Nell'ultima edizione di Lucca Comics & Games abbiamo avuto modo di incontrare Satsuki Yoshino, celebre per essere l'autrice di Barakamon e ospite della fiera lucchese per Goen.
Noi di AnimeClick l'abbiamo seguita in una sua apparizione pubblica e abbiamo avuto l'onore di partecipare ad un'intervista esclusiva che trovate più in basso.
Showcase
La sensei ha avuto modo di partecipare ad un interessante showcase nella quale non si è solamente limitata a fare uno sketch di uno dei suoi personaggi, ma ha addirittura composto un'intera tavola, mostrandoci le sue tecniche di lavoro, come struttura la vignetta, come inchiostra e come alla fine applica i retini. L'autrice ci ha deliziati raccontando anche alcuni aneddoti legati alla stesura di Barakamon e alla sua vita da mangaka.
Comincia questo showcase che su richiesta della Sensei avrà questo tipo di andamento: alterneremo momemnit in cui verranno fatte le domanie e momenti in cui l'artista disegnerà.
Questa prima domanda, che poi in realtà ne aprirebbe molte altre, è su di un manga, Barakamon, che ha questi due grandi poli: uno è la calligrafia, come forma di d'arte e d'espressione, e l'altro è la vita su una piccola isola, un piccolo villaggio con un contesto sociale molto diverso rispetto a quello delle grandi città.
La sensei parla di queste due cose in modo molto preparata e anche in modo molto diretto. L'isola di cui parla è l'isola in cui lei è nata e ha vissuto, per cui vorrei sapere se anche sulla calligrafia ha un'esperienza diretta e se la pratica.
Sì, io da piccola in realtà ho studiato Shodo, tant'è che vivendo in un piccolo villaggio, tutti i bambini andavano a studiare calligrafia. Il manga risente molto della mia esperienza personale.
Anche le persone che lei rappresenta nel suo manga, tutti i vari abitanti del villaggio, sono il ritratto di qualcuno che è esistito veramente?
Sì, è così. Ci sono dei miei amici, lo stesso insegnante di calligrafia, che è in realtà un mio parente, e poi tutte le altre persone sono abitanti del villaggio. Io però non ci sono. C'è in effetti un mangaka, che però ha una certa età, e di conseguenza non posso essere io.
Anche nella realtà sono presenti dei bambini così vivaci?
No in realtà per Naru, non ho avuto un modello vero e proprio, però mi ha ricordato un po' la mia gioventù, di quando sono stata bambina anch'io e dei miei amici. Per cui ho messo insieme tutte quelle esperienze e le ho raccolte in questo personaggio.
Sarebbe molto meglio trasferirsi in un'isola, in un piccolo villaggio come quello, per ritrovare una dimensione più umana di vita. Anche questo aspetto si basa sulla sua esperienza di vita, magari fatto all'opposto? Lei è partita dal piccolo villaggio ed è arrivata in una grande città, incontrando un modo di vivere molto diverso rispetto a quello a cui era abituata in precedenza. Anche lei ha provato la stessa sensazione del protagonista del manga ma, magari, facendo il percorso inverso?
No, solo una volta sono andata fuori dal mio villaggio, dalla mia isola. Però ho sempre vissuto in un altro villaggio vicino, quindi mi sono spostata praticamente da un villaggio ad un altro villaggio dove i rapporti umani erano molto calorosi. Non ho questa esperienza di vivere in una città grande come per esempio Tokyo. Per cui non è solo un racconto di isolani, ma di un vero e proprio villaggio dove si stringono importanti e profondi rapporti umani. Questo è quello che vorrei raccontare e spiegare a tutti.
Direi che ci riesce benissimo. E mi piacerebbe tantissimo venire a vivere lì.
Sono veramente contenta di sentire questo. Grazie
C'è stata una sua esperienza personale nello specifico o un episodio della sua vita che ha poi deciso di inserire all'interno del manga?
Sì, diciamo gli eventi climatici: il tifone. Il Giappone è tutto fatto di isole e sulle piccole isole, soprattutto, si abbattono tantissimi di questi tifoni. Per questo motivo ho cercato di riportare la mia esperienza diretta, cercando di mostrare bene col disegno sia il vento sia tutto quello che comporta avere a che fare con un evento climatico così potente. Nella vita vera, ogniqualvolta si verificano eventi climatici di questo tipo, noi ci riuniamo e stiamo vicini, cercando di affrontarlo e superarlo in qualche modo tutti assieme.
