Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Steins;Gate 0
6.5/10
Prima di iniziare la recensione, mi sono necessarie tre premesse. Prima, e più importante: questa recensione contiene spoiler per “Steins;Gate”. Non è assolutamente possibile guardare “Zero” senza aver visto la serie che l’ha preceduta, motivo per cui non mi asterrò dal parlare nel dettaglio anche di essa.
Seconda: saranno presenti diversi paragoni con “Steins;Gate”. Visto il voto che ho dato a “Zero”, potreste pensare che non è un giusto modo di procedere: non posso nascondere la mia delusione durante la visione di “Zero” sapendo da cosa è preceduta, ma ho tutta l’intenzione di spiegare e argomentare perché, anche senza l’ombra della prima serie, “Zero” rimane comunque un prodotto poco più che sufficiente.
Terza, e ultima: in questa recensione io tratterò solamente di ciò che viene mostrato nell’anime, in quanto è una recensione sull’anime. Non ho giocato le visual novel e non ho avuto esperienza con altri media in cui la serie è stata adattata: il fatto che nella visual novel (o altrove) alcune cose siano diverse, o spiegate meglio, o realizzate meglio, non allevia né giustifica i difetti che questo anime possiede.
Dunque, procediamo.
“Zero” è un seguito diretto dell’episodio speciale uscito nel 2015 “Open the Missing Link - Divide by Zero”, e segnalato normalmente come “Episodio 23β”. Se la prima serie si chiude con la decisione di Okabe di tentare di salvare Kurisu una seconda volta, ingannando sé stesso e il mondo, e potendo così raggiungere la linea di universo Steins;Gate, questo episodio alternativo ci mostra un Okabe che non prende quella decisione. Ciò accade poiché egli non viene ulteriormente incalzato da Mayuri, che al contrario lo supporta, nel tentativo di proteggerlo da una ulteriore sofferenza, e rimane quindi nella linea di universo beta dove Kurisu muore e Mayuri vive. In questa linea di universo Okabe, colmo di sensi di colpa e addolorato per il sacrificio di Kurisu, decide di gettare il “microonde telefonico”, di chiudere con gli esperimenti temporali, di abbandonare il laboratorio e di tornare a una normale vita universitaria. La sua vita, però, tutto sarà fuorché normale, o tranquilla.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’esistenza di “Zero” non è assolutamente inutile, o forzata, è anzi utilissima per integrare, spiegare e approfondire il perché in “Steins;Gate” Okabe decida di tentare nuovamente il salvataggio di Kurisu, nonostante il peso delle esperienze che ha subito. La serie infatti potrebbe essere vista proprio come un’indagine, una spiegazione di cosa intenda l’Okabe del futuro quando in “Steins;Gate” afferma che «era necessario che l’Okabe di quindici anni fa fallisse la prima volta, perché quel dolore è quel che ha accresciuto la mia determinazione». Attraverso “Zero” diventa palese come la linea di universo Steins;Gate non venga raggiunta per puro caso, o con leggerezza, ma al contrario si può comprendere quante variabili, quanti sforzi, quante morti, quante esperienze e quanti tentativi siano stati necessari per poter arrivare a quel risultato.
Con queste premesse, è doppiamente un peccato non solo che il prodotto finale non sia assolutamente all’altezza del suo predecessore, ma più in generale che ne sia uscito un anime non validissimo. La serie è decisamente troppo lunga per quel che si propone di fare, vi sono troppe aggiunte che spesso non quadrano con quanto raccontato in “Steins;Gate”, troppi personaggi buttati nel brodo tanto per fare numero, troppi cliché, e qualche serio problema di sceneggiatura. Ma procediamo con ordine.
Il pregio più grande di questa serie, e purtroppo anche uno dei pochi, è Okabe della linea di universo beta, che per semplicità chiamerò da qui in poi “Okabeβ”. Rispetto ad Okabeα, ci troviamo di fronte a un personaggio completamente diverso, direi quasi “ribaltato” (in fondo il ribaltamento, nel bene ma soprattutto nel male, è una costante di “Zero” rispetto alla prima serie). Okabeβ si presenta vestito completamente di nero - praticamente a lutto, cosa che ho trovato incredibilmente ben studiata -, non frequenta più il laboratorio ma i circoli universitari, e non inveisce più contro l’”Organizzazione” o qualche altro tipo di complotto mondiale. È così diverso da poter essere “Out Of Character”, eppure risulta terribilmente coerente con Okabeα, specie nella sua incapacità di nascondere il profondo dolore che prova dentro di sé: non saranno rare le volte in cui lo vedremo avere degli scatti d’ira, delle reazioni emotive forti a dettagli che gli altri personaggi considerano insignificanti. Quello che cambia in Okabeβ rispetto ad Okabeα è che, laddove il secondo tenta disperatamente, ancora e ancora, di ottenere un risultato sfidando tutto, il primo reprime costantemente il desiderio, la possibilità, perfino il pensiero di poter cambiare il passato, e si forza ad accettare una realtà che nel profondo del suo cuore disprezza. Sia perché Kurisu, la persona per lui più importante, è morta per mano sua, sia perché l’alternativa sarebbe sacrificare Mayuri: tutto questo, ovviamente, non fa che peggiorare il suo stato d’animo. La serie riesce in maniera eccelsa a mostrare in parallelo una persona che a uno sguardo esterno e superficiale si sta riprendendo da un lutto, sta migliorando le sue prospettive di vita studiando e formando nuove conoscenze, ma che attraverso gli occhi di chi invece lo conosce bene appare al contrario sempre, profondamente, sofferente. Trovo che questo sia un messaggio molto forte, umano e soprattutto molto attuale.
Okabeβ è, sinceramente, uno dei pochi (e sicuramente il più grande dei) motivi che mi ha spinto a continuare la visione di questo anime, nonostante tutto il resto. Lo conosciamo all’inizio, quando tutto sembra andare bene, e lentamente capiamo quanto in realtà sia grande il suo dolore, quanto, nonostante tutto, continui a influenzarlo nella sua vita e nelle sue scelte, e perché, alla fine, ricollegandosi a “Steins;Gate”, anche questa terribile esperienza gli tornerà utile. Okabeβ, che all’inizio ci sembra aver abbandonato tutto, ci mostrerà alla fine, proprio come Okabeα, quanto invece sia sterminata e forte la sua determinazione.
E, restando in tema di determinazione, voglio aprire una breve parentesi per parlare di Mayuri. In “Steins;Gate” la vediamo molto presente, ma perlopiù in un ruolo di supporto, oserei dire protagonista “passiva” delle vicende. In “Zero”, riprendendo il discorso del “ribaltamento”, la vediamo più consapevole di sé, delle sue intenzioni, e soprattutto del suo poter intervenire per cambiare le cose. Laddove Okabeβ le dice che non deve preoccuparsi di nulla, che deve solamente vivere la sua vita, Mayuri tira fuori la forza necessaria a controbattere, e a prendere l’iniziativa.
