Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Barakamon
8.0/10
“-Non mi serve a niente venire lassù per vedere il tramonto!
-Non lo puoi sapere fin quando non scali il muro. Certo se non provi, non c’è niente da vedere.”
Sinossi? Non proprio. Più che altro, importante preludio all’anime di cui andiamo a discutere, racchiuso nel suddetto scambio presente nei primissimi episodi: un crescendo gentile ma importante, un veicolo di motivazione tanto pacato quanto insistente… questo è «Barakamon».
Forte di un comparto sonoro / d’ambiente d’alto livello (opening notevole, ending eccezionale firmata Noisy Cell, gli stessi di «Death Parade»), animazioni discrete e una fluidità di narrazione davvero invidiabile, questo slice of life da dodici episodi piuttosto atipico – nato da un’idea decisamente originale – ci racconta le vicende di Seishu Handa, giovane calligrafo arrogante e suscettibile, che in seguito a un’aggressione nei confronti di anziano critico del settore reo d’aver stroncato le sue opere - etichettandole come “troppo conformiste”, banali ed anonime - come punizione sarà spedito (dal padre) su un’isola del sud del Giappone, molto lontano, lontanissimo, in modo da poter riacquistare serenità e riflettere sui propri eccessi, recuperare l’equilibrio interiore non che trovare il modo di migliorare la propria arte.
Messa in questo modo, sembrerebbe un incipit piuttosto vivace, ma nel contempo drammatico e decisamente serio, eppure non è (solamente) così: «Barakamon» si rivela sin da subito allegro, a tratti comico, irriverente, senza dubbio spensierato. È proprio “spensieratezza” la parola chiave, non che finalità della trama, un dipanarsi d’eventi agrodolci e scoppiettanti che trascineranno Handa fra le vicissitudini dei curiosi, singolari e simpaticissimi abitanti dell’isola di Goto.
«Barakamon», dicevamo. Ma cosa significa?
Letteralmente, “persona vivace”; ma non si riferisce certo allo spento, introverso e silenzioso Handa, bensì ad una bambina di nome Naru che il giovane maestro calligrafo incontrerà sull’isola, con cui trascorrerà praticamente ogni giornata e di cui si prenderà inevitabilmente, buffamente, dolcemente cura – e viceversa (sì, esatto, anche viceversa, perché ciò che i bambini possono insegnare agli adulti è qualcosa di così prezioso e unico, che raramente viene valorizzato come andrebbe fatto).
Naru, bimba estremamente allegra, casinista come tanti altri suoi coetanei, un uragano in cerca di sorprese, insetti rari e colorati, pronta a tuffarsi dalla scogliera più alta senza paura alcuna, afferrare un pesce a mani nude o zupparsi le mani nell’inchiostro del suo nuovo amico, facendolo uscire dai gangheri. In poche parole, una bimbetta iperattiva e dalla voce squillante, la base della “cura” di cui Handa ha bisogno, e che nel contempo non sa di necessitare… simpatico, sì, eppure delicatissimo, grazie ad una sottotrama di dolcezza davvero unica.
Dai disegni puliti e dal tratto lineare, tuttavia confuso e poco preciso là dove c’è “bisogno di caos” (così da richiamare perfettamente l’improvvisata ispirazione della scrittura su carta del nostro giovane sensei), la trama traccia con inchiostro simpatico – sì, è il caso di dirlo, e no, non scomparirà mai – una storia che s’appoggia su una solida base di comicità semplice e schietta, ma che imbastisce su essa una struttura matura, dai pensieri per lo più positivi e che ci permetterà di esplorare attraverso il filtro del protagonista il piccolo paesello sull’isola di Goto, dov’egli andrà a dimorare, sia per fermarsi e riflettere, sia per raccogliere le idee su cosa vorrà fare in futuro, ma soprattutto, chi vorrebbe davvero essere/diventare.
Cogito ergo sum, potremmo riassumere, ma cosa sum, esattamente? Lo si scoprirà di episodio in episodio, in un tenue crescendo, semplice e liberatorio.
L’umorismo adottato, come sopracitato, è fantastico: fa subito presa sullo spettatore. Semplice, a volte leggermente banale e diretto, va subito al punto e strappa più di una genuina risata, permeando l’intera storia a ondate di varia intensità, anche se, nonostante non lo si percepisca sin dall’inizio (e questo da un lato non è un bene), il reale filone conduttore che unisce ogni elemento è invece molto serio, ed inequivocabilmente introspettivo. La capacità degli autori di passare repentinamente da situazioni grottescamente comiche (ed infantili, poiché la componente bambinesca è marcata e splendida!), a momenti di matura riflessione è notevole; tuttavia, capita che queste gag possano risultare ripetitive soprattutto nella prima metà dell’anime, facendo perdere di tensione e spessore determinati frangenti che avrebbero potuto essere valorizzati in modo differente, senza (fortunatamente) intaccare eccessivamente la qualità dell’opera.
Presto, la struttura narrativa si incanala verso una direzione ben precisa, sfruttando un ritmo piacevole, cadenzato ed espressamente estivo, fra notti stellate, cicale stridenti, pesce arrosto attorno ad un falò, festival affascinanti e immancabili fuochi d’artificio. Lo slice of life matura crescendo di episodio in episodio, proponendosi allo spettatore come un dolce pendio in lenta e salita, verso nuove esperienze quotidiane nella calda estate isolana in cui Handa è stato catapultato, e, al tempo stesso, piacevolmente “esiliato”.
