Gennaio è sempre stato il mese in cui le serie animate del World Masterpiece Theater di Nippon Animation avevano inizio. In questo gennaio 2025 ricorrono pertanto ben tre anniversari legati a questo importante e storico filone di opere di animazione giapponese tratte da classici della letteratura occidentale: Il fedele Patrash (Flanders no inu, 1975), Lovely Sara (Shōkōjo Sēra, 1985) e Il cielo azzurro di Romeo / Spicchi di cielo tra baffi di fumo (Romeo no aoi sora, 1995).
World Masterpiece Theater (世界名作劇場 Sekai meisaku gekijō) è un nome ben noto agli appassionati di animazione giapponese con cui viene designato, in Occidente, quel gruppo di serie animate di qualità generalmente medio-alta tratte da romanzi occidentali realizzate da Nippon Animation, punta di diamante di un intero filone di anime che conquistò il Giappone (ma anche paesi occidentali come l'Italia) per circa due decenni, educando i bambini e divertendo gli adulti.
Tra le tante personalità che nel corso degli anni lavorarono all'animazione meisaku una delle più importanti e significative per l'esplosione di questo filone fu senza dubbio il produttore Shigehito Takahashi (a volte trasliterato anche come Shigeto Takahashi).
Nato nel 1934 e cresciuto nella Cina occupata dal Giappone, Takahashi era un grandissimo appassionato di Heidi, romanzo pubblicato nel 1880 dalla scrittrice svizzera Johanna Spyri e tradotto anche in giapponese nel 1920. Entrato nel mondo dell'animazione giapponese degli anni '60, Takahashi era convinto che una versione animata di Heidi potesse diventare un'enorme successo e colpire il pubblico giapponese. Del suo primo, fallito, tentativo del 1967, quando era a capo del dipartimento di pianificazione dello Studio TCJ, non è ci rimasto altro che il pilot di 5 minuti.
Temporaneamente accantonato il sogno di animare Heidi e fondata Zuiyo, compagnia di produzione associata a TCJ, Takahashi era tuttavia convinto che i classici della letteratura occidentale potessero aver successo se ben adattati in animazione. Qualche tentativo in tale direzione era già stato fatto, con Toei doga che aveva trasposto le avventure di Gulliver e le fiabe di Andersen, ma soprattutto con Il gatto con gli stivali del 1969 che era stato un successo tale da spingere lo studio ad adottare il gatto Pero come sua mascotte ufficiale.
Nello stesso anno aveva anche avuto inizio una collaborazione tra l'azienda produttrice della bevanda in lattina Calpis, la televisione Fuji TV e lo studio d'animazione Mushi Production per la trasposizione animata di un fumetto di Osamu Tezuka: Dororo. Dororo sarebbe diventato il primo di una lunga serie di anime trasmessi nello storico slot televisivo della domenica alle 19:30 e che inizialmente prese il nome di Calpis Comics Theater. Con l'intenzione di conquistare un largo pubblico di spettatori bambini, la seconda opera Calpis Comics Theater venne affidata a Zuiyo che, in collaborazione con Tokyo Movie e A Production decise di realizzare una trasposizione del romanzo Moomin. Affidato alla direzione delle animazioni dell'ex-super star Toei Yasuo Otsuka, Moomin fu il primo proto-meisaku di Shigehito Takahashi, che si recò addirittura in Finlandia per discutere personalmente con la scrittrice originale Tove Jansonn e ottenere i diritti di trasposizione della sua opera.
Grande successo di pubblico nonostante la delusione di Jansonn per lo stravolgimento della sua opera e gli svariati problemi produttivi, Moomin fece capire all'intera industria dell'animazione che c'era spazio per questo tipo di opere. Da quel momento in poi tutte le serie del Calpis Comics Theater sarebbero state trasposizioni di romanzi occidentali prodotti da Zuiyo e Takahashi: nel 1971 Le fiabe di Andersen e nel 1972 una nuova serie su Moomin, entrambe animate dalla Mushi Production, che già era subentrata nella lavorazione del Moomin del 1969 dopo i problemi produttivi e le divergenze con Tokyo Movie.
La collaborazione tra Zuiyo e Mushi proseguì all'infuori della collana Calpis, con la realizzazione di Vickie il vichingo, serie realizzata per il mercato occidentale in collaborazione con una TV tedesca e tratta da un romanzo svedese. Tuttavia l'inizio degli anni '70 fu fatale per lo studio fondato da Osamu Tezuka, che si trovava in difficoltà economiche e produttive già prima del suo definitivo fallimento nel 1973. Senza più uno studio d'animazione che proseguisse il Calpis Comics Theater, Shigehito Takahashi decise quindi di fondarne uno interno all'azienda, a cui diede nome Zuiyo Eizo, con cui realizzare il nuovo progetto della collana: Le favole della foresta.
Ma tutto questo era stato solamente un antipasto, la portata principale sarebbe arrivata l'anno successivo, nel 1974, quando il progetto di realizzare una versione animata di Heidi venne rispolverato. Dopo aver riunito alcuni dei maggiori talenti dell'epoca, Shigehito Takahashi mise tutto se stesso nel progetto e impegnò tutte le risorse a disposizione della Zuiyo, tanto che l'anno successivo sarebbe stato necessario vendere lo studio d'animazione Zuiyo Eizo per evitare il fallimento dell'intera compagnia. Ma il successo di Heidi fu straordinario, diventando una pietra miliare dell'animazione giapponese e dettando gli standard produttivi, artistici e narrativi da lì in avanti.
Shigehito Takahashi era riuscito nel suo intento, non solo dimostrando che l'animazione seriale giapponese e la letteratura occidentale per ragazzi potevano funzionare benissimo insieme ma anche riuscendo a realizzare il suo sogno di vedere Heidi adattato in una serie animata. A quel punto Takahashi lasciò il testimone a Koichi Motohashi, che ristrutturò Zuiyo Eizo fondando la celeberrima Nippon Animation, la fabbrica dei meisaku, che si sarebbe occupata di tutte le successive iterazioni del World Masterpiece Theater*.
L'animazione meisaku era ora in grado di proseguire da sola e Takahashi restò in Zuiyo a occuparsi dei film riassuntivi di Heidi e di un altro paio di opere minori, Rosaura e Alla scoperta di Babbo Natale, finchè un grave incidente nel 1984 lo lasciò invalido su una sedia a rotelle. Lasciata la guida dell'azienda alla figlia Shigemi e pressochè scomparso dal mondo dell'animazione giapponese, Takahashi morì nel 2015 per poi venire celebrato con un Premio alla carriera per i meriti conseguiti quattro anni più tardi al Tokyo Anime Award Festival 2019.
* fino al 1997, anno in cui il filone ebbe termine a causa del sempre minor interesse del pubblico giapponese verso questo tipo di opere - salvo un breve e inefficace tentativo di resuscitarlo tra il 2007 e il 2009. Nel corso degli anni il contenitore ha assunto diversi nomi, in funzione anche dello sponsor che finanziava il progetto (Calpis venne sostituito da House Foods), tuttavia si è soliti considerare tutti i progetti successivi ad Heidi nel macro-contenitore del World Masterpiece Theater, anche nelle pubblicazioni ufficiali di home video e merchandise.
Il successore di Heidi si trovò presto in difficoltà produttive a causa della transizione da Zuiyo a Nippon Animation e all'assenza di un Isao Takahata che forzasse tutti a dare il meglio di sè. Anche il lavoro di adattamento fu più difficile, dovendo partire da una storia più breve e decisamente meno complessa rispetto a Heidi, da arricchire e allungare per raggiungere i 52 episodi complessivi. A scrivere la serie si avvicendarono svariati sceneggiatori, un numero maggiore della media e che avrebbero scritto i meisaku degli anni successivi, rendendo più problematico il mantenimento di una coerenza narrativa per l'arco di tutta la serie, aspetto che era stato uno dei maggiori punti di forza del suo predecessore. Nonostante le difficoltà, la serie fu un enorme successo, proseguendo la scia positiva iniziata con Heidi e facendo segnare il più alto share nella storia del World Masterpiece Theater: 22,5% medio e record del 30,1% con la trasmissione dell'episodio finale del 28 dicembre 1975.
A dieci anni di distanza dalla sua nascita, il World Masterpiece Theater continuava a mantenere un discreto successo di pubblico, seppur gli ascolti delle prime serie degli anni '70 fossero ormai ben lontani. Dopo la fine della collaborazione con Calpis, Nippon Animation continuò a realizzare le proprie serie senza un singolo sponsor che desse il proprio nome al filone, ma nel 1985 le cose cambiarono con l'arrivo di House Foods, che diventò lo sponsor ufficiale e fu inserito nel nome della collana per quasi una decina d'anni. Lovely Sara fu un grande successo di pubblico, risollevando gli ascolti del World Masterpiece Theater e facendo segnare il settimo share più alto dell'intera collana.
Dopo un decennio e mezzo di successi, l'entrata negli anni '90 indebolì non poco il successo del World Masterpiece Theater. I tempi erano ormai cambiati, e i bambini degli anni '90 facevano sempre più fatica a immedesimarsi in storie del passato piene di orfani e bambini sfortunati in cerca del proprio posto nel mondo. Un cambiamento ben evidente nel crollo dello share e nella diminuzione del numero di episodi delle serie. Il cielo azzurro di Romeo ebbe inoltre numerosi problemi di trasmissione. Due giorni dopo la trasmissione del primo episodio ci fu il Grande terremoto di Kobe, che fece discutere se fosse il caso di mandare in onda il secondo episodio, in cui viene rappresentato un tremendo incendio che distrugge i campi del padre del protagonista; inoltre molti episodi vennero rimandati di anche diverse settimane per fare spazio alle partite della Coppa del Mondo di pallavolo o al campionato di baseball professionistico. A causa di queste circostanze, la serie fece segnare il peggior share del World Masterpiece Theater fino a quel momento, venendo superato solamente dalle due serie successive e contribuendo alla morte del filone l'anno successivo.
Fonti consultate:
- Pagina wikipedia giapponese di Zuiyo, World Masterpiece Theater, Patrash, Sara e Romeo
- Animetudes - A Dog of Flanders
- AnimeTudes - Heidi, Girl of the Alps
- AnimeTudes - Yama nezumi Rocky Chuck
- AnimeTudes - The History of Mushi Pro
- All the Anime - The Day Heidi Was Born
- Anime News Network - Vincitori del Tokyo Anime Award Festival 2019
- Yasuo Otsuka's Joy in Motion
Le origini del World Masterpiece Theater
World Masterpiece Theater (世界名作劇場 Sekai meisaku gekijō) è un nome ben noto agli appassionati di animazione giapponese con cui viene designato, in Occidente, quel gruppo di serie animate di qualità generalmente medio-alta tratte da romanzi occidentali realizzate da Nippon Animation, punta di diamante di un intero filone di anime che conquistò il Giappone (ma anche paesi occidentali come l'Italia) per circa due decenni, educando i bambini e divertendo gli adulti.
Tra le tante personalità che nel corso degli anni lavorarono all'animazione meisaku una delle più importanti e significative per l'esplosione di questo filone fu senza dubbio il produttore Shigehito Takahashi (a volte trasliterato anche come Shigeto Takahashi).
