Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Paranoia Agent
8.5/10
Semplicemente geniale. Satoshi Kon ha concepito un capolavoro che si avventura in tutte le piccole, affascinanti e talvolta pericolose sfaccettature della psicologia umana. La trama principale di questo anime, composto da tredici episodi, ruota attorno alla misteriosa figura di Shonen Bat, una leggenda metropolitana la cui esistenza è in bilico tra la realtà e l'immaginazione. Descritto dalla sua prima vittima come un ragazzino che si muove su dei pattini a rotelle, Shonen Bat colpisce le sue vittime con una mazza da baseball dorata, apparentemente in modo indiscriminato. In realtà, scopriremo ben presto che il ragazzino in questione, comparendo dal nulla, aggredisce coloro che stanno vivendo dei momenti difficili nella loro vita o che sono costantemente perseguitati da sensazioni che in qualche modo turbano il loro animo.
L'attenzione ai dettagli e la minuziosità con la quale vengono create le atmosfere di tensione che lo caratterizzano rendono quest'anime un'esperienza unica da vivere. Il sonoro è secondo me l'elemento più importante e incisivo dell'opera, dal tormentante suono dei pattini a rotelle che si avvicinano sempre di più, all'opening stessa. Devo ammettere che quest'ultima inizialmente mi aveva fatto storcere un po' il naso, in quanto si tratta di un'opening insolita e piuttosto fuori dal comune, ma dietro le risate isteriche di ciascun personaggio si percepiva un qualcosa di stranamente inquietante. È inoltre interessante notare un forte contrasto tra l'opening e l'ending, dove nella prima i personaggi sono svegli e nell'atto di ridere incessantemente, una risata che cerca di camuffare i profondi disagi da loro vissuti, mentre nella seconda essi stanno dormendo in pace e hanno trovato la loro serenità, rifugiandosi nel mondo dei sogni e scappando dalla realtà e dai problemi che li affliggono, tema chiave della serie. Tuttavia, persino questa ending apparentemente tranquilla nasconde un che di inquietante, e la voce di Maromi, il piccolo cagnolino creato dalla prima vittima di Shonen Bat, risuona in sottofondo. Altro punto: Maromi, il tenerissimo personaggio dalle sembianze di un cane rosa creato da Tsukiko Sagi, ci perseguita durante tutta la serie, apparendo su gadget e anche nello studio di animazione che si occupa di produrre il suo anime. Non posso fare spoiler, ma è semplicemente incredibile come un elemento così innocuo e insignificante possa rivelarsi la chiave di tutto.
Un'altra caratteristica che ho molto apprezzato è stato il fatto che a ciascun personaggio è stato dato il suo spazio. Non potendo individuare un vero e proprio protagonista, la trama ruota esclusivamente attorno alle vicende raccontate, mettendo in primo piano la psicologia dei personaggi piuttosto che i personaggi stessi.
Sono stata un po' delusa dal finale, in quanto non era ciò che mi aspettavo, anche se io stessa non avrei saputo in quale altro modo terminare la serie, ma, se dovessi mettere da parte la trama, darei un 10 a "Paranoia Agent" per le sensazioni, già suggerite dal suo titolo, che mi ha saputo trasmettere con successo.
L'attenzione ai dettagli e la minuziosità con la quale vengono create le atmosfere di tensione che lo caratterizzano rendono quest'anime un'esperienza unica da vivere. Il sonoro è secondo me l'elemento più importante e incisivo dell'opera, dal tormentante suono dei pattini a rotelle che si avvicinano sempre di più, all'opening stessa. Devo ammettere che quest'ultima inizialmente mi aveva fatto storcere un po' il naso, in quanto si tratta di un'opening insolita e piuttosto fuori dal comune, ma dietro le risate isteriche di ciascun personaggio si percepiva un qualcosa di stranamente inquietante. È inoltre interessante notare un forte contrasto tra l'opening e l'ending, dove nella prima i personaggi sono svegli e nell'atto di ridere incessantemente, una risata che cerca di camuffare i profondi disagi da loro vissuti, mentre nella seconda essi stanno dormendo in pace e hanno trovato la loro serenità, rifugiandosi nel mondo dei sogni e scappando dalla realtà e dai problemi che li affliggono, tema chiave della serie. Tuttavia, persino questa ending apparentemente tranquilla nasconde un che di inquietante, e la voce di Maromi, il piccolo cagnolino creato dalla prima vittima di Shonen Bat, risuona in sottofondo. Altro punto: Maromi, il tenerissimo personaggio dalle sembianze di un cane rosa creato da Tsukiko Sagi, ci perseguita durante tutta la serie, apparendo su gadget e anche nello studio di animazione che si occupa di produrre il suo anime. Non posso fare spoiler, ma è semplicemente incredibile come un elemento così innocuo e insignificante possa rivelarsi la chiave di tutto.
Un'altra caratteristica che ho molto apprezzato è stato il fatto che a ciascun personaggio è stato dato il suo spazio. Non potendo individuare un vero e proprio protagonista, la trama ruota esclusivamente attorno alle vicende raccontate, mettendo in primo piano la psicologia dei personaggi piuttosto che i personaggi stessi.
Sono stata un po' delusa dal finale, in quanto non era ciò che mi aspettavo, anche se io stessa non avrei saputo in quale altro modo terminare la serie, ma, se dovessi mettere da parte la trama, darei un 10 a "Paranoia Agent" per le sensazioni, già suggerite dal suo titolo, che mi ha saputo trasmettere con successo.