IsolaNo di fatto e isolaTo da problemi, estraniato dal caos cittadino e lontano dai soffocanti ritmi della vita lavorativa comincia a focalizzarsi su tali esperienze, circondato dal gruppetto di bambini, ragazzini e adolescenti che gli stravolgono casa, vita e pensieri, amalgamandosi e stringendo amicizia con lui, giorno dopo giorno, senza nemmeno che Handa se ne renda conto. Amici, merce rara e preziosa, e potremmo anche dire unica, quando si rivelano veri.
Si crea così un legame che mai, il protagonista, avrebbe immaginato di poter sperimentare. Dolente o nolente, il sensei si troverà ad affrontare situazioni nuove, difficoltà mai affrontate che potrà risolvere soprattutto con le proprie forze, talvolta aiutato e supportato dai suoi nuovi amici e dall’altruismo degli abitanti del villaggio - che ben presto lo cominceranno a trattare come vero e proprio ospite d’onore dell’isola. Con tali premesse e scenari, l’anime si avvia così verso una conclusione toccante, attraverso il più classico dei festival estivi, con gli occhi e i cuori al cielo, mentre le stelle vengono oscurate dagli hana-bi (fuochi d’artificio), in una scena profondissima e nel contempo rilassante, apripista ad un intenso epilogo, inaspettatamente commovente: amici, ricordi familiari e difficoltà relazionali, genitori e crescita interiore… gli ingredienti ci sono tutti.
«Barakamon» è una piccola lezione di vita, narrataci forse con troppa leggerezza, ma il messaggio ci arriva eccome. Il giovane ed irruento protagonista impara via via nuove lezioni di vita, talvolta traendole da situazioni assurde, paradossali e anche ilari, ma anche ansiogene e decisamente stressanti, scoprendo che sono proprio le difficoltà quotidiane a forgiare la sicurezza interiore che metterà le radici nella sua testa - nel modo più deciso e genuino.
Così, fra un litigio con Naru, una lezione di calligrafia impartita a due giovani liceali e alle prese con situazioni sempre più stravaganti legate al sindaco locale, Handa scoprirà che la ricerca della felicità non è un vagabondare affannato mentre ci si osserva intorno ossessionati dal successo, dai soldi, dalla vittoria o dal prestigio, tutt’altro: per quanto la gente che ci circonda (e riteniamo importante) riversi su di noi le proprie aspettative e i propri desideri, non possiamo impiegare costantemente le nostre forze per accontentare e soddisfare tali richieste, altrimenti non potremo mai dedicarci a noi stessi. Suona egoistico, ma è tremendamente sano ed è l’unica chiave per cominciare a cercare la felicità, che passa senza dubbio dalle porte della serenità: chi ci ama davvero saprà comprendere che la nostra felicità viene prima di ogni risultato, e che un fallimento o un successo, nel corso della nostra esistenza, non possono definirci né condizionarci in assoluto; sono semplicemente lezioni da cui trarre gli insegnamenti più preziosi.
Sì, può bruciare.
Sì, può far male.
Ma non come la paura ci fa credere.
Ciò che intraprendiamo dovremmo farlo prima di tutto per appagare noi stessi e se questo viene apprezzato da chi ci sta accanto, tanto meglio: è sicuramente più sano cercare di migliorarsi per far contenti (anche) noi stessi, che cercare la costante approvazione di chi reputiamo importante come specchio delle nostre soddisfazioni.
«Barakamon» possiede un finale toccante, dolcissimo, velato di malinconia, con un colpo di scena che chiude il cerchio dell’amicizia la cui traccia è cominciata il giorno stesso in cui Handa è giunto sull’isola: l’ispirazione per le sue opere finali arriva grazie ad esperienze vissute, all’immaginazione e all’applicazione del talento innato.
La gente dell’isola lo avrà davvero cambiato? E come?
Si può tranquillamente asserire che la vera bellezza di questa serie risiede nella morale, semplice quanto importante: fin quando cercheremo di essere ciò che gli altri vogliono, invece di essere chi desideriamo davvero, non troveremo mai la vera serenità.
L’estate di Seishu Handa si può così definire quindi un vero e proprio viaggio di formazione, più verso la maturità intellettuale e spirituale che semplicemente professionale, ed egli stesso, alla fine, comprenderà molto bene e molto a fondo cosa gli preme e cosa è davvero importante, sopra ogni cosa, sopra ogni effetto materiale.
Catartico, semplice, genuino: uno di quegli spaccati di vita piacevoli e di puro intrattenimento.
Dove finisce un viaggio, ne comincia un altro. Dove termina un’esperienza, ne inizia un’altra.
Non è questa, la vita?
-Non lo puoi sapere fin quando non scali il muro. Certo se non provi, non c’è niente da vedere.”
Sinossi? Non proprio. Più che altro, importante preludio all’anime di cui andiamo a discutere, racchiuso nel suddetto scambio presente nei primissimi episodi: un crescendo gentile ma importante, un veicolo di motivazione tanto pacato quanto insistente… questo è «Barakamon».
Forte di un comparto sonoro / d’ambiente d’alto livello (opening notevole, ending eccezionale firmata Noisy Cell, gli stessi di «Death Parade»), animazioni discrete e una fluidità di narrazione davvero invidiabile, questo slice of life da dodici episodi piuttosto atipico – nato da un’idea decisamente originale – ci racconta le vicende di Seishu Handa, giovane calligrafo arrogante e suscettibile, che in seguito a un’aggressione nei confronti di anziano critico del settore reo d’aver stroncato le sue opere - etichettandole come “troppo conformiste”, banali ed anonime - come punizione sarà spedito (dal padre) su un’isola del sud del Giappone, molto lontano, lontanissimo, in modo da poter riacquistare serenità e riflettere sui propri eccessi, recuperare l’equilibrio interiore non che trovare il modo di migliorare la propria arte.
