Parlare di doppiaggio è sempre emozionalmente molto complesso. È un argomento a cui tengo immensamente, ma al contempo so che da solo non posso ancora parlarne con una cognizione di causa tale da affrontare argomenti più complessi di me. Tuttavia, parlando di volta in volta con professionisti, un passo alla volta si può scavare a fondo in questo mondo.
Il doppiaggio non è solo una passione, è una personale ragione di vita che voglio e devo divulgare a più persone possibili.
Oggi vi porto insieme a me a scoprire la carriera di una delle voci più iconiche del panorama cinematografico italiano.
Partendo dagli inizi nel mondo del teatro, passando per le sue esperienze con l’animazione orientale fino ad approdare, ovviamente, alla sua carriera nel cinema, oggi ho qui a raccontare la sua “Vita da Doppiatore” Angelo Maggi.
Oggi vi porto insieme a me a scoprire la carriera di una delle voci più iconiche del panorama cinematografico italiano.
Partendo dagli inizi nel mondo del teatro, passando per le sue esperienze con l’animazione orientale fino ad approdare, ovviamente, alla sua carriera nel cinema, oggi ho qui a raccontare la sua “Vita da Doppiatore” Angelo Maggi.
Ciao Angelo, buongiorno, grazie davvero per essere qui su Animeclick. Apriamo con la classica domanda rompighiaccio: parlaci del tuo percorso da attore. Cosa nello specifico hai fatto per lavorare su te stesso, sul modo di esprimere “la tua pancia” e quanto la pratica dell’attore ha influito sulla tua vita?
Ciao Cristiano. Figurati, grazie a voi per avermi invitato. Mi raccomando, batti tutto per bene sulla tua macchina da scrivere invisibile. Una domanda indubbiamente complessa, io ho iniziato il mio percorso da attore debuttando in teatro nel lontano 1980 con il mio Maestro, Vittorio Gassman, con cui ho portato in scena lo spettacolo “Fa male il Teatro”. Poi negli anni ho lavorato molto con Giorgio Albertazzi, Luigi Squarzina, Vittorio Caprioli e Mario Carotenuto, e in seguito ho deciso di fondare una mia compagnia per proseguire. In seguito ho debuttato sia nel cinema, con “Sapore di Mare”, che in televisione, dove per esempio sono stato Papa Pio XII nel “Paolo VI” con Fabrizio Gifuni.
Insomma, la mia vita è stata molto piena di teatro, cinema e recitazione a tutto tondo, per poi approdare al doppiaggio.
Il lavoro del doppiatore porta, inevitabilmente, a confrontarsi con molteplici tipologie di lavoro e personaggi. Tuttavia, che sia il protagonista in un film candidato premio Oscar o “Pompiere 74” in una serie polacca, ogni personaggio merita il 200% dell’impegno del proprio doppiatore. Capita, tuttavia, che a causa di tempistiche sempre più strette alcune battute di personaggi cosiddetti “minori” vengano “buttate lì”, e volte non solo quelle. Quanto l’evolversi delle tempistiche ha influenzato le lavorazioni?
Sì certo, in questo lavoro può capitare di doppiare un protagonista importante piuttosto che ruoli secondari, come magari accade più spesso a un attore che sta cominciando la sua carriera. Dal mio punto di vista, l’impegno che si mette nel lavoro è sempre lo stesso, che sia un ruolo centrale o marginale nel prodotto, ogni personaggio merita più del massimo del proprio impegno. “Farlo con la mano sinistra” solo perché non è qualcosa di importante non è proprio il mio modo di lavorare, se doppio Tom Hanks in un film importante piuttosto che un piccolo personaggio di un serial televisivo la mia professionalità è sempre la stessa. Diverso è il discorso sull’edizione in sé e la direzione, che avendo tempi molto ristretti rispetto a quando nacque il doppiaggio (ma anche rispetto a tempi più recenti). Quando ho cominciato io i tempi erano molto più dilatati, c’era più tempo per curare l’edizione del film, si dava il tempo all’attore di maturare il personaggio ed entrare in lui. Oggi tutto questo è un po’ venuto meno, i tempi sono molto ristretti e bisogna essere in grado di conciliare il talento con la velocità, e un direttore oggi più che mai (purtroppo aggiungo io) deve necessariamente essere molto talentoso ma anche essere veloce. Deve restare dietro i tempi della lavorazione e distribuzione, e le società che si occupano dell’edizione non ti danno più quella serenità con cui si lavorava un tempo.
