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"La forma della voce" mi fa percepire il peso di avere un'onestà intellettuale.

Non perché sia una tematica trattata dal film, ma perché di base questo film lo odio: odio i suoi fan, molti dei quali lo apprezzano solo perché hanno disprezzato "Your Name.", uscito lo stesso anno; odio i suoi personaggi, che vorrei perlopiù veder morti; odio il fatto che, di base, sia un film che parla di un ragazzo che riscopre l'amore per sé stesso frequentando le stesse persone che gli hanno causato quell'odio che prova, e che non sono cambiate tanto nel corso degli anni.
Soprattutto, odio che tale odio non derivi dalla qualità del film, ma solo da ciò che esso rappresenta quando, guardandolo, mi son ritrovato a dover confrontare la visione dell'animo umano descritta dal film, con quella che ho maturato esperendo l'umanità che mi ha circondato, e con cui sono cresciuto.
"La forma della voce" non è un film offensivo, ma è un film che mi offende.

Per fortuna, non tutti sono come me.

Partiamo dal principio.
Questo film parla di Shouya Ishida, un ragazzo "vivace" che, a seguito dell'arrivo di una bambina sorda, Shouko Nishimiya, inizierà a giocarle brutti scherzi, nonostante il tentativo di lei di familiarizzare, e questi spesso sfoceranno nell'eccesso causando, tra le varie cose, il danneggiamento di molti apparecchi acustici di Nishimiya.
Questo porterà Ishida a subire lo stigma di essere considerato un bullo, maturando un profondo senso di colpa che lo porterà a odiare sé stesso e ad avere difficoltà nell'approcciarsi agli altri. Crescendo, Ishida si ritroverà a rincontrare Nishimiya e i suoi vecchi compagni di classe, e il film racconterà del suo doversi rapportare con gli altri, e dell'evolvere e del cambiare del suo animo, e anche di quelli che lo circondano, a causa di ciò.

Di questo film devo dire che apprezzo molto il suo essere una prospettiva interessante, e sicuramente ben costruita, sul bullismo e sul mondo psicologico di un bullo. Non si deumanizza la sua figura, rendendolo un semplice "cattivo", come accadrebbe in una classica storia scolastica, ma si prova a esplorarla, ad analizzare il peso psicologico a lungo termine di un tale stigma (un peso ancora più pesante nella società giapponese, famosa per avere un vero e proprio culto del dover mantenere un'apparenza rispettabile), e lo fa senza dar luogo ad apologie o banalizzazioni di sorta.
Non negherò quindi né la qualità molto alta di questa storia né l'incredibile abilità necessaria per scriverla così bene - tuttalpiù, provo genuina invidia per tale capacità narrativa, vuoi che siano proprie dell'autore originale (non ho letto, in nessuna forma, l'opera originale) o di chi l'ha trasposta per adattarla al medium cinematografico.

Non negherò a questo film neanche il riconoscimento dell'estrema bellezza del suo comparto tecnico, con la sua fotografia luminosa e la grande personalità nei design dei suoi personaggi. Oltre alla bellissima colonna sonora, e le scelte registiche capaci di rendere molto potenti determinati momenti, soprattutto il finale.

Come ho cercato di far intendere, se il film mi è diventato inviso, non è per la sua qualità, che riconosco essere molto alta, né per i suoi messaggi, che non sono né negativi né discutibili, ma per l'ideale che caratterizza tutta l'opera.
Una visione, appunto, idealizzata dell'animo umano, che ne riconosce la complessità, ma che sembra non contemplare che tale complessità può tranquillamente associarsi con la mediocrità. Tutti i personaggi nel film, quindi, sono stati scritti con una forte fede nella ricchezza umana: sono figure piene di intelligenza e sensibilità, capaci di comprendere immediatamente lo spettro emotivo degli altri quando vi sono vicini, e di comunicare il proprio al meglio. Il che, chiaramente, non li rende tutti "buoni", ma se fanno cose discutibili o anche solo antipatiche, c'è sempre il leitmotiv di fondo del fatto che sono umani, ed è nella natura umana sbagliare ed essere imperfetti.
Una visione che fa molta gola agli artisti, e a molti che vogliono fare i raffinati senza esserlo davvero, tant'è che diventa la chiave di volta per farsi considerare "opere profonde" da determinate frange di community ("Cowboy Bebop", "Ping Pong - The Animation"... tutte opere che parlano dell'animo umano in questo modo), ma che è in pieno contrasto con quello che è stato il mondo secondo la mia esperienza.
La realtà, secondo me, è che la complessità umana è per molti il veicolo per la mediocrità: è troppo complicato cercare di comprendere gli altri e noi stessi, quindi molti agiscono basandosi solo sulla propria emotività, sui propri istinti primordiali o sui propri interessi, non facendosi problemi ad essere crudeli o insensibili molte volte. Di questi, solo pochi si pentono.
L'intelligenza emotiva richiede, appunto, intelligenza; la maggior parte delle persone è stupida.

Non nego che tale visione funzioni nel contesto del film (e infatti non la giudico un difetto), ma essa non mi permette di apprezzarlo.
Tuttavia, apprezzare e rispettare sono due cose diverse: rispetto "La forma della voce", ne so riconoscere tutte le qualità, e rispetto che sia piaciuto a molti, ma non lo apprezzo.
Tutto qui.

Auf wiedersehen!

P.S. Mamma mia, che depressione questa recensione. Nicola, non ti riconosco! Di' qualcosa di cinico!
Lo farò subito!
"Will Hunting - Genio ribelle" è un film migliore di questo.