Anche Daru, tutto sommato, riceve un buon ulteriore sviluppo come personaggio, riuscendo a elevarsi ancor di più rispetto alla prima serie.
Tutto questo mi sembra doveroso sottolinearlo, poiché questa non è una serie senza pregi e, difatti, ha comunque raggiunto la sufficienza. Il problema risiede nel fatto che, complessivamente, i difetti hanno un peso molto importante e rendono “Zero” un’occasione sprecata di avere un prodotto di qualità.
Come già accennato in precedenza, ho trovato la serie eccessivamente lunga e, per questo, in alcuni punti noiosa. Vi sono numerosi episodi quasi esclusivamente filler, che però falliscono nel farci affezionare di più ai nuovi personaggi introdotti in questa sede, dal momento che come costruzione risultano forzati e si ricorre spesso a cliché (sia comici che di sviluppo) che invece “Steins;Gate” aveva evitato, o al massimo aveva interpretato in un’altra maniera, aggiungendoci del suo. Non mancheranno ahimè l’episodio di Capodanno, l’episodio dell’appuntamento, le situazioni fraintendibili, i triangoli amorosi, gli equivoci e molto altro. Questo porta lo spettatore a disinteressarsi dei personaggi nuovi (e a desiderare come l’aria che ritornino quelli vecchi), e ciò causa a catena il poco impatto delle scene drammatiche. Come può una persona commuoversi o comunque essere toccata da determinati avvenimenti se tanto non c’è una vicinanza, un interesse per chi ne viene coinvolto? Purtroppo, nella maggior parte dei casi, le scene che nelle intenzioni dovevano essere le più cariche a livello emotivo risultano al contrario quasi ridicole, esasperate, messe lì giusto per creare del dramma fine a sé stesso.
Un altro problema veramente grave, è che, contrariamente a quanto avveniva nella prima serie, “Zero” non solo evita di mettere le carte in tavola per poi scoprirle al momento giusto, ma direttamente nasconde arbitrariamente dei dettagli allo spettatore senza dei motivi validi, così da avere materiale per creare colpi di scena sensazionali che sono, però, artificiosi. Oppure, peggio ancora, inganna lo spettatore portandolo a credere per tutta la serie A, quando poi in realtà è B. Trovo espedienti di questo genere estremamente riprovevoli, in quanto indice di una bassa capacità di scrittura e gestione della trama. I colpi di scena non dovrebbero mai essere giustificati a posteriori con informazioni tolte allo spettatore, dovrebbero invece essere dei risvolti inaspettati, sì, ma in ultima analisi riconducibili a quanto già raccontato senza un (eccessivo) bisogno di ulteriori spiegazioni.
A tutto ciò, già grave di per sé, c’è da aggiungere ben più di una situazione (solitamente ne sono affette le scene d’azione) in cui si hanno direttamente dei buchi di sceneggiatura. Non scenderò ulteriormente nei dettagli, ma si parla di situazioni in cui vi sono scontri armati anche di venti-trenta persone contro due, in cui queste due persone sopravvivono senza un graffio o con, al massimo, ferite leggere. Situazioni in cui in primo piano chi di dovere mena colpi a destra e a manca mentre dietro si vedono distintamente avversari con armi in mano che stanno, letteralmente, fermi. Scelte del genere (ma forse si può parlare direttamente di disattenzione) vanno oltre l’opinabile, in quanto assolutamente non verosimili e, ancora, indice di una povera capacità di gestione delle vicende.
Il quadro, insomma, è tutt’altro che positivo. Purtroppo, molti avvenimenti non si incastrano benissimo con l’ambientazione della prima serie (ad esempio: perché l’anno è lo stesso, la linea di universo la stessa, eppure Okabe possiede uno smartphone al posto che un cellulare pieghevole, e nel 2010 si parla già di IA?) e l’introduzione dei nuovi personaggi risulta in molti casi non necessaria. Non mi sento di bocciare in toto tutte le aggiunte, ad esempio sia Maho che Amadeus sono state sfruttate e approfondite abbastanza bene, per quanto la loro presenza non risulti assolutamente un antidoto alla mancanza di Kurisu, anzi, contribuisce ad accentuarla ancora di più, e questo ha reso almeno me immensamente più vicina a Okabeβ. Oserei dire che una cosa in cui “Zero” riesce in maniera eccellente è farti rimpiangere Kurisu, fartene sentire la mancanza, farti desiderare ardentemente che sia di nuovo lì.
Anche per quanto riguarda aspetti più tecnici, si nota una regia con meno forza e personalità rispetto a “Steins;Gate”, per non parlare poi del comparto grafico in generale, che sinceramente non è pessimo, ma non è molto differente dalla serie precedente. Con, però, il dettaglio che la prima è del 2011, mentre questa è un’opera del 2018. Non mi sento in grado di parlarne in maniera approfondita proprio perché non c’è quasi niente che mi abbia colpito, non è un cattivo lavoro ma è molto nella norma.
Sono quindi rimasta abbastanza delusa da questa serie, ho provato anche della rabbia, sapendo quale è il materiale di partenza e che potenzialità poteva avere questo “midquel”. Il fatto che ci siano alcuni aspetti effettivamente realizzati molto bene, e alcune “sorprese” che non mi sarei aspettata e che mi hanno fatto molto piacere, purtroppo non fa che accentuare la delusione complessiva una volta arrivata alla fine. Quasi tutte le cose che avevo lodato nella prima serie sono qui assenti o riproposte in versione peggiorata: ritorna anche qui, nel suo aspetto peggiore, il discorso del “ribaltamento”.
Il salto da un 9 ad un 6,5 è molto grande, me ne rendo conto, ma resto convinta che, anche senza il paragone con il primo “Steins;Gate”, difficilmente “Zero” avrebbe superato il 7 come prodotto.
Seconda: saranno presenti diversi paragoni con “Steins;Gate”. Visto il voto che ho dato a “Zero”, potreste pensare che non è un giusto modo di procedere: non posso nascondere la mia delusione durante la visione di “Zero” sapendo da cosa è preceduta, ma ho tutta l’intenzione di spiegare e argomentare perché, anche senza l’ombra della prima serie, “Zero” rimane comunque un prodotto poco più che sufficiente.
Terza, e ultima: in questa recensione io tratterò solamente di ciò che viene mostrato nell’anime, in quanto è una recensione sull’anime. Non ho giocato le visual novel e non ho avuto esperienza con altri media in cui la serie è stata adattata: il fatto che nella visual novel (o altrove) alcune cose siano diverse, o spiegate meglio, o realizzate meglio, non allevia né giustifica i difetti che questo anime possiede.
Dunque, procediamo.
