Recentemente si è iniziato a parlare di Silver manga, una nuova tipologia di fumetto giapponese mai vista prima e che potrebbe essere una delle chiavi per evitare che la crisi demografica giapponese intacchi anche il mercato editoriale.
Per capire di cosa si tratta, tuttavia, è prima necessario affrontare brevemente l'importanza della generazione del Baby Boom* all'interno della crescita e del successo dell'industria dei manga.
*Per Baby Boom si intende, in questo caso specifico, l'esplosione di nascite avvenuta negli anni successivi alla seconda guerra mondiale.
Nella seconda metà degli anni '50 la grande diffusione della televisione sancì un rinnovamento nell'intrattenimento popolare grazie alla periodicità settimanale di molti degli show più apprezzati. Questo portò a una rivoluzione nel mercato editoriale, con la nascita delle prime riviste per ragazzi a cadenza settimanale; un buon 40% delle loro pagine era formato da manga, ma ci si accorse ben presto che il loro aumento comportava un aumento delle vendite della rivista. L'evoluzione non fu tuttavia solamente editoriale, ma anche narrativa, con sempre un maggior numero di nuovi mangaka che, seguendo la lezione di Osamu Tezuka e dei primi mangaka del dopoguerra, realizzava opere appassionanti e innovative ben lontane da quelle infantili e superficiali della generazione precedente.
Man mano che la generazione del baby boom cresceva, aumentava la richiesta di opere più adulte. Inizialmente tale desiderio venne appagato dal gekiga che, in controtendenza al manga canonico, si caratterizzava per la narrazione ed il disegno crudo e tematiche adulte (denuncia sociale, violenza fisica e psicologica, satira politica).
Ben presto però il movimento gekiga s'indebolì a causa della crisi delle librerie a noleggio; il mercato del manga corse presto ai ripari varando le prime riviste seinen, tra cui Weekly Manga Action (1967) e Monthly Big Comic (1968), sfruttando alcuni degli artisti di gekiga che erano rimasti orfani dopo il fallimento delle riviste a noleggio.
Il dado era tratto. I nati intorno al 1950 avevano meno di 10 anni quando il manga venne rivoluzionato dalla periodicità settimanale, poterono ancora godere degli ultimi gekiga puri durante le superiori, e al momento di iniziare l'università o il lavoro trovarono le prime riviste seinen pronte ad accoglierli. E furono catturati dai manga per il resto della vita, sancendo con la loro crescita l'evoluzione del manga e la nascita di opere sempre più mature (vi sono riviste manga dedicate ai salaryman, ai venticinquenni o agli over 30, per fare qualche esempio).
Un ragazzo nato solamente un paio di anni prima, invece, avrebbe abbandonato i manga “infantili” prima che la rivoluzione settimanale potesse giungere alla sua piena maturazione.
Negli ultimi 35 anni, per la generazione del baby boom, l'acquisto di riviste di manga in edicola mentre ci si reca al lavoro, per poi discutere con amici e colleghi delle serie preferite, è diventato parte della routine quotidiana, sancendo il successo decennale del fumetto giapponese.
Ma cosa accadrà ora che questi hanno raggiunto (e superato) i 60 anni, avvicinandosi all'età pensionabile? Nel momento in cui non dovranno più recarsi tutti i giorni al lavoro, la routine che prevedeva l'acquisto dell'ultima rivista manga uscita si spezzerà? Una domanda di cui gli editori giapponesi temono la risposta, assolutamente non pronti a perdere quel bacino di quasi dieci milioni di lettori che è stato finora la principale causa del loro successo.
La soluzione naturale sarebbe nel ricambio generazionale, tuttavia il Giappone è una nazione in forte crisi demografica, con una popolazione in costante invecchiamento e sempre meno bambini. Questi bambini, inoltre, sono sempre meno interessati al manga, preferendo media più immediati come ad esempio i videogiochi. Se vent'anni fa era normale vedere, sui mezzi di trasporti pubblici, giapponesi di tutte le età intenti a leggere l'ultima rivista di manga uscita, ora sono i cellulari, internet e videogiochi a farla da padrone. Problema che ha spinto gli editori a puntare sui manga digitali, con risultati buoni ma non sufficienti a risolvere il problema.
Non potendo quindi abbandonare milioni di lettori senza fare nulla, gli editori hanno iniziato a studiare una nuova formula, un nuovo tipo di manga in grado di solleticare i desideri di un pubblico anziano, tanto da convincerlo a non abbandonare ancora questo mondo: i Silver Manga.