Undead Unluck
8.0/10
Recensione di Nicola Scarfaldi Cancello
-
"Avrei voluto dargli 9, ma son contento di non dover scendere sotto l'8".
Potrei dire solo questo e risparmiarmi di scrivere una recensione.
Ciononostante, da un lato mi piace analizzare le storie, dall'altro vengo criticato anche quando argomento le mie posizioni, figurarsi se smettessi di farlo.
Quindi, citando the weakest brazilian male, "Let's dance!".
Non conoscevo "Undead Unluck" quando ho iniziato a vederlo.
Il suo marketing non mi era arrivato, la mia allergia per le community non mi aveva fatto leggere discussioni al riguardo e, se ho iniziato a guardarlo, è stato per motivi terziari abbastanza puerili.
In queste occasioni, per lo spettatore comune è il primo impatto a farla da padrone, e sicuramente "Undead Unluck" sa presentarsi bene sin dal primo episodio, capace esso di introdurre al meglio le sue premesse, oltre ad avere una sequenza iniziale, originale dell'anime, molto potente esteticamente, anche se forse un po' fuorviante, non essendo rappresentativa dello spirito dell'opera.
Ma tant'è.
Detto ciò, io non sono uno spettatore medio.
Questo significa che, nel bene e nel male, non mi fermo mai alle prime impressioni.
So bene che le opere di un certo tipo si devono presentare bene, e quindi mettono molta cura nel primo episodio, che non è detto sarà poi mantenuta nel resto della serie. Dopotutto, viviamo nell'epoca delle scuole creative che insegnano a "catturare lo spettatore", ma un po' di meno a creare un'opera con una dignità.
Le persone credono che gli inizi e i finali siano le parti più importanti di un'opera, ma chi ha conoscenza vera del processo creativo sa bene che è lo svolgimento il luogo dove si riconosce la maestria dall'incapacità. Un'opera narrativa è paragonabile a una partita di scacchi di alto livello: i giocatori esperti conoscono quasi a memoria aperture e chiusure di una partita, e le svolgono in automatico, mentre è nel medio gioco che si decide la partita vera e propria. Quando non hai certezze, quando ci sono troppe strade e variabili, e devi capire come sfruttarle e indirizzarle - in parole povere, quando sono solo la tua sensibilità e la tua esperienza a fare la differenza.
Ma perché sto facendo questa parentesi?
Perché anche da questo punto di vista "Undead Unluck" mi stava soddisfacendo.
Sin dall'inizio, venivano introdotti elementi di contesto narrativo (quello che volgarmente è detto "world building") molto interessanti, che lasciavano spazio a possibili evoluzioni non del tutto prevedibili, capaci di creare una storia che, pur rimanendo nei canoni delle opere che noi identifichiamo come "shonen", si presentava molto più fresca e atipica di altre.
Sul lungo andare, mi sono ritrovato piacevolmente colpito a dover constatare che fosse effettivamente così, e che c'era la capacità di rendere l'opera davvero interessante.
Ma non sono solo le singole idee ad essere interessanti (perché le idee originali le hanno anche i bambini), ma era il modo in cui venivano introdotte a valorizzarle.
Ad esempio, una delle prime cose che veniamo a scoprire è che nel cielo notturno non ci sono le stelle, c'è solo la Luna. Questa cosa non viene caricata all'inverosimile perché "O mio dio! Colpo di scena!", ma viene detta con naturalezza, com'è naturale per i personaggi in quel momento della storia, e viene lasciato allo spettatore di ragionare sulle implicazioni di ciò, anche facendo riferimento a quanto sa, e quanto verrà a sapere in futuro.
Questo elemento, nella sua semplicità, mostra un'intelligenza nello scrivere e, soprattutto, un rispetto per l'utente finale dell'opera, che non è da dare per scontato, soprattutto nelle opere contemporanee, che da un lato sono spesso scritte nel modo più pedante e didascalico possibile, dall'altro si rivolgono a un pubblico che è sempre più superficiale e confonde sempre più spesso l'oro con la pirite, per non dire altro.
"Undead Unluck" non è un'opera profonda, non vuole esserlo, ma nella sua composizione ha molta più dignità e consapevolezza di altre che sono state definite capolavori contemporanei.
Detto ciò, ho lasciato intendere che ci fossero degli elementi criticabili, e ce ne sono.
Innanzitutto, delle volte il ritmo narrativo non è ottimale. Di solito si tratta di cose facilmente ignorabili; ciononostante, così non è per la parte centrale della seconda metà dell'anime.
Gli eventi in essa racconti sono molto "distesi", riempiendo interi episodi anche laddove forse non ce ne sarebbe bisogno, risultando allungati in un modo che può dare facilmente fastidio. Da quello che ho sentito, ma non ne ho la conferma, questo accade per la quantità di capitoli piuttosto bassa che si è deciso di adattare in quella porzione di episodi. Sono disposto a credere a questa considerazione, perché, di base, la scrittura si mantiene sempre sullo stesso livello, è "solo" il ritmo a non essere ottimale.
È pur vero che, comunque, quella parte un'ingenuità di scrittura la presenta.
Comprensibile, dato che, da quanto ho potuto constatare, questa storia è la prima opera di un certo livello del suo autore, ma va comunque fatta notare.
Tutta quella porzione di eventi si origina a seguito del tradimento di un personaggio relativamente importante. Il problema è che, essendo relativamente all'inizio della storia, per quanto quel personaggio fosse anche stato approfondito con un flashback, il potenziale emotivo di un tale momento è sicuramente ridotto dal fatto che non si ha avuto modo di affezionarcisi più di tanto.