Per cui di nuovo sono i rapporti umani la caratteristica forte della vita di questi piccoli villaggi.
I rapporti umani sono molto, molto importanti quando uno vive in un contensto del genere.
In Italia non ci sono città così densamente popolate, tant'è che nemmeno Roma o Milano contano milioni e milioni di abitanti come le grandi capitali europee. La popolazione italiana è distribuita su una quantità enorme di piccoli centri abitati e di piccole città di provincia. Per cui contesti piccoli di questo tipo noi italiani li capiamo bene.
Sono veramente contenta. È la mia prima volta qui in Italia e sentire questo mi fa molto piacere.
Ora vogliamo passare al disegno?
Adesso inizio a colorare e a inchiostrare. Solitamente io lavoro così: faccio prima la bozza, il disegno, e poi i testi li inserisco alla fine. Utilizzo questo (la sensei sventola il disegno con un ventaglio fatto di penne di uccello di colore marrone), sono un po' emozionata perché solitamente è un lavoro che faccio da sola. Così davanti a tutti è la prima volta. Sono emozionata, ma in realtà c'è un piccolo episodio che vi voglio raccontare: quando sono arrivata in Italia mi hanno smarrito il bagaglio con tutti i pennarelli dentro. È la pmia primissima volta in Italia, così come in Europa e già mi sono capitate diverse peripezie. Per fortuna mi è stato riconsegnato il giorno dopo, anche se all'aeroporto è stato un po' uno shock perché mi ero preparata tutto da casa, pennelli e bozza per disegnare qui oggi. Tuttavia, qui sono tutti molto gentili e sono contenta di essere qui. Non esco molto dalla mia isola, non sono mai stata in grandi città, quindi è sempre una piccola avvenuta per me, soprattutto all'estero.
Le volevo chiedere se anche lei da bambina aveva una base segreta come quella dei ragazzi sull'isola.
Sì, anche noi avevamo un posto così. Non era una vera e propria base, nel senso che non era una casa, ma in una montagna vicina al paese ne avevamo costruita una noi stessi coi rami degli alberi, e abbiamo fatto in modo che i grandi non potessero entrarci.
Qual è stato il suo percorso artistico, che l'ha portata da lettrice, da appassionata, a diventare autrice?
Più o meno all'eta di 11 anni, alle elementari, ho letto Slam Dunk, che subito mi ha colpito positivamente. Anch'io qualche volta giocavo a basket ed è stata proprio la lettura di quest'opera che mi ha portato poi a scrivere manga. Tuttavia, vivendo sia allora che adesso su questa piccola isola, non avevo tanti materiali per disegnare come pennarelli, per cui ho continuato a scrivere. Solo successivamente, all'età di 18/19 anni, sono andata in una grande città a comprarmi tutti i materiali che mi servivano. Lì è stata la svolta, anche se non è stato così facile, mettendo piano piano soldi da parte. Ho iniziato a scrivere un po' alla volta, giorno per giorno, impegnandomi al massimo.
Ha frequentato studi artistici o è autodidatta?
No, sono autodidatta e ho imparato da sola. Appena scrivevo qualcosa l'ho mandavo subito a tutti gli editori che conoscevo.
E invece come si approccia alla scrittura e in particolare al senso di umorismo. Cosa serve per far ridere?
Ho scelto questo personaggio, Handa, maestro di calligrafia, pensando ad una figura un po' cool, anche un po' rigida, ma allo stesso tempo divertente, in contrasto con Naru. Lo stesso conflitto tra i personaggi appare anche nella commedia e ho puntato forte su questo fattore.
Prima ha citato Slam Dunk. Volevo chiedere se ci sono altri manga o film che l'hanno ispirata e come riesce a far ridere o comunque come a far interagire i personaggi fra loro.
Un manga che mi ha colpito molto è "Le bizzarre avventure di Jojo" con Rohan Kishibe, nello specifico una sua frase dove dice che non c'è bisogno di uscire fuori da un piccolo villaggio e andare in una grande città per diventare un bravo mangaka. Questo l'ho letto, riletto e mi sono detta: "Anch'io sarò così. Posso rimanere in questo piccolo posto, ma allo stesso tempo posso diventare una mangaka. Non per forza bisogna trasferirsi nelle grandi città".