Nato nel 1934 e cresciuto nella Cina occupata dal Giappone, Takahashi era un grandissimo appassionato di Heidi, romanzo pubblicato nel 1880 dalla scrittrice svizzera Johanna Spyri e tradotto anche in giapponese nel 1920. Entrato nel mondo dell'animazione giapponese degli anni '60, Takahashi era convinto che una versione animata di Heidi potesse diventare un'enorme successo e colpire il pubblico giapponese. Del suo primo, fallito, tentativo del 1967, quando era a capo del dipartimento di pianificazione dello Studio TCJ, non è ci rimasto altro che il pilot di 5 minuti.
Il pilot della mai realizzata versione del 1967 di Heidi che Shigehito Takahashi aveva tentato di realizzare in TCJ.
Temporaneamente accantonato il sogno di animare Heidi e fondata Zuiyo, compagnia di produzione associata a TCJ, Takahashi era tuttavia convinto che i classici della letteratura occidentale potessero aver successo se ben adattati in animazione. Qualche tentativo in tale direzione era già stato fatto, con Toei doga che aveva trasposto le avventure di Gulliver e le fiabe di Andersen, ma soprattutto con Il gatto con gli stivali del 1969 che era stato un successo tale da spingere lo studio ad adottare il gatto Pero come sua mascotte ufficiale.
Nello stesso anno aveva anche avuto inizio una collaborazione tra l'azienda produttrice della bevanda in lattina Calpis, la televisione Fuji TV e lo studio d'animazione Mushi Production per la trasposizione animata di un fumetto di Osamu Tezuka: Dororo. Dororo sarebbe diventato il primo di una lunga serie di anime trasmessi nello storico slot televisivo della domenica alle 19:30 e che inizialmente prese il nome di Calpis Comics Theater. Con l'intenzione di conquistare un largo pubblico di spettatori bambini, la seconda opera Calpis Comics Theater venne affidata a Zuiyo che, in collaborazione con Tokyo Movie e A Production decise di realizzare una trasposizione del romanzo Moomin. Affidato alla direzione delle animazioni dell'ex-super star Toei Yasuo Otsuka, Moomin fu il primo proto-meisaku di Shigehito Takahashi, che si recò addirittura in Finlandia per discutere personalmente con la scrittrice originale Tove Jansonn e ottenere i diritti di trasposizione della sua opera.
Grande successo di pubblico nonostante la delusione di Jansonn per lo stravolgimento della sua opera e gli svariati problemi produttivi, Moomin fece capire all'intera industria dell'animazione che c'era spazio per questo tipo di opere. Da quel momento in poi tutte le serie del Calpis Comics Theater sarebbero state trasposizioni di romanzi occidentali prodotti da Zuiyo e Takahashi: nel 1971 Le fiabe di Andersen e nel 1972 una nuova serie su Moomin, entrambe animate dalla Mushi Production, che già era subentrata nella lavorazione del Moomin del 1969 dopo i problemi produttivi e le divergenze con Tokyo Movie.
La collaborazione tra Zuiyo e Mushi proseguì all'infuori della collana Calpis, con la realizzazione di Vickie il vichingo, serie realizzata per il mercato occidentale in collaborazione con una TV tedesca e tratta da un romanzo svedese. Tuttavia l'inizio degli anni '70 fu fatale per lo studio fondato da Osamu Tezuka, che si trovava in difficoltà economiche e produttive già prima del suo definitivo fallimento nel 1973. Senza più uno studio d'animazione che proseguisse il Calpis Comics Theater, Shigehito Takahashi decise quindi di fondarne uno interno all'azienda, a cui diede nome Zuiyo Eizo, con cui realizzare il nuovo progetto della collana: Le favole della foresta.
Ma tutto questo era stato solamente un antipasto, la portata principale sarebbe arrivata l'anno successivo, nel 1974, quando il progetto di realizzare una versione animata di Heidi venne rispolverato. Dopo aver riunito alcuni dei maggiori talenti dell'epoca, Shigehito Takahashi mise tutto se stesso nel progetto e impegnò tutte le risorse a disposizione della Zuiyo, tanto che l'anno successivo sarebbe stato necessario vendere lo studio d'animazione Zuiyo Eizo per evitare il fallimento dell'intera compagnia. Ma il successo di Heidi fu straordinario, diventando una pietra miliare dell'animazione giapponese e dettando gli standard produttivi, artistici e narrativi da lì in avanti.
Shigehito Takahashi era riuscito nel suo intento, non solo dimostrando che l'animazione seriale giapponese e la letteratura occidentale per ragazzi potevano funzionare benissimo insieme ma anche riuscendo a realizzare il suo sogno di vedere Heidi adattato in una serie animata. A quel punto Takahashi lasciò il testimone a Koichi Motohashi, che ristrutturò Zuiyo Eizo fondando la celeberrima Nippon Animation, la fabbrica dei meisaku, che si sarebbe occupata di tutte le successive iterazioni del World Masterpiece Theater*.
L'animazione meisaku era ora in grado di proseguire da sola e Takahashi restò in Zuiyo a occuparsi dei film riassuntivi di Heidi e di un altro paio di opere minori, Rosaura e Alla scoperta di Babbo Natale, finchè un grave incidente nel 1984 lo lasciò invalido su una sedia a rotelle. Lasciata la guida dell'azienda alla figlia Shigemi e pressochè scomparso dal mondo dell'animazione giapponese, Takahashi morì nel 2015 per poi venire celebrato con un Premio alla carriera per i meriti conseguiti quattro anni più tardi al Tokyo Anime Award Festival 2019.
* fino al 1997, anno in cui il filone ebbe termine a causa del sempre minor interesse del pubblico giapponese verso questo tipo di opere - salvo un breve e inefficace tentativo di resuscitarlo tra il 2007 e il 2009. Nel corso degli anni il contenitore ha assunto diversi nomi, in funzione anche dello sponsor che finanziava il progetto (Calpis venne sostituito da House Foods), tuttavia si è soliti considerare tutti i progetti successivi ad Heidi nel macro-contenitore del World Masterpiece Theater, anche nelle pubblicazioni ufficiali di home video e merchandise.
Lo share del World Masterpiace Theater
- Calpis Comics Theater
- Dororo (1969)
- Moomin (1969)
- Le fiabe di Andersen (1971)
- Shin Moomin (1972)
- Le favole della foresta (1973)
- Heidi (1974)
- Calpis Children's Theater
- Il fedele Patrash (1975)
- Marco dagli Appennini alle Ande (1976)
- Rascal, il mio amico orsetto (1977)
- Calpis Family Theater
- Peline Story (1978)
- World Masterpiece Theater
- Anna dai capelli rossi (1979)
- Tom Story (1980)
- Flo, la piccola Robinson (1981)
- Lucy May (1982)
- Là sui monti con Annette (1983)
- Le avventure della dolce Kati (1984)
- House Foods World Masterpiece Theater
- Lovely Sara (1985)
- Pollyanna (1986)
- Una per tutte, tutte per una (1987)
- Piccolo Lord (1988)
- Peter Pan (1989)
- Papà Gambalunga (1990)
- Cantiamo insieme (1991)
- Le voci della savana (1992)
- Una classe di monelli per Jo (1993)
- World Masterpiece Theater
- Un oceano di avventure (1994)
- Spicchi di cielo tra baffi di fumo (1995)
- Meiken Lassie (1996)
- Remy, la bambina senza famiglia (1996)
- House Foods World Masterpiece Theater
- Il cuore di Cosette (2007)
- Il lungo viaggio di Porfi (2008)
- World Masterpiece Theater
- Sorridi, piccola Anna (2009)
Il fedele Patrash (1975)
Il successore di Heidi si trovò presto in difficoltà produttive a causa della transizione da Zuiyo a Nippon Animation e all'assenza di un Isao Takahata che forzasse tutti a dare il meglio di sè. Anche il lavoro di adattamento fu più difficile, dovendo partire da una storia più breve e decisamente meno complessa rispetto a Heidi, da arricchire e allungare per raggiungere i 52 episodi complessivi. A scrivere la serie si avvicendarono svariati sceneggiatori, un numero maggiore della media e che avrebbero scritto i meisaku degli anni successivi, rendendo più problematico il mantenimento di una coerenza narrativa per l'arco di tutta la serie, aspetto che era stato uno dei maggiori punti di forza del suo predecessore. Nonostante le difficoltà, la serie fu un enorme successo, proseguendo la scia positiva iniziata con Heidi e facendo segnare il più alto share nella storia del World Masterpiece Theater: 22,5% medio e record del 30,1% con la trasmissione dell'episodio finale del 28 dicembre 1975.
Trasposizione del romanzo "Il cane delle Fiandre" di Maria Louise Ramé, la serie è ambientata nelle Fiandre e racconta l'amicizia tra un ragazzo e un cane.
Nello è un orfano di docini anni che sopravvive vendendo latte insieme al nonno, con cui vive. Un giorno, Nello trova un cane delle Fiandre ferito e dolorante, lo cura e lo chiama Patrash. Da quel momento Patrash inizia ad aiutare il suo padroncino nel quotidiano trasporto del latte da vendere, diventando ben presto un compagno fedelissimo e inseparabile per Nello.
Nello è un orfano di docini anni che sopravvive vendendo latte insieme al nonno, con cui vive. Un giorno, Nello trova un cane delle Fiandre ferito e dolorante, lo cura e lo chiama Patrash. Da quel momento Patrash inizia ad aiutare il suo padroncino nel quotidiano trasporto del latte da vendere, diventando ben presto un compagno fedelissimo e inseparabile per Nello.
Lovely Sarah (1985)
A dieci anni di distanza dalla sua nascita, il World Masterpiece Theater continuava a mantenere un discreto successo di pubblico, seppur gli ascolti delle prime serie degli anni '70 fossero ormai ben lontani. Dopo la fine della collaborazione con Calpis, Nippon Animation continuò a realizzare le proprie serie senza un singolo sponsor che desse il proprio nome al filone, ma nel 1985 le cose cambiarono con l'arrivo di House Foods, che diventò lo sponsor ufficiale e fu inserito nel nome della collana per quasi una decina d'anni. Lovely Sara fu un grande successo di pubblico, risollevando gli ascolti del World Masterpiece Theater e facendo segnare il settimo share più alto dell'intera collana.
Sara Morris è figlia di un ricco gentiluomo e vive felice in India col padre. Questi decide che per lei è giunto il momento di tornare alla natia patria inglese e la iscrive in un prestigioso collegio londinese. La ricchissima Sara diventa presto la star, osannata e riverita da tutti, soprattutto dalla direttrice Miss Minchi che fa di tutto per compiacerla. Sara è tuttavia di animo gentile ed altruista e si dimostra subito magnanima nei confronti della servitù e dei sottoposti. Durante una sontuosa festa riceve la notizia che l’amato padre è morto e che le ha lasciato praticamente solo debiti. Miss Minchi non perde tempo a vendere tutti gli averi di Sara per pagare parte del debito e la obbliga a vivere come sguattera in un’angusta soffitta. Sara, perduto tutto il suo mondo, si aggrappa alla sua fantasia, immaginando di essere una benevola principessa. Nonostante i ricchi snob che prima frequentava le abbiano voltato completamente le spalle, Sara conserva l’affetto e il sostegno della servitù, grata alla sua forza morale e affascinata dai suoi modi raffinati e non opulenti.