Messa in questo modo, sembrerebbe un incipit piuttosto vivace, ma nel contempo drammatico e decisamente serio, eppure non è (solamente) così: «Barakamon» si rivela sin da subito allegro, a tratti comico, irriverente, senza dubbio spensierato. È proprio “spensieratezza” la parola chiave, non che finalità della trama, un dipanarsi d’eventi agrodolci e scoppiettanti che trascineranno Handa fra le vicissitudini dei curiosi, singolari e simpaticissimi abitanti dell’isola di Goto.
«Barakamon», dicevamo. Ma cosa significa?
Letteralmente, “persona vivace”; ma non si riferisce certo allo spento, introverso e silenzioso Handa, bensì ad una bambina di nome Naru che il giovane maestro calligrafo incontrerà sull’isola, con cui trascorrerà praticamente ogni giornata e di cui si prenderà inevitabilmente, buffamente, dolcemente cura – e viceversa (sì, esatto, anche viceversa, perché ciò che i bambini possono insegnare agli adulti è qualcosa di così prezioso e unico, che raramente viene valorizzato come andrebbe fatto).
Naru, bimba estremamente allegra, casinista come tanti altri suoi coetanei, un uragano in cerca di sorprese, insetti rari e colorati, pronta a tuffarsi dalla scogliera più alta senza paura alcuna, afferrare un pesce a mani nude o zupparsi le mani nell’inchiostro del suo nuovo amico, facendolo uscire dai gangheri. In poche parole, una bimbetta iperattiva e dalla voce squillante, la base della “cura” di cui Handa ha bisogno, e che nel contempo non sa di necessitare… simpatico, sì, eppure delicatissimo, grazie ad una sottotrama di dolcezza davvero unica.
Dai disegni puliti e dal tratto lineare, tuttavia confuso e poco preciso là dove c’è “bisogno di caos” (così da richiamare perfettamente l’improvvisata ispirazione della scrittura su carta del nostro giovane sensei), la trama traccia con inchiostro simpatico – sì, è il caso di dirlo, e no, non scomparirà mai – una storia che s’appoggia su una solida base di comicità semplice e schietta, ma che imbastisce su essa una struttura matura, dai pensieri per lo più positivi e che ci permetterà di esplorare attraverso il filtro del protagonista il piccolo paesello sull’isola di Goto, dov’egli andrà a dimorare, sia per fermarsi e riflettere, sia per raccogliere le idee su cosa vorrà fare in futuro, ma soprattutto, chi vorrebbe davvero essere/diventare.
Cogito ergo sum, potremmo riassumere, ma cosa sum, esattamente? Lo si scoprirà di episodio in episodio, in un tenue crescendo, semplice e liberatorio.
L’umorismo adottato, come sopracitato, è fantastico: fa subito presa sullo spettatore. Semplice, a volte leggermente banale e diretto, va subito al punto e strappa più di una genuina risata, permeando l’intera storia a ondate di varia intensità, anche se, nonostante non lo si percepisca sin dall’inizio (e questo da un lato non è un bene), il reale filone conduttore che unisce ogni elemento è invece molto serio, ed inequivocabilmente introspettivo. La capacità degli autori di passare repentinamente da situazioni grottescamente comiche (ed infantili, poiché la componente bambinesca è marcata e splendida!), a momenti di matura riflessione è notevole; tuttavia, capita che queste gag possano risultare ripetitive soprattutto nella prima metà dell’anime, facendo perdere di tensione e spessore determinati frangenti che avrebbero potuto essere valorizzati in modo differente, senza (fortunatamente) intaccare eccessivamente la qualità dell’opera.
Presto, la struttura narrativa si incanala verso una direzione ben precisa, sfruttando un ritmo piacevole, cadenzato ed espressamente estivo, fra notti stellate, cicale stridenti, pesce arrosto attorno ad un falò, festival affascinanti e immancabili fuochi d’artificio. Lo slice of life matura crescendo di episodio in episodio, proponendosi allo spettatore come un dolce pendio in lenta e salita, verso nuove esperienze quotidiane nella calda estate isolana in cui Handa è stato catapultato, e, al tempo stesso, piacevolmente “esiliato”.
IsolaNo di fatto e isolaTo da problemi, estraniato dal caos cittadino e lontano dai soffocanti ritmi della vita lavorativa comincia a focalizzarsi su tali esperienze, circondato dal gruppetto di bambini, ragazzini e adolescenti che gli stravolgono casa, vita e pensieri, amalgamandosi e stringendo amicizia con lui, giorno dopo giorno, senza nemmeno che Handa se ne renda conto. Amici, merce rara e preziosa, e potremmo anche dire unica, quando si rivelano veri.
Si crea così un legame che mai, il protagonista, avrebbe immaginato di poter sperimentare. Dolente o nolente, il sensei si troverà ad affrontare situazioni nuove, difficoltà mai affrontate che potrà risolvere soprattutto con le proprie forze, talvolta aiutato e supportato dai suoi nuovi amici e dall’altruismo degli abitanti del villaggio - che ben presto lo cominceranno a trattare come vero e proprio ospite d’onore dell’isola. Con tali premesse e scenari, l’anime si avvia così verso una conclusione toccante, attraverso il più classico dei festival estivi, con gli occhi e i cuori al cielo, mentre le stelle vengono oscurate dagli hana-bi (fuochi d’artificio), in una scena profondissima e nel contempo rilassante, apripista ad un intenso epilogo, inaspettatamente commovente: amici, ricordi familiari e difficoltà relazionali, genitori e crescita interiore… gli ingredienti ci sono tutti.