“Zero” è un seguito diretto dell’episodio speciale uscito nel 2015 “Open the Missing Link - Divide by Zero”, e segnalato normalmente come “Episodio 23β”. Se la prima serie si chiude con la decisione di Okabe di tentare di salvare Kurisu una seconda volta, ingannando sé stesso e il mondo, e potendo così raggiungere la linea di universo Steins;Gate, questo episodio alternativo ci mostra un Okabe che non prende quella decisione. Ciò accade poiché egli non viene ulteriormente incalzato da Mayuri, che al contrario lo supporta, nel tentativo di proteggerlo da una ulteriore sofferenza, e rimane quindi nella linea di universo beta dove Kurisu muore e Mayuri vive. In questa linea di universo Okabe, colmo di sensi di colpa e addolorato per il sacrificio di Kurisu, decide di gettare il “microonde telefonico”, di chiudere con gli esperimenti temporali, di abbandonare il laboratorio e di tornare a una normale vita universitaria. La sua vita, però, tutto sarà fuorché normale, o tranquilla.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’esistenza di “Zero” non è assolutamente inutile, o forzata, è anzi utilissima per integrare, spiegare e approfondire il perché in “Steins;Gate” Okabe decida di tentare nuovamente il salvataggio di Kurisu, nonostante il peso delle esperienze che ha subito. La serie infatti potrebbe essere vista proprio come un’indagine, una spiegazione di cosa intenda l’Okabe del futuro quando in “Steins;Gate” afferma che «era necessario che l’Okabe di quindici anni fa fallisse la prima volta, perché quel dolore è quel che ha accresciuto la mia determinazione». Attraverso “Zero” diventa palese come la linea di universo Steins;Gate non venga raggiunta per puro caso, o con leggerezza, ma al contrario si può comprendere quante variabili, quanti sforzi, quante morti, quante esperienze e quanti tentativi siano stati necessari per poter arrivare a quel risultato.
Con queste premesse, è doppiamente un peccato non solo che il prodotto finale non sia assolutamente all’altezza del suo predecessore, ma più in generale che ne sia uscito un anime non validissimo. La serie è decisamente troppo lunga per quel che si propone di fare, vi sono troppe aggiunte che spesso non quadrano con quanto raccontato in “Steins;Gate”, troppi personaggi buttati nel brodo tanto per fare numero, troppi cliché, e qualche serio problema di sceneggiatura. Ma procediamo con ordine.
Il pregio più grande di questa serie, e purtroppo anche uno dei pochi, è Okabe della linea di universo beta, che per semplicità chiamerò da qui in poi “Okabeβ”. Rispetto ad Okabeα, ci troviamo di fronte a un personaggio completamente diverso, direi quasi “ribaltato” (in fondo il ribaltamento, nel bene ma soprattutto nel male, è una costante di “Zero” rispetto alla prima serie). Okabeβ si presenta vestito completamente di nero - praticamente a lutto, cosa che ho trovato incredibilmente ben studiata -, non frequenta più il laboratorio ma i circoli universitari, e non inveisce più contro l’”Organizzazione” o qualche altro tipo di complotto mondiale. È così diverso da poter essere “Out Of Character”, eppure risulta terribilmente coerente con Okabeα, specie nella sua incapacità di nascondere il profondo dolore che prova dentro di sé: non saranno rare le volte in cui lo vedremo avere degli scatti d’ira, delle reazioni emotive forti a dettagli che gli altri personaggi considerano insignificanti. Quello che cambia in Okabeβ rispetto ad Okabeα è che, laddove il secondo tenta disperatamente, ancora e ancora, di ottenere un risultato sfidando tutto, il primo reprime costantemente il desiderio, la possibilità, perfino il pensiero di poter cambiare il passato, e si forza ad accettare una realtà che nel profondo del suo cuore disprezza. Sia perché Kurisu, la persona per lui più importante, è morta per mano sua, sia perché l’alternativa sarebbe sacrificare Mayuri: tutto questo, ovviamente, non fa che peggiorare il suo stato d’animo. La serie riesce in maniera eccelsa a mostrare in parallelo una persona che a uno sguardo esterno e superficiale si sta riprendendo da un lutto, sta migliorando le sue prospettive di vita studiando e formando nuove conoscenze, ma che attraverso gli occhi di chi invece lo conosce bene appare al contrario sempre, profondamente, sofferente. Trovo che questo sia un messaggio molto forte, umano e soprattutto molto attuale.
Okabeβ è, sinceramente, uno dei pochi (e sicuramente il più grande dei) motivi che mi ha spinto a continuare la visione di questo anime, nonostante tutto il resto. Lo conosciamo all’inizio, quando tutto sembra andare bene, e lentamente capiamo quanto in realtà sia grande il suo dolore, quanto, nonostante tutto, continui a influenzarlo nella sua vita e nelle sue scelte, e perché, alla fine, ricollegandosi a “Steins;Gate”, anche questa terribile esperienza gli tornerà utile. Okabeβ, che all’inizio ci sembra aver abbandonato tutto, ci mostrerà alla fine, proprio come Okabeα, quanto invece sia sterminata e forte la sua determinazione.
E, restando in tema di determinazione, voglio aprire una breve parentesi per parlare di Mayuri. In “Steins;Gate” la vediamo molto presente, ma perlopiù in un ruolo di supporto, oserei dire protagonista “passiva” delle vicende. In “Zero”, riprendendo il discorso del “ribaltamento”, la vediamo più consapevole di sé, delle sue intenzioni, e soprattutto del suo poter intervenire per cambiare le cose. Laddove Okabeβ le dice che non deve preoccuparsi di nulla, che deve solamente vivere la sua vita, Mayuri tira fuori la forza necessaria a controbattere, e a prendere l’iniziativa.
Anche Daru, tutto sommato, riceve un buon ulteriore sviluppo come personaggio, riuscendo a elevarsi ancor di più rispetto alla prima serie.
Tutto questo mi sembra doveroso sottolinearlo, poiché questa non è una serie senza pregi e, difatti, ha comunque raggiunto la sufficienza. Il problema risiede nel fatto che, complessivamente, i difetti hanno un peso molto importante e rendono “Zero” un’occasione sprecata di avere un prodotto di qualità.
Come già accennato in precedenza, ho trovato la serie eccessivamente lunga e, per questo, in alcuni punti noiosa. Vi sono numerosi episodi quasi esclusivamente filler, che però falliscono nel farci affezionare di più ai nuovi personaggi introdotti in questa sede, dal momento che come costruzione risultano forzati e si ricorre spesso a cliché (sia comici che di sviluppo) che invece “Steins;Gate” aveva evitato, o al massimo aveva interpretato in un’altra maniera, aggiungendoci del suo. Non mancheranno ahimè l’episodio di Capodanno, l’episodio dell’appuntamento, le situazioni fraintendibili, i triangoli amorosi, gli equivoci e molto altro. Questo porta lo spettatore a disinteressarsi dei personaggi nuovi (e a desiderare come l’aria che ritornino quelli vecchi), e ciò causa a catena il poco impatto delle scene drammatiche. Come può una persona commuoversi o comunque essere toccata da determinati avvenimenti se tanto non c’è una vicinanza, un interesse per chi ne viene coinvolto? Purtroppo, nella maggior parte dei casi, le scene che nelle intenzioni dovevano essere le più cariche a livello emotivo risultano al contrario quasi ridicole, esasperate, messe lì giusto per creare del dramma fine a sé stesso.