Lovely Sara
9.0/10
Il meisaku è un genere di anime tratti da romanzi occidentali ottocenteschi o dei primi del Novecento, quasi sempre a forte contenuto sentimentale, che volgarmente si indicano con l'appellativo di "strappalacrime". Nel genere meisaku si annoverano tristissime opere come Patrasche, Remì, Peline, Pollyanna e altre, che narrano le disgrazie di poveri orfanelli baciati dalla sfortuna. In mezzo a questa lunga tradizione di sofferenza, "Lovely Sara" svetta come il più sadico, crudele e morboso meisaku che sia mai stato realizzato.
Perché "Lovely Sara" è così sconvolgente? Perché nel meisaku tradizionale la disgrazia è dovuta principalmente a cause accidentali (malattia, sfortuna, catastrofi naturali, incidenti) o endemiche (la povertà, la posizione sociale) e solo in seconda misura alla cattiveria umana; al contrario, in "Lovely Sara" le proporzioni sono ribaltate e quasi tutte le disgrazie di Sara sono dovute alla crudeltà di chi la circonda. Il livello di ingiustizie e di torture subite dalla piccola raggiunge vette ineguagliate nel suo genere - si ricordi che il meisaku è un genere inteso per l'infanzia! Sara trascorre la sua vita tra crudelissimi atti di bullismo da parte delle (ex-)compagne di classe, capitanate dalla perfida Lavinia, e abusi da parte dell'autorità, rappresentata qui dalla figura della direttrice del collegio, la disumana Miss Minchin, la donna più meschina e crudele che si sia mai vista in un anime. Le disgrazie naturali naturalmente non mancano (morte della madre, morte del padre, malattie, eccetera), ma impallidiscono di fronte alle crudeltà volontarie. L'anime è così pesante che nelle puntate centrali io e mia moglie abbiamo dovuto sospenderne la visione per una settimana onde recuperare la pace interiore. Basti solo dire che le azioni combinate di Lavinia e di Miss Minchin arrivano quasi a causare la morte di Sara. Ne sconsiglio assolutamente la visione ai bambini, fortuna che non l'ho visto durante l'infanzia!
La visione di "Lovely Sara" fa stare veramente male, soprattutto per la crudeltà psicologica; anche frugando nella mia memoria mi è difficile trovare un anime più crudele: mi viene in mente "Violence Jack", dove si squartano bambini, violentano ragazze e fanno a pezzi uomini con una motosega, ma almeno "Violence Jack" è un'opera che si può classificare come fantastica, mentre Sara è spaventosamente realistica. Mi vengono anche in mente le opere di Keiko Suenobu, "Vitamin" e "Life", altrettanto realistiche e insopportabilmente cariche di violenze psicologiche e fisiche, ma non si tratta di opere per l'infanzia e trattano comunque di casi eccezionali. La problematicità di "Lovely Sara" sta nel fatto che tratta della vita comune di un'intera società: nella Londra vittoriana la vita dei bambini poveri non era molto diversa da come ci viene descritta. Personaggi come Miss Minchin hanno il sapore della verità: nella loro grettezza e insensibilità, nella loro piccolezza, non hanno nulla di romanzesco ma tutto della vita reale. L'impressione che si ha è che l'autrice abbia semplicemente tratto dalla sua esperienza dei comportamenti di persone reali, cambiando nomi e dettagli. È l'estrema semplicità e quotidianità che rende l'opera così coinvolgente e sconvolgente.
Bisogna anche ammettere che la sceneggiatura è magistrale nel suo sviluppo drammatico: l'anime inizia con una decina di puntate pacifiche e senza scossoni, che non lasciano presagire il dramma che esploderà a partire dall'undicesimo episodio. A questo punto diventa improvvisamente pesantissimo e continua a narrare violenze su violenze per blocchi e blocchi di puntate, con accanimento mai visto prima. Su questo substrato drammaticissimo artatamente si inseriscono degli episodi più leggeri, onde illudere lo spettatore che il peggio sia finalmente passato, soltanto per poi rincarare la dose con una scarica di disgrazie ancora peggiore. La crudeltà è tale che si fa intravedere la luce di speranza per Sara già a quindici puntate dalla fine, ma per una serie di circostanze si rimanda la conclusione positiva il più possibile, al fine di mantenere lo spettatore in sospeso.
Non è solo l'altissima percentuale di sadismo a rendere l'anime difficile da sopportare. Ancora più insopportabile è il modello morale presentato, quello del "porgi l'altra guancia", secondo il quale bisogna subire senza lamentarsi le peggiori sopraffazioni e ingiustizie. Sia chiaro che ideologicamente sono del tutto contrario a questo modello improntato alla negazione di sé: se tutti subissero passivamente come Sara non ci sarebbe speranza di miglioramento nel mondo. Considero "Lovely Sara" un anime altamente diseducativo e dannoso, specialmente se visto da bambini sensibili e con un carattere passivo. L'atteggiamento tipico di Sara è quello di prendersi tutte le colpe, anche se è sempre perfettamente innocente: per esempio, in un episodio Lavinia cerca di colpirla in testa con una lavagnetta, ma per sbaglio rompe una finestra, affibbiando poi la colpa a Sara; questa invece di lamentarsi si prende la colpa per avere cercato di scansarsi e quindi per avere causato indirettamente il danno! Sara è così passiva che i suoi aguzzini non vedono l'ora di trattarla anche peggio per vedere fino a che punto è in grado di sopportare, ma non avranno soddisfazione perché Sara rischierà la morte ma non si ribellerà mai fino alla fine. Francamente il personaggio risulta antipatico anche allo spettatore per la sua eccessiva santità: anche nel finale, quando finalmente le sofferenze della bambina termineranno (è uno spoiler minore dire che ci sarà un lieto fine), Sara si comporta con una bontà inverosimile nei confronti dei suoi aguzzini.
Non tutto è male in "Lovely Sara", comunque. Se il personaggio di Sara risulta artificioso, tutti gli altri risultano perfetti nella loro parte, in particolare i personaggi negativi, che non si ravvederanno mai e continueranno a restare fedeli a loro stessi. Quello che cambierà sarà solo il loro comportamento superficiale. Tutto l'anime è una condanna totale dell'ipocrisia, dell'egoismo e dell'attaccamento al denaro. Non si trova però nessuna critica al sistema sociale: si criticano i difetti delle persone, ma non la società che permette una tale disparità sociale. Il messaggio che viene trasmesso è che basta subire tutto con pazienza e poi miracolosamente un benefattore ci salverà: messaggio del tutto conservatore e per me particolarmente odioso.
Vale la pena di accennare alla trama, che è molto semplice e comprensibile a tutti. All'inizio dell'anime Sara è una ricchissima ereditiera; arrivata nel collegio di Miss Minchin viene trattata con tutti gli onori, quasi fosse una principessa. Fin dall'inizio Miss Minchin e Lavinia non la sopportano, ma sono costretti a piegarsi alla ricchezza e alle convenzioni sociali. Dopo qualche puntata il padre di Sara muore, la bimba rimane in miseria e Miss Minchin e Lavinia possono finalmente approfittarne per sfogare tutto il loro odio e la loro invidia. Nel finale Sara viene salvata da un amico del padre, torna più ricca di prima e Miss Minchin e Lavinia ritornano al loro stato naturale di ipocrisia come se nulla fosse. D'altra parte i veri amici di Sara (la dolcissima cameriera Becky, il bravissimo cocchiere Peter, la piccola piagnona Lalla e la gentile Margherita) continueranno a volerle bene dall'inizio alla fine, incuranti delle condizioni economiche. La galleria di ritratti umani presentati è molto varia e perfettamente delineata: mi vengono in mente l'avvocato crudele, Amelia Minchin, la zia di Margherita, i genitori di Peter e Becky, i cuochi Molly e James. I personaggi di Miss Minchin e Lavinia poi sono in grado di rimanere impressi a fuoco nella memoria degli spettatori, sono entrambi da dieci e lode. Indimenticabili sono due scene: quando Lavinia spiega a Margherita i motivi del suo odio per Sara (puntata 39) e quando Miss Minchin scopre che Sara è stata nominata erede universale di Mister Chrisford (puntata 45). In entrambi i casi si getta una luce abbagliante e di rara profondità sul vero essere delle due aguzzine.
Dal punto di vista tecnico, dico subito che i nostalgici degli anni Settanta si troveranno a loro agio con il chara design e i colori, decisamente indicati al tipo di serie - l'anime è del 1985 ma sembra realizzata dieci anni prima, dal punto di vista cromatico sembra impossibile che preceda Pollyanna di un solo anno. Anche la musica tristissima è adattissima a rendere l'atmosfera dell'opera e merita una menzione positiva. Boccio invece la sigla di Cristina D'Avena, che risulta particolarmente anonima e non adatta al tenore della serie. D'altra parte giudico eccezionali le voci italiane, specialmente quella di Becky, ma anche quelle di Sara, di Peter, di Lalla e del piccolo Donald, che contribuiscono molto alla resa dei personaggi positivi. Tra i personaggi più simpatici devo notare anche il gatto Cesare, che ha un suo spazio fisso di qualche secondo in ogni puntata, tempo che occupa a dormire, sbadigliare, sbattere contro i mobili e occasionalmente a combinare qualche guaio. Adorabili sono anche Mel e la sua famiglia, dei topini che costituiscono l'unica compagnia di Sara quando è costretta a vivere in soffitta. Sono i pochi momenti in cui si capisce che questo è un anime per bambini, così come nelle frequenti citazioni dirette o indirette al mondo della fiaba (Cenerentola, Biancaneve, la Piccola Fiammiferaia), un'idea che ho trovato molto indovinata e consistente con la tradizione del meisaku - mi tornano in mente analogie con "Piccole Donne" e "Anna dai Capelli Rossi". Disegni e animazioni sono di grandissimo effetto nonostante l'età e soprattutto gli occhi di Sara restano impressi.
Chiudo infine con qualche nota sulla corrispondenza con il romanzo ispiratore, "La piccola principessa" di Frances H. Burnett, versione rivisitata ed espansa del suo precedente lavoro "Sara Crewe" del 1888 (si noti che nell'adattamento italiano il cognome di Sara è stato cambiato in Morris). L'anime è piuttosto fedele al romanzo, ma dovendosi sviluppare in 46 puntate aggiunge dei personaggi (in particolare Peter e il padrone della sartoria dove Sara ha comprato la sua bambola Priscilla) e degli avvenimenti che non hanno corrispondenza con l'originale. Comunque lo spirito viene preservato. Il cambiamento più fastidioso è nel carattere di Sara, che nel romanzo è più credibile e meno santa. Vale la pena di ricordare che la Burnett è conosciuta anche per aver scritto "Il piccolo Lord" e "Il giardino segreto", entrambi tradotti in animazione qualche anno dopo "Lovely Sara". Se la Burnett non è l'autrice inglese più amata dai Giapponesi, è sicuramente quella più trasposta in animazione.
Non posso assegnare il massimo dei voti per i summenzionati motivi ideologici, ma in quanto a livello di coinvolgimento emotivo devo ammettere che "Lovely Sara" è uno dei meisaku più efficaci che abbia mai visto: è uno di quegli anime che fanno perdere il sonno per sapere come andranno a finire, e questo nonostante si sappia fin dall'inizio che il finale sarà scontato: un risultato non da poco, che viene ottenuto grazie a dei personaggi indimenticabili.
