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Attenzione: la recensione contiene spoiler

"Tre cose non si recuperano: la parola data, il tempo sfuggito e l'innocenza perduta".

E venne il giorno di visionare e recensire un'opera che nel bene e nel male arrivò sugli schermi oramai quasi quindici anni fa a destare a suo modo l'attenzione dall'abitudine a una serie infinita di storie piuttosto simili su streghette, maghette, eroine e affini.
"Puella Magi - Madoka Magica" è serie originale di dodici episodi prodotta dallo Studio Shaft, sceneggiata da Gen Urobuchi (già apprezzato per "Black Lagoon" e Psycho-Pass) e diretta da Akiyuki Shinbō (tra quelle viste, "Bakemonogatari", "Arakawa Under the Bridge" e "Un marzo da leoni").

Dalla collaborazione di questi due, potrei facilmente sostenere a posteriori che non poteva non nascere qualcosa di particolarmente controverso, originale e anche un po' visionario e folle, prendendosi la responsabilità di snaturare o, meglio, come scriverebbero gli esperti di anime, "decostruire" un genere che fin dagli anni '70 del secolo scorso, con il periodo di maggior successo nelle due decadi a cavallo del 2000, aveva prodotto una serie piuttosto nutrita di animazioni ascrivibili al genere definito maho shojo o majokko. Data la mia età, posso scrivere che del genere mi è capitato di vedere da bambino "Bia, la strega della magia", "L'incantevole Creamy" o "Magica Emi", ma ammetto di non aver mai visto, ad esempio, "Sailor Moon".

Ero un po' titubante sull'affrontare la visione di "Puella Magi - Madoka Magica", in primis perché il genere majokko non mi ha mai fatto impazzire. Tuttavia ero incuriosito da quest'opera grazie alla lettura in rete di qualche commento, rimanendo intrigato dalle osservazioni sia sulla trama sia sul come è stata sviluppata dal punto di vista grafico e musicale.

Tutto sommato, devo ammettere che, pur non ritenendolo un capolavoro assoluto dell'animazione, questa serie è un mix (non sempre ben amalgamato, equilibrato e approfondito) di temi che rendono "Puella Magi - Magica Madoka" una sorta di metafora dell'innocenza perduta.

Sulla trama credo che sia stato scritto di tutto e in modo piuttosto esaustivo: l'ossatura della serie è costituita non tanto dalle lotte delle maghe, che dovrebbero rappresentare il bene, contro le streghe, che ovviamente rappresentano il male, quanto dal percorso motivazionale e di selezione che conduce alla trasformazione di normali studentesse delle scuole superiori in maghe dotate di poteri soprannaturali operata da un fantomatico e novello "Mefistofele" (dalle fattezze di una specie di felino molto kawaii e di nome Kyubey), che propone alle prescelte di trasformarle in maghe, affinché lottino contro il male (rappresentato dalle streghe) in cambio della realizzazione di un loro desiderio, qualunque esso sia.

È molto evidente la suggestione e il parallelismo con il Doktor Faust della tradizione popolare tedesca e poi protagonista del capolavoro di J.W. Goethe: vende l'anima per pervenire alla conoscenza assoluta. Nel contesto di "Puella Magi - Madoka Magica" si vola un po' più in basso, fortunatamente: in cambio del rischio di morire nella lotta contro le streghe, l'eletta ottiene in cambio la realizzazione di un proprio desiderio.
Quali potrebbero mai essere i desideri irrinunciabili di una adolescente? Da quello che si vedrà nella serie, escludendo quello della protagonista Madoka, non si tratta fortunatamente di desideri ontologico-metafisici, ma molto più concreti, contraddistinti da una logica definibile "one shot", sebbene comunque anche "altruistici" e, in generale, a fin di bene non solo per l'interessata.

Ciò che invece rappresenterebbe l'elemento di rottura è il modo come le maghette vengono arruolate dall'ineffabile Kyubey: le interazioni in cui lui irretisce le ragazze, facendo leva sui loro punti deboli e le loro aspirazioni, utilizzando un'arte oratoria tanto suadente e furba quanto omissiva nei dettagli di cosa comporterà per loro la trasformazione in maghe, è, al netto dei concetti espressi, molto laida e viscida, tanto da creare un forte contrasto tra l'immagine 'pucciosa' e carina delle sue fattezze esteriori con la spregevolezza dei suoi comportamenti da adescatore di ragazzine, facendo leva sulle loro debolezze e insicurezze.
Per certi versi, Kyubey mi ha ricordato un po' Pennywise di "It": non è di sicuro un predatore sadico come il clown, ma un manipolatore che usa le sembianze più carine possibili e accattivanti per le ragazze, e che mente almeno inizialmente sulla sua vita e sulle sue origini, per far avvicinare le ragazze, per poi giungere allo scopo per cui gli umani con le loro emozioni alimentano l'universo e delle entità non umane, infischiandosene se poi le maghe muoiano. Il tutto è giustificato dalla sua sopravvivenza, che cerca di perseguire con il suo piglio ieratico, imperturbabile, cinico, utilitaristico e, pertanto, oltremodo disturbante.