«Barakamon» è una piccola lezione di vita, narrataci forse con troppa leggerezza, ma il messaggio ci arriva eccome. Il giovane ed irruento protagonista impara via via nuove lezioni di vita, talvolta traendole da situazioni assurde, paradossali e anche ilari, ma anche ansiogene e decisamente stressanti, scoprendo che sono proprio le difficoltà quotidiane a forgiare la sicurezza interiore che metterà le radici nella sua testa - nel modo più deciso e genuino.
Così, fra un litigio con Naru, una lezione di calligrafia impartita a due giovani liceali e alle prese con situazioni sempre più stravaganti legate al sindaco locale, Handa scoprirà che la ricerca della felicità non è un vagabondare affannato mentre ci si osserva intorno ossessionati dal successo, dai soldi, dalla vittoria o dal prestigio, tutt’altro: per quanto la gente che ci circonda (e riteniamo importante) riversi su di noi le proprie aspettative e i propri desideri, non possiamo impiegare costantemente le nostre forze per accontentare e soddisfare tali richieste, altrimenti non potremo mai dedicarci a noi stessi. Suona egoistico, ma è tremendamente sano ed è l’unica chiave per cominciare a cercare la felicità, che passa senza dubbio dalle porte della serenità: chi ci ama davvero saprà comprendere che la nostra felicità viene prima di ogni risultato, e che un fallimento o un successo, nel corso della nostra esistenza, non possono definirci né condizionarci in assoluto; sono semplicemente lezioni da cui trarre gli insegnamenti più preziosi.
Sì, può bruciare.
Sì, può far male.
Ma non come la paura ci fa credere.
Ciò che intraprendiamo dovremmo farlo prima di tutto per appagare noi stessi e se questo viene apprezzato da chi ci sta accanto, tanto meglio: è sicuramente più sano cercare di migliorarsi per far contenti (anche) noi stessi, che cercare la costante approvazione di chi reputiamo importante come specchio delle nostre soddisfazioni.
«Barakamon» possiede un finale toccante, dolcissimo, velato di malinconia, con un colpo di scena che chiude il cerchio dell’amicizia la cui traccia è cominciata il giorno stesso in cui Handa è giunto sull’isola: l’ispirazione per le sue opere finali arriva grazie ad esperienze vissute, all’immaginazione e all’applicazione del talento innato.
La gente dell’isola lo avrà davvero cambiato? E come?
Si può tranquillamente asserire che la vera bellezza di questa serie risiede nella morale, semplice quanto importante: fin quando cercheremo di essere ciò che gli altri vogliono, invece di essere chi desideriamo davvero, non troveremo mai la vera serenità.
L’estate di Seishu Handa si può così definire quindi un vero e proprio viaggio di formazione, più verso la maturità intellettuale e spirituale che semplicemente professionale, ed egli stesso, alla fine, comprenderà molto bene e molto a fondo cosa gli preme e cosa è davvero importante, sopra ogni cosa, sopra ogni effetto materiale.
Catartico, semplice, genuino: uno di quegli spaccati di vita piacevoli e di puro intrattenimento.
Dove finisce un viaggio, ne comincia un altro. Dove termina un’esperienza, ne inizia un’altra.
Non è questa, la vita?
Si alza il vento
6.0/10
Recensione di Shiryu of Dragon
-
L'addio di Miyazaki alla scena cinematografica. Eccetto che poi è tornato, e ne siamo lieti.
Che dire? Un film piuttosto lento, ma quello non è per forza un difetto. Anche "Pioggia di Ricordi" e "Una tomba per le lucciole" sono lenti, eppure sono film straordinari.
Un grande plauso alla realizzazione tecnica del film, superlativa come sempre e senza tempo. È interessantissimo anche che gli effetti sonori siano stati realizzati con la voce e la bocca umana.
Bello l'aspetto onirico: sogno, immaginazione e realtà quasi si confondono. Ottime atmosfere, fa un grande effetto. Noiosetta la prima metà del film, un po' più vivace la seconda parte.
Il protagonista è un personaggio particolare. Diligente e cortese, ma anche molto freddo e distaccato.
Sicuramente ho anche apprezzato come il film dia uno sguardo a un periodo storico in cui il Giappone non aveva ancora conosciuto il progresso tecnologico che oggi lo caratterizza. Interessante che Miyazaki abbia inserito due persone reali: Jiro Horikoshi e Giovanni Caproni. Ho apprezzato che assuma un tono leggermente più drammatico e maturo rispetto a tante altre opere del regista, anche se la storia d'amore non ha nulla che mi abbia interessato, e Nahoko Satomi non è un personaggio che mi abbia preso granché, a parte essere carina e avere l'hobby della pittura.
Interessante Castorp, ovvero quel tipo di personaggio che è in grado di leggere bene le situazioni. Un acuto osservatore, e il suo dialogo con il protagonista non si dimentica.
Però, come dire? Lo trovo un film che può apprezzare soltanto chi è grandemente appassionato agli aeroplani e alla vita di Hayao Miyazaki. Com'è ben risaputo, anche se ad uno sguardo superficiale non si nota, "Si alza il vento" è molto autobiografico. Come lo era in parte anche "Il mio vicino Totoro".
Jiro Horikoshi, difatti, è senza dubbio l'alter ego del regista, grande amante di aerei.
Vedo che il nostro Hayao ha qui completamente messo da parte l'aspetto ambientalista, ne ha fatto più una questione pacifista: gli aerei sono strumenti di guerra, ma diventeranno anche dei semplici mezzi di trasporto, per il piacere del viaggio. Come sempre, Miyazaki edulcora la realtà e tratta la guerra in maniera puramente concettuale, senza mostrarla.