Perché "Lovely Sara" è così sconvolgente? Perché nel meisaku tradizionale la disgrazia è dovuta principalmente a cause accidentali (malattia, sfortuna, catastrofi naturali, incidenti) o endemiche (la povertà, la posizione sociale) e solo in seconda misura alla cattiveria umana; al contrario, in "Lovely Sara" le proporzioni sono ribaltate e quasi tutte le disgrazie di Sara sono dovute alla crudeltà di chi la circonda. Il livello di ingiustizie e di torture subite dalla piccola raggiunge vette ineguagliate nel suo genere - si ricordi che il meisaku è un genere inteso per l'infanzia! Sara trascorre la sua vita tra crudelissimi atti di bullismo da parte delle (ex-)compagne di classe, capitanate dalla perfida Lavinia, e abusi da parte dell'autorità, rappresentata qui dalla figura della direttrice del collegio, la disumana Miss Minchin, la donna più meschina e crudele che si sia mai vista in un anime. Le disgrazie naturali naturalmente non mancano (morte della madre, morte del padre, malattie, eccetera), ma impallidiscono di fronte alle crudeltà volontarie. L'anime è così pesante che nelle puntate centrali io e mia moglie abbiamo dovuto sospenderne la visione per una settimana onde recuperare la pace interiore. Basti solo dire che le azioni combinate di Lavinia e di Miss Minchin arrivano quasi a causare la morte di Sara. Ne sconsiglio assolutamente la visione ai bambini, fortuna che non l'ho visto durante l'infanzia!
La visione di "Lovely Sara" fa stare veramente male, soprattutto per la crudeltà psicologica; anche frugando nella mia memoria mi è difficile trovare un anime più crudele: mi viene in mente "Violence Jack", dove si squartano bambini, violentano ragazze e fanno a pezzi uomini con una motosega, ma almeno "Violence Jack" è un'opera che si può classificare come fantastica, mentre Sara è spaventosamente realistica. Mi vengono anche in mente le opere di Keiko Suenobu, "Vitamin" e "Life", altrettanto realistiche e insopportabilmente cariche di violenze psicologiche e fisiche, ma non si tratta di opere per l'infanzia e trattano comunque di casi eccezionali. La problematicità di "Lovely Sara" sta nel fatto che tratta della vita comune di un'intera società: nella Londra vittoriana la vita dei bambini poveri non era molto diversa da come ci viene descritta. Personaggi come Miss Minchin hanno il sapore della verità: nella loro grettezza e insensibilità, nella loro piccolezza, non hanno nulla di romanzesco ma tutto della vita reale. L'impressione che si ha è che l'autrice abbia semplicemente tratto dalla sua esperienza dei comportamenti di persone reali, cambiando nomi e dettagli. È l'estrema semplicità e quotidianità che rende l'opera così coinvolgente e sconvolgente.
Bisogna anche ammettere che la sceneggiatura è magistrale nel suo sviluppo drammatico: l'anime inizia con una decina di puntate pacifiche e senza scossoni, che non lasciano presagire il dramma che esploderà a partire dall'undicesimo episodio. A questo punto diventa improvvisamente pesantissimo e continua a narrare violenze su violenze per blocchi e blocchi di puntate, con accanimento mai visto prima. Su questo substrato drammaticissimo artatamente si inseriscono degli episodi più leggeri, onde illudere lo spettatore che il peggio sia finalmente passato, soltanto per poi rincarare la dose con una scarica di disgrazie ancora peggiore. La crudeltà è tale che si fa intravedere la luce di speranza per Sara già a quindici puntate dalla fine, ma per una serie di circostanze si rimanda la conclusione positiva il più possibile, al fine di mantenere lo spettatore in sospeso.
Non è solo l'altissima percentuale di sadismo a rendere l'anime difficile da sopportare. Ancora più insopportabile è il modello morale presentato, quello del "porgi l'altra guancia", secondo il quale bisogna subire senza lamentarsi le peggiori sopraffazioni e ingiustizie. Sia chiaro che ideologicamente sono del tutto contrario a questo modello improntato alla negazione di sé: se tutti subissero passivamente come Sara non ci sarebbe speranza di miglioramento nel mondo. Considero "Lovely Sara" un anime altamente diseducativo e dannoso, specialmente se visto da bambini sensibili e con un carattere passivo. L'atteggiamento tipico di Sara è quello di prendersi tutte le colpe, anche se è sempre perfettamente innocente: per esempio, in un episodio Lavinia cerca di colpirla in testa con una lavagnetta, ma per sbaglio rompe una finestra, affibbiando poi la colpa a Sara; questa invece di lamentarsi si prende la colpa per avere cercato di scansarsi e quindi per avere causato indirettamente il danno! Sara è così passiva che i suoi aguzzini non vedono l'ora di trattarla anche peggio per vedere fino a che punto è in grado di sopportare, ma non avranno soddisfazione perché Sara rischierà la morte ma non si ribellerà mai fino alla fine. Francamente il personaggio risulta antipatico anche allo spettatore per la sua eccessiva santità: anche nel finale, quando finalmente le sofferenze della bambina termineranno (è uno spoiler minore dire che ci sarà un lieto fine), Sara si comporta con una bontà inverosimile nei confronti dei suoi aguzzini.
Non tutto è male in "Lovely Sara", comunque. Se il personaggio di Sara risulta artificioso, tutti gli altri risultano perfetti nella loro parte, in particolare i personaggi negativi, che non si ravvederanno mai e continueranno a restare fedeli a loro stessi. Quello che cambierà sarà solo il loro comportamento superficiale. Tutto l'anime è una condanna totale dell'ipocrisia, dell'egoismo e dell'attaccamento al denaro. Non si trova però nessuna critica al sistema sociale: si criticano i difetti delle persone, ma non la società che permette una tale disparità sociale. Il messaggio che viene trasmesso è che basta subire tutto con pazienza e poi miracolosamente un benefattore ci salverà: messaggio del tutto conservatore e per me particolarmente odioso.
Vale la pena di accennare alla trama, che è molto semplice e comprensibile a tutti. All'inizio dell'anime Sara è una ricchissima ereditiera; arrivata nel collegio di Miss Minchin viene trattata con tutti gli onori, quasi fosse una principessa. Fin dall'inizio Miss Minchin e Lavinia non la sopportano, ma sono costretti a piegarsi alla ricchezza e alle convenzioni sociali. Dopo qualche puntata il padre di Sara muore, la bimba rimane in miseria e Miss Minchin e Lavinia possono finalmente approfittarne per sfogare tutto il loro odio e la loro invidia. Nel finale Sara viene salvata da un amico del padre, torna più ricca di prima e Miss Minchin e Lavinia ritornano al loro stato naturale di ipocrisia come se nulla fosse. D'altra parte i veri amici di Sara (la dolcissima cameriera Becky, il bravissimo cocchiere Peter, la piccola piagnona Lalla e la gentile Margherita) continueranno a volerle bene dall'inizio alla fine, incuranti delle condizioni economiche. La galleria di ritratti umani presentati è molto varia e perfettamente delineata: mi vengono in mente l'avvocato crudele, Amelia Minchin, la zia di Margherita, i genitori di Peter e Becky, i cuochi Molly e James. I personaggi di Miss Minchin e Lavinia poi sono in grado di rimanere impressi a fuoco nella memoria degli spettatori, sono entrambi da dieci e lode. Indimenticabili sono due scene: quando Lavinia spiega a Margherita i motivi del suo odio per Sara (puntata 39) e quando Miss Minchin scopre che Sara è stata nominata erede universale di Mister Chrisford (puntata 45). In entrambi i casi si getta una luce abbagliante e di rara profondità sul vero essere delle due aguzzine.
Dal punto di vista tecnico, dico subito che i nostalgici degli anni Settanta si troveranno a loro agio con il chara design e i colori, decisamente indicati al tipo di serie - l'anime è del 1985 ma sembra realizzata dieci anni prima, dal punto di vista cromatico sembra impossibile che preceda Pollyanna di un solo anno. Anche la musica tristissima è adattissima a rendere l'atmosfera dell'opera e merita una menzione positiva. Boccio invece la sigla di Cristina D'Avena, che risulta particolarmente anonima e non adatta al tenore della serie. D'altra parte giudico eccezionali le voci italiane, specialmente quella di Becky, ma anche quelle di Sara, di Peter, di Lalla e del piccolo Donald, che contribuiscono molto alla resa dei personaggi positivi. Tra i personaggi più simpatici devo notare anche il gatto Cesare, che ha un suo spazio fisso di qualche secondo in ogni puntata, tempo che occupa a dormire, sbadigliare, sbattere contro i mobili e occasionalmente a combinare qualche guaio. Adorabili sono anche Mel e la sua famiglia, dei topini che costituiscono l'unica compagnia di Sara quando è costretta a vivere in soffitta. Sono i pochi momenti in cui si capisce che questo è un anime per bambini, così come nelle frequenti citazioni dirette o indirette al mondo della fiaba (Cenerentola, Biancaneve, la Piccola Fiammiferaia), un'idea che ho trovato molto indovinata e consistente con la tradizione del meisaku - mi tornano in mente analogie con "Piccole Donne" e "Anna dai Capelli Rossi". Disegni e animazioni sono di grandissimo effetto nonostante l'età e soprattutto gli occhi di Sara restano impressi.
Chiudo infine con qualche nota sulla corrispondenza con il romanzo ispiratore, "La piccola principessa" di Frances H. Burnett, versione rivisitata ed espansa del suo precedente lavoro "Sara Crewe" del 1888 (si noti che nell'adattamento italiano il cognome di Sara è stato cambiato in Morris). L'anime è piuttosto fedele al romanzo, ma dovendosi sviluppare in 46 puntate aggiunge dei personaggi (in particolare Peter e il padrone della sartoria dove Sara ha comprato la sua bambola Priscilla) e degli avvenimenti che non hanno corrispondenza con l'originale. Comunque lo spirito viene preservato. Il cambiamento più fastidioso è nel carattere di Sara, che nel romanzo è più credibile e meno santa. Vale la pena di ricordare che la Burnett è conosciuta anche per aver scritto "Il piccolo Lord" e "Il giardino segreto", entrambi tradotti in animazione qualche anno dopo "Lovely Sara". Se la Burnett non è l'autrice inglese più amata dai Giapponesi, è sicuramente quella più trasposta in animazione.
Non posso assegnare il massimo dei voti per i summenzionati motivi ideologici, ma in quanto a livello di coinvolgimento emotivo devo ammettere che "Lovely Sara" è uno dei meisaku più efficaci che abbia mai visto: è uno di quegli anime che fanno perdere il sonno per sapere come andranno a finire, e questo nonostante si sappia fin dall'inizio che il finale sarà scontato: un risultato non da poco, che viene ottenuto grazie a dei personaggi indimenticabili.
Lovely Sara
10.0/10
Recensione di AkiraSakura
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Le vicende di "Princess Sarah" avvengono nella tetra Londra vittoriana. Sarah Crewe è la figlia di una ricca famiglia Inglese residente in India, e da poco si è trasferita in Inghilterra, presso il rinomato collegio femminile di Miss Minchin. All'intelligente Sarah, orfana di madre, rimane sono più il padre, il quale, una volta portata la figlia al collegio, è costretto a tornare in India per lavoro. In seguito ad una disgrazia, avrà inizio la triste e drammatica avventura di Sarah, la quale diventerà poverissima; una vera e propria schiava, maltrattata e derisa dai suoi ipocriti, invidiosi e spietati aguzzini: Miss Minchin, Miss Lavinia e i loro rispettivi lacché. Le crudeltà che dovrà subire la piccola la porteranno addirittura ad un passo dalla morte...