Un altro problema veramente grave, è che, contrariamente a quanto avveniva nella prima serie, “Zero” non solo evita di mettere le carte in tavola per poi scoprirle al momento giusto, ma direttamente nasconde arbitrariamente dei dettagli allo spettatore senza dei motivi validi, così da avere materiale per creare colpi di scena sensazionali che sono, però, artificiosi. Oppure, peggio ancora, inganna lo spettatore portandolo a credere per tutta la serie A, quando poi in realtà è B. Trovo espedienti di questo genere estremamente riprovevoli, in quanto indice di una bassa capacità di scrittura e gestione della trama. I colpi di scena non dovrebbero mai essere giustificati a posteriori con informazioni tolte allo spettatore, dovrebbero invece essere dei risvolti inaspettati, sì, ma in ultima analisi riconducibili a quanto già raccontato senza un (eccessivo) bisogno di ulteriori spiegazioni.
A tutto ciò, già grave di per sé, c’è da aggiungere ben più di una situazione (solitamente ne sono affette le scene d’azione) in cui si hanno direttamente dei buchi di sceneggiatura. Non scenderò ulteriormente nei dettagli, ma si parla di situazioni in cui vi sono scontri armati anche di venti-trenta persone contro due, in cui queste due persone sopravvivono senza un graffio o con, al massimo, ferite leggere. Situazioni in cui in primo piano chi di dovere mena colpi a destra e a manca mentre dietro si vedono distintamente avversari con armi in mano che stanno, letteralmente, fermi. Scelte del genere (ma forse si può parlare direttamente di disattenzione) vanno oltre l’opinabile, in quanto assolutamente non verosimili e, ancora, indice di una povera capacità di gestione delle vicende.
Il quadro, insomma, è tutt’altro che positivo. Purtroppo, molti avvenimenti non si incastrano benissimo con l’ambientazione della prima serie (ad esempio: perché l’anno è lo stesso, la linea di universo la stessa, eppure Okabe possiede uno smartphone al posto che un cellulare pieghevole, e nel 2010 si parla già di IA?) e l’introduzione dei nuovi personaggi risulta in molti casi non necessaria. Non mi sento di bocciare in toto tutte le aggiunte, ad esempio sia Maho che Amadeus sono state sfruttate e approfondite abbastanza bene, per quanto la loro presenza non risulti assolutamente un antidoto alla mancanza di Kurisu, anzi, contribuisce ad accentuarla ancora di più, e questo ha reso almeno me immensamente più vicina a Okabeβ. Oserei dire che una cosa in cui “Zero” riesce in maniera eccellente è farti rimpiangere Kurisu, fartene sentire la mancanza, farti desiderare ardentemente che sia di nuovo lì.
Anche per quanto riguarda aspetti più tecnici, si nota una regia con meno forza e personalità rispetto a “Steins;Gate”, per non parlare poi del comparto grafico in generale, che sinceramente non è pessimo, ma non è molto differente dalla serie precedente. Con, però, il dettaglio che la prima è del 2011, mentre questa è un’opera del 2018. Non mi sento in grado di parlarne in maniera approfondita proprio perché non c’è quasi niente che mi abbia colpito, non è un cattivo lavoro ma è molto nella norma.
Sono quindi rimasta abbastanza delusa da questa serie, ho provato anche della rabbia, sapendo quale è il materiale di partenza e che potenzialità poteva avere questo “midquel”. Il fatto che ci siano alcuni aspetti effettivamente realizzati molto bene, e alcune “sorprese” che non mi sarei aspettata e che mi hanno fatto molto piacere, purtroppo non fa che accentuare la delusione complessiva una volta arrivata alla fine. Quasi tutte le cose che avevo lodato nella prima serie sono qui assenti o riproposte in versione peggiorata: ritorna anche qui, nel suo aspetto peggiore, il discorso del “ribaltamento”.
Il salto da un 9 ad un 6,5 è molto grande, me ne rendo conto, ma resto convinta che, anche senza il paragone con il primo “Steins;Gate”, difficilmente “Zero” avrebbe superato il 7 come prodotto.
Mind Game
9.5/10
La vita è il risultato di determinate scelte. E’ con questa premessa che Masaaki Yuasa dirige il suo primo lungometraggio, “Mind game”, tratto dall’omonimo manga di Robin Nishi.
Prima di analizzare la trama e i personaggi e, soprattutto, gli stili utilizzati, su cui ci sarebbe parecchio da dire, mi piacerebbe fare una premessa sull’originalità di quest’opera. Fin dai primissimi minuti, infatti, ci rendiamo conto che è un prodotto anticonvenzionale, diverso dalle opere che siamo abituati a vedere. Yuasa ha voluto puntare sul superamento di stereotipi e schemi a cui l’animazione è sempre stata abituata, creando un prodotto unico, a suo rischio e pericolo. E, in effetti, bisogna ammettere che - nonostante i premi vinti - il fatto che questo titolo venga così poco spesso nominato fa intuire che la sua originalità non è stata digerita da tutti. Non è un prodotto per chiunque, specie per chi di Yuasa non ha visto niente. Tanto è vero che, almeno da quanto mi risulta, al momento dell’uscita questo titolo passò quasi inosservato, benché venne poi idolatrato nell’immediato futuro. E’, tuttavia, uno dei migliori film d’animazione che mi sia trovata davanti.
Andando con ordine, partiamo dalla trama: il film si apre con una serie di immagini nonsense, che mostrano squarci di vita quotidiana apparentemente felici, accompagnati da una musica grottesca, che è in totale disaccordo con l’armonia delle immagini. Dopo questi primi minuti conosciamo il nostro protagonista, Robin Nishi, un ragazzo timido e impacciato innamorato, fin da ragazzino, della bella Myon. Nonostante Nishi non riesca ad esternare come vorrebbe i propri sentimenti, la ragazza sa perfettamente di essere l’oggetto del suo desiderio e, benché sia fidanzata con un altro uomo, accetta di aspettare Nishi, consapevole che potrebbe renderla felice. La trama entra nel vivo quando i due innamorati, andati al locale gestito dalla famiglia di lei, si scontrano con due uomini della Yakuza che, dopo un breve dialogo, uccidono Nishi, piangente a terra, e incapace di reagire. Da morto, Nishi conosce Dio, un essere dalla forma in continua mutazione, che gli indica la strada per l’oblio. Strada che Nishi rifiuta, e alla quale preferisce quella opposta. Armato di una nuova forza di volontà, il ragazzo riesce a tornare in vita, a pochi istanti prima che lo Yakuza lo colpisca. Ora la vita gli appartiene. Ora può fare le scelte che cambieranno sé stesso, e gli altri personaggi, per sempre... può creare la vita che vuole, in base a scelte totalmente differenti da quelle compiute fino a quel momento.