Il film non considera minimamente quanto gli aerei inquinino l'atmosfera, aggravando l'effetto serra. Questo lo possiamo in qualche modo spiegare tenendo conto che è un film ambientato agli inizi del ventesimo secolo e una sensibilità verso il tema dell'inquinamento era pressoché inesistente.
Tutto ciò non toglie che l'ho trovato un po' troppo autocelebrativo e un po' noioso.
Non che sia sgradevole, ma non è un film che possono amare tutti, e non un film sul quale tornerò.
Che dire? Un film piuttosto lento, ma quello non è per forza un difetto. Anche "Pioggia di Ricordi" e "Una tomba per le lucciole" sono lenti, eppure sono film straordinari.
Un grande plauso alla realizzazione tecnica del film, superlativa come sempre e senza tempo. È interessantissimo anche che gli effetti sonori siano stati realizzati con la voce e la bocca umana.
Bello l'aspetto onirico: sogno, immaginazione e realtà quasi si confondono. Ottime atmosfere, fa un grande effetto. Noiosetta la prima metà del film, un po' più vivace la seconda parte.
Il protagonista è un personaggio particolare. Diligente e cortese, ma anche molto freddo e distaccato.
Sicuramente ho anche apprezzato come il film dia uno sguardo a un periodo storico in cui il Giappone non aveva ancora conosciuto il progresso tecnologico che oggi lo caratterizza. Interessante che Miyazaki abbia inserito due persone reali: Jiro Horikoshi e Giovanni Caproni. Ho apprezzato che assuma un tono leggermente più drammatico e maturo rispetto a tante altre opere del regista, anche se la storia d'amore non ha nulla che mi abbia interessato, e Nahoko Satomi non è un personaggio che mi abbia preso granché, a parte essere carina e avere l'hobby della pittura.
Interessante Castorp, ovvero quel tipo di personaggio che è in grado di leggere bene le situazioni. Un acuto osservatore, e il suo dialogo con il protagonista non si dimentica.
Però, come dire? Lo trovo un film che può apprezzare soltanto chi è grandemente appassionato agli aeroplani e alla vita di Hayao Miyazaki. Com'è ben risaputo, anche se ad uno sguardo superficiale non si nota, "Si alza il vento" è molto autobiografico. Come lo era in parte anche "Il mio vicino Totoro".
Jiro Horikoshi, difatti, è senza dubbio l'alter ego del regista, grande amante di aerei.
Vedo che il nostro Hayao ha qui completamente messo da parte l'aspetto ambientalista, ne ha fatto più una questione pacifista: gli aerei sono strumenti di guerra, ma diventeranno anche dei semplici mezzi di trasporto, per il piacere del viaggio. Come sempre, Miyazaki edulcora la realtà e tratta la guerra in maniera puramente concettuale, senza mostrarla.
Il film non considera minimamente quanto gli aerei inquinino l'atmosfera, aggravando l'effetto serra. Questo lo possiamo in qualche modo spiegare tenendo conto che è un film ambientato agli inizi del ventesimo secolo e una sensibilità verso il tema dell'inquinamento era pressoché inesistente.
Tutto ciò non toglie che l'ho trovato un po' troppo autocelebrativo e un po' noioso.
Non che sia sgradevole, ma non è un film che possono amare tutti, e non un film sul quale tornerò.
& - And -
9.5/10
"& - And -" è una serie josei scritta e disegnata da Mari Okazaki, autrice già nota in Italia per "Shibuya Love Hotel" e "Supplement". Ancora una volta la casa editrice Goen offre un'edizione con sovraccoperta impeccabile e dalle copertine incantevoli, frutto soprattutto di un tratto grafico delicato, maturo, inconfondibile con il quale Mari Okazaki ci ha viziati nel tempo. Credo che con "& - And -" l'autrice abbia raggiunto l'apice, destinando ai suoi lettori e lettrici un prodotto josei che si distingue non solo dalle sue precedenti pubblicazioni, ma anche dalle opere di altre autrici già note nel panorama italiano.
La protagonista di questa storia è una donna di 26 anni di nome Aoki Kaoru che lavora in qualità di impiegata generica in un ospedale. Trattandosi di un lavoro che non le offre più stimoli e prospettive, decide di investire in una passione che renderà il suo secondo lavoro. Già dal primo volume è alle prese con la realizzazione del suo sogno: aprire uno spazio in cui occuparsi di manicure. La visione diventa concreta quando si imbatte in Shiro, un ragazzo conosciuto all'università che le concede la locazione di una parte di stabile dove è situata la sua piccola start-up. Proprio quando Kaoru decide di impegnarsi al 100% nella sua attività di manicure, qualcosa inizia a spostare il baricentro della bilancia anche verso quel luogo di lavoro che fino a qualche giorno prima non le dava alcuna soddisfazione. Si tratta dell'incontro con un medico di 45 anni, Yagai, che porta sulle spalle il peso di una serie di situazioni che lo rendono intrattabile e poco propenso ad impegnarsi in una relazione, a meno che non si tratti di puro sesso. Inizia così la storia di Kaoru, che oscilla come una funambola tra la sua passione per la manicure "&" un committment sempre più intenso verso il lavoro all'ospedale. Frequentando il medico, infatti, Kaoru si addentrerà nelle dinamiche ospedaliere e con dei retroscena che potrebbero aprirle degli spazi per una carriera interna di specializzazione.