"Princess Sarah" è l'adattamento animato operato dalla Nippon Animation del romanzo "La Piccola Principessa" di Frances Hodgson Burnett. Si tratta di un meisaku molto incisivo ed angoscioso, nel quale le disgrazie e la cattiveria umana raggiungono livelli decisamente più elevati rispetto agli standard delle altre opere dello stesso genere. Se queste ultime erano leggermente mitigate ed addolcite, nonostante l'asprezza e la drammaticità delle vicende trattate, "Princess Sarah" non conosce freni inibitori: è uno degli anime più crudeli che abbia mai visto; ma non crudele nel senso estetico e tragico del termine; crudele giacché quello che l'opera ci propone è realmente esistito: il tutto è realisticamente plausibile nelle modalità con le quali viene rappresentato. Nell'Inghilterra vittoriana la schiavitù e lo sfruttamento minorile erano all'ordine del giorno, così come la distinzione abissale tra ricchi e poveri (purtroppo in molti paesi del mondo queste cose esistono ancora); ed ecco che nell'anime, così come nel romanzo, emerge una forte denuncia del lavoro minorile, nonché una feroce critica all'ipocrisia, congiunta alla palese condanna dell'infelice equazione "essere uguale avere". Infatti, basta poco a far cambiare l'atteggiamento della spietata Miss Minchin nei confronti di Sarah: il sopraggiungere della povertà e dell'indigenza; il fatto che quest'ultima diventi, da potenziale "principessa dei diamanti", un indifeso essere caduto in disgrazia in un mondo di predatori e prede.
La piccola Sarah, nonostante la sua caratterizzazione cliché di bambina-archetipo incondizionatamente buona e gentile con tutti - anche con i suoi carnefici - è soltanto una bambina; è l'innocenza fatta a persona; e c'è qualcosa di estremamente adulto in quello sguardo così nobile e profondo. Contrariamente alla suddetta, gli altri personaggi sono invece sin troppo umani (questo è uno dei rari casi in cui durante la visione mi sembrava di aver di fronte persone vere, e non personaggi fittizi). In primis Lavinia, una bambina in grado di compiere cattiverie talmente pesanti - e allo stesso tempo sottili - da mettere a disagio lo spettatore più sensibile: ella è un personaggio chiave, in grado di motivare il suo odio viscerale verso Sarah con una lucida consapevolezza che la macchia di un estremo e genuino cinismo; cinismo abbastanza inquietante, poiché viene esternato da quella che dovrebbe essere una pura e semplice bambina. Lavinia sa di essere ciò che ha, e sa anche che nel suo mondo contano soltanto le apparenze. Lavinia sa che bisogna primeggiare in tutto, altrimenti si viene considerati dei "signor Nessuno". Lavinia sa che Sarah non è una persona debole come lei, giacché ella sopporta tutte le sue umiliazioni senza mai provare emozioni negative, senza mai ribellarsi, senza mai scegliere di percorrere le facili vie del rancore e della vendetta. Il seguente dialogo a mio avviso è uno dei momenti più significativi dell'opera:
Ascolta Lavinia, è da tanto tempo che voglio chiedertelo: perché sei così cattiva con Sarah? Che cosa ti ha fatto? Perché la odi così?
Davvero ti interessa tanto sapere perché odio Sarah?
Sì, Lavinia.
Ti sbagli: adesso non la odio affatto.
Eh?
A dire il vero, la prima volta che mi è comparsa davanti l'ho odiata immensamente. Vedi, io sono sincera e lo ammetto. E l'ho odiata innanzitutto perché era più ricca di me, perché parlava francese meglio di me, e anche perché era decisamente più bella di me. Ma adesso le cose sono nettamente cambiate. Sarah è diventata terribilmente povera, e non ha più nulla. Quanto al francese, che cosa se ne può fare una semplice sguattera? Inoltre i suoi bei vestiti si sono trasformati in miserabili stracci, e non può essere bella così.
Ma allora, perché, Lavinia?
Se vuoi proprio saperlo, Margherita, perché nonostante quello che ha passato e che passa ogni giorno è serena, e io al suo posto sarei disperata, capisci? E' ancora lei la più forte, ancora lei! (e se ne va via, rabbiosa).
Ma non è solo Lavinia che viene scrutata nella sua inflessibile coerenza. Anche Miss Minchin, uno degli esseri più ipocriti, odiosi, crudeli, ottusi e spietati dell'animazione giapponese verrà messa a nudo. Ella è reduce da un passato fatto di povertà e di stenti, ed è arrivata a dirigere un collegio d'elité solamente mediante i propri sforzi. Ora le sofferenze passate hanno ucciso la sua consapevolezza, la sua coscienza, la sua umanità - si pensi al dialogo tra Sarah e Amelia, la sottomissiva ed impacciata sorella della carnefice -. In un certo senso, Miss Minchin si rivelerà essere anch'essa una delle "vittime" di un determinato modo di pensare e, sopratutto, di discriminare le persone. La suddetta a mio avviso non ha la raccapricciante e disumana consapevolezza di Lavinia. E' una macchina che agisce applicando con celerità le universali leggi del profitto, dell'ipocrisia e dell'indifferenza. Una carnefice che a sua volta è stata una vittima.
E poi ci sono loro, quelle persone che ti amano per ciò che sei, indipendentemente dalla tua classe sociale e da tutte le altre etichette che tutt'oggi regolano un mondo palesemente fondato sull'apparenza. C'è la tenera sguattera maltrattata da tutti, Becky, sempre pronta a difendere Sarah e a piangere per lei, pur sapendo di andare incontro a disumane punizioni; c'è Peter, vero e proprio ragazzo di città abituato sin da piccolo a destreggiarsi nei quartieri più malfamati di Londra; c'è Lottie, una bambina piccolissima che considera Sarah come una madre; c'è la timida, impacciata e senza talento Ermengarde, la quale tuttavia riuscirà a salvare la vita della sua cara amica caduta in disgrazia, dimostrando una grande umanità. Questi personaggi sono resi benissimo, e allo stesso modo degli antagonisti, anch'essi paiono "vivi"; sono persone che sicuramente ognuno di noi ha incontrato nella sua vita, allo stesso modo di quegli aguzzini più o meno spietati che sfruttano, ingannano, invidiano, scambiano l'apparenza per la sostanza, rovinano la gente onesta.
Ci si affeziona ai personaggi di "Princess Sarah", e a visione conclusa si prova un forte senso di vuoto.
La sceneggiatura è molto impressiva, siccome alterna momenti che paiono soffici e pacati con delle impreviste scariche di violenza - sia fisica che psicologica - cariche di drammaticità. Le vicende iniziali dell'anime, ad esempio, sono abbastanza anonime e scontate, e non fanno affatto intuire il calvario che avrà luogo dopo l'undicesima puntata. Molte volte nel corso della serie i momenti carichi di speranza verranno improvvisamente soffocati nel pianto e nella disperazione.
La regia è di gran classe, sempre pronta a catturare l'epressione dispiaciuta, la lacrima trattenuta, gli sguardi che valgono più di ogni parola. Una regia che, allo stesso modo della sceneggiatura, sfrutta l'apparente calma per rendere ancora più tormentosa la successiva tempesta. Riguardo ai disegni e alle animazioni, l'opera è indietro di dieci anni: i fondali sono scarni, ma allo stesso tempo efficaci; il character design è anch'esso tipicamente anni settanta, e vanta di una grande espressività. Sono da notare alcuni riferimenti ad opere fiabesche come "La fiammiferaia" e "Cenerentola", che contribuiscono a fornire all'anime gradevoli risvolti atavaci ed archetipali.
Volendo ancora riflettere sull'essenza della dolce Sarah, ella indubbiamente è una principessa; lo è dentro, nel profondo, e preferisce subire tutte le angherie di cui è oggetto rimanendo sempre fedele al suo nobile, esagerato e talvolta caricaturale buonismo. Nel romanzo, ella la tentazione di ribellarsi ce l'aveva, ed ogni tanto rispondeva alle numerose provocazioni ed ingiustizie subite; tuttavia, gli autori dell'anime hanno preferito renderla più affine ad una remissiva bambina dai modi tipicamente giapponesi; una bambina indifesa e senza il potere necessario a ribellarsi, la quale è obbligata a rimanere nel collegio anche per motivi estremamente pratici (deve ricevere la lettera dalla polizia di Bombay per accertarsi dei fatti accaduti al padre). A mio avviso, oltre alle atmosfere plumbee e dense di un grigiore opprimente, è proprio il marcato contrasto tra l'innocenza di Sarah e la cattiveria dei suoi aguzzini che rende la visione oltremodo angosciosa. Detto ciò, con il suo illuminato gesto finale Sarah ha dimostratato di essere una vera principessa sino alla fine; e anche i suoi antagonisti sono rimasti fedeli a loro stessi sino alla fine: cambierà soltanto il loro atteggiamento, ma non avverrà alcuna redenzione.
In conclusione, questo è uno dei migliori meisaku che abbia mai visto, e concordo pienamente con l'ottima valutazione degli spettatori di TV Asahi, che lo piazzano tra i cento migliori anime di sempre. Certamente "Princess Sarah" è una di quelle serie molto coinvolgenti che sono in grado di far appassionare un'ampia fetta di pubblico: uomini, donne, bambini e anziani. E' difficile non rimanere col fiato sospeso mentre si seguono le tanto drammatiche quanto ordinarie vicende di Sarah e dei suoi cari amici.
"Princess Sarah" è l'adattamento animato operato dalla Nippon Animation del romanzo "La Piccola Principessa" di Frances Hodgson Burnett. Si tratta di un meisaku molto incisivo ed angoscioso, nel quale le disgrazie e la cattiveria umana raggiungono livelli decisamente più elevati rispetto agli standard delle altre opere dello stesso genere. Se queste ultime erano leggermente mitigate ed addolcite, nonostante l'asprezza e la drammaticità delle vicende trattate, "Princess Sarah" non conosce freni inibitori: è uno degli anime più crudeli che abbia mai visto; ma non crudele nel senso estetico e tragico del termine; crudele giacché quello che l'opera ci propone è realmente esistito: il tutto è realisticamente plausibile nelle modalità con le quali viene rappresentato. Nell'Inghilterra vittoriana la schiavitù e lo sfruttamento minorile erano all'ordine del giorno, così come la distinzione abissale tra ricchi e poveri (purtroppo in molti paesi del mondo queste cose esistono ancora); ed ecco che nell'anime, così come nel romanzo, emerge una forte denuncia del lavoro minorile, nonché una feroce critica all'ipocrisia, congiunta alla palese condanna dell'infelice equazione "essere uguale avere". Infatti, basta poco a far cambiare l'atteggiamento della spietata Miss Minchin nei confronti di Sarah: il sopraggiungere della povertà e dell'indigenza; il fatto che quest'ultima diventi, da potenziale "principessa dei diamanti", un indifeso essere caduto in disgrazia in un mondo di predatori e prede.
