Buona parte dei nostri genitori sono cresciuti con la televisione mentre i nostri nonni guardavano quello strano strumento con diffidenza e circospezione. La scatola magica delle immagini sapeva ipnotizzare i bambini lasciando un po' di respiro ai genitori, ma nel mentre si diffondevano le peggio dicerie sui danni che la tv avrebbe causato ai pargoletti nel prossimo futuro. Il tempo passa, quei bambini crescono e diventano genitori a loro volta: la televisione è ormai uno strumento conosciuto, le dicerie sono state sfatate e non è più un problema lasciare i propri figlioli davanti al Disney Channel di turno... solo che un nuovo mostro fa la sua comparsa: i videogiochi. Come la televisione, i videogiochi riescono a stregare i bambini e la nostra generazione cresce mano nella mano con Crash Bandicoot, Super Mario, Street Fighter II, The Legend of Zelda e chi più ne ha più ne metta, il tutto rigorosamente sotto l'occhio diffidente dei nuovi mamma&papà e degli articoli che dipingono i gamer come disagiati. Nel 2024 anche i "bambini dei videogiochi" sono cresciuti e lasciano i figli con maggiore tranquillità nelle mani di tata-console, accompagnando la loro crescita con un nuovo "strumento del demonio": gli smartphone.
Il concetto di ciuccio digitale è proprio questo, un dispositivo capace di tenere impegnato il pargolo senza eccessivo sforzo da parte del genitore, ma proprio come il ciuccio fisico che alla lunga può causare problemi reali, anche la controparte digitale ha delle controindicazioni da non sottovalutare. Diversi specialisti hanno analizzato il fenomeno e uno studio svolto su un campione di 422 genitori e altrettanti figli di età compresa tra i 3 e i 5 anni ha rivelato che i bambini su cui si è ricorsi spesso all’uso di smartphone, tablet o device digitali paragonabili per calmare o intrattenere hanno una capacità molto bassa nella gestione delle proprie emozioni e sono più inclini agli scatti d’ira.
Ora, non servivano certo studi e professori per capire che affidare il ruolo di guida ad un device di intrattenimento (elettronico o meno) fosse inefficace e controproducente, ma sebbene non si trovino numeri precisi sul numero di genitori che ricorrono in modo frequente a questo genere di approccio è innegabile che sempre più bambini in luoghi pubblici abbiano il telefono del genitore in mano. La dipendenza da telefono sembrerebbe proseguire anche in età più avanzate con insegnanti che si lamentano dell’uso massivo degli smartphone in classe fino all’arrivo di una circolare che li vede banditi nelle scuole anche per chi vedeva in loro potenzialità per migliorare l’istruzione.
Smartphone nel 2024 non è certamente solo videogiochi perché sebbene questi stiano effettivamente spopolando su scala mondiale ci sono anche i vari social network a cannibalizzare l’attenzione del ragazzo di turno; dopotutto uno degli scopi principali di piattaforme come Instagram o TikTok è proprio tenere incollati gli utenti per più tempo possibile, ma questo è un altro discorso. Che i (video)giochi possano dare dipendenza non è certo una novità e che i più giovani siano più sensibili alle dipendenze è un dato che sembra mettere d’accordo i neurologi, dunque abbandonare i ragazzi davanti ad applicazioni il cui intento è effettivamente tenerli incollati non sembra proprio la migliore delle idee, soprattutto quando questi non hanno ancora la maturità per dire “basta”. Se poi si è abituati fin dalla più tenera età a passare svariate ore davanti agli schermi, come può un adolescente interrompere la sua maratona su Fortnite? Forse quei genitori spaventati dalla “Plaistacion che ti lobotomizza il cervello” non avevano tutti i torti. Forse se quei genitori avessero accompagnato i propri figli nella scoperta del gioco invece che demonizzarlo, lasciando che il piccolo vi si approcciasse da solo, avrebbero permesso di comprendere meglio rischi e benefici dello strumento e ora avremmo una generazione di genitori desiderosi di condividere la scoperta delle novità con i figli piuttosto che abbandonarli nel processo.