Si tratta comunque di un bel momento, che non presenta errori "veri" di scrittura, ma che ne esce molto depotenziato rispetto a quanto sarebbe potuto essere.
Nella visione d'insieme, dunque, quella parte dell'anime rimane quindi l'unico momento davvero criticabile. Pur essendo un peccato, e il motivo principe per cui non me la sento di dare 9 ad "Undead Unluck", direi che, visti gli alti e bassi di altre opere, è andata anche piuttosto bene.
A livello tecnico, l'anime di David Productions è più che buono.
Non è "Jojo" (e forse sarebbe stupido aspettarsi che lo fosse), ma le animazioni 2D non hanno praticamente difetto alcuno. Un po' un peccato che, anche se non in modo preponderante, ogni tanto si sia ricorso a della CGI non esattamente ottimale, pur se migliore di altri anime. Ogni tanto avrei preferito dei passaggi registici leggermente più chiari durante gli scontri, ma sono comunque tutti perfettamente leggibili e non creano confusione alcuna.
La colonna sonora non l'ho trovata memorabile, ma funziona.
La opening e la ending della prima metà dell'anime mi piacciono molto, mentre quelle della seconda mi fanno schifo, ma non sono oggettivamente brutte.
"Undead Unluck" merita di essere seguito, e spero che in tanti lo facciano.
Auf wiedersehen!
Potrei dire solo questo e risparmiarmi di scrivere una recensione.
Ciononostante, da un lato mi piace analizzare le storie, dall'altro vengo criticato anche quando argomento le mie posizioni, figurarsi se smettessi di farlo.
Quindi, citando the weakest brazilian male, "Let's dance!".
Non conoscevo "Undead Unluck" quando ho iniziato a vederlo.
Il suo marketing non mi era arrivato, la mia allergia per le community non mi aveva fatto leggere discussioni al riguardo e, se ho iniziato a guardarlo, è stato per motivi terziari abbastanza puerili.
In queste occasioni, per lo spettatore comune è il primo impatto a farla da padrone, e sicuramente "Undead Unluck" sa presentarsi bene sin dal primo episodio, capace esso di introdurre al meglio le sue premesse, oltre ad avere una sequenza iniziale, originale dell'anime, molto potente esteticamente, anche se forse un po' fuorviante, non essendo rappresentativa dello spirito dell'opera.
Ma tant'è.
Detto ciò, io non sono uno spettatore medio.
Questo significa che, nel bene e nel male, non mi fermo mai alle prime impressioni.
So bene che le opere di un certo tipo si devono presentare bene, e quindi mettono molta cura nel primo episodio, che non è detto sarà poi mantenuta nel resto della serie. Dopotutto, viviamo nell'epoca delle scuole creative che insegnano a "catturare lo spettatore", ma un po' di meno a creare un'opera con una dignità.
Le persone credono che gli inizi e i finali siano le parti più importanti di un'opera, ma chi ha conoscenza vera del processo creativo sa bene che è lo svolgimento il luogo dove si riconosce la maestria dall'incapacità. Un'opera narrativa è paragonabile a una partita di scacchi di alto livello: i giocatori esperti conoscono quasi a memoria aperture e chiusure di una partita, e le svolgono in automatico, mentre è nel medio gioco che si decide la partita vera e propria. Quando non hai certezze, quando ci sono troppe strade e variabili, e devi capire come sfruttarle e indirizzarle - in parole povere, quando sono solo la tua sensibilità e la tua esperienza a fare la differenza.
Ma perché sto facendo questa parentesi?
Perché anche da questo punto di vista "Undead Unluck" mi stava soddisfacendo.
Sin dall'inizio, venivano introdotti elementi di contesto narrativo (quello che volgarmente è detto "world building") molto interessanti, che lasciavano spazio a possibili evoluzioni non del tutto prevedibili, capaci di creare una storia che, pur rimanendo nei canoni delle opere che noi identifichiamo come "shonen", si presentava molto più fresca e atipica di altre.
Sul lungo andare, mi sono ritrovato piacevolmente colpito a dover constatare che fosse effettivamente così, e che c'era la capacità di rendere l'opera davvero interessante.
Ma non sono solo le singole idee ad essere interessanti (perché le idee originali le hanno anche i bambini), ma era il modo in cui venivano introdotte a valorizzarle.
Ad esempio, una delle prime cose che veniamo a scoprire è che nel cielo notturno non ci sono le stelle, c'è solo la Luna. Questa cosa non viene caricata all'inverosimile perché "O mio dio! Colpo di scena!", ma viene detta con naturalezza, com'è naturale per i personaggi in quel momento della storia, e viene lasciato allo spettatore di ragionare sulle implicazioni di ciò, anche facendo riferimento a quanto sa, e quanto verrà a sapere in futuro.
Questo elemento, nella sua semplicità, mostra un'intelligenza nello scrivere e, soprattutto, un rispetto per l'utente finale dell'opera, che non è da dare per scontato, soprattutto nelle opere contemporanee, che da un lato sono spesso scritte nel modo più pedante e didascalico possibile, dall'altro si rivolgono a un pubblico che è sempre più superficiale e confonde sempre più spesso l'oro con la pirite, per non dire altro.
"Undead Unluck" non è un'opera profonda, non vuole esserlo, ma nella sua composizione ha molta più dignità e consapevolezza di altre che sono state definite capolavori contemporanei.
Detto ciò, ho lasciato intendere che ci fossero degli elementi criticabili, e ce ne sono.