Dove abbiamo già visto tutto questo? E’ la stessa idea che Yuasa riprenderà per il suo capolavoro futuro, “The Tatami Galaxy”. La possibilità di riscrivere la propria vita, di compiere scelte diverse, di dar voce al proprio desiderio e di riscrivere il proprio destino... tematiche che questo regista ha dimostrato di apprezzare particolarmente. E’ una cosa che ho gradito molto, insieme ad altri piccoli particolari che ritroveremo in altri suoi lavori (come i vestiti di un personaggio, che saranno identici a quelli di Neiro di “Kaiba”).
Ma passiamo alla cosa più importante: lo stile. Come abbiamo già detto, Yuasa ha voluto proporre qualcosa che rompesse letteralmente schemi e stereotipi. Il film è psichedelico, particolare, unisce tanti stili diversi, tra cui surrealismo (facilmente riconoscibile), live action (utilizzando, peraltro, proprio gli interpreti dei vari personaggi), pop art… Come dice lo stesso regista:
“Anziché rappresentare la storia in modo convenzionale, ho scelto un'estetica selvaggia e disomogenea. Non penso che i fan dell'animazione giapponese vogliano necessariamente qualcosa di raffinato. Puoi sperimentare con vari stili e penso che li apprezzeranno comunque”.
Ed è proprio così, tutta l’opera è sperimentale, il risultato è un insieme di scene oniriche, spettacolari, che resteranno impresse. Come anche la conclusione che riprende le precise sequenze iniziali, ma che questa volta avranno senso, e saranno accompagnate da una musica più allegra, come a voler dimostrare che, come Nishi (che rappresenta tutti noi), chiunque può raggiungere ciò che desidera, in base alle scelte che compie.
In conclusione, un lungometraggio incredibilmente maturo, innovativo e coinvolgente: uno dei migliori di stampo sperimentale!
Prima di analizzare la trama e i personaggi e, soprattutto, gli stili utilizzati, su cui ci sarebbe parecchio da dire, mi piacerebbe fare una premessa sull’originalità di quest’opera. Fin dai primissimi minuti, infatti, ci rendiamo conto che è un prodotto anticonvenzionale, diverso dalle opere che siamo abituati a vedere. Yuasa ha voluto puntare sul superamento di stereotipi e schemi a cui l’animazione è sempre stata abituata, creando un prodotto unico, a suo rischio e pericolo. E, in effetti, bisogna ammettere che - nonostante i premi vinti - il fatto che questo titolo venga così poco spesso nominato fa intuire che la sua originalità non è stata digerita da tutti. Non è un prodotto per chiunque, specie per chi di Yuasa non ha visto niente. Tanto è vero che, almeno da quanto mi risulta, al momento dell’uscita questo titolo passò quasi inosservato, benché venne poi idolatrato nell’immediato futuro. E’, tuttavia, uno dei migliori film d’animazione che mi sia trovata davanti.
Andando con ordine, partiamo dalla trama: il film si apre con una serie di immagini nonsense, che mostrano squarci di vita quotidiana apparentemente felici, accompagnati da una musica grottesca, che è in totale disaccordo con l’armonia delle immagini. Dopo questi primi minuti conosciamo il nostro protagonista, Robin Nishi, un ragazzo timido e impacciato innamorato, fin da ragazzino, della bella Myon. Nonostante Nishi non riesca ad esternare come vorrebbe i propri sentimenti, la ragazza sa perfettamente di essere l’oggetto del suo desiderio e, benché sia fidanzata con un altro uomo, accetta di aspettare Nishi, consapevole che potrebbe renderla felice. La trama entra nel vivo quando i due innamorati, andati al locale gestito dalla famiglia di lei, si scontrano con due uomini della Yakuza che, dopo un breve dialogo, uccidono Nishi, piangente a terra, e incapace di reagire. Da morto, Nishi conosce Dio, un essere dalla forma in continua mutazione, che gli indica la strada per l’oblio. Strada che Nishi rifiuta, e alla quale preferisce quella opposta. Armato di una nuova forza di volontà, il ragazzo riesce a tornare in vita, a pochi istanti prima che lo Yakuza lo colpisca. Ora la vita gli appartiene. Ora può fare le scelte che cambieranno sé stesso, e gli altri personaggi, per sempre... può creare la vita che vuole, in base a scelte totalmente differenti da quelle compiute fino a quel momento.
Dove abbiamo già visto tutto questo? E’ la stessa idea che Yuasa riprenderà per il suo capolavoro futuro, “The Tatami Galaxy”. La possibilità di riscrivere la propria vita, di compiere scelte diverse, di dar voce al proprio desiderio e di riscrivere il proprio destino... tematiche che questo regista ha dimostrato di apprezzare particolarmente. E’ una cosa che ho gradito molto, insieme ad altri piccoli particolari che ritroveremo in altri suoi lavori (come i vestiti di un personaggio, che saranno identici a quelli di Neiro di “Kaiba”).
Ma passiamo alla cosa più importante: lo stile. Come abbiamo già detto, Yuasa ha voluto proporre qualcosa che rompesse letteralmente schemi e stereotipi. Il film è psichedelico, particolare, unisce tanti stili diversi, tra cui surrealismo (facilmente riconoscibile), live action (utilizzando, peraltro, proprio gli interpreti dei vari personaggi), pop art… Come dice lo stesso regista:
“Anziché rappresentare la storia in modo convenzionale, ho scelto un'estetica selvaggia e disomogenea. Non penso che i fan dell'animazione giapponese vogliano necessariamente qualcosa di raffinato. Puoi sperimentare con vari stili e penso che li apprezzeranno comunque”.
Ed è proprio così, tutta l’opera è sperimentale, il risultato è un insieme di scene oniriche, spettacolari, che resteranno impresse. Come anche la conclusione che riprende le precise sequenze iniziali, ma che questa volta avranno senso, e saranno accompagnate da una musica più allegra, come a voler dimostrare che, come Nishi (che rappresenta tutti noi), chiunque può raggiungere ciò che desidera, in base alle scelte che compie.
In conclusione, un lungometraggio incredibilmente maturo, innovativo e coinvolgente: uno dei migliori di stampo sperimentale!
ReLIFE
9.0/10
Pur non essendo un amante degli anglicismi, debbo ricorrere proprio all'inglese per descrivere al meglio la natura di "ReLIFE": l'unico aggettivo che ho saputo trovare capace di abbinarsi perfettamente a questo manga è "heartwarming". Nel senso stretto del termine, nella traduzione papale-papale della locuzione, questo aggettivo raffigura perfettamente la capacità di "ReLIFE" di scaldare il cuore, di intenerire, di commuovere. Una particolarità che però riesce a non essere mai esagerata, eccessiva e smielata come invece spesso capita a molti suoi simili.
