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Attenzione: la recensione contiene spoiler

"Elettroshock Daisy" è uno shojo, ma è lontano dai canoni soliti del manga d’amore. Certo c’è una love story, una ragazza energica che deve scoprire cosa significa amare, un ragazzo figo che ha bisogno di essere salvato, ma questa è solo la parte superficiale di un piccolo capolavoro. Forse è un’esagerazione, ma dopo aver letto tanti shojo tutti uguali, "Elettroshock Daisy" è un’ottima rottura dei canoni classici, a partire dalla protagonista stessa.

Teru ha avuto molti problemi nella sua vita che ha sempre affrontato a testa alta, è una persona forte e determinata a cui non piace piangersi addosso, ma al tempo stesso non fa di questo tutta la sua personalità e non viene ridotta al suo ruolo di “ragazza forte ed esuberante”. Spesso nel corso della storia Teru, come anche Kurozaki e gli altri personaggi, si ritrova davanti a situazioni particolari che richiedono un’analisi della situazione e dei suoi sentimenti riguardo a quello che sta accadendo, il che la rende un personaggio a tutto tondo e soprattutto realistica. Teru è un personaggio che fallisce, lei stessa si divide tra il definirsi una “brava ragazza o una cattiva ragazza” e questo è sviscerato nel corso dell’ultimo arco narrativo, quando non vuole salvare Akira; sa che la morale vorrebbe che si provasse a salvare qualsiasi vita e lei vorrebbe credere in questo con tutte le sue forze, ma non può fare a meno di vedere Akira come il ragazzo che le ha causato tanto dolore e sa che questo la rende egoista.

Il personaggio di Kurosaki, e una buona parte della trama, gira attorno al concetto di “peccato” e di “perdono”. Uno dei momenti più emblematici è sicuramente quando Soichiro chiede a Kurosaki di usare il nome di Daisy e stare a fianco di sua sorella e, soprattutto, di non dimenticare mai il peccato che ha commesso. Con questo Soichiro si riferisce alla creazione del virus Jack Frost e al suo successivo recupero, ma quello che diviene chiaro con il passare dei capitoli è che il non dimenticare il peccato serve perché questo deve essere accettato e perdonato e deve rimanere come monito per il futuro.

I personaggi sono uniti da relazioni credibili e fondate su basi solide. Nulla viene trascurato e i momenti di riflessione sono forse quelli che risaltano di più e aiutano il lettore ad entrare in sintonia con la storia e i suoi protagonisti.
Particolare è anche il rovesciamento dei cliché adoperato dall’autrice. In una commedia con un pretesto di trama come questo, in cui ci sono segreti tra i due protagonisti, sarebbe stato facile inserire degli equivoci per creare situazioni comiche e/o drammatiche tra i due, ma Motomi sfrutta questi momenti per mostrare che i suoi personaggi sono pensanti e non qualche stereotipo irrealistico. Quando Akira invia la mail dal telefono di Teru ad esempio, sarebbe stato facile lasciare che Kurosaki si arrabbiasse e non credesse a Teru, invece questo momento è stato sfruttato per approfondire il suo personaggio e raccontare il passato del team Kurebayashi.
E, a proposito del team Kurebayashi, la trama è interessante e spinge a voler continuare a leggere fino alla fine per scoprire anche l’ultimo dei segreti. Si parla di hacker e crimini informatici e di segreti nazionali pericolosi per il mondo, qualcosa che sembra estraneo ad uno shojo, ma che funziona benissimo "in combo" con i drammi personali dei protagonisti. Unico neo da questo punto di vista è il finale forse un po’ troppo veloce, soprattutto nel cambio di atteggiamento di Akira dopo il salvataggio.
Altri punti forti di questo manga sono sicuramente le scene comiche che strappano un sorriso anche nei momenti di massima tensione della trama, come nel finale con Teru svenuta solo perché aveva fame. Anche le gag ricorrenti rimangono impresse nella memoria e fanno sorridere ogni qualvolta vengano usate, ad esempio “diventa pelato Kurosaki” e “l’attacco dell’ombelico”, che con piccole variazioni ricorrono spesso. Teru e Kurosaki sono due fonti inesauribili di gag comiche e insieme hanno una chimica che è difficile da ritrovare altrove.