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La mia storia con la corsa inizia nella primavera del 2020, in piena pandemia di COVID-19. La paura per questa malattia sconosciuta, proveniente da oltreoceano e che ogni giorno faceva troppi morti, ci obbligava tutti a casa, e solo pochi eletti avevano il permesso di uscire dalle mura domestiche: i lavoratori, coloro che avevano un cane e quelli che correvano. Spinto un po’ dal bisogno impellente di aria fresca, un po’ dal desiderio di buttare giù qualche chilo, iniziai ad allenarmi, rigorosamente con la mascherina al braccio, e, a poco a poco, mi appassionai sempre di più alla corsa. Ancora oggi, infatti, alla cadenza di tre giorni a settimana, il pomeriggio, mi vesto adeguatamente e scendo di casa per fare la mia oretta e un quarto di allenamento. Nel corso degli anni, devo essere onesto, sono migliorato abbastanza e, quello che all’inizio aveva tutto l’aspetto di un effimero passatempo, ha finito col diventare un’autentica passione, qualcosa di cui oggi non potrei fare a meno. Se agli inizi era una sofferenza correre per tanti chilometri, oggi, invece, è un piacere indescrivibile, tranne quando fa così caldo come in questi giorni. Per questo motivo, quando ho scoperto dell’esistenza di un anime dedicato a questo sport stupendo, i miei occhi si sono illuminati e il mio cuore si è riempito di gioia, un po’ come quando, cercando su internet, scovai “Re-Main”, un anime incentrato sulla pallanuoto, altro sport che ho praticato per anni. Con “Run with the Wind”, quindi, è stato amore a prima vista. Dopo averne letto la trama, sapevo che non ne sarei rimasto deluso e, infatti, così è stato.

Tratto dall’omonimo romanzo del 2006 di Shion Miura, “Run with the Wind” è un anime di ventitré episodi mandato in onda dal 2018 al 2019, diretto da Kazuya Nomura e scritto da Kohei Kiyasu, con le animazioni dello studio Production I.G. La storia narra degli eventi attorno all'Hakone Ekiden, una delle più importanti maratone a staffetta universitarie del Giappone. La gara si tiene ogni anno tra il 2 e il 3 gennaio, e i partecipanti devono percorrere Tokyo-Hakone, andata e ritorno, per un totale di 271,9 km. Haiji Kiyose, all'ultimo anno dell’università Kansei, è in cerca del "decimo uomo", il decimo coinquilino che completi lo studentato in cui vive, il “Chikusei-so”. Una sera, incrocia Kakeru Kurahara, un ex corridore d’élite al liceo, inseguito per aver rubato del cibo. Kakeru corre veloce come il vento, Haiji ne rimane folgorato e decide che sarà lui il decimo uomo della sua eterogenea squadra, così lo trascina a conoscere gli altri otto coinquilini, nonché la mascotte di casa, il cane Nira. Ha così inizio uno degli exploit sportivi più belli della storia dello spokon giapponese.

La storia prende le mosse dall’incontro casuale e fortuito, a riprova del fatto che il destino tesse le sue trame sempre in silenzio, tra Haiji Kiyose e Kakeru Kurahara. Haiji è un tipo eccentrico, sempre sorridente, dotato di un’arte della persuasione da fare spavento, tant’è che i suoi stessi amici lo definiscono un orco. Da ragazzo ha praticato l’atletica, fino a quando un brutto infortunio al ginocchio non lo ha costretto a fermarsi per diversi anni. Haiji ha sempre avuto un sogno: partecipare all’ekiden di Hakone. Arrivato al quarto e ultimo anno universitario, ha quasi perso le speranze, finché non incontra il suo uomo del destino, Kakeru, uno studente al primo anno di sociologia, molto chiuso in sé stesso e diffidente nei confronti delle altre persone. Kakeru è un asso della corsa, che ha praticato durante il primo biennio del liceo con ottimi risultati, ma, durante il terzo anno, qualcosa ad un certo punto è cambiato, e di lui, in ambito sportivo liceale, non si è più sentito parlare. Nonostante le sue notevoli doti atletiche, decide di iscriversi all’università Kansei, certamente non rinomata per i suoi risultati sportivi, dove, però, fa la conoscenza di Haiji. È dall’incontro tra questi due che si innesta la storia avvincente, coinvolgente ed emozionante di “Run with the Wind”, che, più di ogni altra cosa, può contare su un ventaglio vastissimo di comprimari, il vero punto di forza dell’anime.