E' proprio attraverso un confronto con altre commedie scolastico-sentimentali che si riesce ad apprezzare la portata di "ReLIFE". Parliamoci chiaro: il manga di Sou Yayoi non è una perla esclusiva di inaudita originalità; molto, dai personaggi ai loro problemi da adolescenti a numerose delle sotto-trame di cui è composto il prodotto, è tipico di questo genere letterario. Eppure, il complesso riesce ad affascinare, a convincere e ad emozionare come pochi altri hanno saputo fare; merito, questo, del convincente incipit scelto per costruire "ReLIFE".
La tematica del fenomeno crescente dei NEETs, unita alla consapevolezza del protagonista della sorte futura che gli capiterà in quanto cavia del progetto, fungono da fattore moltiplicativo nel dare un peso nuovo e differente a ciascun episodio ed all'opera nel contesto. Ogni episodio, ogni emozione, ogni situazione, verrà quindi soppesata dal lettore in maniera differente dalla norma: non più il banale sfoggio di emotività trita comune e fine a se' stessa a cui siamo abituati, bensì una più profonda ricerca introspettiva, un funzionale meccanismo per dare profondità al protagonista e per dare concretezza alla frustrazione tipica della sua natura duale di adolescente-adulto, costretto fisiologicamente e burocraticamente a crescere, abbandonare i propri compagni e tornare ad essere un uomo cresciuto dimenticando e venendo dimenticato.
Questa profondità mi ha convinto parecchio perchè è stata ben dosata. Nel complesso "ReLIFE" non è stucchevole in nessuna situazione ed in nessun suo capitolo: nulla risulta essere smielato, troppo presente e troppo pressante, nessuna situazione e nessuna emozione viene trattata con il grossolano risultato di diventare pesante, stuccoso e tedioso. Come dicevo poc'anzi, pur non essendo un'opera davvero innovativa "ReLIFE" non stanca, non affatica, non risulta trito. Ogni suo aspetto è curato e ben dosato, non esagerato e costruito con precisione.
Nel complesso gli assegno un 9: tra le opere di questo genere è quella che mi ha convinto maggiormente poichè ha molto più spessore delle altre, risultando più curata e gradevole. Apprezzabile la ricerca della solidità complessiva, lodevole l'intento di dare serietà e concretezza ad un prodotto i cui generi notoriamente tendono a farlo diventare leggero e facilone
E' proprio attraverso un confronto con altre commedie scolastico-sentimentali che si riesce ad apprezzare la portata di "ReLIFE". Parliamoci chiaro: il manga di Sou Yayoi non è una perla esclusiva di inaudita originalità; molto, dai personaggi ai loro problemi da adolescenti a numerose delle sotto-trame di cui è composto il prodotto, è tipico di questo genere letterario. Eppure, il complesso riesce ad affascinare, a convincere e ad emozionare come pochi altri hanno saputo fare; merito, questo, del convincente incipit scelto per costruire "ReLIFE".
La tematica del fenomeno crescente dei NEETs, unita alla consapevolezza del protagonista della sorte futura che gli capiterà in quanto cavia del progetto, fungono da fattore moltiplicativo nel dare un peso nuovo e differente a ciascun episodio ed all'opera nel contesto. Ogni episodio, ogni emozione, ogni situazione, verrà quindi soppesata dal lettore in maniera differente dalla norma: non più il banale sfoggio di emotività trita comune e fine a se' stessa a cui siamo abituati, bensì una più profonda ricerca introspettiva, un funzionale meccanismo per dare profondità al protagonista e per dare concretezza alla frustrazione tipica della sua natura duale di adolescente-adulto, costretto fisiologicamente e burocraticamente a crescere, abbandonare i propri compagni e tornare ad essere un uomo cresciuto dimenticando e venendo dimenticato.
Questa profondità mi ha convinto parecchio perchè è stata ben dosata. Nel complesso "ReLIFE" non è stucchevole in nessuna situazione ed in nessun suo capitolo: nulla risulta essere smielato, troppo presente e troppo pressante, nessuna situazione e nessuna emozione viene trattata con il grossolano risultato di diventare pesante, stuccoso e tedioso. Come dicevo poc'anzi, pur non essendo un'opera davvero innovativa "ReLIFE" non stanca, non affatica, non risulta trito. Ogni suo aspetto è curato e ben dosato, non esagerato e costruito con precisione.
Nel complesso gli assegno un 9: tra le opere di questo genere è quella che mi ha convinto maggiormente poichè ha molto più spessore delle altre, risultando più curata e gradevole. Apprezzabile la ricerca della solidità complessiva, lodevole l'intento di dare serietà e concretezza ad un prodotto i cui generi notoriamente tendono a farlo diventare leggero e facilone
Personalmente non lo trovo semplicemente “meno d’impatto” (altrimenti gli avrei dato un voto tra il 7 e l’8). Zero ha dei problemi di scrittura e gestione della trama, sia a livello contenutistico che espositivo, che sono invece tutto ciò che non c’era in SG e che rendeva la prima serie un prodotto eccelso. Riesce a non accartocciarsi su se stessa con le timeline perché parte da un ottimo sistema studiato e messo a punto in S;G, ma per il resto a parte il personaggio di Okabe c’è sinceramente poco che mi abbia colpita.
Cliché e situazioni banali, spiegoni, colpi di scena mal gestiti, esposizione della trama discutibile... tutte cose che ho scritto nella recensione comunque. Va ben al di là del fatto che mi sia piaciuto o meno (o sarei stata magari più larga con il voto), si tratta proprio di errori :/
ovviamente la serie "base" è irraggiungibile
Ho guardato moltissime volte sia SG sia SG Zero semplicemente perché non riuscivo a fermarmi XD SG0 ha aggiunto tantissimi strati di lettura che inizialmente non c'erano in SG.
Più in particolare:
- La narrazione di SG 0 è più equilibrata rispetto a SG. Fino agli ultimissimi episodi Okabe è in balia degli eventi che lui stesso ha scatenato e che non sembra poter far nulla per controllare, il che porta lo spettatore sempre sull'orlo del crollo di nervi (emblematico il finalino del primo cour dove viene scoperto il luogo dov'era tenuta Kagari... sembra che debba succedere qualcosa una volta scoperto... ma poi viene semplicemente ritrovato demolito).
- È molto appagante il ritorno di Kyoma dopo il viaggio nel futuro e il ritorno al passato. Ma non solo... è straordinario il finale after credits che nella VN neanche c'era.
- Rispetto alla VN riesce ad essere molto più coerente e a mischiare in maniera perfetta tantissime linee narrative. Dopo aver giocato la VN ho apprezzato ancora di più quel che riesce a fare SG 0 (ovviamente per tutto ciò che nell'anime non è stato esplorato, tipo la somiglianza di Kagari con Kurisu, c'è una parte nella VN).
