Con la pioggia di rilanci e remake attualmente in atto, da Rurouni Kenshin l’anno scorso all’imminente Kinnikuman, sempre più opere classiche (trasmesse da noi o meno) stanno venendo riproposte in edizioni rivedute e corrette, figlie di un grande tornado di ripescaggio generale che sta travolgendo ogni forma d’intrattenimento mondiale.
Succede quindi che in una manciata d’anni Capcom rifaccia da capo metà saga di Resident Evil, i blockbuster hollywoodiani abbiano successo solo se hanno un numero alla fine del titolo e che opere animate come Lamù-Urusei Yatsura vengano realizzate da capo per essere più fedeli ai loro manga d’origine.
Piaccia o meno questa tendenza, è sicuramente un’occasione per permettere a certe opere coinvolte in situazioni particolari nei loro decenni di nascita (o adattate proprio male) di brillare di luce propria, e Urusei Yatsura - Lamù e i casinisti planetari non fa eccezione.
La serie, per chi non la conoscesse, è tratta dall'omonimo manga di Rumiko Takahashi, e parla delle sventure di un ragazzo perennemente in cerca di donzelle con cui uscire, Ataru Moroboshi, che si ritrova suo malgrado promesso sposo di un'aliena iraconda e violenta di nome Lamù, e presto i due verranno travolti da una spirale di personaggi assurdi, alieni e semplicemente improbabili, in una serie comica oltre i limiti del demenziale.
La serie animata storica di Urusei Yatsura rappresentò un punto di svolta nel mondo degli anime televisivi, trasportando su schermo le innovazioni del manga originale, che rappresentava adolescenti molto meno “idealizzati” e più simili alla realtà, che trasformava le divise scolastiche in abiti alla moda e che affermava definitivamente uno stile di disegno meno realistico e proporzionato ma, non per questo, meno efficace.
La serie anime originale aveva, inoltre, grandi meriti propri, tra cui l’uso di cantanti professionisti per le sigle anime (prima si usavano solo “cantanti di sigle anime”, come i nostri Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, artisti il cui unico lavoro era proprio quello di cantare sigle), e il lancio di un genere, le commedie con protagoniste femminili “carine”, che avrebbe spopolato per tutta la prima metà degli anni ‘80, separandosi poi in vari rami differenti che portarono ad adattamenti di serie molto diverse tra loro, come Pollon o Dirty Pair.
Opera prima di Kitty Film, "nuova" branca di una casa discografica che decise di gettarsi nel mondo degli anime, e uno dei primi lavori del leggendario Studio Pierrot (poi “ereditato” dallo Studio Deen), l’originale Urusei Yatsura era, come detto, dotato di una carica innovativa straordinaria; talvolta, data la giovinezza delle parti in causa, persino strabordante, con una realizzazione tecnica dalla cura quasi senza precedenti e tanta sperimentazione a livello di regia.
Forse troppa sperimentazione, dato che l’estro registico del sempre onirico Mamoru Oshii (regista dei primi 100 episodi circa) piacque solo fino a un certo punto al pubblico, che finì per inviargli persino lettere minatorie con lamette allegate per aver trasformato il loro amato manga in qualcosa di troppo poco “di Rumiko Takahashi” e troppo “di Mamoru Oshii”.
La prima serie anime di Lamù è, quindi, un pazzo incidente, un misto d’innovazione, estro creativo ed esagerazione che, però, si allontana pesantemente dai ritmi e dallo stile del manga originale, ed è probabilmente anche per questo che si è ritenuto d’uopo realizzarne un secondo adattamento animato, stavolta ad opera dei “veterani del remake” di David Production, già autori de Le Bizzarre Avventure di JoJo e della prima serie del nuovo Captain Tsubasa.
La serie si pone l’obiettivo di avere un ritmo molto più elevato rispetto al vecchio adattamento, ricco di momenti riflessivi o inquadrature di paesaggi con musiche d’atmosfera in sottofondo: le gag sono ora velocissime, di pari passo con le numerose scene comiche che Rumiko Takahashi riusciva a infilare in una singola tavola del manga, dando all’opera un’anima nuova, focalizzata su una demenzialità più slapstick e meno surreale; più simile, appunto, alla sua controparte cartacea.