Una volta realizzato l'inganno, per le maghette iniziano i rimpianti della condizione di libera determinazione perduta con il raggiro omissivo di Kyubey. La loro condanna a doversi far carico della salvezza dell'umanità dalle streghe (dal male) le porterà a trasformarsi a loro volta in streghe, per non essere riuscite a dominare a loro volta il male che covano dentro o a morire in scontri piuttosto duri e sanguinosi.

Quindi, di quel mondo un po' frivolo e ingenuo, composto da commedia-fantasy-fantascienza con i classici temi romantici e sentimentali, non vi è quasi traccia in questa serie, sebbene anche "Puella Magi - Madoka Magica" continui in apparenza a "giocare" sul classico contrasto intrinseco delle protagoniste, che oscillano tra l'essere sempre ambigue tra forza e piglio maschile nei combattimenti, e dolcezza e ingenuità femminili, tra l'essere quasi infantili nei ragionamenti e discorsi, e la maturità di farsi carico di immani sacrifici.

Ciò che contraddistingue la serie è il contrasto tra bene e male che, anziché manifestarsi nella classica polarizzazione dei personaggi (maghette solo bene e streghe solo male), si manifesta nella psicologia intrinseca delle protagoniste e nelle interazioni tra coloro che sarebbero deputati alla difesa del bene. Questo è sicuramente il quid novi, che tuttavia non sarebbe sufficiente a colpire lo spettatore, che si attenderebbe le classiche ragazzine che con un colpo di bacchetta magica trasformano il cattivo di turno in un fiorellino.
È il world building cupo e l'atmosfera quasi gore, psichedelica, onirica e astratta nei combattimenti che rende questo anime una sorta di downward spiral in cui le maghette tendono a sprofondare nei loro incubi, nelle loro sofferenze, nelle loro insicurezze e in generale nel rimpianto di aver rinunciato alla loro fanciullezza, per essere all'improvviso catapultate in un mondo che non capiscono e probabilmente non vorrebbero più vivere. Qualcuno potrà percepire metaforicamente il dramma (se così definibile) del passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza e poi all'età adulta...

Scrivevo del comparto tecnico visivo e musicale: entrambi contribuiscono, e di molto, a rendere questo anime molto originale, grazie alla rappresentazione delle streghe come entità astratte, disegnate come un quadro cubista. Non c'è alcuna descrizione della realtà metafisica in cui si muovono le maghe nel momento in cui affrontano le streghe: l'ambientazione è scomposta in piani, forme geometriche e oggetti colorati, senza prospettiva o profondità in una visione frammentata e geometrica. Il tutto è scomposto in forme essenziali con una rappresentazione quasi caleidoscopica, in modo da rappresentare diverse angolazioni simultaneamente, che contrastano parecchio con la rappresentazione carina e dettagliata delle maghette in versione da combattimento. A tratti sembra di vedere a due animazioni indipendenti e semplicemente sovrapposte in un'antinomia creativa. E per darsi pure un tono "artistico" si intravedono frame in cui mi è parso di vedere una parte del quadro "Guernica" e anche il particolare degli affreschi della Cappella Sistina al Vaticano.
Il comparto sonoro rappresenta l'altro punto di forza, con musiche che spaziano dal medievale al folkloristico al tribale, inframmezzato dalle stridule vocine carine delle ragazze nei combattimenti.

"Puella Magi - Madoka Magica" tuttavia pecca di alcune forzature di trama che abbassano il livello di valutazione: in primis l'evoluzione repentina finale della protagonista Madoka. Un cambiamento tanto repentino quanto difficile da intuire nel corso degli episodi, che trasforma l'impacciata, indecisa e timida studentessa in un'entità astratta panteistica che si sacrifica per salvare le maghe di tutta la storia umana. In questa weltanschauung mi è parso di percepire vibe alla "Serial Experiments Lain".
In secundis, la scoperta della natura del micetto Kyubey, che passa dal magic-fantasy a quella sci-fi aliena, mutuando alcuni concetti della saga "Matrix".
In terzo luogo, i viaggi nel tempo di una delle protagoniste (Homura) che richiamano un po' i classici "Back to the Future" o "Edge of Tomorrow" nei loop temporali.
Troppi "deus ex machina" che, per la brevità della serie e senza un adeguato percorso introduttivo, tendono solo a spiazzare, dando l'impressione di appiattire la trama e i personaggi sull'altare del raggiungimento del finale mistico con venature agrodolci.

"Puella Magi - Madoka Magica" resta a mio avviso comunque un must watch dell'animazione. E il percorso del coming of age delle protagoniste Madoka, Homura, Sayaka, Kyoko e Mami sembra lasciarci pure una sorta di perla di saggezza: "Non fare dei tuoi sogni un desiderio, fanne una scelta. Fa la differenza".