Questo articolo non vuole assolutamente essere un’accusa ai genitori che giocano e lasciano giocare i figli né tantomeno una guida a come allevare le proprie bestiole di casa, ma se da un lato è vero che la nostra generazione è più esperta e può capire meglio i dilemmi del tipo “sono online, non posso mettere in pausa” è anche vero che sarà più facile per noi sottovalutare certi rischi. Il concetto di gioco è cambiato molto negli anni e le nuove generazioni si trovano ad affrontare problematiche simili ma diverse a cui noi “adulti” ci approcciamo con la stessa ingenua arroganza di chi ci è passato prima, quella stessa superficialità che ha portato i genitori a lasciare i bambini per interi pomeriggi con il telecomando di Sky in mano senza avere idea di cosa fosse il parental control.
Abbiamo davvero idea di cosa voglia dire per un bambino gestire il battle pass di un free to play? Come reagirà davanti alla quantità assurda di titoli tra cui scegliere e alla possibilità di perdere l’oggetto ambito perché non si è dedicato abbastanza? Per (buona parte di) noi non ci sono problemi perché sono aspetti del gioco con cui ci siamo scontrati quando avevamo già maturato una certa consapevolezza di noi stessi e degli strumenti in uso... ma abbiamo davvero la sicurezza di dire che un bambino, in solitaria, sappia gestire certi sistemi in modo sano? Ridurre il tutto ad un “a noi è andata bene” significa ignorare la discrepanza di contesto ed età che ci separa e forse è una reazione dovuta alla rabbia repressa che la nostra generazione nutre verso le numerose campagne anti-gamer, anti-anime, anti-manga, anti-tutto di cui noi in primis siamo stati vittime.
Si potrebbe dire che i problemi sono altri e che basterebbe avere dei genitori che stanno più dietro ai figli, ma a parte che bilanciare il rapporto lavoro-casa non è così scontato, qui non si parla solo di argomenti trattati nelle opere di intrattenimento. I genitori 4.0 non hanno certo bisogno del PEGI per capire che lasciare un bambino di quarta elementare giocare da solo a un The Witcher 3 non è proprio il massimo, ente che comunque si è rivelato poco efficace negli anni passati perché un Call of Duty a caso bollato come 18+ ha sempre avuto server invasi da dodicenni urlanti. Il pericolo per i nuovi genitori nasce dalla facilità con cui si ricorre al device digitale: già nel 2012 uno studio effettuato da Microsoft su 2000 teenagers canadesi rivelava l’enorme difficoltà di quest’ultimi nel concentrarsi proprio a causa della quantità di interazioni via device digitali. Oggi l’uso della tecnologia proposta già in tenera età è una normalità, come potrebbero essere le condizioni dei giovani?
Viene da chiedersi quali potrebbero essere le strategie, gli approcci e le soluzioni dei nuovi genitori davanti ad un mondo digitale sempre più ricco e accattivante ma che al tempo stesso, tra facilitazioni e semplificazioni, rende gli utenti sempre più succubi e meno capaci di apprezzarne i benefici. E’ certamente compito di “noi senpai” fare da guida alle nuove generazioni, aiutare loro a capire che gli strumenti facilitano ma non sostituiscono, dopotutto siamo stati l’avanguardia del digitale, sopravvissuti alle più catastrofiche delle previsioni, ma come dicevo prima questa sicurezza può rivelarsi un'arma a doppio taglio. Sembrerebbe proprio che, forse fin troppo abituati a giocare in facile e a gestirci da soli, la nostra generazione ricorra un po’ troppo spesso al ciuccio digitale, abbandonando il bimbo davanti ad uno schermo e lasciando che sia la nuova app ad intrattenerlo, il video su Youtube a cantargli la buona notte dopo che l’audio-libro ha letto la fiaba al nostro posto.