Urusei Yatsura rimane, però, un’opera animata ricchissima d’inventiva in qualunque trasposizione, e questo si nota da moltissime finezze artistiche atte a mantenere lo spirito originale dimostrando, comunque, un notevole estro creativo: i titoli degli episodi vengono mostrati in maniera sempre diversa, integrati con la scena, e gli effetti sonori sono spesso composti da onomatopee a schermo “lette” dai doppiatori dei personaggi che eseguono l’azione che genera il “rumore”.
A proposito di doppiatori: per questo remake è stata mobilitata una scuderia di tutto rispetto, che vede i celebri Sumire Uesaka (già protagonista di Don’t Toy With Me, Miss Nagatoro) e Hiroshi Kamiya (Trafalgar Law in One Piece, insieme a decine d’altri ruoli) accompagnati da un Mamoru Miyano immancabile in questo genere di progetti, non a caso è già pronto anche per doppiare il protagonista in Kinnikuman: Perfect Origin Arc.
Le loro prestazioni, come quelle degli altri doppiatori coinvolti, sono, come prevedibile dato il loro curriculum, impeccabili.
Si ha un ottimo lavoro anche sul fronte italiano, dove Jolanda Granato e Federico Viola fanno da apripista per un cast di voci giovani per personaggi, giustamente, giovani, e veterani del doppiaggio milanese dove è necessario (come con Sakurambo, doppiato da Pietro Ubaldi).
Un’ottima abitudine, in quest’ondata di remake, è quella di studiare nei minimi dettagli le opere precedenti (anche tramite staff composto da fan di vecchia data dell’opera da animare, come già successo con Dragon Quest e Rurouni Kenshin).
Palesemente è anche il caso del nuovo Urusei Yatsura, dove gli omaggi, dovuti, al vecchio anime si sprecano, ed è stata prestata particolare attenzione nel dimostrare amore e rispetto al franchise nella sua interezza.
Purtroppo, la serie non adatta tutti i capitoli del manga, saltandone alcuni ritenuti, evidentemente, sacrificabili, ma i vari personaggi riescono comunque ad apparire in camei o negli eyecatch, segno che non sono stati dimenticati.
Ma le soddisfazioni maggiori le regala il doppiaggio, con alcuni esercizi di stile che noi italiani, che abbiamo goduto della serie originale risucchiata dal girone dantesco dei doppiaggi da tv locali, con cambi continui di doppiatori, non possiamo comprendere appieno (o per nulla).
Toshio Furukawa e Fumi Hirano, doppiatori originali di Ataru e Lamù, vengono infatti richiamati per vestire i panni, rispettivamente, del padre di lui e della madre di lei, accompagnati da alcuni, fenomenali camei di doppiatori principali di altre opere animate ispirate ai manga di Rumiko Takahashi.
Discorso a parte va fatto per Shigeru Chiba: doppiatore dalla fortissima capacità di caratterizzazione, nella serie originale doppiava un personaggio anime-only, Megane, inserito nel gruppo di amici di Ataru e primo fan di Lamù.
Nella versione italiana del vecchio anime Megane ha avuto una decina di doppiatori diversi, ma in originale l’interpretazione profondamente sopra le righe di Shigeru Chiba, che provocava risate continue in sala di doppiaggio, fu la rampa di lancio di una carriera, tutt’oggi attiva, che lo portò a doppiare Radish in Dragon Ball Z e Bagy in One Piece (tra gli altri).
Qui, Shigeru Chiba torna per doppiare il padre di Ryunosuke, dandogli una verve e un tono adattissimi al personaggio, oltre a interpretare un rapidissimo cameo che, sicuramente, avrà fatto la felicità dei fan (giapponesi) dell’anime storico.
Restando a parlare dell’anime storico, abbiamo scritto poco più sopra che la serie del 1981 fu la prima a usare cantanti “professionisti” per delle sigle anime, sfruttando la scuderia di artisti a disposizione di Kitty Films.
La serie remake fa un lavoro simile, ma diverso, appoggiandosi al progetto collettivo MAISONdes per le sigle della serie.
Le varie opening ed ending vengono cantate da membri diversi del gruppo, e nonostante questo risultano comunque piuttosto coerenti tra loro, seguendo una scia stilistica ben precisa, come fece l’Urusei Yatsura originale.
