Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Appuntamento odierno dedicato ai classici con Mary e il giardino dei misteri, Sandy dai mille colori e Astroboy.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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"Mary e il Giardino dei Misteri" è un meisaku canonico, tratto dal romanzo "The secret garden" di Frances Hodgson Burnett, pubblicato per la prima volta nel 1911. Scrivo canonico perché ci sono tutti i temi tipici del genere: la bambina orfana, il burbero vecchio zio, il bambino paralitico, l'ambientazione vittoriana, le scene bucoliche e l'immancabile lieto fine commovente. L'anime ha notevole somiglianze con "Lovely Sara" e "Il piccolo Lord", non a caso opere della stessa autrice; del resto Frances Hodgson Burnett vince la palma di autrice più trasposta in meisaku. Anche Hector Malot ha tre meisaku al suo attivo ("Remì", "Peline Story" e "Dolce piccola Remì") ma "Remì" appare due volte, quindi non conta.
Alcuni considerano canonici solo i meisaku della Nippon Animation e gli altri imitazioni; io invece mi baso non sulla casa produttrice - in questo caso è la NHK - ma sulle caratteristiche distintive del genere e "Mary e il Giardino dei Misteri" è canonico in questo senso. Gli anni novanta sono anni in cui il meisaku perde il favore del pubblico, tanto che il numero solito di puntate viene ridotto: lo si vede anche in "Mary", meisaku di "sole" 39 puntate invece delle classiche 52. In questi anni il meisaku viene anche censurato ed edulcorato rispetto agli standard degli anni settanta e ottanta. Fortunatamente nel 1991 la decadenza è agli inizi e si trovano ancora delle serie pregevoli; negli stessi anni di "Mary" uscivano meisaku di serie A come "Papà Gambalunga" (1990) e "Cantiamo Insieme" (1991), l'anno dopo uscirà il buon "Nello e Patrasche", remake del classico del 1975.
"Mary e il Giardino dei Misteri", paragonata ai suoi contemporanei e ai suoi predecessori (in particolare "Lovely Sara" e "Il Piccolo Lord") è un meisaku minore. È evidente che sono state effettuate delle interpolazioni per renderlo più appetibile ai piccoli spettatori: per esempio un notevole spazio è assegnato al gatto di Mary che non esiste nel libro originale. Invece l'abilità di Dick (il migliore amico di Mary) di parlare con gli animali è presente anche nell'originale, per quanto possa apparire inverosimile. Il cambiamento principale è comunque l'introduzione della "strega" Camilla e della storia che la riguarda, completamente inventate di sana pianta. Va detto comunque che il libro originale non è certo il migliore dell'autrice, essendo un po' troppo semplice e semplicistico: è stato chiaramente necessario aggiungere molto materiale per adattarlo alla lunghezza del meisaku.
L'anime inizia in maniera lenta ma è in costante miglioramento e non è privo di spunti interessanti e meritevoli di attenzione. In primo luogo il carattere di Mary, ragazzina scorbutica e maleducata, soprattutto nei primi episodi: nel seguito diventa più gentile, ma rimane sempre e comunque dotata di un gran caratterino, ben lontana dalla "santità" dei protagonisti di altri meisaku. Lo stesso si può dire per il carattere del viziatissimo Colin, il bambino paralitico. Ma il peggiore di tutti è il signor Craven, il padre di Colin, un vero mostro dal punto di vista caratteriale. Tutti questi studi caratteriali sono realistici e molto indovinati, mentre Dick è un personaggio senza mordente. Certamente il meisaku sarebbe stato molto più drammatico se fosse stato realizzato qualche anno prima. Va detto però che il libro originale è abbastanza blando. Il finale è comunque ottimo, un punto in cui tutti gli spunti disseminati ad arte durante lo svolgimento della storia vengono sciolti in una scena di grande effetto: certamente non inaspettata, ma che dà piena soddisfazione allo spettatore.
Meritano un plauso gli ottimi colori e l'indovinato chara design di Mary, in particolare la sua "criniera" di capelli biondi. Il voto è più di un 7 ma meno di un 8: è sullo stesso livello di "Milly un giorno dopo l'altro", ma inferiore al "Piccolo Lord" e molto meno coinvolgente di "Lovely Sara".
