Nel 1997 un giovane Tsutomu Nihei diede vita a BLAME!, un manga assai inusuale che si distinse subito per le sue atmosfere angoscianti ed opprimenti, gli scenari visionari ed evocativi ideati da un autore formatosi in realtà come architetto, e cresciuto a pane e cyberpunk.   
Vent'anni dopo arriva questo film animato ad opera di Polygon Pictures, proiettato nelle sale giapponesi e contemporaneamente disponibile in tutto il mondo su Netflix (che ha in catalogo anche la serie anime di Knights of Sidonia).
 

Possiamo specificare subito che BLAME! è un prodotto indirizzato ad un pubblico ampio, e non solo alla storica nicchia di appassionati del brand. Infatti è tranquillamente fruibile anche da chi non ha mai letto il manga da cui è tratto (pubblicato in Italia da Planet Manga) o altre opere ad esso più o meno collegate, come le passate trasposizioni animate o il prequel Noise.

Il lungometraggio prende il via con un gruppo di esploratori, i pescatori degli elettrosilos, che si avventura in maniera concitata tra meandri congestionati da cavi e tubature, pareti interminabili e piattaforme fatiscenti che si affacciano su abissi insondabili.
Grazie a tale introduzione, ci faremo quindi da subito un’idea del contesto in cui si svolge la storia, questa struttura sterminata sviluppatasi su migliaia di livelli simili a decadenti dungeon futuristici, e dove faranno la loro comparsa entità come i costruttori (creature titaniche che continuano a edificare ed espandere in maniera incontrollata “la città”) e soprattutto le safeguard, esseri artificiali che perseguono il solo fine di terminare qualsiasi forma di vita.
E proprio quando le cose si mettono male per il gruppo di esploratori, compare il deus ex machina, Killy, protagonista armato di pistola a raggi gravitazionali (una tecnologia potentissima e ormai perduta).  
 

Killy è una figura misteriosa che cela molto del proprio passato. Di lui sappiamo solo che è alla ricerca di esseri umani ancora in possesso del gene terminale della rete. Infatti si narra che millenni fa, prima del “contagio”, tutti nascessero con questo gene. Allora la città apparteneva ancora alle persone, e i costruttori e le safeguard obbedivano ad esse. Perdendo però il gene, gli esseri umani cominciarono ad essere sterminati dalle safeguard perché recepiti come degli intrusi.
Sarebbe perciò possibile assumere nuovamente il controllo della città, e dei suoi meccanismi di difesa, se si rientrasse in possesso del gene terminale della rete.
 
Il film rimaneggia la trama originale, pur senza stravolgerla o perderne la sostanza. Sadayuki Murai riadatta grosso modo i primi venti capitoli del manga (su 65) snellendo innanzitutto di molto la prima parentesi della storia originale, dove facevamo la conoscenza di un taciturno Killy che errava in solitaria in questo vasto mondo decadente, imbattendosi occasionalmente nelle mostruosità che lo infestano e negli ultimi insediamenti "umani" scampati agli eccidi delle safeguard.
Questo ritengo sia in parte un bene, perché riproporre pedissequamente i silenti e prolissi viaggi di Killy in un film, sarebbe risultato probabilmente ammorbante.
 

La sceneggiatura del film fonde poi assieme (in maniera molto efficace) due eventi che avvenivano in momenti narrativi distinti: anticipa l’incontro coi pescatori degli elettrosilos che originariamente aveva luogo molto più avanti, e lo rende complementare al ritrovamento del personaggio di Cibo (posticipato rispetto alla storia narrata nel manga).

Quello dei pescatori è un gruppo di sopravvissuti stanziati in un insediamento che stenta a sopravvivere per la carenza di cibo e risorse. E avventurarsi fuori dal perimetro sicuro è sempre pericoloso a causa delle letali e infide safeguard, che pare riescano persino ad assumere sembianze umane.
Cibo è invece una scienziata (quel che ne resta) che fu in grado di simulare e ricreare un surrogato del gene terminale della rete. Ma le cose finirono male prima che la sua squadra riuscisse a trovare un terminale di collegamento per entrare nella Netsfera, dove sarebbe stato possibile riportare la situazione alla normalità.
 