"& - And -" è la storia di resilienza di una giovane donna consapevole delle proprie risorse e che desidera ottenere di più, ricercando una strada in linea con il proprio modo d'essere. Nonostante non abbia mai avuto un fidanzato, ancora prima di una storia d'amore Kaoru vuole scommettere su sé stessa, anche quando non ha un ritorno immediato dei suoi investimenti economici. Conosciamo una donna che nella stessa giornata si trasferisce dalle cartelle mediche in una corsia d'ospedale, al volantinaggio su strada per promuoversi, alla gestione delle relazioni commerciali con i clienti. La conoscenza di un uomo vent'anni più adulto di lei, disilluso e intorpidito dalla vita, la aiuterà ad entrare in sintonia con i desideri del suo corpo e le farà compiere dei voli pindarici per gestire questa relazione, integrandola nella sua vita lavorativa già bidimensionale. E' altrettanto vero, che il suo sentimento verso "Il dottore" resta coerente e non regala le gioie di un vero triangolo. Appena accennato con l'ex-collega di università, tanto devoto alla sua senpai quanto intimorito dalla presenza di questo uomo 45enne navigato.
Non illudo i/le lettori/trici amanti delle storie d'amore avvincenti e con un finale definito. I protagonisti di questa vicenda sono quasi tutti adulti che si ritengono perdenti in partenza, allacciati alle loro zavorre che ne giustificano l'immobilismo e la vigliaccheria. Kaoru rappresenta la donna che scopre il velo di maya attraverso la lenta usura di una relazione passionale e intensa, ma che racchiude un sottobosco che non la rende certa di essere ricambiata. Dall'altro lato abbiamo un Yagai terrorizzato dalle prospettive che può offrire a questa giovane donna mossa dall'ambizione di realizzarsi nel lavoro come in amore. Questi due mondi si incontrano nelle tavole divine di Mari Okazaki che come pochi, forse nessuno, possiede il talento di attribuire all'atto sessuale eleganza, trasporto e movimento. Sono le mani, in particolare le dita, a catturare l'attenzione ed a costellare come un fil rouge tutte le situazioni: le mani delle clienti del piccolo saloon, le mani preziose dei medici chirurghi, le mani che si intrecciano per non lasciarsi andare, le mani che stringono i manubri di una bicicletta, le mani che sistemano la ciocca di capelli. Se il titolo non fosse "& - And -", sarebbe "Hand" (trad. italiana "mano")!
Sullo sfondo delle vicende dei nostri protagonisti emerge il tema di denuncia della condizione contrattuale e lavorativa dei medici in Giappone. Dottori sempre disponibili ad operare, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Questa mansione particolare declinata nel personaggio del complesso Yagai assume più la forma di una trappola che si è auto-costruito negli anni. Yagai rappresenta chi mette la propria professione al primo posto, chi non nega mai la sua presenza, chi lascia sempre il cellulare acceso per essere reperibile, chi lavora i fine settimana, chi cerca il rifugio per ricaricare le batterie nello stesso luogo di lavoro, chi si spinge fino al limite massimo delle sue energie, senza prospettive. E poi arriva una ragazza di 26 anni che, avendo di fronte a sé una vita piena da vivere e tante prospettive, non scende a compromessi e sceglie la "&" al posto della "o".
ps. Peccato per quel "To be continued" alla fine dell'ottavo volume. Ci avevo quasi sperato!
La protagonista di questa storia è una donna di 26 anni di nome Aoki Kaoru che lavora in qualità di impiegata generica in un ospedale. Trattandosi di un lavoro che non le offre più stimoli e prospettive, decide di investire in una passione che renderà il suo secondo lavoro. Già dal primo volume è alle prese con la realizzazione del suo sogno: aprire uno spazio in cui occuparsi di manicure. La visione diventa concreta quando si imbatte in Shiro, un ragazzo conosciuto all'università che le concede la locazione di una parte di stabile dove è situata la sua piccola start-up. Proprio quando Kaoru decide di impegnarsi al 100% nella sua attività di manicure, qualcosa inizia a spostare il baricentro della bilancia anche verso quel luogo di lavoro che fino a qualche giorno prima non le dava alcuna soddisfazione. Si tratta dell'incontro con un medico di 45 anni, Yagai, che porta sulle spalle il peso di una serie di situazioni che lo rendono intrattabile e poco propenso ad impegnarsi in una relazione, a meno che non si tratti di puro sesso. Inizia così la storia di Kaoru, che oscilla come una funambola tra la sua passione per la manicure "&" un committment sempre più intenso verso il lavoro all'ospedale. Frequentando il medico, infatti, Kaoru si addentrerà nelle dinamiche ospedaliere e con dei retroscena che potrebbero aprirle degli spazi per una carriera interna di specializzazione.
"& - And -" è la storia di resilienza di una giovane donna consapevole delle proprie risorse e che desidera ottenere di più, ricercando una strada in linea con il proprio modo d'essere. Nonostante non abbia mai avuto un fidanzato, ancora prima di una storia d'amore Kaoru vuole scommettere su sé stessa, anche quando non ha un ritorno immediato dei suoi investimenti economici. Conosciamo una donna che nella stessa giornata si trasferisce dalle cartelle mediche in una corsia d'ospedale, al volantinaggio su strada per promuoversi, alla gestione delle relazioni commerciali con i clienti. La conoscenza di un uomo vent'anni più adulto di lei, disilluso e intorpidito dalla vita, la aiuterà ad entrare in sintonia con i desideri del suo corpo e le farà compiere dei voli pindarici per gestire questa relazione, integrandola nella sua vita lavorativa già bidimensionale. E' altrettanto vero, che il suo sentimento verso "Il dottore" resta coerente e non regala le gioie di un vero triangolo. Appena accennato con l'ex-collega di università, tanto devoto alla sua senpai quanto intimorito dalla presenza di questo uomo 45enne navigato.