Alcuni considerano canonici solo i meisaku della Nippon Animation e gli altri imitazioni; io invece mi baso non sulla casa produttrice - in questo caso è la NHK - ma sulle caratteristiche distintive del genere e "Mary e il Giardino dei Misteri" è canonico in questo senso. Gli anni novanta sono anni in cui il meisaku perde il favore del pubblico, tanto che il numero solito di puntate viene ridotto: lo si vede anche in "Mary", meisaku di "sole" 39 puntate invece delle classiche 52. In questi anni il meisaku viene anche censurato ed edulcorato rispetto agli standard degli anni settanta e ottanta. Fortunatamente nel 1991 la decadenza è agli inizi e si trovano ancora delle serie pregevoli; negli stessi anni di "Mary" uscivano meisaku di serie A come "Papà Gambalunga" (1990) e "Cantiamo Insieme" (1991), l'anno dopo uscirà il buon "Nello e Patrasche", remake del classico del 1975.
"Mary e il Giardino dei Misteri", paragonata ai suoi contemporanei e ai suoi predecessori (in particolare "Lovely Sara" e "Il Piccolo Lord") è un meisaku minore. È evidente che sono state effettuate delle interpolazioni per renderlo più appetibile ai piccoli spettatori: per esempio un notevole spazio è assegnato al gatto di Mary che non esiste nel libro originale. Invece l'abilità di Dick (il migliore amico di Mary) di parlare con gli animali è presente anche nell'originale, per quanto possa apparire inverosimile. Il cambiamento principale è comunque l'introduzione della "strega" Camilla e della storia che la riguarda, completamente inventate di sana pianta. Va detto comunque che il libro originale non è certo il migliore dell'autrice, essendo un po' troppo semplice e semplicistico: è stato chiaramente necessario aggiungere molto materiale per adattarlo alla lunghezza del meisaku.
L'anime inizia in maniera lenta ma è in costante miglioramento e non è privo di spunti interessanti e meritevoli di attenzione. In primo luogo il carattere di Mary, ragazzina scorbutica e maleducata, soprattutto nei primi episodi: nel seguito diventa più gentile, ma rimane sempre e comunque dotata di un gran caratterino, ben lontana dalla "santità" dei protagonisti di altri meisaku. Lo stesso si può dire per il carattere del viziatissimo Colin, il bambino paralitico. Ma il peggiore di tutti è il signor Craven, il padre di Colin, un vero mostro dal punto di vista caratteriale. Tutti questi studi caratteriali sono realistici e molto indovinati, mentre Dick è un personaggio senza mordente. Certamente il meisaku sarebbe stato molto più drammatico se fosse stato realizzato qualche anno prima. Va detto però che il libro originale è abbastanza blando. Il finale è comunque ottimo, un punto in cui tutti gli spunti disseminati ad arte durante lo svolgimento della storia vengono sciolti in una scena di grande effetto: certamente non inaspettata, ma che dà piena soddisfazione allo spettatore.
Meritano un plauso gli ottimi colori e l'indovinato chara design di Mary, in particolare la sua "criniera" di capelli biondi. Il voto è più di un 7 ma meno di un 8: è sullo stesso livello di "Milly un giorno dopo l'altro", ma inferiore al "Piccolo Lord" e molto meno coinvolgente di "Lovely Sara".
Sandy dai mille colori
5.0/10
Vi sono vari presupposti per considerare "Sandy" la più sfigata tra le varie maghette Pierrot. Innanzitutto la durata: venticinque episodi appena a fronte dei 40/50 delle precedenti produzioni, coprendo così solo due stagioni televisive (primavera-estate del 1986) invece di un anno completo. Seconda cosa, i poteri dati a Sandy (che da ora chiamerò Yumi) non la rendono capace di trasformarsi, ma solo di creare qualcosa dal nulla, e questo è un inspiegabile passo falso nel filone majokko dello Studio Pierrot per diversi motivi; uno fra tutti la mancanza di quel percorso di maturazione che tanto aveva caratterizzato "Creamy" e "Emi", ma anche il conseguente allontanamento di un pubblico maschile, vista l'assenza di una attraente controparte adulta della bimbetta protagonista.