Innanzitutto, delle volte il ritmo narrativo non è ottimale. Di solito si tratta di cose facilmente ignorabili; ciononostante, così non è per la parte centrale della seconda metà dell'anime.
Gli eventi in essa racconti sono molto "distesi", riempiendo interi episodi anche laddove forse non ce ne sarebbe bisogno, risultando allungati in un modo che può dare facilmente fastidio. Da quello che ho sentito, ma non ne ho la conferma, questo accade per la quantità di capitoli piuttosto bassa che si è deciso di adattare in quella porzione di episodi. Sono disposto a credere a questa considerazione, perché, di base, la scrittura si mantiene sempre sullo stesso livello, è "solo" il ritmo a non essere ottimale.
È pur vero che, comunque, quella parte un'ingenuità di scrittura la presenta.
Comprensibile, dato che, da quanto ho potuto constatare, questa storia è la prima opera di un certo livello del suo autore, ma va comunque fatta notare.
Tutta quella porzione di eventi si origina a seguito del tradimento di un personaggio relativamente importante. Il problema è che, essendo relativamente all'inizio della storia, per quanto quel personaggio fosse anche stato approfondito con un flashback, il potenziale emotivo di un tale momento è sicuramente ridotto dal fatto che non si ha avuto modo di affezionarcisi più di tanto.
Si tratta comunque di un bel momento, che non presenta errori "veri" di scrittura, ma che ne esce molto depotenziato rispetto a quanto sarebbe potuto essere.
Nella visione d'insieme, dunque, quella parte dell'anime rimane quindi l'unico momento davvero criticabile. Pur essendo un peccato, e il motivo principe per cui non me la sento di dare 9 ad "Undead Unluck", direi che, visti gli alti e bassi di altre opere, è andata anche piuttosto bene.
A livello tecnico, l'anime di David Productions è più che buono.
Non è "Jojo" (e forse sarebbe stupido aspettarsi che lo fosse), ma le animazioni 2D non hanno praticamente difetto alcuno. Un po' un peccato che, anche se non in modo preponderante, ogni tanto si sia ricorso a della CGI non esattamente ottimale, pur se migliore di altri anime. Ogni tanto avrei preferito dei passaggi registici leggermente più chiari durante gli scontri, ma sono comunque tutti perfettamente leggibili e non creano confusione alcuna.
La colonna sonora non l'ho trovata memorabile, ma funziona.
La opening e la ending della prima metà dell'anime mi piacciono molto, mentre quelle della seconda mi fanno schifo, ma non sono oggettivamente brutte.
"Undead Unluck" merita di essere seguito, e spero che in tanti lo facciano.
Auf wiedersehen!
Jujutsu Kaisen
5.5/10
“You are my special” (o forse no)
“Jujutsu Kaisen” è l’adattamento animato dell’omonimo manga targato Gege Akutami e, ultimamente, sta godendo di un ampio favor populi presso il pubblico nipponico (e non).
Le ragioni di un tale fervente entusiasmo da parte degli appassionati rimangono, almeno per quanto mi riguarda, un mistero. La serie, infatti, non brilla particolarmente per originalità né, tantomeno, per qualità narrativa; ma andiamo con ordine.
Dopo l'incomprensibile successo di “Demon Slayer” (o, mutatis mutandis, di “Attack on Titan”) questa volta è “Jujutsu Kaisen” ad imporsi nel pantheon degli shounen come il prossimo oggetto di venerazione da parte delle folle. Tuttavia, non è dato comprenderne la ragione, in quanto la serie non aggiunge alcunché di nuovo al genere, tanto da risultare, né più né meno, come una sostanziale e algida riproposizione dei più caratteristici topoi dello stesso. “Jujutsu Kaisen” compie, infatti, una sorta di curiosa opera di decoupage; saccheggiando un po’ “Naruto”, depredando un po’ “Bleach” e strizzando l'occhio a numerosi altri shounen classici (talvolta citandoli espressamente), incastra accortamente i propri pezzi dando l’apparenza di una formula nuova, ma così non è.
Non a caso la serie si pone, invero, alla guisa di un anti-shounen, vestendosi di un sudario di illusoria serietà e maturità che, cionondimeno, non riesce del tutto nell’intento di occultarne l’inadeguatezza.
Non vi è chi non veda, infatti, che la trama e lo storytelling di “Jujutsu Kaisen” siano afflitti da molteplici carenze, sia da un punto di vista contenutistico che strettamente diegetico.
Partendo da quest’ultima considerazione, l’affabulazione della serie si evolve malamente, arrancando in una sinusoide irregolare di alti e bassi che, purtroppo, soffre di frequenti accelerazioni salvo poi inchiodare in fangosi “spiegoni” che certo non giovano al ritmo narrativo.
E infatti, “Jujutsu Kaisen” in un primo momento inserisce letteralmente il turbo e brucia le tappe, lasciando però la maggior parte dei propri elementi claudicanti, senza un adeguato approfondimento, senza prendersi il tempo per evolvere gradualmente conducendo con sé lo spettatore. Conseguentemente la serie si trova spesso costretta a forzare le spiegazioni (alle volte ne fa anche a meno) a beneficio del fruitore che, del tutto legittimamente, può sentirsi sballottato e confuso in queste vorticose montagne russe.