Torniamo al disegno.
Uso questo foglio bianco di carta per cercare di non uscire fuori dai margini. In realtà molti dei miei personaggi hanno i capelli neri e quindi è un po' difficile. È un lavoro abbastanza ripetitivo, ma mi tocca disegnarli.
Ha assistenti ultimamente?
No, faccio tutto da sola. Ogni tanto mi faccio aiutare da mia madre a cancellare la matita.
Interessante è vedere l'applicazione dei retini.
In realtà ora si fa tutto in digitale. Da metà di Barakamon anche io ho iniziato a usare il digitale, devo confessare. Però a parte l'applicazione dei retini faccio tutto a mano libera e fino al volume sei di Barakamon ho fatto tutto così, a mano. In Giappone non si trovano più, e sono poche le persone che ancora usano questa tecnica. Nel disegno che ho fatto qui, ho inserito qualcosa che ha a che fare con l'Italia. Naru chiede: "Allora professore, dove sta andando?" - "Sto andando in Italia". Ho scritto Italia però poteva essere anche Lucca.
Direi che abbiamo esaurito il tempo, siamo proprio a filo. È stato molto interessante perché. Appunto non è stato un semplice disegno, ma una tavola vera e propria. Di nuovo ringraziamo tutti voi presenti per aver partecipato e la Sensei per la sua disponibilità.
Intervista esclusiva
Allora intanto ringraziamo la Sensei per la disponibilità. Noi in Barakamon vediamo una storia che racconta di una crescita interiore e anche di un cambio radicale della propria vita per ritrovare sé stessi. Qual è stato il suo intento principale nello scrivere quest'opera e quali sono stati i messaggi che ha inteso trasmettere al suo pubblico.
Ovviamente in questo senso la crescita personale è importante, così come un certo periodo di cambiamento, però quello che qui ho voluto trasmettere è il ritorno alle proprie radici, cioè il ritrovare sé stessi: non rimanere appesi a quello che dice la gente, ma cambiando luogo, persone, ambiente.
Molte persone che hanno letto Barakamon hanno avuto la sensazione di sentirsi a casa, quindi di fare proprie le dinamiche che leggono nell'opera. E però in Italia, così come in Giappone, vediamo che tanti giovani abbandonano le aree rurali per spostarsi nelle città. Come vede la società giovanile in Giappone? Barakamon è anche un modo, una un'opportunità per convincere magari qualche giovanea fare il percorso contrario in realtà, ovvero lasciare le aree come Tokyo in favore di aree più rurali.
Inizialmente non avevo questa idea, però poi in realtà ho ricevuto messaggi dagli anziani del paese. Mi raccontano dei loro nipoti che hanno letto il manga e che sono ritornati, oppure mi dicono di aver compreso tante cose attraverso questa opera, e sono contenta di essere riuscita a trasmettere comunque uno spaccato di vita anche a quei giovani che magari non la conoscono appieno.
Non c'era l'intento però in realtà senza volerlo si è riusciti a effettivamente trasmettere questa sensazione l'importanza.
Esattamente.
Nelle sue opere vediamo un'atmosfera molto intimistica e slice of life. Ci piacerebbe capire se le piacerebbe provare qualche altro genere di storia.
Ancora non ci ho pensato, però in realtà anche il genere horror mi piace molto. Chissà, forse ci proverò anche se è totalmente diverso.
E uno dei focus di Barakamon è il rapporto tra un adulto e una bimba. Quindi loro due crescono, crescono tanto. Quindi l'importanza di questa crescita è dovuta anche al rapporto che c'è quindi lo scambio proprio dato dal da due umani così diversi quindi un adulto e una bambina che hanno modi di pensare molto diversi che si influenzano a vicenda. Ecco l'opinione della Sensei a riguardo.
Sì, la penso proprio così. In questo caso, nonostante Handa sia un adulto, ha anche degli elementi molto infantili, e viceversa, anche Haru, che è una bambina, a volte ha degli atteggiamenti da persona adulta. In realtà questo scambio di "personalità" è molto molto importante.
La ringraziamo.