La visione dei primi episodi risulta in realtà gradevole, grazie al solito ottimo apparato artistico dello Studio Pierrot atto a rendere la città teatro della vicenda un luogo vivo e pulsante, a metà tra fiabesco e reale, a partire dall'adorabile casetta di Yumi che sembra uscita da un negozio di giocattoli, passando alla costruzione di legno costruita abusivamente da suo nonno nel bosco, fino all'abitazione sul mare di Kenta. Tutto bello, se non fosse che ben presto il nuovo staff (se escludiamo il character designer Kouji Motoyama), capitanato da un regista inesperto, si dimostra del tutto incapace di plasmare una trama un minimo interessante, "accontentandosi" di servirci una serie composta esclusivamente da episodi autoconclusivi (con addirittura tre riassuntivi), alcuni dei quali davvero di scarso appeal.
I personaggi che popolano "Pastel Yumi" si affidano al puro principio della casualità narrativa: il sogno di Yumi di diventare una mangaka, per esempio, non solo non viene sviluppato, ma neanche lontanamente accennato negli episodi più avanzati. I due folletti, dopo aver donato i poteri alla protagonista, non faranno assolutamente nulla per tutta la durata della serie, se non litigare come degli idioti; non parliamo poi delle questioni sentimentali, basate solo su banalissime gelosie e litigi di livello infimo. Ed è anche un peccato, dato che il cicciottello Kenta è diverso e decisamente più simpatico rispetto a un insopportabile Toshio, ma alla fine tutto rimane invariato.
È questo il maggior difetto di Pastel Yumi rispetto ad altri prodotti simili, la sua inerzia, la sua stabilità. Yumi, così come la conosciamo nel primo episodio, tale sarà nell'ultimo, e lo stesso vale per gli altri personaggi, se si escludono gli assurdi sbalzi di umore del maggiordomo Kunimitsu Saburo. Le carenze di sceneggiatura di questa serie sono così evidenti, se confrontate con i percorsi di crescita di Yuu Morisawa e Mai Kazuki, e saranno artefici anche del "periodo di riflessione" che lo Studio Pierrot si concederà prima di tornare sul genere, con Fancy Lala, decisamente fuori tempo massimo.
Di buonissima qualità invece la soundtrack, forse a tratti superiore anche a quella del precedente "Emi", mentre le sigle si attestano sugli standard del periodo. Solita frittata di nomi italianizzati da parte di Mediaset così come era lecito fare in quegli anni, con dei nomi di così scarsa inventiva (Maurizio, Ciccio, Carmelo...) da non meritare neanche un commento in proposito. Bravi invece tutti i doppiatori.
In definitiva, consiglierei "Sandy dai Mille Colori" solo ai fan dei majokko più sfegatati, e ai nostalgici degli anni ottanta; gli altri possono dedicare le loro attenzioni a prodotti con ben altri meriti storici e narrativi.
La visione dei primi episodi risulta in realtà gradevole, grazie al solito ottimo apparato artistico dello Studio Pierrot atto a rendere la città teatro della vicenda un luogo vivo e pulsante, a metà tra fiabesco e reale, a partire dall'adorabile casetta di Yumi che sembra uscita da un negozio di giocattoli, passando alla costruzione di legno costruita abusivamente da suo nonno nel bosco, fino all'abitazione sul mare di Kenta. Tutto bello, se non fosse che ben presto il nuovo staff (se escludiamo il character designer Kouji Motoyama), capitanato da un regista inesperto, si dimostra del tutto incapace di plasmare una trama un minimo interessante, "accontentandosi" di servirci una serie composta esclusivamente da episodi autoconclusivi (con addirittura tre riassuntivi), alcuni dei quali davvero di scarso appeal.
I personaggi che popolano "Pastel Yumi" si affidano al puro principio della casualità narrativa: il sogno di Yumi di diventare una mangaka, per esempio, non solo non viene sviluppato, ma neanche lontanamente accennato negli episodi più avanzati. I due folletti, dopo aver donato i poteri alla protagonista, non faranno assolutamente nulla per tutta la durata della serie, se non litigare come degli idioti; non parliamo poi delle questioni sentimentali, basate solo su banalissime gelosie e litigi di livello infimo. Ed è anche un peccato, dato che il cicciottello Kenta è diverso e decisamente più simpatico rispetto a un insopportabile Toshio, ma alla fine tutto rimane invariato.