In “Si alza il vento” di Hayao Miyazaki hai interpretato Giovanni Battista Caproni, figura storica legata all’aviazione italiana. Studio Ghibli non è nuovo ad esprimere uno spasmodico amore per il nostro paese, ma nella specifica figura di Caproni si è decisamente superata. Da attore, che cosa si prova a vivere un’esperienza di questo tipo?
Devo dire che “Si alza il vento” è stata una bellissima esperienza che ho fatto 7 anni fa con il cinema giapponese, e mi ha colpito che lo Studio Ghibli ha voluto riportare questa figura italiana rispetto al protagonista, Jiro, un giovane ragazzo che sogna di pilotare aerei, e poi diventa un ingegnere giapponese incaricato di progettare aerei durante la seconda guerra mondiale, anche proprio grazie all’aiuto di Caproni che lui incontra nei suoi sogni.
È bello che ci sia un vero e proprio passaggio di consegne tra Jiro e il vecchio Caproni. La storia, oltretutto, mi ha colpito per essere particolarmente drammatica, perché diciamo che al giovane la vita non sorrida più di tanto, e mi ha fatto piacere che il personaggio di Caproni nella storia sia stato importante per lui. Decisamente una bellissima esperienza.
Sei stato molto attivo nel doppiaggio degli anime tra gli anni ’80 e ’90. Probabilmente, quello è stato il periodo più roseo del doppiaggio degli anime: ne arrivavano in grandi quantità per molti emittenti, gli editori avevano più possibilità di investire e questo, ovviamente, si traduceva in più lavoro per la categoria. Come avete vissuto quel periodo storico e come ti trovi a doppiare i cartoni in generale?
Certo, quando mi ero approcciato al mondo del doppiaggio erano quegli anni lì, si faceva molta gavetta sui cartoni animati e io non ho fatto eccezione. Le mie prime esperienze sono state proprio su questi prodotti, tra cui Getter Robot, Maison Ikkoku, Street Fighter e Orange Road. Inizialmente non ne ho fatti molti, anche perché dovevo alternare il mio tempo tra teatro, cinema e doppiaggio e purtroppo negli anni non ho lavorato molto sui cartoni in generale (tranne il mio ormai inseparabile Commissario Winchester, che è insieme a me da tantissimo tempo), ma ricordo molto bene che in quel periodo in studio ne arrivavano tantissimi e si lavorava veramente tanto. Li ricordo con piacere, è stata una bellissima parentesi della mia vita, a cui tra l’altro devo molto. Avendo iniziato sui cartoni, sono stati proprio “loro” lo zoccolo duro della mia esperienza, e lì ho imparato l’ABC di questo lavoro.
Da diverso tempo, porti in scena, COVID permettendo, “Il Doppiattore”, come da te definito “Una magica performance per capire che il doppiatore è prima di tutto un attore con il compito di dare espressione, nella nostra lingua, alle emozioni che altri hanno creato nella loro”. Parlaci della tua esperienza con il tuo spettacolo teatrale.
È la mia creatura, che porto ormai in scena da sei stagioni, e “COVID permettendo” mi piacerebbe tornare al più presto sul palcoscenico e avere il pubblico, che mi manca tantissimo, con cui interagire. Non ho fatto altro che unire i miei due amori, il teatro e il doppiaggio, e così è nato questo show in cui porto il doppiaggio in teatro. Apro una grossa fessura in cui scoprire cosa c’è nel mondo delle voci, facendo attivamente vedere cosa si fa doppiando anche dal vivo sia attori che conosco bene che grandi attori del passato, faccio vedere come si canta nel doppiaggio e interagisco ovviamente con la sala. Credo molto in questo spettacolo, soprattutto nella sua funzione didattica con cui voglio far conoscere questo mondo a più persone possibili. Ogni sera ho un ospite d’onore che si esibisce in una performance a tutto tondo per far capire che un doppiatore è anche un grande artista. È questo ciò che voglio raccontare, e finché potrò continuerò a portarlo sui palcoscenici di tutta Italia. È questo il mio sogno, nonché una grande fonte di divertimento.
