin-ah per le questioni di discriminazione e abusi/molestie (sembrano più personaggi dei B-movie anni 70-80 che dei manager)...
E anche il finale potrebbe essere giudicato sproporzionato in senso negativo rispetto al resto della storia: come se gli autori avessero avuto la necessità di concludere senza applicare la stessa "cura e attenzione" quasi certosina applicata per la prima parte della storia...
Dal punto di vista registico e tecnico, la serie presenta una lunghezza per episodio piuttosto "importante" cui non ero abituato: arrivare anche a 80' di visione con il ritmo non sempre sostenuto per me che sono "occidentale" è risultato un po' "pesante" pur apprezzando lo stile narrativo e la trama. E' un aspetto da tenere comunque in considerazione sebbene non possa essere ritenuto un vero e proprio difetto.
La fotografia e le riprese sono curate al pari della capacità di recitazione dei personaggi principali.
La colonna sonora, è molto azzeccata con due/tre canzoni "iconiche" su tutte: "Something in the rain" (con l'incipit paradigmatico "sometimes it's hard to be a woman") e "La la la" cantate da Rachel Yamagata e "Stand by your man" cantata addirittura di Carla Bruni! ...
Allora non resta altro da fare ai "romanticoni" che immergersi nelle (dis)avventure di Jin-ah e Joon-hee e farsi coinvolgere a livello emotivo dalle loro vicissitudini... non ne resteranno delusi!
Quindi non si tratta di un prodotto recentissimo e sembrerebbe che sia in cantiere una seconda serie di cui purtroppo non ho ancora raccolto notizie certe sulla sua realizzazione.
"Something in the Rain", nota anche come "Pretty Noona (sorella maggiore in coreano, equivalente di "oneesan" - formale - o "oneechan" -informale - in giapponese) who buys me food" (titolo molto meno "romantico" di quello con cui la serie è distribuita nel mondo) è stata per me la prima serie coreana, scoprendo un mondo del tutto sconosciuto e tutto sommato da quanto ho potuto constatare piacevole e interessante. La serie ha anche collezionato diversi premi, tra cui quello di Best Drama Series agli Asian Television Awards.
In effetti, documentandomi un po' in rete e sfogliando l'offerta delle opere orientali (coreane e giapponesi) sulle piattaforme streaming, mi sono fatto l'idea che oramai (purtroppo in grave ritardo) non esistono solo le produzioni europee, nord e sud americane, ma anche quelle asiatiche, costituite da un "ecosistema" molto sfaccettato, ricco di varietà di opere che si ispirano un po' a tutti i generi noti che possono soddisfare anche i gusti più particolari e difficili degli spettatori occidentali.
E "Something in the rain" come prodotto non fa eccezione in termini di qualità e di dimostrazione di capacità a concorrere con le serie cui siamo abituati di produzione "occidentale", anzi superando ogni più rosea aspettativa in termini di trama, sceneggiatura, regia e interpretazione.
La serie è diretta da Ahn Pan-seok, ambientata a Seoul, racconta le vicende amorose e lavorative dei due protagonisti: Yoon Jin-ah (interpretata dalla bella e brava Son Ye-jin) e di Seo Joon-hee (interpretato da un altrettanto bello e bravo Hae-In Jung).
La trama è piuttosto semplice e di primo acchito sembra un vero e proprio "slice of life" che racconta uno spaccato di vita di persone normali che interagiscono tra loro lavorando, condividendo amori, passioni e problemi tipici di persone qualsiasi nell'affrontare le gioie e i dolori che la vita sottopone loro.
Sarebbe tuttavia un errore classificare la serie esclusivamente di genere romantico perché affronta in modo equilibrato e intelligente una serie di temi che riguardano la vita di ciascuno di noi quali le interazioni (non sempre "semplici") con i propri familiari, i rapporti con i genitori, i problemi di discriminazione e molestie nel mondo del lavoro, i pregiudizi sociali e familiari tipici della società (coreana ma non solo) con una peculiarità che non può sfuggire allo spettatore più attento: "Something in the rain" grazie alla lunghezza degli episodi (in media dai 60 agli 80 minuti ciascuno) mostra i suoi personaggi in un modo piuttosto completo e non "orienta" in modo preponderante il giudizio di chi visiona l'opera tra i personaggi "buoni" da quelli "cattivi" perché "non giudica" al posto di chi vede l'opera...
Ciascun personaggio, anche quelli più "odiosi", vengono mostrati e sviluppati in modo tale da comunque dimostrare i loro "validi" ragioni e principi per comportarsi in un determinato modo; e quelli che sembrano più "superficiali" dimostrano di essere attenti e sensibili a determinate tematiche tanto da "stupire" lo spettatore a rivalutare la propria idea...
In fondo la serie sembra "costruita" proprio per criticare in modo delicato i cosiddetti "stereotipi" tipici delle società un po' tradizionali e lo fa in un modo "normale", da "tutti i giorni" e non tramite azioni dirompenti e di rottura dei propri personaggi.