Non illudo i/le lettori/trici amanti delle storie d'amore avvincenti e con un finale definito. I protagonisti di questa vicenda sono quasi tutti adulti che si ritengono perdenti in partenza, allacciati alle loro zavorre che ne giustificano l'immobilismo e la vigliaccheria. Kaoru rappresenta la donna che scopre il velo di maya attraverso la lenta usura di una relazione passionale e intensa, ma che racchiude un sottobosco che non la rende certa di essere ricambiata. Dall'altro lato abbiamo un Yagai terrorizzato dalle prospettive che può offrire a questa giovane donna mossa dall'ambizione di realizzarsi nel lavoro come in amore. Questi due mondi si incontrano nelle tavole divine di Mari Okazaki che come pochi, forse nessuno, possiede il talento di attribuire all'atto sessuale eleganza, trasporto e movimento. Sono le mani, in particolare le dita, a catturare l'attenzione ed a costellare come un fil rouge tutte le situazioni: le mani delle clienti del piccolo saloon, le mani preziose dei medici chirurghi, le mani che si intrecciano per non lasciarsi andare, le mani che stringono i manubri di una bicicletta, le mani che sistemano la ciocca di capelli. Se il titolo non fosse "& - And -", sarebbe "Hand" (trad. italiana "mano")!
Sullo sfondo delle vicende dei nostri protagonisti emerge il tema di denuncia della condizione contrattuale e lavorativa dei medici in Giappone. Dottori sempre disponibili ad operare, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Questa mansione particolare declinata nel personaggio del complesso Yagai assume più la forma di una trappola che si è auto-costruito negli anni. Yagai rappresenta chi mette la propria professione al primo posto, chi non nega mai la sua presenza, chi lascia sempre il cellulare acceso per essere reperibile, chi lavora i fine settimana, chi cerca il rifugio per ricaricare le batterie nello stesso luogo di lavoro, chi si spinge fino al limite massimo delle sue energie, senza prospettive. E poi arriva una ragazza di 26 anni che, avendo di fronte a sé una vita piena da vivere e tante prospettive, non scende a compromessi e sceglie la "&" al posto della "o".
ps. Peccato per quel "To be continued" alla fine dell'ottavo volume. Ci avevo quasi sperato!
Inoltre il concetto dell'aereo è l'esatto opposto di quanto scritto nella recensione: sono mezzi pacifici che sono stati violentati per trasformali in mezzi di guerra e di distruzione.
Noto poi come la recensione trasvoli tranquillamente sul personaggio della moglie di Jiro e della sua tragica fine.
Definire il film autocelebrativo di miyazaki vuol dire che forse si è visto un altro film o si confonde Miyazaki con un altra persona.
Pur non avendo visto il film, ricordo vidi un video / recensione e mi trovi perfettamente d'accordo. Questo mi ha ricordato che devo assolutamente vederlo, quindi grazie!!
Di fatto non sono un fan di miyazaki (anche se la principessa mononoke e la città incantata sono tuttora tra i miei film di animazione preferiti)... ma come al solito, leggendo i commenti, pare che uno per essere un fan degli anime debba amare ciecamente miyazaki qualunque cosa produca.
Gusti personali? Che cosa sono? Come ti permetti a pensare con la tua testa?
Ma andate a mangiare una *cacchina*
È così. Punto.
Poi una persona che da 1 a "Evangelion", 6 a "la città incantata", 5 a "Il castello errante di Howl" e 3 al manga di Dragon Ball per valutare 10 l'anime di Lamù, diciamo che ha dei gusti particolari. Ma come detto ci sta, il problema è che semplicemente le argomentazioni sono ridicole.
Forse uno dei più sopravvalutati. Anzi, l'unico suo film sopravvalutato.
Anche se fosse tra i più amati, e non credo lo sia, ci sta che a qualcuno non possa piacere particolarmente, io ad esempio non sono un amante de La città incantata (che ritengo comunque un ottimo filme) che penso sia il film più amato di Miyazaki o comunque quello più conosciuto, capita...Si Alza il Vento di riflesso mi piace tantissimo , lungi da ma far cambiare idea al recensore ma la sua analisi mi sembra troppo sbrigativa, il film non è un semplice riproporsi di Miyazaki nei panni del protagonista, è una lunga storia di sogni e passione per il volo, raccontata nel Giappone dell'epoca con una struggente storia d'amore di contorno con la solita perizia tecnica dello Studio Ghibli, e ancora oggi è tra i miei preferiti dello studio.
vi ricordate che bellooooooooooooooooooo
Va detto che, rispetto alla produzione di Miyazaki, è un film solo per un pubblico adulto, ci può stare che un bambino lo trovi noioso
Prima di leggere i commenti ho pensato la stessa cosa.
Ognuno ha la sua sensibilità e la sua percezione, ma in alcuni casi sembra proprio aver visto due film diversi.
Barakamon è molto carino, ma dev'essere visto con un certo stato d'animo, per come sono io.
L'ho adorato, ma l'ho sospeso perché in quel periodo non era nelle mie corde. Dovrei riprenderlo.
Penso che con queste poche parole tu abbia riassunto perfettamente il mio pensiero (e non solo). Okay, per me quel 6 è un problema, un voto terribilmente basso.
Ma il problema è soprattutto il testo, potrei contestare molte delle cose dette, ma lo avete già fatto voi, per questo vi ringrazio! XD
PS: non sono una fan di Miyazaki, se fa un film orrendo naturalmente glielo contesto.