Shindo, lo studente modello del Chikusei-so. È stato il primo a farsi convincere da Haiji a dare una possibilità alla corsa. La sua dedizione all'allenamento deriva, originariamente, dal desiderio di ispirare e impressionare la sua famiglia, ma alla fine diventa qualcosa di completamente suo. Shindo è dotato di uno spirito ardente e indomabile, perché, quando decide di fare una cosa, la porta a termine, non importa a quale costo.
Ouji, un incallito appassionato di manga, studente al secondo anno di lettere. Avendo trascorso tutta la sua vita chiuso in casa a leggere fumetti, la resistenza fisica non è per nulla il suo forte. Inizia con riluttanza il percorso che porta ad Hakone, ma dopo aver trovato ispirazione nei suoi compagni di squadra, disposti ad aiutarlo in qualsiasi modo, Ouji riesce a spingersi oltre i suoi limiti, sorprendendo tutti, spettatore compreso. Parlando di lui, bisogna inoltre sottolineare il grande lavoro fatto dal suo doppiatore, Miyu Irino, bravissimo nel rendere questo personaggio perfettamente distinguibile sin dalle prime battute dell’anime.
Joji e Jota, i due gemelli indistinguibili e inseparabili, che al liceo praticavano calcio. Quando scoprono che, grazie alla partecipazione all’ekiden di Hakone, potrebbero diventare famosi e popolari tra le ragazze, si lasciano facilmente convincere da Haiji. Ad un certo punto, il più “basso” dell’anime, i due gemelli hanno dei ripensamenti difficili da comprendere, almeno per il sottoscritto, ma tornano subito sui propri passi.
Yuki, studente al quarto anno di giurisprudenza, che ha già superato l’esame di abilitazione alla pratica di avvocato. Un autentico genio. Yuki, insieme ad Ouji, è il più riluttante ad iniziare il duro percorso stabilito da Haiji, fatto di allenamenti ad ogni ora del giorno, ma quando tutti si fanno coinvolgere, non può certamente tirarsi indietro.
Musa, sensibile ragazzo di origine africana, continuamente “discriminato” perché nero e, quindi, secondo molti, dotato per genetica di incredibili qualità atletiche. Musa è gentile e serio, e supporta i suoi compagni di squadra in qualsiasi momento. Effettivamente, dimostrerà di essere uno dei più portati per la corsa.
King, studente al quarto anno di sociologia, per questo alla continua ricerca di lavoro, questione che lo tormenta quotidianamente. Autentico fanatico dei quiz, passa le notti sveglio a guardare programmi di questo genere. Protagonista, probabilmente, del miglior approfondimento psicologico dell’intera serie, ci insegna che essere indispensabili per qualcuno è fonte di grande motivazione.
Nico, anche conosciuto come Nico-senpai, in quanto studente fuoricorso e, per questa ragione, il più grande trai suoi compagni. Prima di entrare alla Kansei, ha corso in pista durante il liceo, ma ha smesso a causa del suo allenatore. Entrato all’università, ha iniziato a fumare, ma quando Haiji gli propone di correre ad Hakone, coglie questa seconda opportunità al volo, cambiando così il suo stile di vita.

È soprattutto nei rapporti che si instaurano tra questi personaggi che risiede la grandezza di “Run with the Wind”, serie che ho adorato sin dal primo episodio e che, nonostante i diversi impegni, ho finito nell’arco di una decina di giorni, sintomo di enorme gradimento. Insieme, i ragazzi si allenano duramente, avendo come grande obiettivo la partecipazione all’ekiden di Hakone. Come al solito, lo sport diventa il mezzo, e mai il fine, di cui servirsi per un lento e costante processo di emancipazione interiore. La corsa non cambia i ragazzi solo nell’aspetto, non li costringe soltanto ad adottare un diverso tenore di vita, ma li cambia dentro, profondamente, migliorandoli. La staffetta è uno sport di squadra, che insegna ai ragazzi a lavorare insieme, cosa che prima non avevano mai fatto, soprattutto Kakeru, che sperimenterà, per la prima volta in vita sua, la gioia di fare il tifo per i propri compagni e anche la delusione per un loro insuccesso. Gli allenamenti quotidiani, mattutini e pomeridiani, talvolta anche serali, insegnano ai ragazzi il significato della parola sacrificio, perché si può raggiungere la propria meta solo a patto di mettercela tutta. Certo, i ragazzi centrano sempre gli obiettivi principali che si prefiggono e il loro exploit sportivo procede a una velocità quasi irreale, e, in questo, l’anime adotta una visione un po’ troppo positiva dello sport, perché niente, secondo me, forgia come gli insuccessi, ma il messaggio di fondo resta stupendo: i sacrifici pagano sempre. La corsa, come metafora di vita, consente ai ragazzi di scavare nel profondo del proprio animo, in modo da conoscere meglio sé stessi e, di conseguenza, anche gli altri. Lo sport si presenta in tutta la sua magnificenza come momento di aggregazione, da cui possono nascere profonde amicizie o sane rivalità, insegnando che in realtà non esistono vincitori e vinti, perché ognuno può porsi un traguardo diverso da raggiungere, che può coincidere o meno con quello canonico. La vittoria non è in alcun modo l’unica cosa che conta, perché la bellezza vera, pura e genuina risiede nel partecipare a una competizione, qualsiasi essa sia, con gli amici e le persone a cui siamo legati, nel divertirci con loro e nel creare, in questo modo, dei ricordi indelebili.

E, quindi, alla fine della corsa, come bisogna rispondere a tutte le domande che i ragazzi hanno posto ad Haiji nel corso della serie? Cos’è la corsa? Cosa significa correre? Qual è il traguardo, se ce n’è uno? Qual è la vetta e cosa c’è oltre di essa? Le risposte a queste domande non ce le dà nessuno, perché, per trovarle, bisogna continuare a correre, in parole ancora più semplici, bisogna continuare a vivere.