È questo il maggior difetto di Pastel Yumi rispetto ad altri prodotti simili, la sua inerzia, la sua stabilità. Yumi, così come la conosciamo nel primo episodio, tale sarà nell'ultimo, e lo stesso vale per gli altri personaggi, se si escludono gli assurdi sbalzi di umore del maggiordomo Kunimitsu Saburo. Le carenze di sceneggiatura di questa serie sono così evidenti, se confrontate con i percorsi di crescita di Yuu Morisawa e Mai Kazuki, e saranno artefici anche del "periodo di riflessione" che lo Studio Pierrot si concederà prima di tornare sul genere, con Fancy Lala, decisamente fuori tempo massimo.
Di buonissima qualità invece la soundtrack, forse a tratti superiore anche a quella del precedente "Emi", mentre le sigle si attestano sugli standard del periodo. Solita frittata di nomi italianizzati da parte di Mediaset così come era lecito fare in quegli anni, con dei nomi di così scarsa inventiva (Maurizio, Ciccio, Carmelo...) da non meritare neanche un commento in proposito. Bravi invece tutti i doppiatori.
In definitiva, consiglierei "Sandy dai Mille Colori" solo ai fan dei majokko più sfegatati, e ai nostalgici degli anni ottanta; gli altri possono dedicare le loro attenzioni a prodotti con ben altri meriti storici e narrativi.
Astro Boy
8.0/10
Recensione di Evangelion0189
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Mi sono imbattuto in pareri discordanti sui cinque volumi editi dalla Planet e sul manga di Astro Boy in generale. In primo luogo, penso di poter comprendere l'astio di chi avrebbe voluto che l'edizione italiana comprendesse tutti i ventitré volumi della serie originale, ma al contempo mi ritengo soddisfatto di questa selezione di racconti: sono convinto che dia comunque un'ottima idea del "fenomeno Astro Boy" e del perché Atom sia un personaggio così popolare, tanto da assurgere a simbolo quasi incontrastato di manga e anime giapponesi nel panorama internazionale. In secondo luogo, mi avevano detto che è un manga sulle cui spalle grava pesantemente la sua età (più di cinquant'anni, considerato che fu pubblicato dal 1952 al 1968): su questo punto dissento totalmente poiché, nonostante in effetti alcune storie di Astro Boy siano piuttosto ingenue, "vecchie" e alcune persino inconcludenti (mi viene in mente quella in cui ci viene presentato Cobalt, il fratello (?) di Atom, una brutta copia spiccicata del robottino a ragione ben più famoso, e che scompare improvvisamente così com'era apparso), altre invece dimostrano una profondità intrinseca dotata di grande fascino, oltre che ad essere quasi sempre molto divertenti e godibili.
L'ossatura alla base delle storie di Astro Boy è questa: in un futuro ormai passato (Atom nasce ufficialmente nel 2003, e i giapponesi hanno festeggiato il suo compleanno dieci anni fa come se si trattasse di una persona in carne ed ossa), la vicenda ruota attorno ad Atom, piccolo robot a propulsione atomica e dalla potenza di centomila cavalli vapore (una definizione dal gusto retrò che non posso fare a meno di adorare) inventato e costruito dal geniale scienziato Tenma nel tentativo di sostituire il figlioletto deceduto in un grave incidente d'auto. Resosi conto che una macchina non può rimpiazzare un figlio perduto, fugge abbandonandolo; da quel momento in avanti, a prendersi cura di Atom sarà Ochanomizu, il dottore dal naso prominente che anticipa una sequela di personaggi dello Star System tezukiano che appariranno di lì in poi, e Baffone (Higeoyaji, in lingua originale), un simpatico insegnante col pallino per l'investigazione (anche lui appare in Kimba e in diverse altre opere del maestro).