Peraltro, verso il terminare della seconda stagione la situazione, inaspettatamente, si inverte e il ritmo rallenta in modo innaturale, dilatando i tempi narrativi all’inverosimile, tanto da rendere estenuante la visione. La trama procede fondamentalmente di combattimento in combattimento, esasperando irragionevolmente la durata degli scontri e concedendo pochissimo peso ad altri eventi di rilievo, come la morte di alcuni personaggi, con un risultato del tutto anticlimatico nonché farraginoso.
Inoltre, di punto in bianco, sovente la narrazione si sviluppa in direzioni completamente casuali, che appaiono totalmente ‘randomiche’ e calate ex abrupto dall’alto, fornendo l’impressione che la storia sia concepita più di arco in arco che rispettando una visione di insieme coerente (salvo alcuni macro aspetti, come ad esempio il “piano” di Sukuna, che sono tuttavia sotterranei).
Vi è, ad onore del vero, una parziale eccezione a questo modus operandi nel film e nel flashback, e ciò risolleva leggermente il mio giudizio sulla serie.
Per quanto concerne la storia, i contenuti di “Jujutsu Kaisen” sono comodamente approssimabili allo zero assoluto. Le motivazioni dei personaggi, le loro caratterizzazioni e, più in generale, le tematiche della serie sono essenzialmente monodimensionali, piatte e affrontate in modo epidermico. La serie tenta invano di darsi un tono mediante l'espediente di scene violente, morti crudeli, poteri peculiari e personaggi molto “cool”, ma ciò, invero, all’unico scopo di celare un soggiacente vacuum concettuale.
Fermo quanto sopra esposto, vi è da ammettere che l’autore tenta di ribaltare alcuni cliché tipici degli shounen, come ad esempio l’onnipresente “arco di allenamento”, la non fallibilità del protagonista, il fatto che spiegare il proprio potere lo renda più forte (così che ha effettivamente senso che i personaggi lo facciano, sebbene comunque appaia anche come un pigro espediente per poter giustificare gli ‘spiegoni’), nonché la morte di personaggi principali (in un afflato quasi alla “Game of Thrones”).
Il fatto stesso che Sukuna non sia controllabile da Itadori ma, a tutti gli effetti, un vero e proprio villain, che persegue i propri piani, è un tentativo di remare contro ad alcuni stereotipi del genere. Si tratta però di scelte che, nell’economia complessiva della serie, non riescono nel loro intento, perché riguardano aspetti prettamente formali. Peraltro, la mancanza di un allenamento rende poco credibili i progressi del protagonista che subisce "level up" totalmente arbitrari e che non hanno adeguata giustificazione.
A stemperare un poco tale valle di lacrime vi è, comunque, la presenza di alcune figure effettivamente interessanti, quali Nanami, Mahito oppure Geto, la cui scrittura è abbastanza buona; tuttavia, trattasi di elementi non idonei e sufficienti a sovvertire la generale drammatica carenza di contenuti di quest’opera.
Un ulteriore elemento che ho trovato tutt’altro che convincente è il cosiddetto “sistema di poteri” che sta alla base di tutto l’ecosistema sovrannaturale di “Jujutsu Kaisen”.
Se, da un lato, il concetto delle maledizioni quali mostri che nascono dalle emozioni e dai sentimenti negativi è interessante, sebbene non certo inedito o avveniristico (basti pensare agli ultimi episodi di “Ayakashi Japanise Classic Horror” o a “Mononoke”), dall'altro lato, le tecniche innate sono invece sintomo di estrema pigrizia. Mi spiego meglio: nel mondo di “Jujutsu Kaisen” ogni individuo cela dentro di sé una tecnica innata, ovverosia un potere unico che soltanto lui può utilizzare, il quale può rimanere sopito oppure essere risvegliato. Tali tecniche, tuttavia, si caratterizzano per gli effetti più disparati e diversi, dal poter invertire le leggi della fisica al poter trasferire il proprio cervello da un corpo all’altro.
Ebbene, tale struttura appare palesemente quale un comodo generatore automatico di poteri ‘randomici’, come più aggrada e necessita all’autore, senza che questi sia costretto a darne spiegazione, perché tanto si tratta di “un potere innato” che letteralmente “ciccia” fuori ex nihilo.
Inutile dire che siamo lontani anni luce da sistemi molto più interessanti come, per limitarci ad un solo esempio, il Nen di “Hunter x Hunter”, le cui dinamiche sono dettagliatamente e accuratamente strutturate.
Da ultimo, e molto brevemente, la realizzazione grafica è in generale molto buona, così come la regia, le animazioni e le musiche. Vi è da essere onesti su questo: la confezione di “Jujutsu Kaisen” è veramente pregevole e appagante, in particolar modo per quanto riguarda la realizzazione di alcuni combattimenti dell’arco di Shibuya.
Concludendo, non mi sento di dire che “Jujutsu Kaisen” sia per forza di cose da considerare come un brutto anime, anzi, in ragione anche (e soprattutto) del proprio apparato grafico si lascia tutto sommato guardare; tuttavia, soffre di un generalizzato "hype" che purtroppo lo fa percepire come molto sopravvalutato rispetto a ciò che è: uno shounen senza infamia né lode.
“Jujutsu Kaisen” è l’adattamento animato dell’omonimo manga targato Gege Akutami e, ultimamente, sta godendo di un ampio favor populi presso il pubblico nipponico (e non).
Le ragioni di un tale fervente entusiasmo da parte degli appassionati rimangono, almeno per quanto mi riguarda, un mistero. La serie, infatti, non brilla particolarmente per originalità né, tantomeno, per qualità narrativa; ma andiamo con ordine.