In un certo senso si ispira al motto latino "gutta cavat lapidem", immergendo lo spettatore in una storia di tutti i giorni in cui illustra in un arco di tempo piuttosto limitato ma continuo l'evoluzione delle esistenze di tutti i personaggi in relazione alla storia dei due protagonisti principali: Yoon Jin-ah e Seo Joon-hee.
E arriviamo alla sostanza della trama con leggero spoiler
Yoon Jin-ah è una donna adulta nel pieno della maturità fisica (su quella mentale avrei qualche riserva, ad eccezione del finale dove sembra evolvere positivamente) appena al di sotto della soglia critica dei 40 anni che vive la propria esistenza tra un lavoro che le riserva poche soddisfazioni e molte umiliazioni anche a livello personale e una vita sentimentale "poco appagante" a causa di un "fidanzato" gradito ai suoi genitori e di successo a livello lavorativo ma meschino, stupido, superficiale al limite del grottesco.
Proprio nel punto più basso della "parabola discendente" della sua esistenza, Jin-ah incontra casualmente Joon-hee, fratello minore della sua amica del cuore appena tornato dagli USA dopo tre anni di trasferta lavorativa, di circa 10 anni più giovane di lei.
Il momento dell'incontro ha un non so che di esilarante e fanciullesco: i due comunque adulti si mettono a rincorrersi nella piazza in cui si sono incontrati come due bambini che si fanno festa felici di rivedersi...
Senza esagerare con lo spoiler, Jin-ah sebbene molto più grande di Joon-hee, inizierà a vedere il ragazzo con occhi "diversi" anche a causa delle continue attenzioni che lui le riserva in ogni momento in cui trascorrono del tempo insieme.
I primi episodi sono dedicati alla "epifania" del loro amore e credo che ad oggi non abbia mai visto una serie così dolce, romantica, realistica improntata al c.d. amore "puro" e "ideale", quasi da "dolce stil novo"...
Lei sarà sotto i 40 anni di età ma sembra una ragazzina al primo amore per le sue reazioni buffe, per la sua ingenuità e quella capacità di sembrare tale con le espressioni, le reazioni e il tono della voce: sarà la lingua coreana e il loro modo "cantilenato" di esprimersi ma in certi frangenti sono esilaranti e carichi di una dolcezza che scaldano il cuore... Lui, a dispetto della più giovane età, sfoggia spesso nel recitare un sorriso dolce solo in apparenza "beffardo" o di "presa in giro", che in modo "giogionesco" comunica tutto il suo interesse e divertimento nei confronti di Jin-ah e del suo atteggiamento da ragazzina impertinente e imbranata...
In più, tra i due, lui sembra nella coppia la persona matura ed equilibrata... anche nelle battute risulta essere sagace e ironico il giusto, mantenendo sempre un equilibrio e compostezza che manda sistematicamente in "crisi" Jin-ah... e ovviamente il confronto con il suo ex fidanzato è impietoso...
Da "Amici mai" ad una sorta di "Korean graffiti"...
Al di là della bella storia di amore, "Something in the rain" inserisce altri "temi" che risulteranno alla maggioranza degli spettatori attuali e classici: i problemi sul posto di lavoro (rapporti tra colleghi/e e responsabili), le discriminazioni e talvolta gli abusi nei confronti delle donne, la rigidità e il tradizionalismo delle famiglie nell'arrogarsi il diritto di decidere del futuro e della felicità dei loro figli.
Vedere Jin-ah litigare sempre con la madre perché non è ancora accasata con un "buon partito" sarà anche utile allo svolgimento della trama ma lascia qualche punto di riflessione su quanto un genitore possa interferire nella vita anche sentimentale della propria figlia, come se fosse una vera e propria "proprietà".
Idem per le considerazioni sul ceto e l'estrazione sociale di Joo-hee: assistere ai monologhi rabbiosi e pieni di astio della madre che non vuole accettare il ragazzo solo perché molto più giovane di lei, perché appartiene ad una classe sociale inferiore, perché non ha avuto i genitori (lui è stato cresciuto dalla sorella) o non ha un impiego di spicco e che dia visibilità e onore alla famiglia fa ancora rabbrividire tenendo conto dell'epoca in cui viviamo.
Al contempo mi ha colpito anche la remissività e il rispetto che i figli dimostrano nei confronti dei genitori anche in occasioni in cui i secondi sembrano proprio essere nel torto più evidente: vedere i figli inginocchiarsi davanti ad un adulto o genitore per scusarsi del disagio che hanno arrecato con la loro storia di amore "non convenzionale" è abbastanza inquietante se visti con occhi "occidentali" ma probabilmente normale e logico per la cultura ed educazione "orientale"...