La psichedelia immaginifica delle immagini delle sigle sembra fare da raccordo tra il vecchio anime e quello nuovo, ed è un’ottima introduzione per l’eccellente comparto tecnico che grazia la serie: coloratissima, ricca di dettagli e soluzioni estremamente intelligenti e creative, rende l’opera estremamente divertente e piacevole da seguire, rendendo peraltro giustizia ai numerosi, affascinanti personaggi femminili che, per la gioia di Ataru, si alternano sullo schermo.
Peraltro, e questo è un dettaglio che fa sempre piacere, la serie non è stata “adattata” ai giorni nostri, e rimane saldamente ancorata all’immaginario anni ‘80 di musicassette, telefoni a filo e macchine fotografiche.
Succede quindi che in una manciata d’anni Capcom rifaccia da capo metà saga di Resident Evil, i blockbuster hollywoodiani abbiano successo solo se hanno un numero alla fine del titolo e che opere animate come Lamù-Urusei Yatsura vengano realizzate da capo per essere più fedeli ai loro manga d’origine.
Piaccia o meno questa tendenza, è sicuramente un’occasione per permettere a certe opere coinvolte in situazioni particolari nei loro decenni di nascita (o adattate proprio male) di brillare di luce propria, e Urusei Yatsura - Lamù e i casinisti planetari non fa eccezione.
La serie, per chi non la conoscesse, è tratta dall'omonimo manga di Rumiko Takahashi, e parla delle sventure di un ragazzo perennemente in cerca di donzelle con cui uscire, Ataru Moroboshi, che si ritrova suo malgrado promesso sposo di un'aliena iraconda e violenta di nome Lamù, e presto i due verranno travolti da una spirale di personaggi assurdi, alieni e semplicemente improbabili, in una serie comica oltre i limiti del demenziale.
La serie animata storica di Urusei Yatsura rappresentò un punto di svolta nel mondo degli anime televisivi, trasportando su schermo le innovazioni del manga originale, che rappresentava adolescenti molto meno “idealizzati” e più simili alla realtà, che trasformava le divise scolastiche in abiti alla moda e che affermava definitivamente uno stile di disegno meno realistico e proporzionato ma, non per questo, meno efficace.
La serie anime originale aveva, inoltre, grandi meriti propri, tra cui l’uso di cantanti professionisti per le sigle anime (prima si usavano solo “cantanti di sigle anime”, come i nostri Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, artisti il cui unico lavoro era proprio quello di cantare sigle), e il lancio di un genere, le commedie con protagoniste femminili “carine”, che avrebbe spopolato per tutta la prima metà degli anni ‘80, separandosi poi in vari rami differenti che portarono ad adattamenti di serie molto diverse tra loro, come Pollon o Dirty Pair.
Opera prima di Kitty Film, "nuova" branca di una casa discografica che decise di gettarsi nel mondo degli anime, e uno dei primi lavori del leggendario Studio Pierrot (poi “ereditato” dallo Studio Deen), l’originale Urusei Yatsura era, come detto, dotato di una carica innovativa straordinaria; talvolta, data la giovinezza delle parti in causa, persino strabordante, con una realizzazione tecnica dalla cura quasi senza precedenti e tanta sperimentazione a livello di regia.
Forse troppa sperimentazione, dato che l’estro registico del sempre onirico Mamoru Oshii (regista dei primi 100 episodi circa) piacque solo fino a un certo punto al pubblico, che finì per inviargli persino lettere minatorie con lamette allegate per aver trasformato il loro amato manga in qualcosa di troppo poco “di Rumiko Takahashi” e troppo “di Mamoru Oshii”.
La prima serie anime di Lamù è, quindi, un pazzo incidente, un misto d’innovazione, estro creativo ed esagerazione che, però, si allontana pesantemente dai ritmi e dallo stile del manga originale, ed è probabilmente anche per questo che si è ritenuto d’uopo realizzarne un secondo adattamento animato, stavolta ad opera dei “veterani del remake” di David Production, già autori de Le Bizzarre Avventure di JoJo e della prima serie del nuovo Captain Tsubasa.