Uno dei maggiori successi degli ultimi tempi tra il pubblico anziano è stato 20th Century Boys, di Naoki Urasawa. Del tutto involontariamente, l'opera stuzzicò la nostalgia degli anziani baby-boomer costruendo un thriller appassionante a partire dai sogni dei bambini del dopoguerra, ora trasformatisi in incubi.
Jean-Marie Bouissou, nel suo saggio Il manga - Storia e universi del fumetto giapponese, porta due esempi significativi di silver manga:
In queste due opere si possono individuare alcuni elementi che, almeno in teoria, dovrebbero stuzzicare i lettori più anziani. Innanzitutto l'immedesimazione nel protagonista anziano (nella seconda opera l'immedesimazione è persino doppia, con il bambino anni '60 che altri non è che il lettore da giovane); poi una forte connotazione nostalgica, con ambientazioni rurali "d'altri tempi" e flashback e ambientazioni del passato. Una componente rassicurante, nel mostrare che l'anziano non è ancora da rottamare, ma può ancora sopravvivere da solo sulle montagne (Mada ikiteru) o insegnare alle nuove generazioni quanto ha appresso dai suoi antenati (Saga no Gabai bachan), riuscendo anche a farsi amare e rispettare dai più giovani (la nuova famiglia nel primo caso, il nipote nel secondo). E magari anche un po' di autoironia sui problemi degli anziani (l'incapacità informatica del protagonista del primo titolo).
Nello scorso decennio, un ottimo risultato tra gli over-40 è stato ottenuto anche da Pluto, sempre di Naoki Urasawa. Con un thriller appassionante e coinvolgente dai toni e personaggi maturi, Urasawa solletica la nostalgia dei baby-boomer con numerosissimi rimandi al Tetsuwan Atom che tanto avevano amato da piccoli, fornendo una versione moderna ma assolutamente fedele e rispettosa del vecchio classico di Tezuka.
Tuttavia, la strada è ancora lunga, gli editori non sembrano ancora aver trovato la formula giusta. Ancora non esistono riviste interamente dedicate alla pubblicazione di Silver Manga, finora apparsi su riviste più generaliste come Bussiness Jump (una tradizionale rivista per salaryman), e una statistica di qualche anno fa rivela come, nonostante tutto, il manga più seguito dai cinquantenni (maschi) giapponesi sia ancora... One Piece!
Fonti consultate:
- Il manga. Storia e universi del fumetto giapponese di Jean-Marie Bouissou (in particolare, i riferimenti ai silver manga sono ripresi dai capitoli "Un mercato che invecchia e si contrae", pag. 106-107 e "Un genere del futuro? Il silver manga", pag. 296-298)
- A History of Manga, by Matt Thorn
Per capire di cosa si tratta, tuttavia, è prima necessario affrontare brevemente l'importanza della generazione del Baby Boom* all'interno della crescita e del successo dell'industria dei manga.
*Per Baby Boom si intende, in questo caso specifico, l'esplosione di nascite avvenuta negli anni successivi alla seconda guerra mondiale.
1950 E BABY BOOM: UNA GENERAZIONE DI CONSUMATORI DI MANGA
Nella seconda metà degli anni '50 la grande diffusione della televisione sancì un rinnovamento nell'intrattenimento popolare grazie alla periodicità settimanale di molti degli show più apprezzati. Questo portò a una rivoluzione nel mercato editoriale, con la nascita delle prime riviste per ragazzi a cadenza settimanale; un buon 40% delle loro pagine era formato da manga, ma ci si accorse ben presto che il loro aumento comportava un aumento delle vendite della rivista. L'evoluzione non fu tuttavia solamente editoriale, ma anche narrativa, con sempre un maggior numero di nuovi mangaka che, seguendo la lezione di Osamu Tezuka e dei primi mangaka del dopoguerra, realizzava opere appassionanti e innovative ben lontane da quelle infantili e superficiali della generazione precedente.
Man mano che la generazione del baby boom cresceva, aumentava la richiesta di opere più adulte. Inizialmente tale desiderio venne appagato dal gekiga che, in controtendenza al manga canonico, si caratterizzava per la narrazione ed il disegno crudo e tematiche adulte (denuncia sociale, violenza fisica e psicologica, satira politica).