Di qui una serie di avventure, di casi da risolvere, di battaglie a colpi di propulsione atomica, mitra che escono dalle natiche (!) e tanto buon cuore. Atom è sì fatto di meccanismi e ingranaggi, ma ciò nonostante è una macchina spesso più pura e buona di certi uomini efferati e senza scrupoli, un robot molto umano che si fa portavoce dei diritti dei robot (tenendo conto anche del fatto che questi non possono ferire in alcun modo gli umani, con un chiaro riferimento alle leggi della robotica di Asimov). Man mano che proseguivo la lettura racconto dopo racconto sentivo di volerne ancora, ma i cinque volumi della Planet sono comunque molto soddisfacenti. In particolar modo, ho apprezzato la possibilità di leggere il racconto originale che ha ispirato il recente Pluto di Naoki Urasawa, ovvero "Il più grande robot del mondo": leggere tanta genialità in una storia estremamente semplice attraverso balloon e tavole scritte e disegnate negli Anni Cinquanta mi ha aperto gli occhi su un mondo sterminato di cui Astro Boy ne è solo un popolare esempio. Mi sentirei di consigliare la lettura almeno di questa storia, ma complessivamente consiglio Astro Boy su tutta la linea.
L'ossatura alla base delle storie di Astro Boy è questa: in un futuro ormai passato (Atom nasce ufficialmente nel 2003, e i giapponesi hanno festeggiato il suo compleanno dieci anni fa come se si trattasse di una persona in carne ed ossa), la vicenda ruota attorno ad Atom, piccolo robot a propulsione atomica e dalla potenza di centomila cavalli vapore (una definizione dal gusto retrò che non posso fare a meno di adorare) inventato e costruito dal geniale scienziato Tenma nel tentativo di sostituire il figlioletto deceduto in un grave incidente d'auto. Resosi conto che una macchina non può rimpiazzare un figlio perduto, fugge abbandonandolo; da quel momento in avanti, a prendersi cura di Atom sarà Ochanomizu, il dottore dal naso prominente che anticipa una sequela di personaggi dello Star System tezukiano che appariranno di lì in poi, e Baffone (Higeoyaji, in lingua originale), un simpatico insegnante col pallino per l'investigazione (anche lui appare in Kimba e in diverse altre opere del maestro).
Di qui una serie di avventure, di casi da risolvere, di battaglie a colpi di propulsione atomica, mitra che escono dalle natiche (!) e tanto buon cuore. Atom è sì fatto di meccanismi e ingranaggi, ma ciò nonostante è una macchina spesso più pura e buona di certi uomini efferati e senza scrupoli, un robot molto umano che si fa portavoce dei diritti dei robot (tenendo conto anche del fatto che questi non possono ferire in alcun modo gli umani, con un chiaro riferimento alle leggi della robotica di Asimov). Man mano che proseguivo la lettura racconto dopo racconto sentivo di volerne ancora, ma i cinque volumi della Planet sono comunque molto soddisfacenti. In particolar modo, ho apprezzato la possibilità di leggere il racconto originale che ha ispirato il recente Pluto di Naoki Urasawa, ovvero "Il più grande robot del mondo": leggere tanta genialità in una storia estremamente semplice attraverso balloon e tavole scritte e disegnate negli Anni Cinquanta mi ha aperto gli occhi su un mondo sterminato di cui Astro Boy ne è solo un popolare esempio. Mi sentirei di consigliare la lettura almeno di questa storia, ma complessivamente consiglio Astro Boy su tutta la linea.
Di majokko non ne ho mai visti molti e quei pochi non mi hanno mai preso abbastanza da farmi avvicinare al genere...anche se prima o poi Puella Madoka Magica lo guarderò, giuro.
Astro Boy è forse l'opera di Tezuka che meno mi interessa però, come tutte le sue opere, leggerla mi farebbe davvero piacere...voi che avete letto il manga (seppur incompleto? L'edizione italiana è forse strutturata in modo simile a quella di Golgo 13?) cosa ne pensate del film uscito qualche anno fa? Gli rende giustizia o è un semplice minestrone banalizzante?
Ah, ovviamente, complimenti ai recensori!
Mary e il giardino dei misteri non me lo ricordo affatto invece, può anche darsi che non l'abbia mai visto...
Mary e il giardino dei misteri fortunatamente già le mie sorelle erano più grandicelle e non mi costringevano più a vedere quei polpettoni colmi di depressione, anche se ormai ero stato indelebilmente marchiato da Anna dai Capelli Rossi, Là sui Monti con Annette, Lovely Sara e tanti altri... penso sia chiara la mia posizione sul genere XD
Sandy dai Mille Colori non lo ricordo benissimo, ma lo ricordo in modo più piacevole rispetto alle sue sorelle più famose, forse la sua impostazione ad episodi autoconclusivi che in questa recensione viene criticata me lo rendeva più apprezzabile dato che essendo anche in questo caso costretto dalle mie sorelle a guardarlo lo guardavo con poco interesse, quindi guardavo l'episodio e finiva lì.