Gli autori hanno poi abilmente intrecciato le esistenze dei protagonisti in modo da rendere il tutto "complicato" e plausibile: Jin-ah e Joon-hee si conoscono da bambini e la famiglia di lei considera lui alla stregua di un figlio aggiunto... Pertanto le famiglie (ad eccezione di una persona ossia il vituperato padre di Joo-hee) stentano a comprendere come i due si possano essere reciprocamente innamorati nonostante la grande differenza di età e del rapporto di parentela "di fatto" instauratosi nel tempo...
Anche nell'ambito del mondo del lavoro, l'immagine che la serie sembra comunicare sia quella di una realtà molto ipocrita, discriminatoria nei confronti del sesso femminile e comunque molto competitiva e di quasi totale dedizione: molte scene anche serali e quasi notturne sono ambientate negli uffici dove i protagonisti e i loro colleghi entrano ed escono a qualsiasi ora, come se fosse una seconda casa. Tale "esperienza" sembra essere comune a quella dei giapponesi, come se nella visione "orientale" il lavoro sia non solo e non tanto un modo di realizzazione professionale e personale ma un modo di sacrificio collettivo per il bene comune dell'azienda e pertanto della comunità...
Nella seconda parte è evidente come, in modo neanche tanto implicito, la serie perde un (bel) po' di romanticismo per inserire delle riflessioni più realistiche sulla vita e le sue "ingiustizie" e "paradossi". Si vedrà come i due protagonisti vanno a prendere decisioni opposte che poi si risolveranno solo nel finale positivo ma non "pirotecnico" dal punto di vista sentimentale.
Di sicuro si innestano temi più complessi come la comprensione, il perdono, l'elaborazione delle difficoltà e la definitiva maturazione di Jin-ah e Joon-hee verso la piena condivisione e ascolto delle reciproche esigenze, non solo imputabili al momento "magico" della passione dell'innamoramento, ma alla sofferenza del distacco e della necessità reciproca di avere proprio quella determinata persona al proprio fianco per provare a conviverci per il resto della esistenza.
Ma si assiste anche alla "realizzazione" da parte della madre di Jin-ah, nel momento del distacco finale, delle profonde ingiustizie e cattiverie inferte alla propria figlia nell'ostacolare la sua grande e unica storia di amore con Joon-hee.
Di notevole e pregevole spessore la reazione di Jin-ah: il perdono si fa strada nella decisione sofferta di allontanarsi definitivamente dalla famiglia per camminare finalmente in modo indipendente verso il proprio destino tutto da (ri)costruire... Perché, in fondo, nella vita non è mai troppo tardi per cambiare e provare a risolvere i problemi sofferti...
"Amare è dura e senza frutti al sole..." (Peppino di A. Venditti, Album Venditti e Segreti, 1986), con qualche "ingenuità"...
"Something in the rain" è una serie che mi ha convinto soprattutto per la seconda parte (quella forse meno sentimentale...) in cui è riuscita a mixare il lato romance con quello più profondo "slice of life" in cui anche se in parte ha cercato di scavare oltre la maschera superficiale è un po' anche caricaturale dei primi episodi in cui alcune situazioni e personaggi mi sono sembrati un po' eccessivi e poco approfonditi. In questo senso, e a mero titolo di esempio, l'ex di Jin-ah è francamente "surreale": passa dal grottesco allo stalker violento senza permettere allo spettatore di capire i motivi di tali reazioni
Come al solito, non mi va di segnalare dei "difetti" ma degli elementi che non ho apprezzato pienamente: di sicuro alcuni personaggi (neanche tanto) secondari ed in primis la madre di Jin-ah. Solo nell'ultimo episodio recupera quell'umanità tipica di una madre nei confronti della propria figlia che non si è mai vista in tutta la serie... un personaggio francamente troppo caricaturale e monodimensionale inserito solo per creare il disagio nella coppia fino alla loro esasperazione e rottura... ma potremmo citare anche il padre troppo debole e in apparenza vittima della moglie al pari dei figli (salvo poi ribellarsi quando "alticcio"...) e alcuni colleghi/superiori nell'azienda dove lavora Jin-ah per le questioni di discriminazione e abusi/molestie (sembrano più personaggi dei B-movie anni 70-80 che dei manager)...
E anche il finale potrebbe essere giudicato sproporzionato in senso negativo rispetto al resto della storia: come se gli autori avessero avuto la necessità di concludere senza applicare la stessa "cura e attenzione" quasi certosina applicata per la prima parte della storia...
Dal punto di vista registico e tecnico, la serie presenta una lunghezza per episodio piuttosto "importante" cui non ero abituato: arrivare anche a 80' di visione con il ritmo non sempre sostenuto per me che sono "occidentale" è risultato un po' "pesante" pur apprezzando lo stile narrativo e la trama. E' un aspetto da tenere comunque in considerazione sebbene non possa essere ritenuto un vero e proprio difetto.
La fotografia e le riprese sono curate al pari della capacità di recitazione dei personaggi principali.