La piccola Sarah, nonostante la sua caratterizzazione cliché di bambina-archetipo incondizionatamente buona e gentile con tutti - anche con i suoi carnefici - è soltanto una bambina; è l'innocenza fatta a persona; e c'è qualcosa di estremamente adulto in quello sguardo così nobile e profondo. Contrariamente alla suddetta, gli altri personaggi sono invece sin troppo umani (questo è uno dei rari casi in cui durante la visione mi sembrava di aver di fronte persone vere, e non personaggi fittizi). In primis Lavinia, una bambina in grado di compiere cattiverie talmente pesanti - e allo stesso tempo sottili - da mettere a disagio lo spettatore più sensibile: ella è un personaggio chiave, in grado di motivare il suo odio viscerale verso Sarah con una lucida consapevolezza che la macchia di un estremo e genuino cinismo; cinismo abbastanza inquietante, poiché viene esternato da quella che dovrebbe essere una pura e semplice bambina. Lavinia sa di essere ciò che ha, e sa anche che nel suo mondo contano soltanto le apparenze. Lavinia sa che bisogna primeggiare in tutto, altrimenti si viene considerati dei "signor Nessuno". Lavinia sa che Sarah non è una persona debole come lei, giacché ella sopporta tutte le sue umiliazioni senza mai provare emozioni negative, senza mai ribellarsi, senza mai scegliere di percorrere le facili vie del rancore e della vendetta. Il seguente dialogo a mio avviso è uno dei momenti più significativi dell'opera:
Ascolta Lavinia, è da tanto tempo che voglio chiedertelo: perché sei così cattiva con Sarah? Che cosa ti ha fatto? Perché la odi così?
Davvero ti interessa tanto sapere perché odio Sarah?
Sì, Lavinia.
Ti sbagli: adesso non la odio affatto.
Eh?
A dire il vero, la prima volta che mi è comparsa davanti l'ho odiata immensamente. Vedi, io sono sincera e lo ammetto. E l'ho odiata innanzitutto perché era più ricca di me, perché parlava francese meglio di me, e anche perché era decisamente più bella di me. Ma adesso le cose sono nettamente cambiate. Sarah è diventata terribilmente povera, e non ha più nulla. Quanto al francese, che cosa se ne può fare una semplice sguattera? Inoltre i suoi bei vestiti si sono trasformati in miserabili stracci, e non può essere bella così.
Ma allora, perché, Lavinia?
Se vuoi proprio saperlo, Margherita, perché nonostante quello che ha passato e che passa ogni giorno è serena, e io al suo posto sarei disperata, capisci? E' ancora lei la più forte, ancora lei! (e se ne va via, rabbiosa).
Ma non è solo Lavinia che viene scrutata nella sua inflessibile coerenza. Anche Miss Minchin, uno degli esseri più ipocriti, odiosi, crudeli, ottusi e spietati dell'animazione giapponese verrà messa a nudo. Ella è reduce da un passato fatto di povertà e di stenti, ed è arrivata a dirigere un collegio d'elité solamente mediante i propri sforzi. Ora le sofferenze passate hanno ucciso la sua consapevolezza, la sua coscienza, la sua umanità - si pensi al dialogo tra Sarah e Amelia, la sottomissiva ed impacciata sorella della carnefice -. In un certo senso, Miss Minchin si rivelerà essere anch'essa una delle "vittime" di un determinato modo di pensare e, sopratutto, di discriminare le persone. La suddetta a mio avviso non ha la raccapricciante e disumana consapevolezza di Lavinia. E' una macchina che agisce applicando con celerità le universali leggi del profitto, dell'ipocrisia e dell'indifferenza. Una carnefice che a sua volta è stata una vittima.
E poi ci sono loro, quelle persone che ti amano per ciò che sei, indipendentemente dalla tua classe sociale e da tutte le altre etichette che tutt'oggi regolano un mondo palesemente fondato sull'apparenza. C'è la tenera sguattera maltrattata da tutti, Becky, sempre pronta a difendere Sarah e a piangere per lei, pur sapendo di andare incontro a disumane punizioni; c'è Peter, vero e proprio ragazzo di città abituato sin da piccolo a destreggiarsi nei quartieri più malfamati di Londra; c'è Lottie, una bambina piccolissima che considera Sarah come una madre; c'è la timida, impacciata e senza talento Ermengarde, la quale tuttavia riuscirà a salvare la vita della sua cara amica caduta in disgrazia, dimostrando una grande umanità. Questi personaggi sono resi benissimo, e allo stesso modo degli antagonisti, anch'essi paiono "vivi"; sono persone che sicuramente ognuno di noi ha incontrato nella sua vita, allo stesso modo di quegli aguzzini più o meno spietati che sfruttano, ingannano, invidiano, scambiano l'apparenza per la sostanza, rovinano la gente onesta.
Ci si affeziona ai personaggi di "Princess Sarah", e a visione conclusa si prova un forte senso di vuoto.
La sceneggiatura è molto impressiva, siccome alterna momenti che paiono soffici e pacati con delle impreviste scariche di violenza - sia fisica che psicologica - cariche di drammaticità. Le vicende iniziali dell'anime, ad esempio, sono abbastanza anonime e scontate, e non fanno affatto intuire il calvario che avrà luogo dopo l'undicesima puntata. Molte volte nel corso della serie i momenti carichi di speranza verranno improvvisamente soffocati nel pianto e nella disperazione.
La regia è di gran classe, sempre pronta a catturare l'epressione dispiaciuta, la lacrima trattenuta, gli sguardi che valgono più di ogni parola. Una regia che, allo stesso modo della sceneggiatura, sfrutta l'apparente calma per rendere ancora più tormentosa la successiva tempesta. Riguardo ai disegni e alle animazioni, l'opera è indietro di dieci anni: i fondali sono scarni, ma allo stesso tempo efficaci; il character design è anch'esso tipicamente anni settanta, e vanta di una grande espressività. Sono da notare alcuni riferimenti ad opere fiabesche come "La fiammiferaia" e "Cenerentola", che contribuiscono a fornire all'anime gradevoli risvolti atavaci ed archetipali.
Volendo ancora riflettere sull'essenza della dolce Sarah, ella indubbiamente è una principessa; lo è dentro, nel profondo, e preferisce subire tutte le angherie di cui è oggetto rimanendo sempre fedele al suo nobile, esagerato e talvolta caricaturale buonismo. Nel romanzo, ella la tentazione di ribellarsi ce l'aveva, ed ogni tanto rispondeva alle numerose provocazioni ed ingiustizie subite; tuttavia, gli autori dell'anime hanno preferito renderla più affine ad una remissiva bambina dai modi tipicamente giapponesi; una bambina indifesa e senza il potere necessario a ribellarsi, la quale è obbligata a rimanere nel collegio anche per motivi estremamente pratici (deve ricevere la lettera dalla polizia di Bombay per accertarsi dei fatti accaduti al padre). A mio avviso, oltre alle atmosfere plumbee e dense di un grigiore opprimente, è proprio il marcato contrasto tra l'innocenza di Sarah e la cattiveria dei suoi aguzzini che rende la visione oltremodo angosciosa. Detto ciò, con il suo illuminato gesto finale Sarah ha dimostratato di essere una vera principessa sino alla fine; e anche i suoi antagonisti sono rimasti fedeli a loro stessi sino alla fine: cambierà soltanto il loro atteggiamento, ma non avverrà alcuna redenzione.
In conclusione, questo è uno dei migliori meisaku che abbia mai visto, e concordo pienamente con l'ottima valutazione degli spettatori di TV Asahi, che lo piazzano tra i cento migliori anime di sempre. Certamente "Princess Sarah" è una di quelle serie molto coinvolgenti che sono in grado di far appassionare un'ampia fetta di pubblico: uomini, donne, bambini e anziani. E' difficile non rimanere col fiato sospeso mentre si seguono le tanto drammatiche quanto ordinarie vicende di Sarah e dei suoi cari amici.
Il cielo azzurro di Romeo / Spicchi di cielo tra baffi di fumo (1995)
Dopo un decennio e mezzo di successi, l'entrata negli anni '90 indebolì non poco il successo del World Masterpiece Theater. I tempi erano ormai cambiati, e i bambini degli anni '90 facevano sempre più fatica a immedesimarsi in storie del passato piene di orfani e bambini sfortunati in cerca del proprio posto nel mondo. Un cambiamento ben evidente nel crollo dello share e nella diminuzione del numero di episodi delle serie. Il cielo azzurro di Romeo ebbe inoltre numerosi problemi di trasmissione. Due giorni dopo la trasmissione del primo episodio ci fu il Grande terremoto di Kobe, che fece discutere se fosse il caso di mandare in onda il secondo episodio, in cui viene rappresentato un tremendo incendio che distrugge i campi del padre del protagonista; inoltre molti episodi vennero rimandati di anche diverse settimane per fare spazio alle partite della Coppa del Mondo di pallavolo o al campionato di baseball professionistico. A causa di queste circostanze, la serie fece segnare il peggior share del World Masterpiece Theater fino a quel momento, venendo superato solamente dalle due serie successive e contribuendo alla morte del filone l'anno successivo.
Tratto dal romanzo I fratelli neri dei coniugi Kurt Held e Lisa Tetzner, pubblicato nel 1941. Romeo no aoi sora ci mostra uno spaccato vivo e crudo della compravendita di minori effettuata nel nostro paese alla fine dell’ottocento. Romeo, un ragazzino che vive sulle Alpi della Svizzera italiana, firma, per pagare il medico al padre malato, un contratto con un losco individuo, che lo condurrà attraverso i monti fino in Italia, a Milano, dove sarà venduto come aiutante di uno spazzacamino. Inizia così il viaggio di Romeo, tra soprusi e violenze.
Nel 1997 arriva in nel nostro paese, col titolo “Spicchi di cielo tra baffi di fumo”, l’ultimo grande Meisaku classico, come non ce ne saranno più : “Romeo no ai sora”. È trasmesso in sordina da Mediaset, quasi scusandosi di aver importato un simile titolo; che lo stupra, lo censura, ma il messaggio, la grinta, la vitalità che questo anime ispira trapelano nonostante tutto, sciogliendo il cuore di molti telespettatori.
Tratto dal romanzo “i fratelli neri” di Kurt Held e pubblicato nel 1941, “Romeo no ai sora” ci mostra uno spaccato vivo e crudo della compravendita di minori effettuata nel nostro paese alla fine dell’ottocento. Romeo, un ragazzino che vive sulle Alpi della Svizzera italiana, firma, per pagare il medico al padre malato, un contratto con un losco individuo, che lo condurrà attraverso i monti fino in Italia, a Milano, dove sarà venduto come aiutante di uno spazzacamino. Il viaggio di Romeo, tra soprusi e violenze inizia così, e ripercorre, nelle sue 33 puntate le avventure, e le disavventure di un piccolo grande eroe e dei suoi compagni di sventura.
Se ne sono dette tante su questo anime, ma ancor più se ne sono dette sul libro di Held da cui è tratto. È giusto quindi partire proprio da questo, per riqualificarlo un attimo. Il libro esce nel 1941, in piena seconda guerra mondiale, con la Svizzera che ammicca sia ai nazisti che agli americani, ma che comunque detesta gli Italiani. Per anni la politica del regime di Mussolini è stata quella di fomentare nella sezione italiana dello stato cantonese un sentimento di appartenenza al nostro paese. Alcuni svizzeri reagiscono fondando un parallelo partito fascista e chiedendo a gran voce l’annessione all’Italia. È chiaro che questo fatto a molti loro connazionali resti indigesto. Spesso infatti “Fratelli neri” è stato accusato di essere un romanzo dai chiari connotati anti-italiani. Niente di più falso. E’ pur vero che tutti gli antagonisti di Romeo (Giorgio Verzasca nel romanzo, impronunciabile per un giapponese) sono Italiani, ma è anche ugualmente vero che i suoi più grandi amici e sostenitori sono anch’essi italiani, partendo da Alfredo, l’inseparabile amico, fino al dottor Casela, poco accentuato nell’anime ma unico grande eroe adulto nel romanzo. Quindi queste accuse sono da sfatare una volta per tutte.