- Amplia il punto di vista sulla storia originale. Non è stato un caso se tutto quel che è successo in Steins Gate si è svolto in un certo modo e non è stato inutile... I vari fallimenti hanno fatto conoscere Kurisu e Okabe (che altrimenti non si sarebbero conosciuti), hanno dato modo ad Okabe di conoscere fatti che altrimenti non avrebbe saputo... Ha insomma tolto quel senso di deus ex machina che aleggiava sulla prima serie rendendola di fatto ancora più bella.
- Ha ampliato il punto di vista sui coprimari che nella prima serie venivano a malapena toccati. Suzuha e Daru in particolare che diventano quasi i protagonisti risultando anche molto interessanti. E Mayuri che nella prima serie sembrava un personaggio bidimensionale il cui unico scopo era spingere Okabe a continuare a tentare cambia radicalmente (sono arrivato ad apprezzare il personaggio al momento della confessione quando si rende conto che le sue scelte hanno fatto male ad Okabe e che Okabe non lo accetta). Ma anche la "notte delle cenerentole" (tanto criticata da alcuni) ci da un nuovo punto di vista di quella ragazza che nella prima serie non era altro che un'assassina con una storia "tragica".
- Maho, il professore e gli altri personaggi nuovi poi si integrano benissimo. Il professore è ovviamente l'artefice di tutto (è ovvio fin dall'inizio) ma è anche un bambinone divertente, un cattivo molto diverso dal sern della prima parte molto più distante e meno umano. Il cattivo di questa parte magari sarebbe rimasto un bambinone se non gli avessero dato il potere del lavaggio del cervello. Maho, che inizialmente sembra fanservice ambulante, si rivela essere un personaggio interessante che riesce a superare un complesso e a diventare un membro del cast principale in maniera assolutamente naturale.
- Amadeus, il personaggio nuovo e vecchio per eccellenza, l'unico in grado di far confrontare Okabe con se stesso... per me è una trovata assolutamente geniale
- Le OST... comprese le opening/ending... da orgasmo. Last Game è diventata una droga tante volte l'ho ascoltata.
- Concludo: le parti comiche presenti in SG 0 sono molto più divertenti di quelle in SG. Più in particolare ogni volta che guardo SG non riesco proprio ad apprezzare l'episodio dell'appuntamento tra Okabe e Ruka (forzatissimo e senza senso). Ruka in SG 0 è un personaggio molto più interessante che, nel futuro, riesce ad essere addirittura figo.
Posso solo dire che ogni volta che riguardo l'intera serie (perché non riesco a guardare solo steins;gate o solo zero) la apprezzo sempre di più e che Zero è un piccolo miracolo.
PS. Ho scritto tutto questo prima di leggere la recensione di Aki97. Voglio a questo punto aggiungere solo una cosa: le scene d'azione si spiegano rendendosi conto di due particolari:
1. Le tecniche di lavaggio del cervello del futuro incrementano anche le capacità fisiche del soggetto. La cosa viene detta sia nella serie animata, sia nella VN. Oltretutto si vede chiaramente che ad un certo punto i soldati pensano di averla uccisa ma lei continua a muoversi.
Mentre Suzuha è stata addestrata fin da bambina in un mondo dove è in atto la terza guerra mondiale... direi che la sua forza ha un suo perché.
2. I soldati restano fermi perché sono stupiti dall'attacco visto che si aspettano che dentro la tuta ci sia un'altra persona.
3. Se lo si vuole vedere come piccolo difetto resta comunque un difetto minore e trascurabile.
Su S.G.0 devo ahimè confermare il voto della bella recensione di Aki (forse un mezzo punticino in più ripensandoci...); capisco chi lo sostiene ma mi aspettavo qualcosa di più dopo una prima serie eccezionale. Forse non avendo seguito la VN mi sono perso qualcosa, ma mi ha comunque lasciato un po' (tanto) di amaro in bocca.
Serie lentissima e molto più debole della prima. piena di cose tagliabili e altre che poi non hanno un reale senso ( vedesi la scena in cui okabe vede il dottore passare sul corridoio poi sparire in un vicolo cieco, cosa che non verrà mai ripresa ne spiegata quando invece li per li sembrava un evento chiave per la spiegazione). oltre a questo ha anche scene d'azione discutibili in cui soldati addestrati sparano con m16 a bersagli fermi, senza copertura e alla distanza di 4 metri, mancandoli tutti e tre, oppure umani che corrono tra le raffiche ravvicinate senza farsi un graffio. Inoltre ci sono personaggi che sembrano centrali nell'enigma come quella che come okabe sembra avere lo steinert, viebe detto spiegato, facco vedere per una puntata intera ma poi rimane li, senza spiegazione, senza importanza e addirittura poi quel pg scompare e chissenefrega.
Insomma, non mi ha convinto affatto nonostante sg sia tra i miei anime preferiti.
Grazie mille
Se si eccettua il dramma di Okabe, reso in modo sopraffino, il resto della visione mi ha lasciato per lo più con l'amaro in bocca.
Più o meno per le problematiche citate da Aki...
ReLife super consigliato, davvero bello.
Ed è anche vero che alcune scene di combattimento risultino un po' esagerate (anche qui più nell'anime), però non esiste alcun buco di sceneggiatura come invece dice la recensione. Tutto torna anche se nell'anime qualche spiegazione è fin troppo fugace. Sul fatto che ci siano IA nel 2010... stiamo parlando di un prodotto di fantascienza, che dire allora dell'esistenza di una macchina del tempo? ^^;
Comunque per dubbi sulla sceneggiatura, vi rimando al mio thread qui:
https://www.animeclick.it/news/77325-steinsgate-0-tutto-quello-che-avreste-voluto-sapere-e-non-avete-osato-chiedere
Guardalo, fidati. Se poi lo fanno doppiato al massimo lo riguardi (tanto una seconda visione, e pure una terza, ci va per capirlo per bene).
stai facendo un errore, conosci la linea alpha ma non conosci la linea beta, se non lo guardi è come se avessi saltato degli episodi di Steins;gate, è un'opera unica che è stata pubblicata in due parti (tanto è vero che guardando tutto insieme si gusta ancora meglio, prima i primi 22 episodi di Steins;Gate, poi 23 beta, poi Steins;Gate 0, fino al penultimo episodio, poi Steins;Gate, infine l'ultimo episodio di Steins Gate 0).
Mi dispiace ma non mi trovo molto d'accordo. Secondo me l'ordine di visione ottimale è sempre quello cronologico, almeno ad una prima fruizione dell'opera. Soprattutto perché il finale di S;G è perfettamente godibile da solo senza bisogno dello Zero (poi, che Zero aggiunga MOLTA profondità al finale di S;G sono perfettamente d'accordo e infatti l'ho sottolineato nella recensione).