La serie si pone l’obiettivo di avere un ritmo molto più elevato rispetto al vecchio adattamento, ricco di momenti riflessivi o inquadrature di paesaggi con musiche d’atmosfera in sottofondo: le gag sono ora velocissime, di pari passo con le numerose scene comiche che Rumiko Takahashi riusciva a infilare in una singola tavola del manga, dando all’opera un’anima nuova, focalizzata su una demenzialità più slapstick e meno surreale; più simile, appunto, alla sua controparte cartacea.
Urusei Yatsura rimane, però, un’opera animata ricchissima d’inventiva in qualunque trasposizione, e questo si nota da moltissime finezze artistiche atte a mantenere lo spirito originale dimostrando, comunque, un notevole estro creativo: i titoli degli episodi vengono mostrati in maniera sempre diversa, integrati con la scena, e gli effetti sonori sono spesso composti da onomatopee a schermo “lette” dai doppiatori dei personaggi che eseguono l’azione che genera il “rumore”.
A proposito di doppiatori: per questo remake è stata mobilitata una scuderia di tutto rispetto, che vede i celebri Sumire Uesaka (già protagonista di Don’t Toy With Me, Miss Nagatoro) e Hiroshi Kamiya (Trafalgar Law in One Piece, insieme a decine d’altri ruoli) accompagnati da un Mamoru Miyano immancabile in questo genere di progetti, non a caso è già pronto anche per doppiare il protagonista in Kinnikuman: Perfect Origin Arc.
Le loro prestazioni, come quelle degli altri doppiatori coinvolti, sono, come prevedibile dato il loro curriculum, impeccabili.
Si ha un ottimo lavoro anche sul fronte italiano, dove Jolanda Granato e Federico Viola fanno da apripista per un cast di voci giovani per personaggi, giustamente, giovani, e veterani del doppiaggio milanese dove è necessario (come con Sakurambo, doppiato da Pietro Ubaldi).
Un’ottima abitudine, in quest’ondata di remake, è quella di studiare nei minimi dettagli le opere precedenti (anche tramite staff composto da fan di vecchia data dell’opera da animare, come già successo con Dragon Quest e Rurouni Kenshin).
Palesemente è anche il caso del nuovo Urusei Yatsura, dove gli omaggi, dovuti, al vecchio anime si sprecano, ed è stata prestata particolare attenzione nel dimostrare amore e rispetto al franchise nella sua interezza.
Purtroppo, la serie non adatta tutti i capitoli del manga, saltandone alcuni ritenuti, evidentemente, sacrificabili, ma i vari personaggi riescono comunque ad apparire in camei o negli eyecatch, segno che non sono stati dimenticati.
Ma le soddisfazioni maggiori le regala il doppiaggio, con alcuni esercizi di stile che noi italiani, che abbiamo goduto della serie originale risucchiata dal girone dantesco dei doppiaggi da tv locali, con cambi continui di doppiatori, non possiamo comprendere appieno (o per nulla).
Toshio Furukawa e Fumi Hirano, doppiatori originali di Ataru e Lamù, vengono infatti richiamati per vestire i panni, rispettivamente, del padre di lui e della madre di lei, accompagnati da alcuni, fenomenali camei di doppiatori principali di altre opere animate ispirate ai manga di Rumiko Takahashi.
Discorso a parte va fatto per Shigeru Chiba: doppiatore dalla fortissima capacità di caratterizzazione, nella serie originale doppiava un personaggio anime-only, Megane, inserito nel gruppo di amici di Ataru e primo fan di Lamù.
Nella versione italiana del vecchio anime Megane ha avuto una decina di doppiatori diversi, ma in originale l’interpretazione profondamente sopra le righe di Shigeru Chiba, che provocava risate continue in sala di doppiaggio, fu la rampa di lancio di una carriera, tutt’oggi attiva, che lo portò a doppiare Radish in Dragon Ball Z e Bagy in One Piece (tra gli altri).
Qui, Shigeru Chiba torna per doppiare il padre di Ryunosuke, dandogli una verve e un tono adattissimi al personaggio, oltre a interpretare un rapidissimo cameo che, sicuramente, avrà fatto la felicità dei fan (giapponesi) dell’anime storico.
Restando a parlare dell’anime storico, abbiamo scritto poco più sopra che la serie del 1981 fu la prima a usare cantanti “professionisti” per delle sigle anime, sfruttando la scuderia di artisti a disposizione di Kitty Films.
La serie remake fa un lavoro simile, ma diverso, appoggiandosi al progetto collettivo MAISONdes per le sigle della serie.
