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Quando un appassionato di anime trova, per caso o dopo accurata ricerca, una serie veramente bella, e la conclude amandola, spesso poi sente di un seguito, e tremando si chiede: “Ma sarà all'altezza? Rovinerà tutto? O rivivrò la serie una seconda volta?” La prima stagione di Spice and Wolf è effettivamente una serie veramente bella; la seconda? Si e no.

Molti punti di forza dell'anime rimangono: rimangono i dialoghi curatissimi, la fantastica Horo, l'ambientazione dettagliata e le spiegazioni mercantili. Rimane anche la lentezza e la suddivisione in archi narrativi. Tuttavia l'alta qualità non è costante e scade particolarmente nella seconda metà.
Possiamo dire questo: la prima serie era un mix equilibrato di vari elementi, la seconda è superiore alla prima per alcuni aspetti, per altri le è inferiori. Infatti questa seconda stagione contiene contemporaneamente il migliore ed il peggiore arco narrativo di Spice and Wolf. Il migliore, quello di Amati, il peggiore, quello delle pelli.

Il primo è il migliore perchè il mix di sentimento, commercio, ambientazione è perfetto. Di qualità nettamente superiore anche alle precedenti. Sentimento, in quanto troviamo la prima litigata “seria” tra Horo e Lawrence, e un rischio di separazione volontaria, non causato da improbabili situazioni. Dialoghi fantastici, per la cronaca. Commercio, perchè troviamo quello che potremmo definire una borsa valori e manovre speculative ante litteram (simpatiche le citazioni di macroeconomia, ma non fateci troppo affidamento, sono un attimo arcaiche), inoltre si rende bene il rischio di perdere tutto.

L'ambientazione è forse la parte migliore, e cito tre caratteristiche eccellenti: il carnevale, gli alchimisti, la fiera. Il carnevale sembra un vero rimando a nostro Paese e alle festività comunali (specie per le processioni, meno per i feticci); gli alchimisti sono un'aggiunta simpatica, ovviamente sono ancora più accattivanti in funzione del contrasto con l'onnipresente e potentissima Chiesa, e inoltre è mostrata l'unica altra creatura soprannaturale con sembianze umane di tutta la serie; infine, il tipico mercato medievale con ogni merce e feste di fiera. Tutto questo mi sembra sufficiente a mostrare che perlomeno gli autori di Spice and Wolf si sforzino, non dico di essere originali, ma almeno fedeli nel ricreare l'atmosfera del periodo.

Il secondo arco narrativo è l'altra faccia della medaglia. Ci avviciniamo al Nord, la città è cupa, in attesa di un verdetto cittadino. Proviamo un confronto utilizzando le medesime qualità del primo arco: sentimento, commercio, ambientazione. Sentimento è incostante: ci sono occasionali battute interessanti, ma siamo, a mio parere, sottotono. Inoltre Horo è particolarmente volubile, paventando una decisione sofferta, poi inconsistente, proprio verso la fine. Il legame si rafforza, ma non sembra ci siano veri motivi perché ciò accada, specie per il cambiamento di Lawrence (motivi deboli). Circa il commercio andiamo un po' meglio, la via per il profitto qui è piuttosto originale, ma non si capisce perchè Lawrence, alla luce del cambiamento, accetti di fare quel che fa ad Horo.

L'ambientazione è pessima: capisco che al Nord le città siano cupe, perdipiù è autunno, ma non c'è motivo di mostrare case tutte identiche, un'atmosfera in generale deprimente, e nessuna caratteristica tipica, se non consideriamo una chiesa a malapena accennata. Aggiungo un parametro: i personaggi. Nel primo arco sono di più e ben caratterizzati, nel secondo sono mediocri e solo tre. Mi sembra evidente il risultato del confronto, ma questo ovviamente non significa che la qualità scenda mai troppo, solo si abbassa vistosamente.

In conclusione, siamo di fronte ad un degno seguito, anzi, particolarmente degno nella prima metà, meno degno nella seconda: ma comunque imperdibile per gli amanti della fantastica Horo!