Ben presto però il movimento gekiga s'indebolì a causa della crisi delle librerie a noleggio; il mercato del manga corse presto ai ripari varando le prime riviste seinen, tra cui Weekly Manga Action (1967) e Monthly Big Comic (1968), sfruttando alcuni degli artisti di gekiga che erano rimasti orfani dopo il fallimento delle riviste a noleggio.
Il dado era tratto. I nati intorno al 1950 avevano meno di 10 anni quando il manga venne rivoluzionato dalla periodicità settimanale, poterono ancora godere degli ultimi gekiga puri durante le superiori, e al momento di iniziare l'università o il lavoro trovarono le prime riviste seinen pronte ad accoglierli. E furono catturati dai manga per il resto della vita, sancendo con la loro crescita l'evoluzione del manga e la nascita di opere sempre più mature (vi sono riviste manga dedicate ai salaryman, ai venticinquenni o agli over 30, per fare qualche esempio).
Un ragazzo nato solamente un paio di anni prima, invece, avrebbe abbandonato i manga “infantili” prima che la rivoluzione settimanale potesse giungere alla sua piena maturazione.
Negli ultimi 35 anni, per la generazione del baby boom, l'acquisto di riviste di manga in edicola mentre ci si reca al lavoro, per poi discutere con amici e colleghi delle serie preferite, è diventato parte della routine quotidiana, sancendo il successo decennale del fumetto giapponese.
Ma cosa accadrà ora che questi hanno raggiunto (e superato) i 60 anni, avvicinandosi all'età pensionabile? Nel momento in cui non dovranno più recarsi tutti i giorni al lavoro, la routine che prevedeva l'acquisto dell'ultima rivista manga uscita si spezzerà? Una domanda di cui gli editori giapponesi temono la risposta, assolutamente non pronti a perdere quel bacino di quasi dieci milioni di lettori che è stato finora la principale causa del loro successo.
La soluzione naturale sarebbe nel ricambio generazionale, tuttavia il Giappone è una nazione in forte crisi demografica, con una popolazione in costante invecchiamento e sempre meno bambini. Questi bambini, inoltre, sono sempre meno interessati al manga, preferendo media più immediati come ad esempio i videogiochi. Se vent'anni fa era normale vedere, sui mezzi di trasporti pubblici, giapponesi di tutte le età intenti a leggere l'ultima rivista di manga uscita, ora sono i cellulari, internet e videogiochi a farla da padrone. Problema che ha spinto gli editori a puntare sui manga digitali, con risultati buoni ma non sufficienti a risolvere il problema.
Non potendo quindi abbandonare milioni di lettori senza fare nulla, gli editori hanno iniziato a studiare una nuova formula, un nuovo tipo di manga in grado di solleticare i desideri di un pubblico anziano, tanto da convincerlo a non abbandonare ancora questo mondo: i Silver Manga.
SILVER MANGA, I MANGA PER PENSIONATI
Uno dei maggiori successi degli ultimi tempi tra il pubblico anziano è stato 20th Century Boys, di Naoki Urasawa. Del tutto involontariamente, l'opera stuzzicò la nostalgia degli anziani baby-boomer costruendo un thriller appassionante a partire dai sogni dei bambini del dopoguerra, ora trasformatisi in incubi.
Jean-Marie Bouissou, nel suo saggio Il manga - Storia e universi del fumetto giapponese, porta due esempi significativi di silver manga:
- Mada, ikiteru... (Ancora vivo) di Hiroshi Motomiya (2006)
- Saga no Gabai bachan (Nonna Gabai di Saga) di Saburo Ishikawa (2006-2010)
In queste due opere si possono individuare alcuni elementi che, almeno in teoria, dovrebbero stuzzicare i lettori più anziani. Innanzitutto l'immedesimazione nel protagonista anziano (nella seconda opera l'immedesimazione è persino doppia, con il bambino anni '60 che altri non è che il lettore da giovane); poi una forte connotazione nostalgica, con ambientazioni rurali "d'altri tempi" e flashback e ambientazioni del passato. Una componente rassicurante, nel mostrare che l'anziano non è ancora da rottamare, ma può ancora sopravvivere da solo sulle montagne (Mada ikiteru) o insegnare alle nuove generazioni quanto ha appresso dai suoi antenati (Saga no Gabai bachan), riuscendo anche a farsi amare e rispettare dai più giovani (la nuova famiglia nel primo caso, il nipote nel secondo). E magari anche un po' di autoironia sui problemi degli anziani (l'incapacità informatica del protagonista del primo titolo).