Negli ultimi 10 anni, il personaggio che più di tutti, tra quelli che hai doppiato, è riuscito a farsi strada nell’immaginario collettivo delle persone è senza ombra di dubbio alcuno Tony Stark. Il Marvel Cinematic Universe, inutile negarlo, ha cambiato il modo di fare cinema. Probabilmente, è arrivato il momento di ri-abituare il pubblico all’idea che una storia non debba necessariamente avere un seguito e apprezzare ciò che si ha. Vorrei che ci parlassi del tuo pensiero da attore su questo argomento e, se ti va, di qualche aneddoto legato al genio, miliardario, playboy, filantropo che tutti amano 3000.
È vero, ormai anche il cinema è diventato seriale con tutta la saga del Marvel Cinematic Universe. Per me affrontare il personaggio di Tony Stark è stata un’avventura meravigliosa durata 12 anni, però il fatto che la servilità sia diventata così importante, anche nei prodotti televisivi, ha fatto sì che molte serie superassero in qualità il cinema. Probabilmente è vero, bisognerebbe riabituare il pubblico al prodotto unico, ma ormai questo è il marketing e credo che difficilmente ce ne discosteremo. Ne può nascere anche qualcosa di positivo, il pubblico si può appassionare e affezionare alle storie e ai personaggi.
Il personaggio di RDJ mi ha dato tantissimo, dall’inizio fino all’evento clou di Endgame, in cui mi sono ritrovato in una sala cinematografica di Roma, dove c’erano un migliaio di persone, commosse, con i fazzoletti in mano che piangevano… compreso il sottoscritto. Una cosa del genere non può non segnarti come attore, l’ho visto trasformarsi dal single imperterrito che era, passare per forti crisi esistenziali e momenti di depressione, fino a diventare papà della piccola Morgan, a cui ha dato tutto il suo amore e il suo affetto, amandola… 3000.
(Anteprima in esclusiva della copertina del secondo video narrato da Angelo Maggi sui Marvel Comics di Iron Man)
Hai più volte, nel corso della tua carriera, vestito i panni di Tom Hanks. Tra Cast Away, Cloud Atlas e Saving Mr. Banks sei senza ombra di dubbio la voce che, nell’immaginario collettivo, i più associano all’attore Hollywoodiano. Che rapporto hai con lui? Ci sono aneddoti particolare che vuoi raccontarci?
Sì, indubbiamente Tom Hanks è l’attore a cui più mi sono legato nel corso degli anni avendolo doppiato in più di venti pellicole, a cominciare dalla prima volta che fu proprio “Cast Away”. Lui ho avuto anche la fortuna di conoscerlo, cosa che non avviene sempre con tutti gli attori. Mi venne presentato al Festival del Cinema di Venezia dai distributori italiani della Universal come sua voce ufficiale nei film Dreamworks. In quell’occasione, era stato inserito fuori concorso il film “The Terminal”, dove lui interpretava per la prima uno “straniero”, ruolo per il quale aveva ricevuto (e ricevetti anch’io) anche la consulenza di un madrelingua bulgaro per assimilare quella particolare parlata. Quella sera, a cena, gli dissi scherzosamente di “lavorare sempre con il suo amico Steven Spielberg (anche lui presente) e la Dreamworks, così lavoro anche io e siamo felici tutti”. Si fece una grassa risata e da quel momento è nata quella che, posso dire, è una bella amicizia. Poi lui è tornato in Italia quando fu presentato il film “The Post”, e mi fece piacere che non perse occasione dire che la sua voce italiana lo faceva un po’ più cool.
A Marzo 2018 il mondo dello spettacolo ha appreso della scomparsa di Fabrizio Frizzi: il vuoto che ha lasciato nei cuore di molte persone è, forse, tutt’oggi incolmabile. A raccogliere la sua eredità in Toy Story 4, come voce di Woody, sei stato chiamato proprio tu, anche in virtù del fatto che, come detto prima, doppi molto spesso Tom Hanks (interprete originale dello sceriffo). Vorrei che ci raccontassi, se non è di disturbo, cosa hai provato nel vivere questa esperienza.
Toy Story 4 è stata per me una bellissima, agrodolce, avventura. Inizialmente l’ho vissuta come un grande peso, perché il lavoro di Fabrizio è stato fantastico, è riuscito a donare un’anima a Woody, oltre a una grandissima bontà (lo dirò sempre, Woody è proprio un buono nel vero senso della parola) e una grande simpatia. Oltretutto io e Fabrizio eravamo amici, abbiamo anche giocato insieme per tanti anni insieme a Troisi nella nazionale degli artisti, quindi quando mi è stato detto che avrei dovuto sostituire Fabrizio in Toy Story 4 per me è stato malinconico. Non è stata un’eredità facile da metabolizzare.