La colonna sonora, è molto azzeccata con due/tre canzoni "iconiche" su tutte: "Something in the rain" (con l'incipit paradigmatico "sometimes it's hard to be a woman") e "La la la" cantate da Rachel Yamagata e "Stand by your man" cantata addirittura di Carla Bruni! ...
Allora non resta altro da fare ai "romanticoni" che immergersi nelle (dis)avventure di Jin-ah e Joon-hee e farsi coinvolgere a livello emotivo dalle loro vicissitudini... non ne resteranno delusi!
Doona!
8.0/10
Aspettavo con molta ansia il ritorno dalla leva obbligatoria di Yang Se-jong, ed è stata una piacevole sorpresa vederlo nuovamente sullo schermo, soprattutto perché il suo nuovo drama è stato insieme ad un’attrice e idol bellissima come Suzy.
Sicuramente attrice femminile migliore non potevano scegliere per questo ruolo, visto che la serie parla proprio di una ex-idol.
Il personaggio di Doona doveva risultare altezzoso e lunatico e lei è riuscita benissimo in questo. È stata perfetta nel suo ruolo: il personaggio che ne esce fuori è egocentrico e capriccioso.
Doona, infatti, è una ex-componente di un gruppo k-pop che si è allontanata per varie ragioni da sotto i riflettori e ora passa le sue giornate senza fare niente in particolare. Ha un passato difficile e travagliato alle spalle, segnato da persone che l’hanno abbandonata: proprio per questo il suo personaggio risulta così estremo e atipico, ma anche ansioso e sfaccettato.
Forse è anche il motivo per cui lei fuma in continuazione. Ma nonostante risulti un personaggio distaccato da tutto, è anche una persona fragile e piena di speranza ed è così che alla prima occasione dà un’opportunità al protagonista. È una ragazza ferita, ma che è pronta a buttarsi nuovamente, almeno nella parte sentimentale.
Yang Se-jong, d’altro canto, è stato impeccabile come sempre. Anzi, rispetto alle sue doti recitative, che ci ha mostrato spesso essere magnifiche (basti ripensare ad alcuni suoi drama come "30but17", "My Country" o "Temperature of Love"), il personaggio di Lee Won-joon risulta quasi sottotono: manca di quelle sfaccettature con le quali di solito Yang Se-jong rende le sue interpretazioni uniche e incomparabili.
Nonostante questo, la chimica fra i due attori è stata pazzesca, dando origine ad abbracci e baci coinvolgenti.
La crescita dei personaggi è lenta: ma questo non va di certo preso come un difetto, anzi! La difficoltà dei personaggi nel crescere e la facilità con cui ricadono negli stessi errori, rende questa storia solamente più reale. Ma allo stesso tempo ne rallenta anche la storia che può risultare, quindi, fiacca per lo spettatore più impaziente.
Le premesse sono molto buone: il fatto di mostrare i lati oscuri della fama e del k-pop mi attirava non poco. Peccato che questo aspetto sia stato approfondito solo in parte e non so bene quale sia il motivo. Non ho letto il manhwa da cui è tratto, ma ho visto la trasposizione donghua (sì, il webtoon è così famoso da avere una trasposizione in Cina) intitolata "Aishang Ta de Liyou" ("The Girl Downstairs") e anche lì il tema era affrontato solo di passaggio. Quindi, può darsi che, semplicemente, sia l’opera originale da cui è tratto a non indagare a fondo sull’argomento. O forse perché la serie è composta solo di nove episodi. E dato che nemmeno le storie secondarie sono state approfondite a sufficienza, a mio avviso, avrebbero potuto tagliarle del tutto per dare spazio a questo tema. Sicuramente, la brevità del drama (cosa che di solito gradisco in una serie) non ha giocato a favore del risultato.
Apprezzato in parte il doppiaggio: lei è doppiata da Maria Grazia Cerullo che risulta quasi antipatica, ma proprio per questo perfettamente calata nel ruolo. Non mi è piaciuto altrettanto Alberto Franco, voce troppo dissimile dall’originale. Comunque sia, anche se hanno fatto un buon lavoro, nessuno dei doppiatori è riuscito a dare la giusta emozione rispetto alla voce originale degli attori, mansione del resto non proprio semplice.
Nonostante alcuni difetti, "Doona!" è un drama che deve essere visto: sia per le emozioni travolgenti, che accompagnano ogni episodio e guidano lo spettatore in una giostra di sentimenti, accentuate dai molti flaschback e flashfoward, sia per la fotografia che per la regia. In ogni scena, tutto è studiato nei minimi particolari, niente è lasciato al caso e qualsiasi oggetto è sistemato nella scena in modo equilibrato. Ogni finale di episodio, inoltre, si conclude con l’utilizzo maestoso di "split screen" che farà trattenere il respiro e commuovere allo stesso tempo.
Avviso subito gli spettatori che il finale è aperto e molti si sono chiesti il significato di questo epilogo.
Forse in questo caso il regista non è stato abbastanza abile a lasciare indizi chiari in modo che tutti potessero interpretare il finale nello stesso modo.