Dopo l'incomprensibile successo di “Demon Slayer” (o, mutatis mutandis, di “Attack on Titan”) questa volta è “Jujutsu Kaisen” ad imporsi nel pantheon degli shounen come il prossimo oggetto di venerazione da parte delle folle. Tuttavia, non è dato comprenderne la ragione, in quanto la serie non aggiunge alcunché di nuovo al genere, tanto da risultare, né più né meno, come una sostanziale e algida riproposizione dei più caratteristici topoi dello stesso. “Jujutsu Kaisen” compie, infatti, una sorta di curiosa opera di decoupage; saccheggiando un po’ “Naruto”, depredando un po’ “Bleach” e strizzando l'occhio a numerosi altri shounen classici (talvolta citandoli espressamente), incastra accortamente i propri pezzi dando l’apparenza di una formula nuova, ma così non è.
Non a caso la serie si pone, invero, alla guisa di un anti-shounen, vestendosi di un sudario di illusoria serietà e maturità che, cionondimeno, non riesce del tutto nell’intento di occultarne l’inadeguatezza.
Non vi è chi non veda, infatti, che la trama e lo storytelling di “Jujutsu Kaisen” siano afflitti da molteplici carenze, sia da un punto di vista contenutistico che strettamente diegetico.
Partendo da quest’ultima considerazione, l’affabulazione della serie si evolve malamente, arrancando in una sinusoide irregolare di alti e bassi che, purtroppo, soffre di frequenti accelerazioni salvo poi inchiodare in fangosi “spiegoni” che certo non giovano al ritmo narrativo.
E infatti, “Jujutsu Kaisen” in un primo momento inserisce letteralmente il turbo e brucia le tappe, lasciando però la maggior parte dei propri elementi claudicanti, senza un adeguato approfondimento, senza prendersi il tempo per evolvere gradualmente conducendo con sé lo spettatore. Conseguentemente la serie si trova spesso costretta a forzare le spiegazioni (alle volte ne fa anche a meno) a beneficio del fruitore che, del tutto legittimamente, può sentirsi sballottato e confuso in queste vorticose montagne russe.
Peraltro, verso il terminare della seconda stagione la situazione, inaspettatamente, si inverte e il ritmo rallenta in modo innaturale, dilatando i tempi narrativi all’inverosimile, tanto da rendere estenuante la visione. La trama procede fondamentalmente di combattimento in combattimento, esasperando irragionevolmente la durata degli scontri e concedendo pochissimo peso ad altri eventi di rilievo, come la morte di alcuni personaggi, con un risultato del tutto anticlimatico nonché farraginoso.
Inoltre, di punto in bianco, sovente la narrazione si sviluppa in direzioni completamente casuali, che appaiono totalmente ‘randomiche’ e calate ex abrupto dall’alto, fornendo l’impressione che la storia sia concepita più di arco in arco che rispettando una visione di insieme coerente (salvo alcuni macro aspetti, come ad esempio il “piano” di Sukuna, che sono tuttavia sotterranei).
Vi è, ad onore del vero, una parziale eccezione a questo modus operandi nel film e nel flashback, e ciò risolleva leggermente il mio giudizio sulla serie.
Per quanto concerne la storia, i contenuti di “Jujutsu Kaisen” sono comodamente approssimabili allo zero assoluto. Le motivazioni dei personaggi, le loro caratterizzazioni e, più in generale, le tematiche della serie sono essenzialmente monodimensionali, piatte e affrontate in modo epidermico. La serie tenta invano di darsi un tono mediante l'espediente di scene violente, morti crudeli, poteri peculiari e personaggi molto “cool”, ma ciò, invero, all’unico scopo di celare un soggiacente vacuum concettuale.
Fermo quanto sopra esposto, vi è da ammettere che l’autore tenta di ribaltare alcuni cliché tipici degli shounen, come ad esempio l’onnipresente “arco di allenamento”, la non fallibilità del protagonista, il fatto che spiegare il proprio potere lo renda più forte (così che ha effettivamente senso che i personaggi lo facciano, sebbene comunque appaia anche come un pigro espediente per poter giustificare gli ‘spiegoni’), nonché la morte di personaggi principali (in un afflato quasi alla “Game of Thrones”).
Il fatto stesso che Sukuna non sia controllabile da Itadori ma, a tutti gli effetti, un vero e proprio villain, che persegue i propri piani, è un tentativo di remare contro ad alcuni stereotipi del genere. Si tratta però di scelte che, nell’economia complessiva della serie, non riescono nel loro intento, perché riguardano aspetti prettamente formali. Peraltro, la mancanza di un allenamento rende poco credibili i progressi del protagonista che subisce "level up" totalmente arbitrari e che non hanno adeguata giustificazione.
A stemperare un poco tale valle di lacrime vi è, comunque, la presenza di alcune figure effettivamente interessanti, quali Nanami, Mahito oppure Geto, la cui scrittura è abbastanza buona; tuttavia, trattasi di elementi non idonei e sufficienti a sovvertire la generale drammatica carenza di contenuti di quest’opera.
Un ulteriore elemento che ho trovato tutt’altro che convincente è il cosiddetto “sistema di poteri” che sta alla base di tutto l’ecosistema sovrannaturale di “Jujutsu Kaisen”.
