"Mammamia quanta coda c'era al supermercato, guarda che ore sono, devo preparare da mangiare"
"Ok ho messo a fare una lavatrice ed ho preparato tutto per domani, adesso si che posso rilassar... cavolo ma sono già quasi le undici, non ho neanche un'ora per rilassarmi..."
Penso che chiunque possa affermare che queste siano situazioni non siano così insolite o poco comuni nella nostra vita di tutti i giorni, piani di un intero pomeriggio o serata che dovevano essere dedicati al nostro hobby preferito andati in fumo a causa di imprevisti quotidiani, e quando è così passa anche quasi la voglia di dedicare quei 20 minuti ad un gioco che avrebbe meritato almeno un paio d'ore, vuoi perché ci sembrerà di non aver fatto progressi vuoi perché non siamo nel mindset giusto, ed è proprio in questi casi che spesso sopraggiunge una frase scontata: "vorrei farmi una partita al volo", ed ecco che in quel momento arriva un nostro amico che ci dice "vieni a farti due spari su Fortnite", risposta più che legittima ed azzeccata che ci permette di goderci ugualmente il poco tempo a disposizione, eppure è proprio nel momento in cui facciamo quelle due o tre partite e ci divertiamo che un pensiero inizia a farsi largo nella nostra testa: "forse potrei comprare il Battle Pass", dopo aver sfiorato anche solo l'idea qualcosa inizia a premerci in testa, e non è decisamente amichevole
Il giorno dopo eccoci di nuovo a casa, stavolta con tutto il tempo libero che vogliamo, ma nonostante ciò una vocina si fa strada nella nostra testa: "Le hai fatte le missioni giornaliere?" oppure "Li hai presi i bonus di login?", neanche il tempo di caricare il nostro salvataggio che abbiamo già chiuso il gioco ed aperto il nostro "rapitore digitale", d'altronde la stagione finisce tra due mesi, vuoi che i miei 10€ di Battle Pass vadano sprecati?
E da lì, l'inizio della fine
Viviamo in un'epoca dove un titolo dopo un mese dalla sua uscita è già vecchio e nessuno ne parla più (se non è "morto" direttamente al lancio) e sviluppare idee nuove ed originali da zero non è certo una cosa facile (il mondo del game development non è fatto di soli Hideo Kojima d'altronde), quindi mantenere una base stabile e mallearla di continuo potrebbe sembrare una scelta semplice e vincente, ma come diceva il buon zio Ben "Da grandi poteri derivano grandi responsabilità", i giocatori nel corso degli anni ne hanno visti centinaia di titoli che escono e provano ad accalappiare al lancio per fare soldi facili e scappare con il malloppo, non si tratta più dell'utenza poco navigata che credeva che League of Legends e Fortnite sarebbero stati inarrivabili ed ineguaglati ed oggi in primis un gioco del genere viene visto di buono o cattivo occhio in partenza già dalla software house che lo pubblica (per parafrasare Lionel Hutz: "Ci sono live service... e live service!").
La domanda dunque sorge spontanea: da dove nasce questa voglia irrefrenabile di dedicare il nostro tempo ad avventure mordi e fuggi che predano sulla cosiddetta F.O.M.O (Fear of Missing Out) invece di dedicarci ad opere più complesse che rispettano il nostro tempo?