Personalmente l’ho interpretato in maniera diversa dalla maggioranza degli spettatori.
Non vi svelo nulla, ma vorrei darvi un indizio cercando di non fare spoiler: il regista Lee Jung-hyo è il regista anche di "Crash Landing on You"… Ne ricordate il finale?
Sicuramente attrice femminile migliore non potevano scegliere per questo ruolo, visto che la serie parla proprio di una ex-idol.
Il personaggio di Doona doveva risultare altezzoso e lunatico e lei è riuscita benissimo in questo. È stata perfetta nel suo ruolo: il personaggio che ne esce fuori è egocentrico e capriccioso.
Doona, infatti, è una ex-componente di un gruppo k-pop che si è allontanata per varie ragioni da sotto i riflettori e ora passa le sue giornate senza fare niente in particolare. Ha un passato difficile e travagliato alle spalle, segnato da persone che l’hanno abbandonata: proprio per questo il suo personaggio risulta così estremo e atipico, ma anche ansioso e sfaccettato.
Forse è anche il motivo per cui lei fuma in continuazione. Ma nonostante risulti un personaggio distaccato da tutto, è anche una persona fragile e piena di speranza ed è così che alla prima occasione dà un’opportunità al protagonista. È una ragazza ferita, ma che è pronta a buttarsi nuovamente, almeno nella parte sentimentale.
Yang Se-jong, d’altro canto, è stato impeccabile come sempre. Anzi, rispetto alle sue doti recitative, che ci ha mostrato spesso essere magnifiche (basti ripensare ad alcuni suoi drama come "30but17", "My Country" o "Temperature of Love"), il personaggio di Lee Won-joon risulta quasi sottotono: manca di quelle sfaccettature con le quali di solito Yang Se-jong rende le sue interpretazioni uniche e incomparabili.
Nonostante questo, la chimica fra i due attori è stata pazzesca, dando origine ad abbracci e baci coinvolgenti.
La crescita dei personaggi è lenta: ma questo non va di certo preso come un difetto, anzi! La difficoltà dei personaggi nel crescere e la facilità con cui ricadono negli stessi errori, rende questa storia solamente più reale. Ma allo stesso tempo ne rallenta anche la storia che può risultare, quindi, fiacca per lo spettatore più impaziente.
Le premesse sono molto buone: il fatto di mostrare i lati oscuri della fama e del k-pop mi attirava non poco. Peccato che questo aspetto sia stato approfondito solo in parte e non so bene quale sia il motivo. Non ho letto il manhwa da cui è tratto, ma ho visto la trasposizione donghua (sì, il webtoon è così famoso da avere una trasposizione in Cina) intitolata "Aishang Ta de Liyou" ("The Girl Downstairs") e anche lì il tema era affrontato solo di passaggio. Quindi, può darsi che, semplicemente, sia l’opera originale da cui è tratto a non indagare a fondo sull’argomento. O forse perché la serie è composta solo di nove episodi. E dato che nemmeno le storie secondarie sono state approfondite a sufficienza, a mio avviso, avrebbero potuto tagliarle del tutto per dare spazio a questo tema. Sicuramente, la brevità del drama (cosa che di solito gradisco in una serie) non ha giocato a favore del risultato.
Apprezzato in parte il doppiaggio: lei è doppiata da Maria Grazia Cerullo che risulta quasi antipatica, ma proprio per questo perfettamente calata nel ruolo. Non mi è piaciuto altrettanto Alberto Franco, voce troppo dissimile dall’originale. Comunque sia, anche se hanno fatto un buon lavoro, nessuno dei doppiatori è riuscito a dare la giusta emozione rispetto alla voce originale degli attori, mansione del resto non proprio semplice.
Nonostante alcuni difetti, "Doona!" è un drama che deve essere visto: sia per le emozioni travolgenti, che accompagnano ogni episodio e guidano lo spettatore in una giostra di sentimenti, accentuate dai molti flaschback e flashfoward, sia per la fotografia che per la regia. In ogni scena, tutto è studiato nei minimi particolari, niente è lasciato al caso e qualsiasi oggetto è sistemato nella scena in modo equilibrato. Ogni finale di episodio, inoltre, si conclude con l’utilizzo maestoso di "split screen" che farà trattenere il respiro e commuovere allo stesso tempo.
Avviso subito gli spettatori che il finale è aperto e molti si sono chiesti il significato di questo epilogo.
Forse in questo caso il regista non è stato abbastanza abile a lasciare indizi chiari in modo che tutti potessero interpretare il finale nello stesso modo.
Personalmente l’ho interpretato in maniera diversa dalla maggioranza degli spettatori.
Non vi svelo nulla, ma vorrei darvi un indizio cercando di non fare spoiler: il regista Lee Jung-hyo è il regista anche di "Crash Landing on You"… Ne ricordate il finale?