Fonte consultata:
Jamapediatrics
Orizzontescuola
Rolling Hills Hospital
Pewresearch
Wiley Online Library
Microsoft Research
Il concetto di ciuccio digitale è proprio questo, un dispositivo capace di tenere impegnato il pargolo senza eccessivo sforzo da parte del genitore, ma proprio come il ciuccio fisico che alla lunga può causare problemi reali, anche la controparte digitale ha delle controindicazioni da non sottovalutare. Diversi specialisti hanno analizzato il fenomeno e uno studio svolto su un campione di 422 genitori e altrettanti figli di età compresa tra i 3 e i 5 anni ha rivelato che i bambini su cui si è ricorsi spesso all’uso di smartphone, tablet o device digitali paragonabili per calmare o intrattenere hanno una capacità molto bassa nella gestione delle proprie emozioni e sono più inclini agli scatti d’ira.
Ora, non servivano certo studi e professori per capire che affidare il ruolo di guida ad un device di intrattenimento (elettronico o meno) fosse inefficace e controproducente, ma sebbene non si trovino numeri precisi sul numero di genitori che ricorrono in modo frequente a questo genere di approccio è innegabile che sempre più bambini in luoghi pubblici abbiano il telefono del genitore in mano. La dipendenza da telefono sembrerebbe proseguire anche in età più avanzate con insegnanti che si lamentano dell’uso massivo degli smartphone in classe fino all’arrivo di una circolare che li vede banditi nelle scuole anche per chi vedeva in loro potenzialità per migliorare l’istruzione.
Smartphone nel 2024 non è certamente solo videogiochi perché sebbene questi stiano effettivamente spopolando su scala mondiale ci sono anche i vari social network a cannibalizzare l’attenzione del ragazzo di turno; dopotutto uno degli scopi principali di piattaforme come Instagram o TikTok è proprio tenere incollati gli utenti per più tempo possibile, ma questo è un altro discorso. Che i (video)giochi possano dare dipendenza non è certo una novità e che i più giovani siano più sensibili alle dipendenze è un dato che sembra mettere d’accordo i neurologi, dunque abbandonare i ragazzi davanti ad applicazioni il cui intento è effettivamente tenerli incollati non sembra proprio la migliore delle idee, soprattutto quando questi non hanno ancora la maturità per dire “basta”. Se poi si è abituati fin dalla più tenera età a passare svariate ore davanti agli schermi, come può un adolescente interrompere la sua maratona su Fortnite? Forse quei genitori spaventati dalla “Plaistacion che ti lobotomizza il cervello” non avevano tutti i torti. Forse se quei genitori avessero accompagnato i propri figli nella scoperta del gioco invece che demonizzarlo, lasciando che il piccolo vi si approcciasse da solo, avrebbero permesso di comprendere meglio rischi e benefici dello strumento e ora avremmo una generazione di genitori desiderosi di condividere la scoperta delle novità con i figli piuttosto che abbandonarli nel processo.
Questo articolo non vuole assolutamente essere un’accusa ai genitori che giocano e lasciano giocare i figli né tantomeno una guida a come allevare le proprie bestiole di casa, ma se da un lato è vero che la nostra generazione è più esperta e può capire meglio i dilemmi del tipo “sono online, non posso mettere in pausa” è anche vero che sarà più facile per noi sottovalutare certi rischi. Il concetto di gioco è cambiato molto negli anni e le nuove generazioni si trovano ad affrontare problematiche simili ma diverse a cui noi “adulti” ci approcciamo con la stessa ingenua arroganza di chi ci è passato prima, quella stessa superficialità che ha portato i genitori a lasciare i bambini per interi pomeriggi con il telecomando di Sky in mano senza avere idea di cosa fosse il parental control.
Abbiamo davvero idea di cosa voglia dire per un bambino gestire il battle pass di un free to play? Come reagirà davanti alla quantità assurda di titoli tra cui scegliere e alla possibilità di perdere l’oggetto ambito perché non si è dedicato abbastanza? Per (buona parte di) noi non ci sono problemi perché sono aspetti del gioco con cui ci siamo scontrati quando avevamo già maturato una certa consapevolezza di noi stessi e degli strumenti in uso... ma abbiamo davvero la sicurezza di dire che un bambino, in solitaria, sappia gestire certi sistemi in modo sano? Ridurre il tutto ad un “a noi è andata bene” significa ignorare la discrepanza di contesto ed età che ci separa e forse è una reazione dovuta alla rabbia repressa che la nostra generazione nutre verso le numerose campagne anti-gamer, anti-anime, anti-manga, anti-tutto di cui noi in primis siamo stati vittime.