Nello scorso decennio, un ottimo risultato tra gli over-40 è stato ottenuto anche da Pluto, sempre di Naoki Urasawa. Con un thriller appassionante e coinvolgente dai toni e personaggi maturi, Urasawa solletica la nostalgia dei baby-boomer con numerosissimi rimandi al Tetsuwan Atom che tanto avevano amato da piccoli, fornendo una versione moderna ma assolutamente fedele e rispettosa del vecchio classico di Tezuka.
Tuttavia, la strada è ancora lunga, gli editori non sembrano ancora aver trovato la formula giusta. Ancora non esistono riviste interamente dedicate alla pubblicazione di Silver Manga, finora apparsi su riviste più generaliste come Bussiness Jump (una tradizionale rivista per salaryman), e una statistica di qualche anno fa rivela come, nonostante tutto, il manga più seguito dai cinquantenni (maschi) giapponesi sia ancora... One Piece!
Fonti consultate:
- Il manga. Storia e universi del fumetto giapponese di Jean-Marie Bouissou (in particolare, i riferimenti ai silver manga sono ripresi dai capitoli "Un mercato che invecchia e si contrae", pag. 106-107 e "Un genere del futuro? Il silver manga", pag. 296-298)
- A History of Manga, by Matt Thorn
In realtà non pensavo che potesse persistere una fetta così importante dei vecchi lettori rimasti attaccati ai propri interessi. Anche se in termini percentuali non saprei come collocare i 10 mln.
"Ma cosa accadrà ora che questi hanno raggiunto (e superato) i 60 anni, avvicinandosi all'età pensionabile? Nel momento in cui non dovranno più recarsi tutti i giorni al lavoro, la routine che prevedeva l'acquisto dell'ultima rivista manga uscita si spezzerà?"
Secondo me no, o almeno non per la maggior parte, per il semplice fatto che le abitudini sono dure a morire, dubito che un pensionato giapponese che ha seguito determinate serie per più di 30 anni decida di abbandonarle così di punto in bianco, magari non ne inizierà mai più di nuove ma quelle che segue da più tempo credo di si, perché ormai queste letture sono talmente radicate nella routine quotidiana che è difficile separarsene.
Alla fine non credo di sbagliare se paragono questi "Silver Manga" un po' ai nostri Bonelli come Tex o Dylan Dog, che prevalentemente sono letti da uomini over 40/50 che li leggevano da bambini e che continuano tutt'ora a leggerli sia per abitudine sia perché ormai sono diventate le loro "serie della vita", ovvero quelle serie che si continua a leggere dall'infanzia fino alla morte, letteralmente.
"Uno dei maggiori successi degli ultimi tempi tra il pubblico anziano è stato 20th Century Boys, di Naoki Urasawa. Del tutto involontariamente, l'opera stuzzicò la nostalgia degli anziani baby-boomer costruendo un thriller appassionante a partire dai sogni dei bambini del dopoguerra, ora trasformatisi in incubi."
Beh non credo sia poi così tanto "involontariamente", certo non era quello lo scopo principale di 20th CB ma è chiaro che qualche anziano si sia indirettamente identificato con i protagonisti da bambini, anche perché il "periodo storico" trattato (fine anni 60/ inizio '70) è più o meno quello.
E poi comunque si vede che Urasawa nelle sue opere cerca anche un po' di catturare il pubblico un po' meno giovane, vedi appunto anche Pluto.
"Questi bambini, inoltre, sono sempre meno interessati al manga, preferendo media più immediati come ad esempio i videogiochi. Se vent'anni fa era normale vedere, sui mezzi di trasporti pubblici, giapponesi di tutte le età intenti a leggere l'ultima rivista di manga uscita, ora sono i cellulari, internet e videogiochi a farla da padrone"
Questa è una cosa che mi fa mooooolta tristezza
Per carità nulla contro la tecnologia ma mi fa un dispiacere enorme che ormai i manga vengano così tanto bistrattati, anche rispetto agli anime (che dal mio punto di vista è addirittura assurdo, visto che la maggior parte degli anime si basano su manga pre-esistenti e non viceversa).
"e una statistica di qualche anno fa rivela come, nonostante tutto, il manga più seguito dai cinquantenni (maschi) giapponesi sia ancora... One Piece!"
Grazie al cavolo, One Piece è One Piece, e i giapponesi di qualunque età ne vanno matti, nella maggior parte dei casi è solo qualche hipster sfigatello "de noantri" che ne parla male per darsi un tono
Comunque è strano che non si faccia nessun cenno a KochiKame, che secondo me è uno dei manga che più rientra nel discorso "serie della vita" che facevo prima (e che credo sia letto ancora anche da tanti giovani giapponesi, dato che altrimenti dubito che sarebbe ancora pubblicato).