Secret Garden
9.0/10
Incontrando delle persone, spesso ci capita di tirare le somme sul nostro rapportarci a loro. Quanti interessi si hanno in comune, i percorsi paralleli, gli stessi modi di fare, pensando di poterci incastrare l'uno all'altro come delle tessere di un puzzle. Perché, se si hanno delle storie simili e gli stessi obbiettivi, se entrambi sono belli e brillanti in egual misura, questo basta per creare una relazione perfetta. Che sia un legame di amicizia, di lavoro o anche di tipo sentimentale, tutto dovrebbe coincidere, e se ci si rispetta l'un l'altro senza alcuna sorta di rivalità, tutto dovrebbe andare secondo i piani. Così dovrebbe. Ma la natura umana non è così prevedibile, giusto?
Kim Joo Won non va poi tanto d'accordo con il suo bel cugino, il cantante Oska. Kim Joo Won smonta gli appuntamenti al buio con facoltose ereditiere, come con la bella regista Yoon Seul. Kim Joo Won cerca i simili del suo stesso ceto sociale e allo stesso tempo rifiuta anche loro. Lui si basta da solo. Tutto il resto è lontano dalla sua portata di alto livello. Si diverte a etichettare le persone e le loro intenzioni, analizzandone ogni minima caratteristica mostrata: il profumo comunica a seconda che sia leggero o forte. Kim Joo Won sa riconoscere se il sorriso è di circostanza o sonoro, eccetera. Spiazza le persone con la sua tronfia arroganza e si diverte nel pronunciare le sue sfacciate previsioni sui pensieri e le azioni di chi gli sta davanti. In un momento roseo della sua vita, in cui diventa direttore di una multinazionale d'abbigliamento, non sembra aver bisogno di nulla. Sembra stare al gioco dello schema secondo cui il rampollo di una buona famiglia cerca una ragazza bella e di buona educazione, ma allo stesso tempo sembra sottrarsi a tale addizione. Non è abbastanza per scuotere la sua vita viziata e incurante. Nulla lo scuote. Forse l'orgoglio di tutto ciò che ha e tutto ciò che è non gli fa render conto che sta cercando dell'altro. Uno schiaffo, come un colpo che arresti bruscamente il percorso da milionario viziato: un nuovo pensiero si insinua nella mente di Joo Won. E quel pensiero prende il nome di Gil Ra Im.
A volte, incontri delle persone su di cui non riesci a stilare l'elenco di ciò che ti attrae e delle relative affinità. Rimani letteralmente senza parole e sai solo di percepire delle sensazioni. Spesso si è così confusi, incuriositi e spaventati da ciò che irrazionalmente ci accade, che tendiamo a riconoscerne più facilmente i caratteri negativi di un tale rapporto, un rapporto così istintivo, emozionale, indescrivibile. E' strano e quando provi a cercare le parole, tutto ciò che trovi sono aggettivi che si avvicinano solamente a ciò che ti tiene legata a quella persona, ma non ne colgono l'essenza. Non sono le sue qualità, ma ciò che la sua personalità smuove in te. Per aver meglio chiaro un rapporto si potrebbero raccontarne i fatti che lo hanno costruito, in quanto anch'essi suscitano sensazioni. Allora racconteresti di quella volta in cui lei non ti è stata a sentire come fanno tutti di solito. Anzi, ha riso di te, proprio come tu sei solito fare con tutti coloro che ti circondano. Poi ricorderesti di com'era bella e tenace mentre girava delle scene d'azione per un film. Una stuntwoman, una donna, così forte e indipendente che non accusa le ferite subite né le umiliazioni ricevute. Anche Gil Ra Im vuole camminare da sola, sulle proprie gambe, ma in un modo del tutto diverso di quello di Joo Won. Lui ha tutto ciò che lei non ha mai avuto, ma riesce a proseguire il suo cammino con dignità e coraggio. Ed è inizialmente questo che stupisce il giovane rampollo di belle speranze. Ma dire che è tutto qui sarebbe riduttivo. Non si riuscirebbero a spiegare le continue apparizioni che Joo Won vede. Sotto forma di visioni, ma più profondamente di pensieri, lui la vede costantemente.
Lei è una donna comune, poco attraente e soprattutto umile. Lo colpisce alla gamba, calpesta il suo amor proprio e lo rimbecca con parole aspre, come una teppista. Eppure l'ombra di Gil Ra Im lo segue ogni giorno, con i suoi occhi tristi e la sua bocca corrucciata.
Allo stesso modo, Joo Won segue realmente la ragazza sul posto di lavoro. La stuzzica e la irrita. Si imbeve delle reazioni di lei e del suo faccino indispettito. Non può farne a meno e non sa perché.