Per quanto io non mi sia laureato (tristemente) ho passato 8 anni della mia vita a studiare la psiche umana ed un dettaglio tanto banale quanto da non sottovalutare è sempre emerso: l'uomo è un animale sociale ed abitudinario, non importa che tu sia una persona sempre con lo zaino pronto per andare all'avventura o un pantofolaio che ha regalato il secondo orecchino Potara al proprio divano, abbiamo tutti bisogno di punti fissi nella nostra vita al quale rivolgerci per fare mente locale dal logorante tram tram di tutti i giorni e per i videogiocatori i live service sono anche questo, un punto di ritorno che ci accoglierà sempre con tutti i nostri progressi fatti nei mesi o addirittura negli anni, laddove infatti il divertimento finisce una volta terminata la modalità storia di un tripla A, un live service avrà sempre nuove storie da narrarci, personaggi da scoprire o anche solo nuovi modi di farci divertire reinventandosi, ma è proprio sul primo punto della definizione soprastante che mi voglio soffermare, "sociale", condividere i propri progressi con altri appassionati è un momento di ritrovo preziosissimo, specialmente se si parla di gente cresciuta tra gli anni '80 e '90 che doveva vedere la propria passione come un qualcosa di nicchia e demonizzato perché "Quei cosi ti friggono il cervello!", e nonostante oggi questi ultimi siano adulti che possono spendere liberamente e consapevolmente il proprio denaro l'onere dei famosi 80€ al lancio rimane un peso non indifferente e che fa anche da "gatekeeper" verso le esperienze più nuove, in tal senso dunque non è raro vedere un titolo free-to-play generare molto più ronzio attorno a sé, posso trovarlo interessante come può farmi schifo, ma in fondo è gratis, che male c'é a provarlo?
Da questa semplice domanda scatta un meccanismo mentale che un po' alla volta porta il videogiocatore a preferire il comfort del suo titolo preferito sul quale può tornare sempre piuttosto che qualcosa che lo abbandonerà dopo un tot di tempo, fossero anche 100 e passa ore, magari continuerà a fare "spizzichi e bocconi" per provare diversi titoli e partecipare alle conversazioni, ma di certo non potrà intrattenere grandi disquisizioni sul finale del gioco X o la difficoltà del boss Y, perché lui non è ancora arrivato a quel punto, magari ci arriverà fra un anno o magari non ci arriverà mai, ma a lui sta bene così, perché ormai è nel suo posto felice seppur ripetitivo.
Le pratiche dei live service sono già vagamente disoneste così come sono, in fondo non può esserci di peggio vero? Vero...?
Vi ricordate la magnifica sensazione di finire la modalità arcade di Tekken 3 o una coppa di Crash Team Racing e sbloccare finalmente il personaggio che tanto agognavate? No? Beh non vi biasimo (si potete darmi del boomer), visto che si può dire che questo sia un concetto ormai decisamente arcaico e rimpiazzato dai famosi Season Pass, che però garantiscono comunque l'accesso diretto e sicuro al suddetto, ebbene i giapponesi la pensano diversamente, poiché hanno preso un concetto semplice ma vincente come quello delle macchinette gashapon (dai avete capito, quelle che trovavate fuori da tutte le latterie e mettevate in croce vostra madre per farvene prendere una perché "Mamma non capisci c'é dentro il portachiavi di Rayquaza, devo diventare un maestro di Pokémon") e ci hanno fatto su un genere intero: i gacha.
20 anni fa nessuno avrebbe mai scommesso sul fatto che la gente avrebbe speso milioni solo per ottenere un personaggio in un videogioco ed invece eccoci qui, con pezzi da novanta del settore come Genshin Impact, Honkai Star Rail, Fate/Grand Order o Nikke: Goddess of Victory che ogni mese macinano cifre che altri titoli riescono a tirare su solamente nel loro intero lifespan, ma qual è il loro segreto? Perché titoli così ce la fanno mentre un titolo occidentale deve sudare sette camice per arrivare a questi risultati?