Si potrebbe dire che i problemi sono altri e che basterebbe avere dei genitori che stanno più dietro ai figli, ma a parte che bilanciare il rapporto lavoro-casa non è così scontato, qui non si parla solo di argomenti trattati nelle opere di intrattenimento. I genitori 4.0 non hanno certo bisogno del PEGI per capire che lasciare un bambino di quarta elementare giocare da solo a un The Witcher 3 non è proprio il massimo, ente che comunque si è rivelato poco efficace negli anni passati perché un Call of Duty a caso bollato come 18+ ha sempre avuto server invasi da dodicenni urlanti. Il pericolo per i nuovi genitori nasce dalla facilità con cui si ricorre al device digitale: già nel 2012 uno studio effettuato da Microsoft su 2000 teenagers canadesi rivelava l’enorme difficoltà di quest’ultimi nel concentrarsi proprio a causa della quantità di interazioni via device digitali. Oggi l’uso della tecnologia proposta già in tenera età è una normalità, come potrebbero essere le condizioni dei giovani?
Viene da chiedersi quali potrebbero essere le strategie, gli approcci e le soluzioni dei nuovi genitori davanti ad un mondo digitale sempre più ricco e accattivante ma che al tempo stesso, tra facilitazioni e semplificazioni, rende gli utenti sempre più succubi e meno capaci di apprezzarne i benefici. E’ certamente compito di “noi senpai” fare da guida alle nuove generazioni, aiutare loro a capire che gli strumenti facilitano ma non sostituiscono, dopotutto siamo stati l’avanguardia del digitale, sopravvissuti alle più catastrofiche delle previsioni, ma come dicevo prima questa sicurezza può rivelarsi un'arma a doppio taglio. Sembrerebbe proprio che, forse fin troppo abituati a giocare in facile e a gestirci da soli, la nostra generazione ricorra un po’ troppo spesso al ciuccio digitale, abbandonando il bimbo davanti ad uno schermo e lasciando che sia la nuova app ad intrattenerlo, il video su Youtube a cantargli la buona notte dopo che l’audio-libro ha letto la fiaba al nostro posto.
Fonte consultata:
Jamapediatrics
Orizzontescuola
Rolling Hills Hospital
Pewresearch
Wiley Online Library
Microsoft Research
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Quello che io, da giocatore, percepisco come differente, è proprio inerente la concentrazione. Io ero concentrato quando giocavo. Lo smartphone, invece, è un mezzo che per sua natura interrompe i momenti di concentrazione. E la differenza, per la mente di un bambino, è tutta qui secondo me.
Mio figlio ha 5 anni e mezzo. Gioca anche lui. Gli ho regalato una retroconsole e gli ho installato gli emulatori delle vecchie console (nes, supernes, ecc). Sono giochi a cui ho giocato, li conosco (e molti lì ho pure ancora a casa in campagna). E non ci vedo niente di male che lui impari, come ho fatto io (che poi ho comunque studiato, trovato un lavoro, ristudiato e cambiato lavoro, comprato casa e fatto 2 figli.... a dire che non sono uno psicopatico o almeno non del tutto). Sta lì, è concentrato e niente lo disturba.
Giocare sul telefono è diverso. Usare i social è diverso (e molto, molto pericoloso, anche per via del contatto con altre persone). Materialmente e psicologicamente diverso. E il telefono, a mio figlio, non lo dò. Può aspettare... Spero il più possibile.
mi sa che ho perso il filo.
che poi i bambini capiscono cosa è vero e cosa è finzione.
Mia figlia si è vista senza problemi la morte di Aura in Frieren, gli omicidi di detective conan e spyxfamily, ma si è svegliata nel cuore della notte piangendo per aver visto uno spezzone di documentario sull'incidente dell'Hindenburg.
I videogiochi erano un passatempo importane ma non superiore agli altri.
Se giocava il Napoli il sabato sera non passavo la serata davanti alla PlayStation 1.