Inizia così la storia d'amore del principe e della Sirenetta. L'allusione alla famosa favola (nella versione originale) tornerà in maniera ricorrente durante tutto il drama. Il principe della storia è di un altro mondo rispetto all'innamorata Sirenetta. E se lei vuole arrischiarsi oltre il suo mondo, anche solo un po' per godere di quest'amore, dovrà aspettarsi anche che perdendolo scomparirà per sempre. Diverrà schiuma e bolle del mare, mentre il principe continuerà la sua vita indisturbatamente. Ma quale donna - chiede Ra Im - può mai iniziare una relazione condannata a finire dolorosamente? Allora - arriva la risposta di Joo Won - sarò io le tue bolle, e tu la mia principessa.
"Secret Garden" è la storia di un amore, coltivato come un giardino in cui ogni giorno si pianta un fiore e lo si cura anche sotto le intemperie. E' una storia che vede i suoi alti e bassi, e fa di quei bassi dei bei ricordi, dei momenti su cui ridere e farsi forza, dei momenti che hanno portato a un lieto fine e a una storia tortuosa e temprata da lacrime e risate - ed è per questo che è una storia indimenticabile. Le atmosfere intense e cariche di emozioni, si tingono più di una volta di un sano umorismo. Attraverso i difetti e le abitudini, le differenze e le incomprensioni dei quattro (e più) personaggi principali, si scatenerà l'ilarità dello spettatore che, in "Secret Garden", trova una serie completa e pregevole. Le performance di Hyun Bin e Ha Ji Won si adeguano alla trama che man mano si inspessisce. In particolar modo, il protagonista maschile stupisce cogliendo nel segno tutte le sfumature del suo ruolo - ma anche in quello di lei durante l'evento paranormale degli scambi di corpi - e da macchietta di una commedia romantica e divertente, si fa carico del ruolo di personaggio più profondo e sacrificato fra tutti.
La qualità tecnica è notevolmente gradevole e si distingue nettamente da quella dei già eccellenti drama coreani in circolazione negli ultimi anni, e non passa assolutamente inosservata la canzone simbolo e bandiera di "Secret Garden", That Woman di Baek Ji Young, di cui si vanta anche una versione maschile cantata dall'attore protagonista Hyun Bin.
Kim Joo Won non va poi tanto d'accordo con il suo bel cugino, il cantante Oska. Kim Joo Won smonta gli appuntamenti al buio con facoltose ereditiere, come con la bella regista Yoon Seul. Kim Joo Won cerca i simili del suo stesso ceto sociale e allo stesso tempo rifiuta anche loro. Lui si basta da solo. Tutto il resto è lontano dalla sua portata di alto livello. Si diverte a etichettare le persone e le loro intenzioni, analizzandone ogni minima caratteristica mostrata: il profumo comunica a seconda che sia leggero o forte. Kim Joo Won sa riconoscere se il sorriso è di circostanza o sonoro, eccetera. Spiazza le persone con la sua tronfia arroganza e si diverte nel pronunciare le sue sfacciate previsioni sui pensieri e le azioni di chi gli sta davanti. In un momento roseo della sua vita, in cui diventa direttore di una multinazionale d'abbigliamento, non sembra aver bisogno di nulla. Sembra stare al gioco dello schema secondo cui il rampollo di una buona famiglia cerca una ragazza bella e di buona educazione, ma allo stesso tempo sembra sottrarsi a tale addizione. Non è abbastanza per scuotere la sua vita viziata e incurante. Nulla lo scuote. Forse l'orgoglio di tutto ciò che ha e tutto ciò che è non gli fa render conto che sta cercando dell'altro. Uno schiaffo, come un colpo che arresti bruscamente il percorso da milionario viziato: un nuovo pensiero si insinua nella mente di Joo Won. E quel pensiero prende il nome di Gil Ra Im.
A volte, incontri delle persone su di cui non riesci a stilare l'elenco di ciò che ti attrae e delle relative affinità. Rimani letteralmente senza parole e sai solo di percepire delle sensazioni. Spesso si è così confusi, incuriositi e spaventati da ciò che irrazionalmente ci accade, che tendiamo a riconoscerne più facilmente i caratteri negativi di un tale rapporto, un rapporto così istintivo, emozionale, indescrivibile. E' strano e quando provi a cercare le parole, tutto ciò che trovi sono aggettivi che si avvicinano solamente a ciò che ti tiene legata a quella persona, ma non ne colgono l'essenza. Non sono le sue qualità, ma ciò che la sua personalità smuove in te. Per aver meglio chiaro un rapporto si potrebbero raccontarne i fatti che lo hanno costruito, in quanto anch'essi suscitano sensazioni. Allora racconteresti di quella volta in cui lei non ti è stata a sentire come fanno tutti di solito. Anzi, ha riso di te, proprio come tu sei solito fare con tutti coloro che ti circondano. Poi ricorderesti di com'era bella e tenace mentre girava delle scene d'azione per un film. Una stuntwoman, una donna, così forte e indipendente che non accusa le ferite subite né le umiliazioni ricevute. Anche Gil Ra Im vuole camminare da sola, sulle proprie gambe, ma in un modo del tutto diverso di quello di Joo Won. Lui ha tutto ciò che lei non ha mai avuto, ma riesce a proseguire il suo cammino con dignità e coraggio. Ed è inizialmente questo che stupisce il giovane rampollo di belle speranze. Ma dire che è tutto qui sarebbe riduttivo. Non si riuscirebbero a spiegare le continue apparizioni che Joo Won vede. Sotto forma di visioni, ma più profondamente di pensieri, lui la vede costantemente.