Le varie opening ed ending vengono cantate da membri diversi del gruppo, e nonostante questo risultano comunque piuttosto coerenti tra loro, seguendo una scia stilistica ben precisa, come fece l’Urusei Yatsura originale.
La psichedelia immaginifica delle immagini delle sigle sembra fare da raccordo tra il vecchio anime e quello nuovo, ed è un’ottima introduzione per l’eccellente comparto tecnico che grazia la serie: coloratissima, ricca di dettagli e soluzioni estremamente intelligenti e creative, rende l’opera estremamente divertente e piacevole da seguire, rendendo peraltro giustizia ai numerosi, affascinanti personaggi femminili che, per la gioia di Ataru, si alternano sullo schermo.
Peraltro, e questo è un dettaglio che fa sempre piacere, la serie non è stata “adattata” ai giorni nostri, e rimane saldamente ancorata all’immaginario anni ‘80 di musicassette, telefoni a filo e macchine fotografiche.
Nato nel 2019, il remake di Urusei Yatsura ha posto davanti ai produttori molte difficoltà, tra cui il mantenere vivo lo spirito irriverente della serie originale senza risultare di cattivo gusto per il pubblico (anche internazionale) di oggi, e riuscire a trasmettere l’atmosfera dell’era Showa, di cui la serie storica è portabandiera assoluta, anche nell’attuale era Reiwa, senza per questo farne un’opera che gli spettatori più giovani non possano apprezzare o capire.
Obiettivo non facile ma pienamente centrato, perché questa nuova incarnazione di Lamù risulta tanto divertente e “moderna” quanto fedele, il più possibile, all’originale, cosa mai facile con questo tipo di opere.
Se l’originale Lamù animato è una bomba d’inventiva e di sperimentazione, e una meravigliosa finestra sulla gioventù dell’era Showa, ma un adattamento sin troppo fantasioso per poter essere, talvolta, considerato tale, il suo remake a opera di David Production è una esaustiva (anche se non completista) lettera d’amore al franchise, un riuscitissimo tentativo di far scoprire quanto può essere divertente Urusei Yatsura anche a chi conosce il personaggio di Lamù solo di nome.
Non tutti i remake raggiungono questo perfetto bilanciamento di fedeltà e inventiva, ma qui l’equilibrio è veramente impeccabile.
Obiettivo non facile ma pienamente centrato, perché questa nuova incarnazione di Lamù risulta tanto divertente e “moderna” quanto fedele, il più possibile, all’originale, cosa mai facile con questo tipo di opere.
Se l’originale Lamù animato è una bomba d’inventiva e di sperimentazione, e una meravigliosa finestra sulla gioventù dell’era Showa, ma un adattamento sin troppo fantasioso per poter essere, talvolta, considerato tale, il suo remake a opera di David Production è una esaustiva (anche se non completista) lettera d’amore al franchise, un riuscitissimo tentativo di far scoprire quanto può essere divertente Urusei Yatsura anche a chi conosce il personaggio di Lamù solo di nome.
Non tutti i remake raggiungono questo perfetto bilanciamento di fedeltà e inventiva, ma qui l’equilibrio è veramente impeccabile.
Pro
- Tantissimo amore per le precedenti incarnazioni dell'opera
- Un lavoro tecnico di tutto rispetto
- Ambientato nell'era Showa!
- Riferimenti e citazioni su più livelli
Contro
- Alcuni capitoli non sono stati adattati in anime
Un altro contro da inserire sarebbe:
"Alcuni episodi hanno avuto dei taglietti rispetto al manga, piccole scene presenti nel cartaceo ma deltutto assenti in questo remake".
Ho adorato questo remake e non vedo l'ora che arrivi quello di Ranma ^^
Ora che è finito chissà se se ne occuperanno sempre loro del remake di Ranma!!
possono giusto piacere ai ragazzini che non sono capaci di guardare gli originali
Tu invece scommetto che sei il classico girellaro che non accettà le novità? XD
Io da piccolo e ancora oggi guardo molto volentieri la serie storica, così come anche ho scritto poco sopra ho apprezzato tantissimo questo remake, non vedo quale sarebbe il problema.