Non conosco le nuove generazioni perché non ho figli ma neanche nipoti l'unica cosa che mi preoccupa sono quei bambini che girano in bicicletta in strade trafficate senza mani per non distogliere lo sguardo dallo smartphone cosa molto pericolosa che fanno anche gli adulti.
- Da una parte abbiamo i pargoli piccoli che se li metti davanti ad uno schermo/videogioco, avendo un'attenzione bassa, si annoiano e lo fanno solo se i genitori (o qualcuno di equivalente) non gioca con loro. Quindi la questione qui è semplice, il genitore o chi per lui dev'essere disponibile a fare attività con il pargolo. Impastare il pane/fare la pasta, andare al parco a piedi o in bici come pure giocare a palla o similari sono tutte attività che attirano i pargoli piccoli più di giocare ai videogiochi. In questa fase l'errore più grave è lasciarli semplicemente tutto il giorno collegati, dopo un po' si abituano ed iniziano a rifiutare le altre attività.
- A metà strada abbiamo i bambini-ragazzini che iniziano a trovare i videogiochi, gli anime e similari più divertenti. Con loro il metodo più efficace è non mettere limitazioni troppo rigide ed interessarsi ai loro interessi proponendo anche qualche anime/videogioco da fare insieme (in questo modo non solo si condivide un momento insieme ma è anche facile determinare il momento in cui è più giusto fermarsi per evitare di esagerare). In questa fase l'errore più grave è proibire o mettere limitazioni molto forti (tipo "2 ore a settimana"), all'inizio si controllano ma pian piano tenderanno solo a far tutto di nascosto e senza alcuna limitazione (questo man mano che crescono tenderà a peggiorare la situazione visto che tenderanno a voler "recuperare il tempo perduto").
- Per finire abbiamo gli adolescenti, da qui in poi li si deve trattare all'incirca come adulti, decidono loro che fare, si può al massimo dare dei suggerimenti (ed è in questa fase che eventuali proibizioni passate possono avere effetto contrario, un adolescente a cui da ragazzino è stato proibito di giocare ai videogiochi tenderà, ora che sa di non poter essere più controllato, ad esagerare con i videogiochi).
La cosa più importante di tutte è indirizzare i loro interessi verso videogiochi, anime, libri e similari che abbiano un senso e che siano non solo divertenti ma anche lontani da logiche da gioco d'azzardo (in questo senso Fortnite e similari sarebbero da evitare ma se non si possono evitare perché richiesti dal ragazzino e giocati dagli amici vanno controllati a vista, le microtransazioni e similari creano facilmente dipendenza e la ripetitività di questi giochi è studiata anch'essa per dar dipendenza... proporre un gioco alternativo in vari modi, senza proibire (ad esempio) Fortnite (ma controllando la situazione) è fondamentale per evitare che nasca la "voglia del proibito" e contemporaneamente si sviluppino altri interessi.
Una cosa è certa, più i genitori "non ne capiscono nulla" peggio è. Un genitore che capisce può proporre delle alternative migliori, può intervenire in prima persona per mettere dei limiti sensati che non diano scuse al ragazzino per esagerare e può evitare che certe cose vengano fatte di nascosto (tra le peggiori ci sono gli acquisti fatti con la carta dei genitori all'insaputa di quest'ultimi ma anche solo buttar via tante paghette in microtransazioni magari saltando la merenda o similari non è che sia tanto meglio).
Lo dico con cognizione di causa, i miei genitori erano molto severi sotto questo punto di vista, io e mio fratello abbiamo rischiato di venir investiti per andare all'ipermercato a comprare videogiochi e speso alcuni soldi della gita per comprare un videogioco pokemon e gameboy di seconda mano tutto di nascosto. Da adolescente per rifarmi delle restrizioni avute da ragazzino ho avuto un periodo in cui giocavo tantissimo, fin troppe ore, e una volta mi sono così tanto infognato con un mmo da spenderci soldi in maniera poco controllata (fortunatamente limitato dalle mie poche risorse di allora).