Astro Boy onestamente non so che pensare, è una pietra miliare, ne conosco la storia, credo di aver visto la serie degli anni 80, ma nonostante ricordi il personaggio generico non ricordo nulla di specifico... probabilmente le mie sorelle non me lo facevano guardare ed avrò visto un paio di episodi quando mi impossessavo del telecomando (tipo quando avevo la febbre a 40 ed avevano pietà di me XD )... magari prima o poi proverò a recuperare e leggere qualcosa ed a guardare il film da poco uscito.
Come direbbe il buon Kintaro Oe "Ho imparato qualcosa"
Sandy dai mille colori ricordo di averlo visto e basta,non mi ricordo altro purtroppo xD
Sandy dai Mille colori non so se l'ho mai visto ma mi interesserebbe vederlo con Mary e poter leggere i 5 di Astroboy (la seconda serie anime m'è piaciuta molto molto)
Complimenti ai tre recensori ^^
Mary e il giardino dei misteri è il meisaku tratto dal mio libro preferito di quando andavo alle medie, quando fu scelto dalla mia prof. d'italiano come libro di narrativa! Ma purtroppo, forse proprio perché ho amato particolarmente il romanzo fin dalla prima volta che lo lessi, quando ho visto l'anime l'ho apprezzato un po' meno degli altri meisaku... Sì, è comunque godibile, ma mi è parso che la personalità di Mary sia stata addolcita un po' troppo, lei all'inizio del romanzo era a dir poco insopportabile!!! E poi Dickon... Tralasciamo lo strano aspetto che è stato dato a lui ed alla sorella, lo avevo immaginato un po' diverso... La storia della strega Camilla poi, un fillerone smisurato, si poteva tranquillamente evitare.
Comunque nel complesso concordo col voto dato nella recensione, considerando che di solito io sono di manica molto più larga.
Non concordo invece con il voto dato a Sandy dai mille colori, troppo basso!!! Sì, l'anime è un po' più breve degli altri, ma a me Creamy ispirava spesso istinti omicidi, tutta così piena di sé, nonostante non aveva alcun merito per le sue prestazioni... Io ero una dei pochi a sostenere Duenote, sempre e comunque, anche quando le giocava dei brutti tiri! L'ho sempre compatita per essersi vista soffiare il posto da quella là, poverina, meno male che è durato solo per un anno! E poi non sopportavo Mai, sempre a fare la linguaccia, anche se alla fine si redimeva, comprendeva che non era bello fare carriera e vincere imbrogliando con la magia (perciò il finale di Emi mi è piaciuto molto)! Invece Sandy non se la tira (ok, non diventa una bonazza, come ha detto qualcun altro, ma è anche questione di carattere e comunque ha una dote naturale che i coetanei le invidiano), è simpatica e mai gratuitamente arrogante, insomma, come personaggio è la mia majokko preferita dopo Himechan!
Il fatto che non sia sviluppato particolarmente l'aspetto sentimentale non è un difetto: in fondo Sandy è una ragazzina, e comunque quel minimo che ci sta bene considerando la sua età c'è, evidentemente chi ha recensito non ha prestato abbastanza attenzione: il principale riferimento non è il cicciottello Kenta (Ciccio in italiano ), ma il suo fratello maggiore (Robby o Ronnie? Uno di questi, all'epoca gli adattatori italiani erano molto fantasiosi con i nomi dei personaggi con questo ruolo), e lo si vede in una puntata; che poi i folletti litighino e basta è vero, per quella categoria va fatto un discorso a parte, indipendentemente dalla qualità della serie.
Se Sandy ha interrotto il filone delle pierjokko ci sarà un perché..
@Sonokoil principale riferimento non è il cicciottello Kenta (Ciccio in italiano ), ma il suo fratello maggiore (Robby o Ronnie?)