Tu invece scommetto che sei il classico girellaro che non accettà le novità? XD
Io da piccolo e ancora oggi guardo molto volentieri la serie storica, così come anche ho scritto poco sopra ho apprezzato tantissimo questo remake, non vedo quale sarebbe il problema.
Infatti, personalmente, ritengo che non manchino solo svariati capitoli dal manga, ma anche alcuni episodi originali dell'anime
divertente, a tal proposito, la discrepanza con le sigle, che sembrano ambientate ai giorni nostri
La vecchia serie animata di Lamú rimane superiore a questo remake, per vari e molteplici motivi.
Adoro Lamù e ho amato ogni cosa di questo remake. Sicuramente mi ha aiutato il fatto di non aver mai visto l'anime storico
Fra gli episodi diretti da Oshii ce ne sono alcuni non tratti dal manga che per me sono delle piccole perle: "Strana avventura" con Shinobu protagonista di una storia misteriosa su una successione miliardaria, "E poi non rimase nessuno" ispirato a Dieci piccoli indiani con i personaggi che muoiono uno dopo l'altro (ricordo ancora lo shock quando lo vidi la prima volta e Lamù era fra le vittime ) e "Precario equilibrio" dove si affronta il tema dell'ecologia.
Da quel poco che ho adocchiato sugli episodi del remake mi ha fatto piacere vedere che abbiano adattato la parte su Inaba che era in uno degli OAV e il quinto film con il finale del manga.
La serie storica (che all'epoca di messa in onda avevo visto in modo molto saltuario e avevo provato a recuperare qualche anno fa su Tim vision completamente) a mio parere non funziona molto bene. Innanzitutto il ritmo comico è abbastanza lento, in secondo luogo personaggi come Ten risultano molto noiosi e danno sui nervi. Probabilmente non è una serie fatta per essere vista un episodio dopo l'altro e immagino che vista l'epoca abbia un pochino allungato il brodo rispetto al manga (che non ho avuto ancora modo di leggere). Riconosco che è una serie storicamente importante e vista in maniera saltuaria mi piaceva ma secondo me non è il modo migliore per godersi la storia.
Al contrario il remake ha tempi comici a mio parere perfetti, mi sono sganasciato dal ridere durante la visione e mi ha fatto anche rivalutare personaggi tipo Ten.
Non sono tipo da disprezzare i classici (tanto è vero che ho visto/recuperato l'intera serie di Ken il guerriero, Gundam, Capitan Harlock e altri anime storici usciti e trasmessi anche prima della mia nascita nel 93) e alcuni li ho apprezzati molto, di altri comunque rispetto il fatto che abbiano fatto la storia. Ma non penso che i remake siano sempre una cattiva idea. I remake cattiva idea sono per me quelli che non hanno nulla da dire rispetto all'originale (ad esempio quando la serie è troppo recente e non troppo differente dal manga), o quando usano troppa cgi rovinando lo stile originale. Ma è pieno di ottimi remake che sono felice di aver visto.
Ovviamente è un male anche quando non si produce più nulla di originale ma non mi pare sia questo il caso.
Ranma 1/2 remake a mio parere sarà molto più difficile da fare, troppe scene di nudo che ad oggi non passerebbero (ma che fanno parte delle battute comiche del manga stesso) l'adattamento dell'epoca poi era molto buono (al netto dei filler) non fosse per la mancanza del finale (che comunque anche nel manga non è formidabile) direi che se ne potrebbe far a meno.
Per Lamù al contrario mi pare che l'adattamento sia stato molto molto buono.
La narrazione si svolgeva in quell'epoca, con il modo di vivere, le dinamiche e le tecnologie (reali o immaginarie) proprie dei tempi, nelle quali gli spettatori si ricoscevano.
Farne un remake adesso, in un'epoca nella quale tutti questi elementi sono variati, volendo però rimanere fedeli all'opera originale (quindi senza cellulari, internet e altro cose più moderne, mi par di capire) mi sembra onestamente poco sensato.
A meno che il tutto non sia stato pensato per un target di 50enni nostalgici.
Che poi sono quelli che rimasero più impressi.... cmq devo dire di essermi divertito tantissimo a vedere le differenze tra serie storica e nuova.
Aggiungo: in uno special della serie originale (mi sembra quello dove c'è il riassunto dei primi 20 episodi), c'è una seconda parte inedita dove a doppiare Lamù e Atàru ci sono proprio Jolanda Granato e Federico Viola (e non solo loro).