Eccome se mi ricordo!
Lo aspetto con grande curiosità: non ho ancora visto la serie e sono molto contenta arrivi il manga!
:D tranquillo che è già prenotato in fumetteria… non vedo l’ora!!!
Bellissima recensione e anche quella di & altro bellissimo manga e bravissima autrice
dai è stato troppo carino. ce lo siamo visti in estate, a tema proprio. bello bello.
la serie è davvero bella!
E lo consiglio a tutti. "Barakamon" è un anime bellissimo e questa recensione lo dimostra, no? 😉
vero, vero molto bello.
Non discuto il gusto personale e il voto, discuto le argomentazioni che sono inesistenti, argomentazioni oggettive e l'assenza di passaggi a dir poco fondamentali del film.
a) Nahoko Satomi non è un personaggio che mi abbia preso granché, a parte essere carina e avere l'hobby della pittura. E sacrificarsi per permettere all'amato di svolgere il proprio lavoro senza pensieri., Sicneramente ridurre la figura di Nahoko a "carina che dipinge" vuol dire non essere andati oltre la copertina sopratutto se dopo
b) Interessante Castorp, che di interessante ha solo , l'essere un perseguitato politico aver indovinato che fra i due protagonisti c'era qualcosa. wow.
c) Lo trovo un film che può apprezzare soltanto chi è grandemente appassionato [agli aeroplani] e alla vita di Hayao Miyazaki Cosa c'entra la vita di Miyazaki, non è dato da sapere.
d) Com'è ben risaputo, anche se ad uno sguardo superficiale non si nota, "Si alza il vento" è molto autobiografico [..] è senza dubbio l'alter ego del regista, grande amante di aerei. Miyazaki è figlio di un ing aereonatuico direttore di un azienda che produceva componenti per aerei (certo incluso lo zero, ma in guerra anche la pirelli costruiva maschere antigas per l'esercito), ma Hayao non è ingegnere; ha conosciuto al moglie alla Toei (e non durante un terremoto, poi scomparsa e ritrovata in un luogo di cura) e non credo che la moglie abbia fatto le stesse cose. Quindi bibliografico dove?
e) ha qui completamente messo da parte l'aspetto ambientalista, come se tutti i film di Miyazaki fossero dei manifesti all'ambiente: Lupin, La città incantata, Kiki, Porco Rosso, La collina dei papaveri, Arietty sono proprio così, sì, sì.
f) gli aerei sono strumenti di guerra, ma diventeranno anche dei semplici mezzi di trasporto, per il piacere del viaggio Peccato che il film dica l'esatto opposto, e qui non è pensare con la propria testa, vuol dire aver visto il film.
g) Come sempre, Miyazaki edulcora la realtà e tratta la guerra in maniera puramente concettuale, senza mostrarla. Il film è ambientato PRIMA della guerra, quindi un po' difficile mostrare qualcosa che non c'è. E le scene del dopo mostrano eccome la guerra, perché mostrano una città distrutta e le carcasse degli zero. Ancora, bastava aver visto il film. Poi, "come sempre edulcora la realtà". Considerando che tutti i film fatti sono opere di fantasia, cosa dovrebbe edulcorare? Ah già, forse la lebbra, le amputazioni della principessa Mononoke, dove in una scena un soldato viene decapitato da una freccia, o quando in Porco Rosso si parla della guerra. Già proprio edulcorata. Come sempre d'altronde.
h) Il film non considera minimamente quanto gli aerei inquinino l'atmosfera, aggravando l'effetto serra. Seriamente? E perché avrebbe dovuto farlo? Quando nello stesso periodo qualsiasi cosa andava a carbone, nafta e altre cose simili? Pensa che nemmeno in porco Rosso lo fa, quindi film da 6 anche quello.
Certo, ma è un aspetto che non mi interessa. Ho visto personaggi femminili molto più interessanti per quanto mi riguarda. Sono obbligato a esserne interessato?
Scusa, ma decidi tu cosa dev'essere interessante e cosa no?
Nel personaggio di Jiro Horikoshi, Miyazaki ha messo molto di sè. Basta guardarlo, il film
Perdonami, cosa vuol dire "bibliografico"? Non è una parola che ho usato nella mia recensione.
Quindi? E' vietato fare questa osservazione?
A me piace Princess Mononoke, parlare del problema ambientale è una delle cose che Miyazaki ha saputo fare meglio.
Che film hai visto? Dove è stato detto l'esatto opposto?
Opere di fantasia... sì, ok, quindi vuoi dire che anche il film di Barefoot Gen è tutta fantasia e non ha nessuna relazione con la realtà?
Miyazaki pone l'intrattenimento al di sopra di ogni altra cosa nei suoi film, e questo non mi piace. Deve piacermi?
Infatti nella recensione dico che all'epoca in cui è ambientato non c'era la stessa sensibilità per l'inquinamento che abbiamo oggi, e che da quel punto di vista è comprensibile che il film non abbia trattato l'argomento.
Resta il fatto che se mi presenti l'idea di rendere l'aereo un mezzo pacifico per fare viaggi di piacere come il sogno di un radioso futuro, permettimi di dire che a me interessa fino a un certo punto.
Però nel momento in cui dici che le "argomentazioni sono ridicole", dovresti anche spiegare cos'hanno di ridicolo. Altrimenti rischi di fare la figura del fenomeno senza aver capito. L'aggettivo "ridicolo" mi sa di persona che si dà un certo tono e che si sente più in alto degli altri. Qual è la tua storia?
4 mesi per replicare dice tutto.
Quattro mesi per replicare dice che ho cose più importanti da fare che stare dietro a certe ca*ate.
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