È presto detto: la cultura anime/manga ormai va a braccetto con i videogiochi nella sfera nerd ed avere il controllo diretto di una schiera di waifu ed husbandi che trascendono la realtà e spuntano tutti i nostri turn on manco fosse la taglist di un sito hentai è il sogno proibito di molti, si potrebbe disquisire per ore sul fatto che ciò sia anche un forte segnale dell'elevata presenza di hikkikomori nel panorama asiatico (e non), ma questo non è onestamente un argomento in cui non voglio addentrarmi, ciò su cui invece mi voglio concentrare è il fatto che bastano davvero un po' di pixel ben assemblati per far aprire i portafogli a miriadi di giocatori, dai più casual ai più navigati (ed è probabilmente proprio questo il cavallo di battaglia del genere), ma soprattutto quei pixel riescono quasi a nascondere in maniera eccellente tutte le meccaniche predatorie insite in questi giochi: battle pass, pass mensili, bonus di primo acquisto, pacchetti a tempo limitato, skin, ce n'é davvero per tutti i gusti ed il fatto che siano diventate sostanzialmente la norma universalmente accettata da tutti fa quasi rabbrividire, "basta ignorarle" direte voi, ed è proprio qui che ritorniamo al discorso di partenza, "POTRESTI ignorarle", ma ci sarà sempre quel tuo amico immaginario nella testa che ti accoglierà con un sorriso e successivamente ti punterà la pistola alla tempia sussurrandoti: "adesso... FARMA... O SHOPPA"
Ma quindi alla fine della fiera, questi live service dobbiamo accoglierli a braccia aperte o metterli sul rogo? La risposta come sempre sta nel mezzo: più volte abbiamo avuto la dimostrazione che un titolo con questa formula può essere vincente e rispettare al contempo il tempo e soprattutto i bisogni del giocatore, basti vedere Deep Rock Galactic o il più recente Helldivers II, titoli che sono riusciti a convincere critica e pubblico pur non imboccandoci a forza con microtransazioni e compagnia bella, eppure per ogni gioco così esiste un Suicide Squad: Kill the Justice League ed un futuro Concord che non hanno vergogna alcuna a calpestare il buon gusto del pubblico pur di guadagnare qualche soldo, se poi andiamo ad infognarci nel panorama dei gacha la metafora dell'amico immaginario armato è sempre più concreta, eppure forse non ci siano semplicemente mai resi conto di una cosa: che la sua pistola non è mai stata carica, come dicevamo sopra nessuno ci obbliga a fare determinate scelte e siamo sempre liberi di smettere di dedicare tempo a questi titoli da un momento all'altro, ma noi continuiamo imperterriti, vittime di una sorta di sindrome di Stoccolma digitale (e parlo includendomi nel discorso perché chi vi scrive ne ha ben 4 di pistole puntate), d'altronde quando il nostro rapitore è un figaccione con i pettorali scolpiti o una top model con la decima (e forse è pure poco) questo situazione non ci sembra così brutta, o magari siamo semplicemente diventati dei provetti Neo che accettano di essere costantemente sotto tiro, perché tanto loro ne hanno viste di tutte i colori e queste minacce velate le schivano con una precisione incredibile, ma sappiamo tutti che in fondo questa è solo una scusa molto elaborata di chi ormai da questo mondo è stato piegato.
Se per qualsiasi persona (tranne per chi lo fa di lavoro) videogiocare non e' quella semplice cosa, stai buttando letteralmente ore e soldi della tua vita per niente.
Che si tratti di gioco o di lavoro, dedicarsi eccessivamente ad una sola attività non è sano. A volte si scappa da qualcosa senza saperlo, finendo per essere schiavi del lavoro, del gioco o di un altro svago apparentemente innocuo: si è davvero in grado di dire basta? Si sta "sacrificando" qualcosa per dedicarsi di più al proprio hobby/progetto? Se la risposta è un consapevole sì, non ci sono problemi ma senza un po' di auto-analisi si rischia di scoprire di non poter smettere quando i danni sono ormai grandi.
I live service hanno di certo la colpa di fare leva su punti deboli delle persone, come raccontato nell'articolo, ma anche un "gioco normale" può portare agli stessi problemi se il giocatore in primis non ne fa un uso consapevole.
Ecco, qui si vede il vantaggio di non avere nessuno con cui disquisire di videogiochi
FOMO? Ma chi se ne frega di cosa va di moda ora... io in questi giorni di ferie mi sto giocando Uncharted 4 (un gioco del 2016) e non mi importa di quanto velocemente lo finirò o di quanto ci metterò a superare certi punti ostici, ma di quanto mi posso godere questa avventura.
Dato che ho veramente poco tempo per giocare, preferisco investire il tempo in un paio di giochi irrinunciabili all'anno (e giocarli nei tempi che voglio), al posto di perdermi in un gioco gacha che mi stressa pure con le missioni a tempo...
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