Riguardo "la confezione", c’è da ammettere che il film è davvero una goduria per gli occhi e la regia di Hiroyuki Seshita (che già conosciamo per l'anime di AJIN: Demi-Human) è ispirata e in linea con l’opera originale. Si gioca molto ovviamente con le scenografie, gli scorci mozzafiato, i piani prospettici e focali (ad esempio inquadrando un groviglio di cavi e tubi fuori fuoco in primissimo piano, e i personaggi che si muovono sullo sfondo).
Ottima la direzione artistica di Hiroshi Takiguchi: personalmente avrei dato per scontato il largo utilizzo di una tavolozza desaturata, e invece ben si ricorre a contrasti coloristici e percettivi, in quanto generalmente la palette è orientata più sui colori freddi (soprattutto nella prima parte del film), e si viene a creare così un forte e appariscente antagonismo timbrico con i rossi e gli arancioni magmatici delle esplosioni negli scontri. Mentre, ad esempio, le luci virano su un caldo ed accogliente ocra negli interni del villaggio dei pescatori.
La grafica è sontuosa; 2D e CG ben si integrano fra loro con un’impeccabile coerenza stilistica, gli effetti speciali non mancano ed anche i personaggi solitamente non sembrano troppo dei “pupazzetti semoventi", nonostante comunque non si attestino sullo stesso livello di eccellenza grafica dei fondali entro i quali si muovono.
In genere la natura inorganica, fredda e desolata del mondo di BLAME! è stata molto ben resa, quindi.

Venendo al sonoro, le musiche ben accompagnano i cambi di ritmo ed atmosfera. Anche il doppiaggio in italiano è meritevole e le voci molto calzanti coi personaggi. Questo non è un elemento da trascurare perché, contrariamente a quanto avveniva nel manga di Nihei che è in gran parte “muto”, qui si dialoga molto.  
 

Ci sono però alcune note dolenti. Infatti è inevitabile constatare come il film di Blame! perda del tutto le componenti horror, splatter e, in parte, anche quella angosciante dell’opera originale, a favore di un'impostazione tendenzialmente action. Inoltre vi è una scarsissima varietà di nemici, in quanto il bestiario è stato estremamente semplificato: non vi è pressoché traccia delle mostruose aberrazioni in cui si imbatte Killy nel manga; compare praticamente un solo tipo di safeguard, più Sanakan come “boss finale”.
Sbiadisce anche quel senso di solitaria odissea attraverso i pericolosi e tetri livelli del mondo di BLAME!, in quanto il tutto viene essenzialmente circoscritto all'avamposto di sopravvissuti e al tema della lotta per la sopravvivenza.
Qui però si nota un’altra peculiarità del film, che non è necessariamente da considerare un difetto; e cioè il carattere corale che acquista quest’avventura, grazie alla presenza del gruppo di pescatori degli elettrosilos sui quali viene investito molto anche in termini di caratterizzazione. Essi infatti non sono qui solo delle anonime comparse, ma diventano veri e propri co-protagonisti.
Concludendo, sconsiglio di avvicinarsi a questo film aspettandosi una trasposizione fedele dell’opera di Nihei. Non lo è, e tutto sommato non era neanche necessario che lo fosse.
Il film di BLAME! ha molti dei pregi del manga originale, e addirittura li esalta e migliora sotto alcuni aspetti, non solo spettacolarizzandoli. Certo, nel contempo ne sacrifica qualcosa allo scopo di confezionare un prodotto che non risulti criptico, complesso o troppo articolato. Ne scaturisce quindi qualcosa di più semplice, immediato e potenzialmente fruibile da un pubblico mainstream.
Se questo sia un difetto, lo lascio giudicare allo spettatore. Anche perché il manga di BLAME! è già di suo un'opera che la si ama o la si odia, vista la sua estrema particolarità e assenza di compromessi. Questo film invece adotta un approccio del tutto differente.
Personalmente ritengo però che il risultato di questa operazione sia lodabile e, anzi, rilancio sperando che spiani la strada ad un paio di sequel. Infatti di materiale ce ne sarebbe per una trilogia almeno.