Roby. Ma essendo molto più grande di lei è chiaro che Sandy non ha alcuna speranza, sarà anche "il principe" della situazione ma è appunto un principe irraggiungibile, e questo la protagonista impara a capirlo grossomodo a metà serie (nell'episodio in cui lei va a trovarlo in discoteca). Kenta/Ciccio è invece un suo coetaneo e il rapporto tra i due va progredendo. Tra gli aspetti sentimentali di cui mi sono lamentato comunque sono inclusi anche gli inverosimili (a dir poco) litigi tra i genitori di Sandy, entrambi degli adulti con una mentalità adolescenziale.
Per il resto ho valutato Sandy nell'ottica del potenziale recupero come faccio sempre, e non di quello di cartone dell'infanzia, che piaccia o meno come metodo. Vale la pena OGGI recuperare Sandy, magari per approcciarsi al genere? Per me no, oppure si ma con qualche riserva.
Creamy, Evelyn e Emy (a cui darei rispettivamente 9,7 e 8 )
Daglielo, così ne parliamo meglio, che Evelyn ed Emi ce le ho fresche (e le ho adorate)
Presumibilmente Sandy non ha speranze con Roby (anche se la loro differenza di età non è così assurda da pregiudicare uno sviluppo dopo molti anni), come pure Kenta/Ciccio potrebbe migliorare anche fisicamente con gli anni.
Sta di fatto che Sandy non è un anime sentimentale. Comunque anche in Emi la differenza di età fra Ronnie e Mai è più o meno la stessa che c'è fra Roby e Sandy.
Sulla superiorità di Emi posso darti ragione in quanto nelle ultime puntate c'è effettivamente una grande maturazione nella protagonista, oserei dire rivoluzionaria per il genere majokko, la sua consapevolezza che non sarebbe stato giusto continuare con la magia in eterno anche perché non le avrebbe dato le stesse soddisfazioni che avevano i suoi amici, pur essendo inevitabilmente sempre surclassati da lei.
In Creamy questa maturazione non c'è, vediamo solo una puntata (in mezzo a tante) in cui Yu decide di affrontare un provino di danza da sola, senza magia, e ne esce perdente ma felice di essersi impegnata con tutte le sue forze.
Quella puntata mi è piaciuta molto, ma poi Yu torna la smorfiosetta di sempre, finché non arriva Pino Pino a toglierle i poteri, che invece lei avrebbe conservato molto volentieri.
Anche Mai/Emi però non ha interesse né possibilità di fidanzarsi con Ronnie, che è abbastanza più grande di lei e giustamente non la vede in altro modo che non come un'amichetta di cui prendersi cura. Anche Magica Emi, come presumo Sandy, non punta molto sul lato sentimentale, che viene tralasciato in favore di altre tematiche (il raggiungimento dei propri sogni, nel caso di Emi), mentre invece in Creamy ed Evelyn era uno dei punti focali della storia (in Creamy si gioca tutto sul triangolo Creamy - Toshio - Yu, mentre in Evelyn l'esperienza amorosa è parte integrante del percorso di formazione della protagonista, che, cresciuta nella giungla, impara pian piano a confrontarsi con la civiltà e con i problemi tipici di una ragazzina "normale").
Non è solo per la gnoccaggine della protagonista in versione trasformata, infatti, se Magica Emi è la mia serie di maghette Pierrot preferita, ma anche e soprattutto perché è un bellissimo, piccolo ma grande, racconto di formazione estremamente maturo e interessante
Comunque almeno un 7 Sandy se lo merita.
No, Mai l'interesse per Ronnie ce l'ha eccome, solo che è soltanto una ragazzina rispetto a lui e perciò non ha speranze! Anche Mai ha un amichetto coetaneo, BJ, solo che a differenza di Kenta che è ciccione BJ è scheletrico ed occhialuto.
Appunto, è una cosa di scarsissima importanza, che non viene trattata in tutte le puntate come invece succede in Creamy o Evelyn e non ha quasi alcun riscontro sull'alter-ego magico (Toshio snobba Yu perché innamorato di Creamy, Riki e Gaku snobbano Evelyn perché innamorati di Fairy, mentre Ronnie non ha un gran rapporto con Emi e Mai è solo un'amica che gli dà tanto da fare per lui). Sì, forse un po' Mai prova qualcosa per Ronnie, tanto che gli fa spesso scenate e capricci, ma è decisamente troppo piccola perché questo sia amore Più probabile che, una volta che saranno più grandi, lei finisca col coetaneo figlio del produttore
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