Noi di AnimeClick l'abbiamo seguita in una sua apparizione pubblica e abbiamo avuto l'onore di partecipare ad un'intervista esclusiva che trovate più in basso.
Showcase
La sensei ha avuto modo di partecipare ad un interessante showcase nella quale non si è solamente limitata a fare uno sketch di uno dei suoi personaggi, ma ha addirittura composto un'intera tavola, mostrandoci le sue tecniche di lavoro, come struttura la vignetta, come inchiostra e come alla fine applica i retini. L'autrice ci ha deliziati raccontando anche alcuni aneddoti legati alla stesura di Barakamon e alla sua vita da mangaka.
Comincia questo showcase che su richiesta della Sensei avrà questo tipo di andamento: alterneremo momemnit in cui verranno fatte le domanie e momenti in cui l'artista disegnerà.
Questa prima domanda, che poi in realtà ne aprirebbe molte altre, è su di un manga, Barakamon, che ha questi due grandi poli: uno è la calligrafia, come forma di d'arte e d'espressione, e l'altro è la vita su una piccola isola, un piccolo villaggio con un contesto sociale molto diverso rispetto a quello delle grandi città.
La sensei parla di queste due cose in modo molto preparata e anche in modo molto diretto. L'isola di cui parla è l'isola in cui lei è nata e ha vissuto, per cui vorrei sapere se anche sulla calligrafia ha un'esperienza diretta e se la pratica.
Sì, io da piccola in realtà ho studiato Shodo, tant'è che vivendo in un piccolo villaggio, tutti i bambini andavano a studiare calligrafia. Il manga risente molto della mia esperienza personale.
Anche le persone che lei rappresenta nel suo manga, tutti i vari abitanti del villaggio, sono il ritratto di qualcuno che è esistito veramente?
Sì, è così. Ci sono dei miei amici, lo stesso insegnante di calligrafia, che è in realtà un mio parente, e poi tutte le altre persone sono abitanti del villaggio. Io però non ci sono. C'è in effetti un mangaka, che però ha una certa età, e di conseguenza non posso essere io.
Anche nella realtà sono presenti dei bambini così vivaci?
No in realtà per Naru, non ho avuto un modello vero e proprio, però mi ha ricordato un po' la mia gioventù, di quando sono stata bambina anch'io e dei miei amici. Per cui ho messo insieme tutte quelle esperienze e le ho raccolte in questo personaggio.
Sarebbe molto meglio trasferirsi in un'isola, in un piccolo villaggio come quello, per ritrovare una dimensione più umana di vita. Anche questo aspetto si basa sulla sua esperienza di vita, magari fatto all'opposto? Lei è partita dal piccolo villaggio ed è arrivata in una grande città, incontrando un modo di vivere molto diverso rispetto a quello a cui era abituata in precedenza. Anche lei ha provato la stessa sensazione del protagonista del manga ma, magari, facendo il percorso inverso?
No, solo una volta sono andata fuori dal mio villaggio, dalla mia isola. Però ho sempre vissuto in un altro villaggio vicino, quindi mi sono spostata praticamente da un villaggio ad un altro villaggio dove i rapporti umani erano molto calorosi. Non ho questa esperienza di vivere in una città grande come per esempio Tokyo. Per cui non è solo un racconto di isolani, ma di un vero e proprio villaggio dove si stringono importanti e profondi rapporti umani. Questo è quello che vorrei raccontare e spiegare a tutti.
Direi che ci riesce benissimo. E mi piacerebbe tantissimo venire a vivere lì.
Sono veramente contenta di sentire questo. Grazie
C'è stata una sua esperienza personale nello specifico o un episodio della sua vita che ha poi deciso di inserire all'interno del manga?
Sì, diciamo gli eventi climatici: il tifone. Il Giappone è tutto fatto di isole e sulle piccole isole, soprattutto, si abbattono tantissimi di questi tifoni. Per questo motivo ho cercato di riportare la mia esperienza diretta, cercando di mostrare bene col disegno sia il vento sia tutto quello che comporta avere a che fare con un evento climatico così potente. Nella vita vera, ogniqualvolta si verificano eventi climatici di questo tipo, noi ci riuniamo e stiamo vicini, cercando di affrontarlo e superarlo in qualche modo tutti assieme.