Se, da un lato, il concetto delle maledizioni quali mostri che nascono dalle emozioni e dai sentimenti negativi è interessante, sebbene non certo inedito o avveniristico (basti pensare agli ultimi episodi di “Ayakashi Japanise Classic Horror” o a “Mononoke”), dall'altro lato, le tecniche innate sono invece sintomo di estrema pigrizia. Mi spiego meglio: nel mondo di “Jujutsu Kaisen” ogni individuo cela dentro di sé una tecnica innata, ovverosia un potere unico che soltanto lui può utilizzare, il quale può rimanere sopito oppure essere risvegliato. Tali tecniche, tuttavia, si caratterizzano per gli effetti più disparati e diversi, dal poter invertire le leggi della fisica al poter trasferire il proprio cervello da un corpo all’altro.
Ebbene, tale struttura appare palesemente quale un comodo generatore automatico di poteri ‘randomici’, come più aggrada e necessita all’autore, senza che questi sia costretto a darne spiegazione, perché tanto si tratta di “un potere innato” che letteralmente “ciccia” fuori ex nihilo.
Inutile dire che siamo lontani anni luce da sistemi molto più interessanti come, per limitarci ad un solo esempio, il Nen di “Hunter x Hunter”, le cui dinamiche sono dettagliatamente e accuratamente strutturate.
Da ultimo, e molto brevemente, la realizzazione grafica è in generale molto buona, così come la regia, le animazioni e le musiche. Vi è da essere onesti su questo: la confezione di “Jujutsu Kaisen” è veramente pregevole e appagante, in particolar modo per quanto riguarda la realizzazione di alcuni combattimenti dell’arco di Shibuya.
Concludendo, non mi sento di dire che “Jujutsu Kaisen” sia per forza di cose da considerare come un brutto anime, anzi, in ragione anche (e soprattutto) del proprio apparato grafico si lascia tutto sommato guardare; tuttavia, soffre di un generalizzato "hype" che purtroppo lo fa percepire come molto sopravvalutato rispetto a ciò che è: uno shounen senza infamia né lode.
Concordo anche, seppur parzialmente, con la recensione di Jujutsu; non aggiunge troppo al genere ma è una serie decisamente godibile e per me almeno la sufficienza la raggiunge!
Undead unlock droppato per la noia, personaggi orrendi.
Paranoia concordo, prodotto top.
JJK concordo con chi lo ritiene un capolavoro.
UeU molto originale con idee innovative.
Sono sincero trovo molto carina Fuuko Izumo 😍.
JJK piace molto alla pubblico e molto anche a me sinceramente e trovo ingiusta l'insufficienza, ha difetti ma anche pregi e almeno un 7- 7.5 lo avrei dato tra il film e le due stagioni dell'anime.
Su Paranoia Agent, beh proprio pochi giorni fa sono stato a vedere Perfect Blue al cinema, i lavori di Satoshi Kon sono tutti (o quasi) capolavori. Questo lavoro è particolare, "episodico", quasi dove ogni avventura nel suo modo folle di venire raccontata rasenta o raggiunge la perfezione (poi che piacciono o meno è una questione di gusti personali, quello dove si parla del "videogioco" potrebbe per esempio non piacere) Il finale è particolare, ma Keiichi e sua moglie lo rendono spettacolare con poche battute.
Su Jujutsu Kaisen, un qualcosa può essere anche interessante senza essere un capolavoro, mi limito a dire qualcosa che mi ha particolarmente colpito:
Il protagonista fa una strage, mi direte non aveva il controllo del suo corpo, ma lui era convinto di poterlo avere.
In definitiva si avverte l'oscurità nel cuore di ogni singolo personaggio, e chiunque può morire o venire mutilato sia nel corpo che nell'anima. Magari si voleva altro da questa serie ma questo rende un anime interessante.
Per curiosità mi dici le tecniche che non hai capito? A parte quella di Hakari (dove lo stesso autore ha scritto che se non sei giapponese è difficile da capire perché si basa su un gioco tutto loro) non capisco proprio quali tecniche intendiate per complesse... Sono estremamente più semplici di quelle di HXH che hanno un meccanismo estremamente più complesso e sfaccettato xD
Per la questione nuovi manga con tinte più dark non mi sembra che sia una costante in tutti i nuovi manga ahah Gli altri che mi vengono in mente sono Hell's Paradise e Chainsaw Man, ne avevi in mente altri?
Berserk non è shounen ma seinen
Beh Chainsaw Man e JJK dei recentissimi sono probabilmente i maggiori successi. Un contesto molto dark lo ha anche Gachiakuta, anche se I personaggi sono più tradizionali. Kagueabachi è molto dark, anche se il protagonista è in fondo molto buono. Kaiju no 8 è invece più tradizionale, ci sono mostri cattivi ma la società umana è buona nel fondo. Per quanto riguarda Ken Shiro, io ho esplicitamente parlato della fase di shounen iniziata da Toryiama. E poi ho parlato di tendenze non di linee assolute, c'erano già shounen più dark e ci sono oggi shounen molto colorati e allegri.
Pardon lo so ma mi e sfugito
Verissimo, pero gli anime sono come le tendenze della moda. Quelli degli anni 80 erano molto violenti specialmente gli OVA per il home video. Recentemente gli anime sono diventati piu violenti per esempio AoT anche Ninja Kamui per citarne uno fresco. E il tempo degli antieroi e degli isekai.
Per le tecniche anch'io ho difficoltà a volte però forse dipende anche dal fatto che lo seguo in maniera incostante e molti dettagli li scordo quando riprendo...
Mmmh, secondo me affermare che sia scontato considerare JJK un capolavoro è esagerato, così come sostenere che sia uno dei migliori shounen degli ultimi anni... anche no, come anche dire che 5,5 sia un voto molto distante dalla realtà.