Ad oggi son tutte esagerazioni del passato e penso di essere maturato come persona (ad oggi preferisco 100 volte pagare un prezzo chiaro all'acquisto che giocare "gratis" con microtransazioni, se compro un gioco mi autolimito e come ci sono periodi in cui gioco leggermente di più della media ci sono anche periodi in cui non gioco per niente)... ma gli eccessi sono chiaramente stati una risposta a ciò che i miei genitori non sono riusciti a fare (poi sia ben chiaro, anche loro hanno avuto i loro pregi... anzi penso che siano davvero ottimi genitori, ad esempio da bambino erano molto presenti e difatti ho giocato tantissimo all'aperto e fatto tante attività, alla tv ci stavo veramente poco e non perché costretto... e più di recente mi hanno dato una mano per l'acquisto di un alloggio).
Ma "Il Manuale del Genitore" non esiste, e non fatico a immaginare quanto sia facile ritrovarsi alla fine per pendere per l'uno o l'altro estremo (a volte anche magari contraddicendo la propria inclinazione personale).
Ho visto bambini nei passeggini con degli smartphone in mano.
In ogni caso se si tratta di un dato fattuale con cui volente o nolente bisogna fare i conti, perfino dalla nascita, l'impostazione genitoriale è fondamentale.
È tutto molto difficile perché una regola comune non può esserci dato che ogni persona co-esiste col resto del mondo a modo suo, e serve quindi un equilibrio specifico.
Come per tutti gli altri oneri di questo ruolo del resto non ho mai sentito in vita mia un genitore dire che sia facile esserlo.
Una signora entra nel mio negozio e mi chiede della carta da regalo. Ha in mano Call of Duty Modern War 2 per ps5. Inizia a parlarmi del figlio. Confusa, le chiedo quanti anni ha il figlio. 10 anni. Le faccio notare che quel videogioco è un PEGI18. "E che mi importa? Mio figlio vuole questo." Mi zittisco.
Beh su questo io non sarei così intransigente, il PEGI è solo un'indicazione di massima per i genitori che non conoscono l'argomento. Dal canto mio non nego che farei giocare tranquillamente titoli PEGI18 ad un minorenne, anche se preferirei non fosse call of duty... un The Witcher ad esempio penso sia un ottimo gioco a prescindere dall'età.
D'altronde il PEGI indica principalmente la presenza di nudità o violenza che sono elementi che a mio parere non vanno nascosti ai bambini ma piuttosto spiegati (se sono troppo piccoli la nudità comunque non gli interessa e non la notano neanche a meno che non siano gli adulti a fargliela notare, se sono abbastanza grandicelli da avere un'idea non c'è ragione di nascondergli nulla).
Perlomeno così la penso io, fortunatamente in Italia il PEGI non detta legge.
Fosse per me metterei un "pegi18" vincolante di legge solo per il gioco d'azzardo e qualsiasi cosa gli assomigli (quindi anche microtransazioni tipo i pacchetti fifa e similari) quelli sì che sono dannosi.
Dopo i due anni, dipende dall'uso che si fa dello schermo, in termini di tempo e di modo. Tutto ciò che fornisce un forte "aggancio dopaminergico" andrebbe arginato o addirittura evitato fino almeno all'adolescenza. L'aggancio dopaminergico è la base neurobiologica della dipendenza, quindi tutto ciò che induce il "continuo a giocare", che non è banalmente il voglio finire il livello di Super Mario, lì lo stimolo è abbastanza blando, ma per esempio il MMORPG che ti costringe a fare 12 raid per raccattare un pezzo del set che ti serve, e ti servono 15 pezzi per completarlo. Giochi così, in infanzia, vanno evitati perché generano alterazioni biochimiche a lungo termine nel cervello e riducono la spinta motivazionale, la capacità di concentrazione e svariate altre funzioni psico-sociali.
La pericolosità degli smartphone per i piccoli sta nella loro accessibilità sempre e ovunque, mentre una volta dovevi tornare a casa per videogiocare, adesso lo puoi fare ovunque, il che pone pochi argini concreti al craving verso il mezzo ludico.