Poi durante la lavorazione è stato più facile, semplicemente perché in cuffia io avevo la voce di Tom Hanks a cui sono abituato, e questo sicuramente mi ha reso il compito meno difficile. Poi sono stato anche aiutato molto dal direttore del doppiaggio, Massimiliano Manfredi, e il lavoro è andata avanti abbastanza fluidamente.
Poi è arrivata la terza fase: la gioia della scoperta di tutto il mondo di Toy Story, di tutti i film che si sono succeduti, con Fabrizio e tutti gli altri artisti fantastici che ci hanno lavorato, a cominciare da Massimo Dapporto e Cinzia De Carolis. È stata una grande gioia ricevere i messaggi dei fan di Toy Story, hanno un grandissimo amore per questi film e per Woody, al quale spero di non aver fatto troppi danni durante il doppiaggio del film, che io e i miei colleghi abbiamo dedicato proprio a lui, a Fabrizio.
Ultima domanda: Oggigiorno, i social dominano anche in ambito lavorativo. Grazie ad essi, il confine tra il doppiatore e il fan del prodotto doppiato, un tempo ben marcato, è andato via via sciamando fino a divenire praticamente inesistente. Se da una parte questo è un bene e, soprattutto di questi tempi, un grandissimo sostegno a molte persone, è però altrettanto vero che ci siano persone che, forse ingenuamente, approfittano di questo assottigliamento immaginandosi i professionisti come “juke boxe” (per usare una tua espressione). Cosa pensi dell’avvento dei social, soprattutto nell’ultimo breve periodo, come professionista? Quanto hanno influito e quanto ancora influiranno?
Secondo me è un argomento molto delicato: i social, a mio avviso, possono essere croce e delizia. Io mi sono trovato a scoprirli in questi ultimi due anni, perché prima, eccezion fatta per Facebook dove ho ritrovato tanti amici del Liceo, ne ero abbastanza lontano. Da un paio d’anni, invece, ho voluto conoscere il mondo del web, soprattutto nell’ultimo anno, durante il quale ho avuto molto tempo libero a causa della pandemia.
Ho voluto esplorare non solo i social network come Facebook e Instagram, ma anche piattaforme come YouTube, e mi si è aperto un mondo incredibile, fatto di grandissime persone, artisti che secondo me hanno molto da dire. Mi sono anche confrontato con loro e penso di aver recepito tantissime cose, da alcuni credo proprio di aver imparato molto, e dopo la mia esperienza di vita come attore è stato bello scoprire questo mondo, che non mi dispiace affatto, infatti mi ci sto dedicando molto e ne sono soddisfatto.
Quello che mi da più gioia è l’aver creato una community (rinominatasi “I Maggiolini”) molto unita e legata che ama il cinema e, ovviamente, il doppiaggio. Ogni tanto io sono con loro a parlare, facciamo qualche diretta insieme, e sono contento di potermi confrontare con loro, spero di star dando loro qualcosa, perché loro sicuramente stanno dando molto a me.
Al di là di tutto questo, credo che comunque dobbiamo stare molto attenti, perché i social sono una bella Spada di Damocle che può anche fare del male. Bisogna usarli con parsimonia e intelligenza, così possono essere qualcosa di bello in grande di unire le persone, ma usati male, con cattiveria e malintenzione, possono degenerare. Social sì, ma facciamo attenzione.
Angelo, grazie di cuore per essere stato qui con noi, è stato sinceramente emozionante. Vuoi dire qualcosa in chiusura a chi ci segue su Animeclick?
Figurati, grazie a tutti per l’affetto e il supporto e grazie a voi di Animeclick per l’intervista. Io vi aspetto tutti (si spera prossimamente) al mio spettacolo “Il Doppiatore - La Voce oltre il Buio”, quando si sarà ristabilita una versione normale del pianeta, sempre che sia mai esistita. Ciao a tutti, vi amo 3000.
Sul nostro Canale YouTube trovate l'intervista in versione video, fatta in collaborazione con lo Youtuber e Doppiatore Andrea "Seth" Marino.
Grazie mille
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