Sui personaggi, mi trovo d'accordo sull'approfondimento di Suzuha e Daru e Mayuri come comprimari (di nuovo, l'ho scritto anche in recensione), Maho è carina, Amadeus assolve perfettamente il ruolo di che deve svolgere di "contentino" al posto di Kurisu: è a sé stante, e quindi è interessante, allo stesso tempo non è Kurisu ma le somiglia, e quindi te la fanno rimpiangere ancora di più.
Su tutto il resto del cast sono profondamente in disaccordo. Kagari, il professore, la sua assitente, la futura-moglie-di-Daru di cui ho dimenticato il nome, vengono secondo me sfruttati molto male in quanto spesso collocati all'interno di scene cliché. Che si capisca che il professore è l'artefice di tutto sin da subito, sinceramente, mi sembra tutt'altro che un pregio.
Infine apprezzo la postilla sulle scene d'azione ma non vedo i punti che hai citato come sufficienti a giustificare quelle che sono a tutti gli effetti scene mal gestite. Non mi interessa se è fantascienza o se si tratta di persone addestrate dalla Terza Guerra mondiale, S;G è e rimane un'opera con un suo realismo e gli attori al suo interno sono tutti quanti esseri umani senza nessuna eccezione. Per quanto siano forti, non è credibile ci siano scontri di due contro cinquanta in cui nessuno rimane ferito gravemente in tempo zero e c'è il classico espediente dei tizi in primo piano che se menano e il resto dei personaggi fermi sullo sfondo. Non è così che funziona nella vita reale. Ti quoto un commento che ha spiegato ESATTAMENTE quel che volevo dire:
Ho letto il tuo articolo tempo fa e ti ringrazio molto per il lavorone perché è ancora oggi il mio punto di riferimento per quanto riguarda Steins;Gate.
Quando parlo di problemi nella sceneggiatura, non intendo necessariamente buchi di trama o mancanze di worldbuilding (che, come ho anzi sottolineato, sono assenti grazie all'ottimo lavoro fatto nella prima serie). Intendo proprio problemi di sceneggiatura, errori di scrittura come li vuoi mettere: scene d'azione mal gestite, situazioni cliché che la prima serie era riuscita ad evitare, informazioni forzatamente nascoste allo spettatore solo per fare il colpo di scena e, come hanno evidenziato anche altri, focus su personaggi o situazioni che ti lasciano credere verranno ripresi in futuro ma che poi vengono abbandonati lì. Son problemi che esistono, e vanno sottolineati, e che prescindono dall'ambientazione/trama in sé che invece rimane coerente fino alla fine.
Per quanto riguarda le AI, sinceramente mi ha turbato perché è un elemento che nella prima serie non viene citato nemmeno per sbaglio, quindi uno da per scontato non esistano, invece in Zero ti dicono sin da subito che esistono e sono anche molto avanzate! Non è che non possano esistere di per sé, è solo che essendo S;G e Zero esattamente "coetanei", il fatto che in Zero ci sia una cosa che in S;G non viene mai menzionata, mi suona un po' come elemento inserito dentro a forza solo per creare la novità.
Tl;dr della mia recensione:
Da qui, il mio 6.5
Mi rendo conto sia basso, ma è per me meritato. In ogni caso, più del 7 non riuscirei ad dare.
Non solo. Anche nella prima serie Suzuha si dimostra molto più forte del normale proprio perché, nella linea alpha, fa parte della resistenza... La Suzuha della linea beta è normale che sia ancora più forte essendosi allenata fin da bambina in un mondo in guerra totale (ricordiamo che la distopia del sern aveva invece portato il mondo in una pace forzata).
Lo ripeto, le scene d'azione non mi sono sembrate così terribili... Hanno solo voluto esagerare con le inquadrature e con il numero di uomini... Ma mi pare molto secondario rispetto alla qualità generale della serie.
Oltretutto il fatto che Okabe e gli altri non muoiano nonostante le raffiche di proiettili ha un significato che viene spiegato diverse volte... Se in quella linea di universo devi vivere fino ad un certo anno nulla ti potrà uccidere prima. Hanno voluto rimarcare la cosa in modo particolare per far presente che non è così semplice cambiare il futuro.
Non è realistico? Non lo è neanche la macchina del tempo con un microonde e un tubo catodico ma fa parte di una logica costruita già durante la prima stagione.
Per quanto riguarda il professore io non credo che tutto debba essere un colpo di scena a tutti i costi. Io credo sia stato un "nemico della porta accanto" molto umano e divertente. La dimostrazione che anche le scelte delle singole persone fanno la differenza, nel bene e nel male, non solo di grosse organizzazioni. È stato anche un modo per avvicinare le grosse organizzazioni ad okabe.
La professoressa ha poco spazio nell'anime questo semplicemente perché ha più spazio nella novel, spazio che però si sostituisce a quello del professore (per questa ragione non avrebbe avuto senso fare un anime con entrambi in primo piano) l'anime ha comunque i suoi vantaggi (il legame tra prima e seconda serie quando okabe torna nella linea alpha è a mio parere stupendo all confronto con quel che c'è nella visual novel, il finale after credits lo trovo perfetto, il modo in cui viene amalgamato il meglio delle varie route lo trovo stupendo).
Amane fidanzata di Daru ha una scena stupenda che rafforza il personaggio di Daru e Suzuha dando loro la determinazione per andare avanti sulla decisione di evitare la terza guerra mondiale a tutti i costi. È una scena che si svolge diversamente nella visual novel e, a mio parere, è molto meglio nell'anime... Tuttavia c'è un motivo per cui l'anime suggerisce che potrebbe essere lei ad averli attaccati e anche questo è contenuto nella visual novel.
Il fatto è questo, la prima visual novel era lineare... Ogni volta che Okabe doveva annullare una d mail c'era la possibilità di avere un finale alternativo se okabe non lo faceva. Quindi adattare una sola route aveva senso e non faceva perdere quasi nulla.
Zero al contrario è una vn in cui ci sono tante ramificazioni che partono ogni telefonata in cui si decide di rispondere ad Amadeus... Il che porta a tantissime ramificazioni una delle quali raggiungibile solo se si ha completato un altra route e mandato una specifica d mail (visibile anche nel finale di zero il che suggerisce che l'okabe fatto vedere a quel punto non sia lo stesso che ha fatto il viaggio nel futuro).
Oltretutto le route sono anche state scritte da autori diversi. Con l'anime hanno fatto una specie di miracolo rendendo il tutto migliore della somma delle parti.
Io lo apprezzavo moltissimo anche prima di giocare la vn... Ma ad oggi lo apprezzo ancora di più.
Non posso asserire di aver compreso tutto (poi con le simbologie io sono un disastro...) ma il messaggio è arrivato diretto e forte, la visione mi ha veramente rapito, in un continuo di sorpresa ed epifanie varie; merita, merita...
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.