Per cui di nuovo sono i rapporti umani la caratteristica forte della vita di questi piccoli villaggi.
I rapporti umani sono molto, molto importanti quando uno vive in un contensto del genere.
In Italia non ci sono città così densamente popolate, tant'è che nemmeno Roma o Milano contano milioni e milioni di abitanti come le grandi capitali europee. La popolazione italiana è distribuita su una quantità enorme di piccoli centri abitati e di piccole città di provincia. Per cui contesti piccoli di questo tipo noi italiani li capiamo bene.
Sono veramente contenta. È la mia prima volta qui in Italia e sentire questo mi fa molto piacere.
Ora vogliamo passare al disegno?
Adesso inizio a colorare e a inchiostrare. Solitamente io lavoro così: faccio prima la bozza, il disegno, e poi i testi li inserisco alla fine. Utilizzo questo (la sensei sventola il disegno con un ventaglio fatto di penne di uccello di colore marrone), sono un po' emozionata perché solitamente è un lavoro che faccio da sola. Così davanti a tutti è la prima volta. Sono emozionata, ma in realtà c'è un piccolo episodio che vi voglio raccontare: quando sono arrivata in Italia mi hanno smarrito il bagaglio con tutti i pennarelli dentro. È la pmia primissima volta in Italia, così come in Europa e già mi sono capitate diverse peripezie. Per fortuna mi è stato riconsegnato il giorno dopo, anche se all'aeroporto è stato un po' uno shock perché mi ero preparata tutto da casa, pennelli e bozza per disegnare qui oggi. Tuttavia, qui sono tutti molto gentili e sono contenta di essere qui. Non esco molto dalla mia isola, non sono mai stata in grandi città, quindi è sempre una piccola avvenuta per me, soprattutto all'estero.
Le volevo chiedere se anche lei da bambina aveva una base segreta come quella dei ragazzi sull'isola.
Sì, anche noi avevamo un posto così. Non era una vera e propria base, nel senso che non era una casa, ma in una montagna vicina al paese ne avevamo costruita una noi stessi coi rami degli alberi, e abbiamo fatto in modo che i grandi non potessero entrarci.
Qual è stato il suo percorso artistico, che l'ha portata da lettrice, da appassionata, a diventare autrice?
Più o meno all'eta di 11 anni, alle elementari, ho letto Slam Dunk, che subito mi ha colpito positivamente. Anch'io qualche volta giocavo a basket ed è stata proprio la lettura di quest'opera che mi ha portato poi a scrivere manga. Tuttavia, vivendo sia allora che adesso su questa piccola isola, non avevo tanti materiali per disegnare come pennarelli, per cui ho continuato a scrivere. Solo successivamente, all'età di 18/19 anni, sono andata in una grande città a comprarmi tutti i materiali che mi servivano. Lì è stata la svolta, anche se non è stato così facile, mettendo piano piano soldi da parte. Ho iniziato a scrivere un po' alla volta, giorno per giorno, impegnandomi al massimo.
Ha frequentato studi artistici o è autodidatta?
No, sono autodidatta e ho imparato da sola. Appena scrivevo qualcosa l'ho mandavo subito a tutti gli editori che conoscevo.
E invece come si approccia alla scrittura e in particolare al senso di umorismo. Cosa serve per far ridere?
Ho scelto questo personaggio, Handa, maestro di calligrafia, pensando ad una figura un po' cool, anche un po' rigida, ma allo stesso tempo divertente, in contrasto con Naru. Lo stesso conflitto tra i personaggi appare anche nella commedia e ho puntato forte su questo fattore.
Prima ha citato Slam Dunk. Volevo chiedere se ci sono altri manga o film che l'hanno ispirata e come riesce a far ridere o comunque come a far interagire i personaggi fra loro.
Un manga che mi ha colpito molto è "Le bizzarre avventure di Jojo" con Rohan Kishibe, nello specifico una sua frase dove dice che non c'è bisogno di uscire fuori da un piccolo villaggio e andare in una grande città per diventare un bravo mangaka. Questo l'ho letto, riletto e mi sono detta: "Anch'io sarò così. Posso rimanere in questo piccolo posto, ma allo stesso tempo posso diventare una mangaka. Non per forza bisogna trasferirsi nelle grandi città".
Torniamo al disegno.