Detto ciò, anche per me remake ampiamente promosso (e di cui sono curioso della futura edizione italiana della seconda stagione, soprattutto per Inaba, Nagisa e Carla).
È già in doppiaggio, dovrebbe uscire verso agosto/settembre
Curioso e visto questo lavoro molto fiducioso per il prossimo remake di Ranma 1/2.
Da una parte non capisco questa smania di rifare il chara design degli anime uguale al manga, visto che molti stili di disegno rendono meglio su carta che animati, dall'altra penso sia però sfizioso vedere il risultato in certi casi.
Comunque, mentre leggevo l'articolo, al punto in cui si parla di doppiaggio, ho iniziato subito a chiedermi di Shigeru Chiba, che ho iniziato a conoscere tramite Kuwabara di Yū Yū Hakusho, e ho poi ritrovato in tante altre opere, e sono contenta del fatto che sia stato citato, ma soprattutto del fatto che abbia una parte anche in questa nuova versione, perché è una figura mitica del doppiaggio giapponese.
Poi penso sia stata una buona idea recuperare i vecchi doppiatori di Ataru e Lamù.
E per quanto riguarda il doppiaggio italiano, mi chiedo come Pietro Ubaldi abbia interpretato Sakuranbo.
Per ora non posso dare giudizi non avendo visto la serie, le sigle sembrano sfiziose anche se i colori li trovo troppo saturi, personalmente.
Oltre a questi, io ricordo un episodio dove era protagonista la madre di Ataru, però non lo ricordo benissimo perché è trascorso molto tempo, ricordo che la situazione era abbastanza surreale, ambientata, penso, in tempo di guerra. Poi c'era quella con la radice, mi pare la chiamassero yam o una cosa del genere, che infestava vari posti.
Anzitutto questi colori stra-saturati fanno malissimo agli occhi. Le espressioni facciali e le movenze dei personaggi sono state così appiattite da uccidere l'umorismo che caratterizzava la serie vecchia.
Per quanto mi riguarda nulla potrebbe essere meglio della serie originale
L'episodio dei tuberi è proprio "Precario equilibrio", quello che dici tu sulla madre di Ataru dovrebbe essere ispirato al film "La guerra dei mondi" del 1953 e anche quello è uno di quelli più interessanti fra le produzioni originali di Oshii
Concordo.
Per questo chiedevo come avevano reso, se l'hanno fatto, il migliore episodio, IMHO, della vecchia serie, quello della navicella pallone da football... cosi' da vederlo senza sorbirmi il resto.
Per quanto la serie originale sia unica, trovo questo adattamento fatto molto bene, per tutti i motivi che hai elencato.
Confesso però che quando giudico Lamù non sono sereno, da quando sono ragazzino per me lei è la waifu per eccellenza, e l'anime originale/manga è e sarà sempre tra i miei preferiti di sempre.
Mi interessa l'aspetto sociale e culturale degli anime/manga in Giappone.
Incuriosito dal tuo commento sono andato a cercare l'orario della trasmissione televisiva ed in effetti credo che questo remake sia stato fatto principalmente per i nostalgici.
Nella regione del Kanto era trasmesso alle 00:55 non tutti i remake sono fatti unicamente per i nostalgici vedasi per esempio Dragon Quest e Shaman King sono stati trasmessi il primo il sabato mattina il secondo invece il giovedì nel tardo pomeriggio (orari sempre della regione del Kanto).
Comunque poi era disponibile anche su varie piattaforme streaming: Amazon Prime Video, Disney+, Netflix ecc.
Altro punto di demerito per questa brutta riedizione... o forse e' meglio cosi'.
:)
Per il resto, funziona: fa ridere, la grafica ha un sacco di tocchi di classe, l'atmosfera Showa si sente tutta, i doppiatori han fatto un lavoro fantastico e soprattutto si percepisce il romanticismo fra Lamù (innamorata pazza ma che vorrebbe un po' più di considerazione) e Ataru (che pian piano se ne innamora anche se non lo ammetterà mai), che è una cosa che si vede poco nelle serie attuali e a me fa gran piacere.
Spero che Ranma sia fatto dallo stesso studio, visto il buon lavoro svolto qui.
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