Romeo no ai sora nasce nel 1995 come titolo per il World Masterpiece Teather che ormai si sta incamminando sul triste viale del crepuscolo. Il protagonista appare subito come un ragazzino sincero, spigliato, garbato, intelligente. Insomma un esempio di rettitudine e onestà. Se è pur vero che agli occhi di un adulto tanto buonismo e giudizio concentrati in un bambino paiono un po’ ridicoli, è importante ricordare che i Meisaku sono prodotti destinati all’infanzia, con il preciso ruolo di educare. Romeo è un personaggio positivo, che, come molti suoi predecessori nel WMT riesce a vedere la speranza anche nei momenti più cupi e disperati delle sue avventure. Si, perché questo anime di crudezza e realismo ne è permeato. Sia chiaro, un realismo destinato ai bambini. Niente sangue, niente parolacce (nell’originale), ma pur sempre piuttosto ruvido, che scorre come la carta vetro e può far male alle pelli più delicate. Romeo è infatti il centro di un vasto universo di personaggi che si intrecciano tra loro nello svolgimento della trama. Partendo dalle ragazzine che conquisteranno il suo cuore : Angeletta prima, Bianca poi, fino all’inseparabile Alfredo, un ragazzino maturo, che porta sulle spalle un pesante fardello dovuto a un tragico passato. Anche gli antagonisti sono ben caratterizzati. Primo fra tutti Anselmo, figlio del padrone di Romeo e geloso del ragazzino.
L’anime resta abbastanza fedele al romanzo originale, salvo alcune discrepanze piuttosto evidenti, create per fini differenti. Prima di tutto il ruolo dei due adulti principali della storia è cambiato. Marcello Rossi, il padrone di Romeo è con lui sempre spietato crudele nel romanzo, mentre nell’anime finisce per considerarlo quasi un figlio. Il dottor Casela si prodiga per aiutare Romeo e i suoi compagni in tutto e per tutto, fino a favorirne la fuga. Questa parte nell’anime non esiste. Ma la scelta scenografica che più colpisce e si discosta dall’anime è la creazione ex novo del personaggio di Nikita. Nikita infatti (Andrea in Italia) è stato creato per uno fine molto sentito dagli sceneggiatori nipponici : quello di coinvolgere il pubblico femminile. In una realtà prettamente maschile come quella del romanzo, dove le donne (Angeletta e Bianca) sono destinate solo ad essere “salvate”, serviva una figura forte, un po’ tsundere, con la quale far immedesimare anche le bambine più vivaci. Nikita si spaccerà infatti per un maschio per buona parte della storia, lasciando però trasparire spesso i suoi sentimenti per Alfredo. Questa ambiguità ha causato in Italia una cascata di tagli e censure. L’episodio 17 (Imboscata a San Babila) è stato completamente censurato, non per la violenza dei contenuti, come Mediaset ha sostenuto, ma per il fatto che proprio in quella puntata Alfredo, davanti a tutti, smaschera Andrea, rendendo di pubblico dominio la sua identità sessuale. In un paese puro e immacolato come il nostro questo oltraggio all’eterosessualità doveva essere punito! In seguito tutti i discorsi italiani vengono storpiati per non dar da capire che Andrea è in effetti una femmina. Come se lo saranno spiegate allora i nostri piccoli telespettatori, gesti come il dono di un fiore da Alfredo ad Andrea che lei mette tra i capelli? Questa parte non è censurata e se Andrea fosse un maschio, come il censore si è sforzato di darci a bere, apparirebbe ancora più ambiguo. Grande merito va attribuito al Margaria per aver reintrodotto la puntata nel palinsesto, anche se in fascia non protetta (all’alba, quando anche i polli dormono) e parzialmente censurata (2 scene di scazzottate).
Il disegno è di quelli puliti, limpidi, che ancora ricordano lo stile dei Meisaku d’altri tempi. Il colore è distribuito in modo uniforme, senza sfumature ma la grafica è notevolmente migliore rispetto alle produzioni passate.
Un prodotto quindi destinato a rimanere nel cuore, con una storia semplice ed efficace, in grado di commuovere e far riflettere. “Romeo no ai sora” è destinato a restare l’ultima grande luce dell’universo WMT prima del grande crollo del'97. Dieci, meritato.
Tratto dal romanzo “i fratelli neri” di Kurt Held e pubblicato nel 1941, “Romeo no ai sora” ci mostra uno spaccato vivo e crudo della compravendita di minori effettuata nel nostro paese alla fine dell’ottocento. Romeo, un ragazzino che vive sulle Alpi della Svizzera italiana, firma, per pagare il medico al padre malato, un contratto con un losco individuo, che lo condurrà attraverso i monti fino in Italia, a Milano, dove sarà venduto come aiutante di uno spazzacamino. Il viaggio di Romeo, tra soprusi e violenze inizia così, e ripercorre, nelle sue 33 puntate le avventure, e le disavventure di un piccolo grande eroe e dei suoi compagni di sventura.
Se ne sono dette tante su questo anime, ma ancor più se ne sono dette sul libro di Held da cui è tratto. È giusto quindi partire proprio da questo, per riqualificarlo un attimo. Il libro esce nel 1941, in piena seconda guerra mondiale, con la Svizzera che ammicca sia ai nazisti che agli americani, ma che comunque detesta gli Italiani. Per anni la politica del regime di Mussolini è stata quella di fomentare nella sezione italiana dello stato cantonese un sentimento di appartenenza al nostro paese. Alcuni svizzeri reagiscono fondando un parallelo partito fascista e chiedendo a gran voce l’annessione all’Italia. È chiaro che questo fatto a molti loro connazionali resti indigesto. Spesso infatti “Fratelli neri” è stato accusato di essere un romanzo dai chiari connotati anti-italiani. Niente di più falso. E’ pur vero che tutti gli antagonisti di Romeo (Giorgio Verzasca nel romanzo, impronunciabile per un giapponese) sono Italiani, ma è anche ugualmente vero che i suoi più grandi amici e sostenitori sono anch’essi italiani, partendo da Alfredo, l’inseparabile amico, fino al dottor Casela, poco accentuato nell’anime ma unico grande eroe adulto nel romanzo. Quindi queste accuse sono da sfatare una volta per tutte.
Romeo no ai sora nasce nel 1995 come titolo per il World Masterpiece Teather che ormai si sta incamminando sul triste viale del crepuscolo. Il protagonista appare subito come un ragazzino sincero, spigliato, garbato, intelligente. Insomma un esempio di rettitudine e onestà. Se è pur vero che agli occhi di un adulto tanto buonismo e giudizio concentrati in un bambino paiono un po’ ridicoli, è importante ricordare che i Meisaku sono prodotti destinati all’infanzia, con il preciso ruolo di educare. Romeo è un personaggio positivo, che, come molti suoi predecessori nel WMT riesce a vedere la speranza anche nei momenti più cupi e disperati delle sue avventure. Si, perché questo anime di crudezza e realismo ne è permeato. Sia chiaro, un realismo destinato ai bambini. Niente sangue, niente parolacce (nell’originale), ma pur sempre piuttosto ruvido, che scorre come la carta vetro e può far male alle pelli più delicate. Romeo è infatti il centro di un vasto universo di personaggi che si intrecciano tra loro nello svolgimento della trama. Partendo dalle ragazzine che conquisteranno il suo cuore : Angeletta prima, Bianca poi, fino all’inseparabile Alfredo, un ragazzino maturo, che porta sulle spalle un pesante fardello dovuto a un tragico passato. Anche gli antagonisti sono ben caratterizzati. Primo fra tutti Anselmo, figlio del padrone di Romeo e geloso del ragazzino.
L’anime resta abbastanza fedele al romanzo originale, salvo alcune discrepanze piuttosto evidenti, create per fini differenti. Prima di tutto il ruolo dei due adulti principali della storia è cambiato. Marcello Rossi, il padrone di Romeo è con lui sempre spietato crudele nel romanzo, mentre nell’anime finisce per considerarlo quasi un figlio. Il dottor Casela si prodiga per aiutare Romeo e i suoi compagni in tutto e per tutto, fino a favorirne la fuga. Questa parte nell’anime non esiste. Ma la scelta scenografica che più colpisce e si discosta dall’anime è la creazione ex novo del personaggio di Nikita. Nikita infatti (Andrea in Italia) è stato creato per uno fine molto sentito dagli sceneggiatori nipponici : quello di coinvolgere il pubblico femminile. In una realtà prettamente maschile come quella del romanzo, dove le donne (Angeletta e Bianca) sono destinate solo ad essere “salvate”, serviva una figura forte, un po’ tsundere, con la quale far immedesimare anche le bambine più vivaci. Nikita si spaccerà infatti per un maschio per buona parte della storia, lasciando però trasparire spesso i suoi sentimenti per Alfredo. Questa ambiguità ha causato in Italia una cascata di tagli e censure. L’episodio 17 (Imboscata a San Babila) è stato completamente censurato, non per la violenza dei contenuti, come Mediaset ha sostenuto, ma per il fatto che proprio in quella puntata Alfredo, davanti a tutti, smaschera Andrea, rendendo di pubblico dominio la sua identità sessuale. In un paese puro e immacolato come il nostro questo oltraggio all’eterosessualità doveva essere punito! In seguito tutti i discorsi italiani vengono storpiati per non dar da capire che Andrea è in effetti una femmina. Come se lo saranno spiegate allora i nostri piccoli telespettatori, gesti come il dono di un fiore da Alfredo ad Andrea che lei mette tra i capelli? Questa parte non è censurata e se Andrea fosse un maschio, come il censore si è sforzato di darci a bere, apparirebbe ancora più ambiguo. Grande merito va attribuito al Margaria per aver reintrodotto la puntata nel palinsesto, anche se in fascia non protetta (all’alba, quando anche i polli dormono) e parzialmente censurata (2 scene di scazzottate).
Il disegno è di quelli puliti, limpidi, che ancora ricordano lo stile dei Meisaku d’altri tempi. Il colore è distribuito in modo uniforme, senza sfumature ma la grafica è notevolmente migliore rispetto alle produzioni passate.
Un prodotto quindi destinato a rimanere nel cuore, con una storia semplice ed efficace, in grado di commuovere e far riflettere. “Romeo no ai sora” è destinato a restare l’ultima grande luce dell’universo WMT prima del grande crollo del'97. Dieci, meritato.