Uso questo foglio bianco di carta per cercare di non uscire fuori dai margini. In realtà molti dei miei personaggi hanno i capelli neri e quindi è un po' difficile. È un lavoro abbastanza ripetitivo, ma mi tocca disegnarli.
Ha assistenti ultimamente?
No, faccio tutto da sola. Ogni tanto mi faccio aiutare da mia madre a cancellare la matita.
Interessante è vedere l'applicazione dei retini.
In realtà ora si fa tutto in digitale. Da metà di Barakamon anche io ho iniziato a usare il digitale, devo confessare. Però a parte l'applicazione dei retini faccio tutto a mano libera e fino al volume sei di Barakamon ho fatto tutto così, a mano. In Giappone non si trovano più, e sono poche le persone che ancora usano questa tecnica. Nel disegno che ho fatto qui, ho inserito qualcosa che ha a che fare con l'Italia. Naru chiede: "Allora professore, dove sta andando?" - "Sto andando in Italia". Ho scritto Italia però poteva essere anche Lucca.
Direi che abbiamo esaurito il tempo, siamo proprio a filo. È stato molto interessante perché. Appunto non è stato un semplice disegno, ma una tavola vera e propria. Di nuovo ringraziamo tutti voi presenti per aver partecipato e la Sensei per la sua disponibilità.
Intervista esclusiva
Allora intanto ringraziamo la Sensei per la disponibilità. Noi in Barakamon vediamo una storia che racconta di una crescita interiore e anche di un cambio radicale della propria vita per ritrovare sé stessi. Qual è stato il suo intento principale nello scrivere quest'opera e quali sono stati i messaggi che ha inteso trasmettere al suo pubblico.
Ovviamente in questo senso la crescita personale è importante, così come un certo periodo di cambiamento, però quello che qui ho voluto trasmettere è il ritorno alle proprie radici, cioè il ritrovare sé stessi: non rimanere appesi a quello che dice la gente, ma cambiando luogo, persone, ambiente.
Molte persone che hanno letto Barakamon hanno avuto la sensazione di sentirsi a casa, quindi di fare proprie le dinamiche che leggono nell'opera. E però in Italia, così come in Giappone, vediamo che tanti giovani abbandonano le aree rurali per spostarsi nelle città. Come vede la società giovanile in Giappone? Barakamon è anche un modo, una un'opportunità per convincere magari qualche giovanea fare il percorso contrario in realtà, ovvero lasciare le aree come Tokyo in favore di aree più rurali.
Inizialmente non avevo questa idea, però poi in realtà ho ricevuto messaggi dagli anziani del paese. Mi raccontano dei loro nipoti che hanno letto il manga e che sono ritornati, oppure mi dicono di aver compreso tante cose attraverso questa opera, e sono contenta di essere riuscita a trasmettere comunque uno spaccato di vita anche a quei giovani che magari non la conoscono appieno.
Non c'era l'intento però in realtà senza volerlo si è riusciti a effettivamente trasmettere questa sensazione l'importanza.
Esattamente.
Nelle sue opere vediamo un'atmosfera molto intimistica e slice of life. Ci piacerebbe capire se le piacerebbe provare qualche altro genere di storia.
Ancora non ci ho pensato, però in realtà anche il genere horror mi piace molto. Chissà, forse ci proverò anche se è totalmente diverso.
E uno dei focus di Barakamon è il rapporto tra un adulto e una bimba. Quindi loro due crescono, crescono tanto. Quindi l'importanza di questa crescita è dovuta anche al rapporto che c'è quindi lo scambio proprio dato dal da due umani così diversi quindi un adulto e una bambina che hanno modi di pensare molto diversi che si influenzano a vicenda. Ecco l'opinione della Sensei a riguardo.
Sì, la penso proprio così. In questo caso, nonostante Handa sia un adulto, ha anche degli elementi molto infantili, e viceversa, anche Haru, che è una bambina, a volte ha degli atteggiamenti da persona adulta. In realtà questo scambio di "personalità" è molto molto importante.
La ringraziamo.
Lo showcase sono riuscita a seguirlo a Lucca ed è stato molto interessante sia sentire la sensei che vederla all'opera.
Bellissima pubblicità per chi Barakamon non l'ha ancora preso, direi che non può mancare in biblioteca, l'edizione italiana è pure ben fatta
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