Premesso che il voto è sulla serie complessivamente considerata, la mia valutazione era inizialmente propesa verso il 6 anche 6,5 alla luce del flashback; tuttavia, l'arco di Shibuya mi ha veramente drenato ogni energia, sono arrivato alla fine arrancando praticamente. L'ho trovato terribile.
Come da conclusioni della recensione, JJK non è una serie brutta, è anche godibile a cervello spento e alcuni personaggi sono carismatici.
Però finisce lì.
Per il resto, il fatto che abbia avuto molto successo è per me irrilevante.
Quali sono questi battle shonen superiori degli ultimi dieci anni ? Spara che me li vedo ahah Giusto AOT (anime ed è un'opera del 2012 ma vabbeh) metterei sopra senza pensarci troppo, anche se non gli appicherei proprio l'etichetta di battle shonen xD Gli altri capiamo.
Imho a livello di puro action e adrenalina JJK è uno dei migliori a mani basse. Mettici personaggi mega carismatici e la formula è completa.
Poi vabbeh, se reputi l'arco di shibuya palloso c'è poco di cui discutere ahah Con la prossima abbassi il voto a 3 probabilmente xD
Premetto che non sono un fan di AoT 🤣 e non lo citerei, perché sinceramente non mi piace.
Mmh dipende cosa si intende per ultimi 10 anni.
Nel senso, se si intende opere che sono iniziate solo recentemente oppure che proseguono ancora / sono finite recentemente.
Se intendiamo shounen recenti purtroppo non so farti molti paragoni perché negli ultimi anni ho praticamente abbandonato l'animazione e non guardo quasi più nulla. Tra gli shounen che mi hanno colpito abbastanza positivamente potrei nominare Mob Psycho 100, One Punch Man, alcune parti di Chainsaw Man, quest'ultimo poco però... forse però non soddisfano il requisito che hai messo del "Battle"?
Se tu poi intendi fare un paragone con i vari Hero accademia/Demon Slayer et affini, lì potrei essere d'accordo con te, però solo per alcune parti di JJK, in particolare il film, su quello sarei d'accordo.
Mentre se consideriamo gli shounen in corso/finiti nell'ultima decina d'anni (che è come ho inteso inizialmente la tua frase), direi che un Naruto/hxh/fma/JoJo sono anni luce migliori.
Al netto di questo, secondo me l'anime di jjk (il manga non so) soffre un po' alcune scelte a livello di narrazione che non mi sono affatto piaciute.
Per esempio, l'arco di Shibuya, che per carità, parte anche molto bene (con tutta la storia dei vari veli calati sulla stazione etc etc) salvo poi diluirsi terribilmente.
Per il resto la serie è abbastanza godibile e io sono un fan di Nanami ❤️ però se devo dare un giudizio onesto e il più obiettivo possibile (secondo i miei parametri di valutazione) per me ha più limiti che punti positivi.
Si intendo proprio battle shonen moderni (che hanno iniziato la serializzazione negli ultimi 10 anni), quindi mha, demon slayer, kaijuu 8 ecc Mob e Psycho sono più vecchi.
Per quello dicevo nel primo commento che è, per me, uno dei migliori degli ultimi 10 anni xD Poi certo, se andiamo più indietro non c'è paragone con un peso massimo come hxh o fma, ci mancherebbe. Però nel mio caso è riuscito a farmi tornare a leggere il capitolo settimanale ogni settimana come non mi capitava da appunto un decennio con la fine di naruto xD Ora leggo cosi solo jjk e one piece, il resto a volumi quando escono.
Vorrei dire tante cose ed essere accusato di nuovo di essere arrogante e polemico, ma ultimamente non sto passando un periodo sereno nella mia vita, quindi mi limiterò a ringraziarvi di nuovo e a tornare a cucire il cosplay di Haku per il mio ragazzo.
Auf wiedersehen.
Uno dei primi fu Ushio e Tora nel 1990 ma il vero cambiamento ci fu con Hunter x Hunter nel 1998.
Visto l'invecchiamento della popolazione giapponese non stupisce l'orientamento sempre più verso storie dark.
Allora, rispetto a titoli come mha e demon Slayer potrei anche essere d'accordo però diciamo che è una magra consolazione... se questo è il livello degli shounen ultimamente... beh siamo messi male xD
Nel senso, se mi dici che è il migliore tra gli shounen degli ultimi anni ma che, questi ultimi, sono piuttosto scarsi... beh direi che non è che sia un argomento troppo tranciante ahahah
Le valutazioni comparative sono utili se fatte con i top del genere, e in confronto a questi jjk pecca molto e viene grandemente ridimensionato.
Poi, come dicevo, ha delle problematiche che sono evidenti, almeno per il mio modo di considerare i prodotti animati.
Ma che possa essere godibile ci sta.
Ma infatti io ho detto il miglior battle shonen degli ultimi 10 anni, se andiamo a prendere come campione tutti i battle shonen allora è un altro discorso xD
A me piace perché va a ribaltare alcuni concetti standard creando punti di vista diversi dal solito canovaccio che questo tipo di opere si portano dietro dalla nascita.
Non reinventa nulla ma cambia l'ordine degli addendi in una maniera intelligente e interessante. Per me fa davvero un ottimo lavoro. Mettici che l'anime ha una qualità e una regia paragonabile al pane con la nutella e la ricetta per un prodotto che piaccia è fatta.
Poi, come qualche volta accade, il pane con nutella non piace a tutti ma si preferisce qualcosa di più raffinato ahah
Non tutto ciò che ha successo ce l'ha immeritatamente.
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.