In questo post, evito di parlare dei social, perché la mia opinione strettamente personale (e frutto di una luuuuunga e noiosa disamina di letteratura scientifica e esperienze varie) è che andrebbero concessi solo ai 14+ e solo dopo una opportuna formazione a riguardo, da parte delle famiglie in primis e, se possibile, dalle istituzioni.
Il pegi è un informazione non un divieto. Serve solo ad informare l'acquirente dell'età consigliata per usufruire di tali giochi, ma non è niente di più. Senza contare che spesso è applicato con criteri sbagliati da una commissione che non conosce i giochi in questione.
Non c'è niente di male se un genitore acquista un gioco come Call of Duty per il figlio, perché a differenza di quello che dicono in tv, non diventerà un serial killer per averci giocato.
Cioè, bisogna saper introdurre in modo giusto ai propri figli questi tipi di tecnologie e contenuti, tenendo conto, però, che con "modo giusto" non si intende una formula generale, ma piuttosto si tratta di una continua osservazione dei propri figli e delle loro esigenze. Detto così, effettivamente, queste tecnologie, sebbene possano offrire un po' di respiro a noi genitori, non sembrano essere per niente un "free pass" come vengono presentate, dato che serve cmq essere dedicati ai propri figli se si vuole fare le cose in modo giusto.
Ora come ora, con un neonato ed essendo entrambi curati dal personale medico, posso dire che sento una specie di istinto materno che mi fa venire voglia di dedicarmi al pargoletto, mi basta guardare il suo faccino. Però bisogna essere realisti, facile farsi promesse, poi, con il ritorno nella società, specialmente con il ritorno al lavoro, le cose cambiano e bisogna saper adeguarsi e mantenere uno spirito un po' ribelle in modo di dare priorità a ciò che si vuole proteggere, che ormai è proprio il pargoletto, la sua infanzia e l'armonia di una famiglia felice.
Io decisamente ho intenzione di introdurre a mio figlio i videogiochi, la musica, i cartoni animati, i fumetti, insomma... l'arte. E ho intenzione di leggergli le storie di buona notte e di fargli suscitare interesse per la letteratura e poesia, un po' come sono stata cresciuta io e mio marito. E ho intenzione di studiare insieme e di aiutarlo con i compiti (se il sistema scolastico mantiene tale forma, ovviamente). Ce la farò? Non so. Ma farò del mio meglio. Del resto, non sono sola, ho un marito meraviglioso ed entrambe la mia e la sua famiglia sono supportive. Ce la caveremo. ♡
E, infatti, gli sto già canticchiando Melodies of Life di Final Fantasy 9 per calmarlo. Funziona a meraviglia. ♡
Tanti tanti auguri! Un consiglio da un papà: ricorda sempre che nemmeno noi genitori siamo perfetti e che i bambini sono, a tutti gli effetti, delle persone con le loro inclinazioni e caratteristiche. Ogni azione, rapportata al bambino in quanto singolo individuo, può generare una reazione opposta a quel che ci aspettiamo. Essere coscienti di sé e del proprio bambino in quanto persona e, quando è il caso, sapersi scusare per i propri sbagli è uno dei regali più grandi che puoi fare. Le scuse sono, a mio avviso, uno tra i più forti simboli di rispetto e di interesse.
In bocca al lupo!
Grazie mille per gli auguri e per i consigli.
Io ora posso anche confermarti che sono al corrente di queste cose e, infatti, è già da adesso che vedo mio figlio come una persona individuale tutta da scoprire. Tuttavia, sono cose anche facili da dimenticare, affrontando le varie sfide di fronte a cui ci mette la vita. Sono consigli sempre validi e spero di non dimenticarmi mai di questa cosa. Grazie ancora!
Congratulazioni ❤️
Grazieeee! ♡
Sarebbe carino se i ragazzi avessero una maggiore consapevolezza di cosa vuol dire esagerare con un hobby e perché non sia sano. Non parlo solo di videogiochi, manga o anime, qualsiasi attività portata all'eccesso nasconde un malessere e nella mia limitata esperienza ho visto molta superficialità a riguardo sia da genitori che da insegnanti.
Grazie! ♡
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