Lei è una donna comune, poco attraente e soprattutto umile. Lo colpisce alla gamba, calpesta il suo amor proprio e lo rimbecca con parole aspre, come una teppista. Eppure l'ombra di Gil Ra Im lo segue ogni giorno, con i suoi occhi tristi e la sua bocca corrucciata.
Allo stesso modo, Joo Won segue realmente la ragazza sul posto di lavoro. La stuzzica e la irrita. Si imbeve delle reazioni di lei e del suo faccino indispettito. Non può farne a meno e non sa perché.
Inizia così la storia d'amore del principe e della Sirenetta. L'allusione alla famosa favola (nella versione originale) tornerà in maniera ricorrente durante tutto il drama. Il principe della storia è di un altro mondo rispetto all'innamorata Sirenetta. E se lei vuole arrischiarsi oltre il suo mondo, anche solo un po' per godere di quest'amore, dovrà aspettarsi anche che perdendolo scomparirà per sempre. Diverrà schiuma e bolle del mare, mentre il principe continuerà la sua vita indisturbatamente. Ma quale donna - chiede Ra Im - può mai iniziare una relazione condannata a finire dolorosamente? Allora - arriva la risposta di Joo Won - sarò io le tue bolle, e tu la mia principessa.
"Secret Garden" è la storia di un amore, coltivato come un giardino in cui ogni giorno si pianta un fiore e lo si cura anche sotto le intemperie. E' una storia che vede i suoi alti e bassi, e fa di quei bassi dei bei ricordi, dei momenti su cui ridere e farsi forza, dei momenti che hanno portato a un lieto fine e a una storia tortuosa e temprata da lacrime e risate - ed è per questo che è una storia indimenticabile. Le atmosfere intense e cariche di emozioni, si tingono più di una volta di un sano umorismo. Attraverso i difetti e le abitudini, le differenze e le incomprensioni dei quattro (e più) personaggi principali, si scatenerà l'ilarità dello spettatore che, in "Secret Garden", trova una serie completa e pregevole. Le performance di Hyun Bin e Ha Ji Won si adeguano alla trama che man mano si inspessisce. In particolar modo, il protagonista maschile stupisce cogliendo nel segno tutte le sfumature del suo ruolo - ma anche in quello di lei durante l'evento paranormale degli scambi di corpi - e da macchietta di una commedia romantica e divertente, si fa carico del ruolo di personaggio più profondo e sacrificato fra tutti.
La qualità tecnica è notevolmente gradevole e si distingue nettamente da quella dei già eccellenti drama coreani in circolazione negli ultimi anni, e non passa assolutamente inosservata la canzone simbolo e bandiera di "Secret Garden", That Woman di Baek Ji Young, di cui si vanta anche una versione maschile cantata dall'attore protagonista Hyun Bin.
I protagonisti sono bravi (specialmente lei) e mi è piaciuta molto anche Se-wan Park nel ruolo secondario di I-ra Choi: personaggio davvero carino e ben interpretato.
Tre belle recensioni che, comunque difficilmente riusciranno a convincermi a guardare le opere proposte. Devo dire però che sono molto, molto contenta di vedere che da un po' di tempo in qua si comincia a dare attenzione anche alle opere live, non necessariamente solo giapponesi.
Questa cosa è decisamente promettente e non può che farmi molto piacere.
Parlo per gusto personale, ma onestamente, nel panorama asiatico, le opere nipponiche sono le meno interessanti e con una impostazione attoriale un po' rigida. Per carità, c'è roba buona pure lì, ma il meglio è sfornato in Corea, Cina, Thailandia e Taiwan, in particolare la prima che è al vertice del panorama dell'intrattenimento asiatico e per buoni motivi.
"Doona!", la prima in alto; "Something in the rain", la seconda a sinistra; "Secret Garden", la terza a destra.
Non posso che concordare. Per molto tempo ho evitato i live perché i primi che ho visto erano trasposizioni di manga o anime decisamente di bassa qualità. I miei tentativi successivi non sono andati a buon fine salvo rare eccezioni.
Successivamente mi sono data a Cina Corea Taiwan e Thailandia e le cose sono decisamente migliorate. Non dico che occasionalmente non ci sia un'opera giapponese che incontri il mio gusto, perché effettivamente qualcuna c'è, ma sono decisamente poche e finora la maggior parte delle volte che ho provato a guardare qualche drama, ispirata da recensioni favorevoli, sono rimasta poi terribilmente delusa principalmente per il tipo di recitazione, troppo caricaturale per i miei gusti.
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