(parlo almeno per 20thCB, pluto non l'ho letto)
Ball'articolo, grazie Slanzard.
Tra i manga citati, ho letto Mada, ikiteru nella versione francese della Delcourt e mi è piaciuto molto. L'autore è famosissimo e ha creato un quantitativo immenso di opere di genere e target differente nel corso di praticamente quarant'anni di carriera, ed è un peccato che invece in Italia non lo conosca nessuno e prababilmente nessuno comprerebbe nessuno dei suoi manga, ormai tutti visibilmente diretti ad un pubblico che in Italia è totalmente assente, anche per via delle storie che spesso trattano argomenti di storia orientale antica, poco interessanti per gli occidentali.
Ora, non sono portata per questo genere di strategie, ma mi pare di capire che la soluzione sia abbastanza semplice quanto complessa, specie nella pratica.
A me non sembra una cattiva idea mantenere alto l'interesse di un pubblico più avanti con gli anni, anche se non credo che, anche una volta pensionati, coloro che hanno continuato a leggere manga per così tanto tempo smettano di punto in bianco...
E poi è davvero un peccato che le nuove generazioni giapponesi apprezzino poco i manga, che sono un motivo di vanto del mondo per il Giappone. E' come se qui in Italia il tredicenni smettessero di mangiare la pizza! (se mai succedesse il mondo diventerebbe un posto triste, eh...)
L'articolo non dice questo ma che l'interesse sia decisamente diminuito e, sinceramente, non posso dar loro torto. I videogames ad oggi hanno un'attrattiva maggiore e sono in costante evoluzione i manga no. A parte serie "storiche" come One Piece, HunterxHunter che mantengono la mole di lettori conquistate negli anni, cosa c'è di nuovo oggi? Quale serie odierna, si possa mettere la mano sul fuoco, rimarrà nella memoria collettiva? Ormai escono solo serie minori ( Toriko, Assasination Classrooms, Boku no Hero Accademia, Seven Deadly Sins etc. ) che, nonostante la buona qualità, non aggiungono nulla al panorama manga oppure escono serie "meteora" dal successo immediato e strepitoso ma che andando avanti perdono appeal ( Giganti, One Punch man, si veda difatti come quest'ultimo abbia preso il posto dei giganti come "moda del momento" ). Gli ultimi grandi successi ( Death Note, Fullmetal ) sono usciti ( come primo capitolo intendo ) ormai più di dieci anni fa, un periodo di tempo veramente troppo elevato per un'intera industria mediatica per non parlare poi degli Shoujo. L'industria giapponese funzionava alla grande anche grazie ai prodotti per ragazze, da quanto non ne esce uno come si deve? Forse Nana ma anche qui, si parla di 2000. E questo guardando solo al mercato interno, per l'estero la cosa è ancora più desolante.
Ecco, anche il fattore pubblicità all'estero è in una situazione oscena. Non vi è praticamente nessun contatto e marketing rivolto all'estero, Cristo, pure l'Italia quando fa quelle due/tre opere che sbancano ( Winx,Witch etc.) pompa il prodotto all'inverosimile. E la cosa ancora più ecclatante è che tra gli stessi prodotti di una stessa casa d'animazione non si creano pacchetti da vendere all'estero. Santo cielo, non tutti possono essere la Disney ma una Toei a caso perchè diavolo non vende le sue serie Pretty Cure a Netflix tutte insieme, I cavalieri dello zodiaco, Sailor moon, Digimon, Dragon Ball ( e tutti film relativi ) etc così che tra i programmi consigliati di una serie vi sia il collegamento per un altra. Poi, come ho spesso detto, al di là del fattore pubblicità, i giapponesi devono guardare all'estero anche come contenuti per svecchiarsi altrimenti la loro industria può solo peggiorare.
sarei curioso di leggerne qualcuno, ma dato che in Italia non usciranno mai proverò a cercare per vie traverse ^^
In effetti credo di rientrare nel target di pubblico di cui si parla nell'articolo (a parte i capelli che cominciano a tingersi d'argento!), conosco solo 20th Century Boys e Pluto dei manga citati e devo ammettere che rientrano perfettamente nelle mie corde.
Mi piacerebbe rintracciare le opere di Motomiya e Ishikawa.
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