<b>Attenzione: possibili spoiler!</b>
Romeo è un ragazzino che abita in un piccolo paese delle Alpi svizzere con la famiglia, composta dai genitori, due fratellini e la nonna. Nonostante il duro lavoro e la scarsa disponibilità di mezzi, la vita di Romeo trascorre serena, finché un giorno d’estate non fa la sua comparsa un uomo dall’aspetto inquietante di nome Luini, noto anche come “il diavolo”, perché gira per i villaggi alla ricerca di bambini da portare a Milano allo scopo di venderli come spazzacamini. L’uomo mostra apertamente il suo interesse per Romeo, ma il padre del giovane rifiuta con decisione le sue ripetute offerte; tuttavia, Luini non ha la minima intenzione di arrendersi e provoca un incendio che distrugge il raccolto della già povera famiglia e ferisce in modo piuttosto serio il capofamiglia.
Vista la gravità della situazione, Romeo, che è un ragazzo giudizioso e amorevole, si reca da Luini di sua spontanea volontà e accetta di seguirlo in cambio del denaro necessario per curare il padre, con la promessa che la prossima primavera potrà fare ritorno a casa. Inizia così un viaggio lungo e difficoltoso, durante il quale Romeo conosce altri giovani con il suo stesso triste destino; in particolar modo, stringe amicizia con Alfredo, un ragazzino dai lineamenti nobili e dalla grande cultura, che sta cercando la sorella Bianca e sembra custodire un segreto.
Giunti finalmente a destinazione dopo varie peripezie, i due amici sono costretti a separarsi; Romeo viene venduto al signor Rossi, che vive con la moglie Edda e il figlio Anselmo, i quali mostrano di non gradire affatto il suo arrivo e non perdono occasione per tormentarlo; tuttavia, nonostante le difficoltà iniziali e la forte nostalgia di casa, Romeo si abitua ben presto al suo lavoro, riuscendo così a coglierne anche gli aspetti positivi, come la splendida vista del cielo che si gode dai tetti della città. Inoltre, il soggiorno a Milano è reso meno duro dalla presenza di nuovi amici: la dolce Angeletta, figlia dei signori Rossi costretta a letto da una malattia, il dottor Casela e altri spazzacamini. Romeo ritrova Alfredo e, insieme a lui e ad altri ragazzi, crea i “Fratelli del Camino” (“Fratelli Neri” in originale) per contrastare i “Lupi Guerrieri”, un altro gruppo di spazzacamini che si comportano da prepotenti nei loro confronti. La rivalità tra le due bande finirà presto per esplodere, lasciando però il posto a un sentimento di fratellanza e amicizia, reso ancora più forte da un tragico evento, destinato a influenzare profondamente le decisioni dei ragazzi per il futuro.
Tratta dall’opera “I Fratelli Neri”, scritta nel 1941 dalla tedesca Lisa Tetzner e successivamente conclusa dal marito Kurt Held, che la fece pubblicare a nome della moglie, questa serie riproduce abbastanza fedelmente le vicende narrate nel libro, seppur con qualche eccezione, come ad esempio l’invenzione del personaggio di Andrea (Nikita).
L’edizione italiana si distingue per il doppiaggio di alto livello, caratterizzato dalla presenza di un ottimo cast e da un abbinamento delle voci ai personaggi davvero azzeccato (per esempio, Davide Garbolino su Romeo ed Elisabetta Spinelli su Angeletta).
Tuttavia, a causa dello spinoso tema trattato, la serie ha subito diverse censure per occultare armi o scene di lotta, in particolar modo negli episodi 17 e 18, dedicati allo scontro tra i due gruppi di spazzacamini, e nell’episodio 28, quando Alfredo e Bianca affrontano lo zio; inoltre, nell’ultimo episodio è stata tagliata l’ultima scena, dove si vede la copertina di un libro, con la scritta “Fratelli Neri” in italiano, che viene chiusa.
Nel 1997, in occasione del primo passaggio in televisione della serie, l’episodio 17 non venne trasmesso, ma, stando a quanto si è potuto vedere in occasione della replica del 2009, non presenta scene più cruente di quelle dell’episodio successivo, quindi verrebbe da pensare che non si sia trattato di censura, ma di un semplice errore di programmazione.
Romeo è un ragazzino che abita in un piccolo paese delle Alpi svizzere con la famiglia, composta dai genitori, due fratellini e la nonna. Nonostante il duro lavoro e la scarsa disponibilità di mezzi, la vita di Romeo trascorre serena, finché un giorno d’estate non fa la sua comparsa un uomo dall’aspetto inquietante di nome Luini, noto anche come “il diavolo”, perché gira per i villaggi alla ricerca di bambini da portare a Milano allo scopo di venderli come spazzacamini. L’uomo mostra apertamente il suo interesse per Romeo, ma il padre del giovane rifiuta con decisione le sue ripetute offerte; tuttavia, Luini non ha la minima intenzione di arrendersi e provoca un incendio che distrugge il raccolto della già povera famiglia e ferisce in modo piuttosto serio il capofamiglia.
Vista la gravità della situazione, Romeo, che è un ragazzo giudizioso e amorevole, si reca da Luini di sua spontanea volontà e accetta di seguirlo in cambio del denaro necessario per curare il padre, con la promessa che la prossima primavera potrà fare ritorno a casa. Inizia così un viaggio lungo e difficoltoso, durante il quale Romeo conosce altri giovani con il suo stesso triste destino; in particolar modo, stringe amicizia con Alfredo, un ragazzino dai lineamenti nobili e dalla grande cultura, che sta cercando la sorella Bianca e sembra custodire un segreto.
Giunti finalmente a destinazione dopo varie peripezie, i due amici sono costretti a separarsi; Romeo viene venduto al signor Rossi, che vive con la moglie Edda e il figlio Anselmo, i quali mostrano di non gradire affatto il suo arrivo e non perdono occasione per tormentarlo; tuttavia, nonostante le difficoltà iniziali e la forte nostalgia di casa, Romeo si abitua ben presto al suo lavoro, riuscendo così a coglierne anche gli aspetti positivi, come la splendida vista del cielo che si gode dai tetti della città. Inoltre, il soggiorno a Milano è reso meno duro dalla presenza di nuovi amici: la dolce Angeletta, figlia dei signori Rossi costretta a letto da una malattia, il dottor Casela e altri spazzacamini. Romeo ritrova Alfredo e, insieme a lui e ad altri ragazzi, crea i “Fratelli del Camino” (“Fratelli Neri” in originale) per contrastare i “Lupi Guerrieri”, un altro gruppo di spazzacamini che si comportano da prepotenti nei loro confronti. La rivalità tra le due bande finirà presto per esplodere, lasciando però il posto a un sentimento di fratellanza e amicizia, reso ancora più forte da un tragico evento, destinato a influenzare profondamente le decisioni dei ragazzi per il futuro.
Tratta dall’opera “I Fratelli Neri”, scritta nel 1941 dalla tedesca Lisa Tetzner e successivamente conclusa dal marito Kurt Held, che la fece pubblicare a nome della moglie, questa serie riproduce abbastanza fedelmente le vicende narrate nel libro, seppur con qualche eccezione, come ad esempio l’invenzione del personaggio di Andrea (Nikita).
L’edizione italiana si distingue per il doppiaggio di alto livello, caratterizzato dalla presenza di un ottimo cast e da un abbinamento delle voci ai personaggi davvero azzeccato (per esempio, Davide Garbolino su Romeo ed Elisabetta Spinelli su Angeletta).
Tuttavia, a causa dello spinoso tema trattato, la serie ha subito diverse censure per occultare armi o scene di lotta, in particolar modo negli episodi 17 e 18, dedicati allo scontro tra i due gruppi di spazzacamini, e nell’episodio 28, quando Alfredo e Bianca affrontano lo zio; inoltre, nell’ultimo episodio è stata tagliata l’ultima scena, dove si vede la copertina di un libro, con la scritta “Fratelli Neri” in italiano, che viene chiusa.
Nel 1997, in occasione del primo passaggio in televisione della serie, l’episodio 17 non venne trasmesso, ma, stando a quanto si è potuto vedere in occasione della replica del 2009, non presenta scene più cruente di quelle dell’episodio successivo, quindi verrebbe da pensare che non si sia trattato di censura, ma di un semplice errore di programmazione.
Fonti consultate:
- Pagina wikipedia giapponese di Zuiyo, World Masterpiece Theater, Patrash, Sara e Romeo
- Animetudes - A Dog of Flanders
- AnimeTudes - Heidi, Girl of the Alps
- AnimeTudes - Yama nezumi Rocky Chuck
- AnimeTudes - The History of Mushi Pro
- All the Anime - The Day Heidi Was Born
- Anime News Network - Vincitori del Tokyo Anime Award Festival 2019
- Yasuo Otsuka's Joy in Motion
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Dentro la Nippon, ovunque ti giri, vedi cose grandi....
Io gli vedevo tanti anni fa quando ancora su Italia1 c'era la fascia mattutina di anime, che ora non esiste più.
Anche io faccio parte di una delle generazioni che li guardava la mattina su Italia 1 prima di andare a scuola.
Sono il genere che vorrei rivedere tornare con più interesse (ci sono ancora molti romanzi e racconti che potrebbero essere adattati).
Difficile il loro ritorno in maniera stabile in Giappone mancano bambini che vedono anime ☹️.
Se i meisaku hanno prosperato negli anni Settanta e Ottanta successe perché c'erano tanti bambini e famiglie davanti alla televisione che vedevano i meisaku.
Spicchi di cielo e lovely sara già visti.
Entrambi molto belli.
Mi piacque così tanto che lessi anche il libro, ma l'anime era più bello.
È una di quelle serie rare, introvabili, insieme a Esteban, Laura, Marco Polo, ecc.ecc.
Chi ha le vecchie registrazioni se le tiene strette...
Alcuni, presi da compassione, anni fa hanno condiviso rarità come Le avventure di Gamba, Le favole di Andersen, ecc.ecc.
Chissà se in futuro si potrà godere finalmente di una visione di questo Patrash che vidi da bambino sulla Rai!
Per me andrebbe bene anche un ridoppiaggio per un'edizione homevideo, ma se penso che Anna dai capelli rossi non ce l'ha (edizione misera in DVD), Marco non ne parliamo (stracensurata anche in DVD), Sara anch'essa in edizione pessima DVD...
Insomma, non è che la Nippon goda di considerazione in Italia.
Giusto Heidi ha avuto pochi anni fa giustizia in Blu-ray, ma non si è andato fino in fondo, perché avrebbe meritato un ridoppiaggio visto che il nostro è stravolto, comprese musiche.
Quindi, speriamo in Patrash ma non troppo.
Di queste 3 serie Sara è quello che conosco meglio ed è un piccolo capolavoro, l'unica nota negativa di questa serie che non perdonerò mai è il finale buonista che i giapponesi hanno voluto dare, visto che nel romanzo originale Sara, giustamente dopo tutte le peggio cattiverie, angherie e soprusi subiti non perdona Miss Minchin e Lavinia, mentre nell'anime si e addirittura fà una generosa donazione in denaro al collegio dicendo che ha sempre desiderato essere amica di Lavinia, ma dai XD
Il fedele Patrash mai visto, mentre I cieli azzurri di Romeo poco, anche perchè è stato replicato pochissime volte, se ci sarà occasione vedrò di recuperarli ^__^
Il resto viene riproposto spesso sulle TV coreane (dove vivo io), sempre carini da rivedere questi cartoni.
Vero, e forse questo dimostra l'intento originale, ovvero di portare storie amate in tutto il mondo ed in un certo senso universali.
Potrebbero benissimo affiancare la produzione attuale, secondo me un seguito potrebbero averlo.
È anche bello vedere qualcosa di lontano dall'epoca attuale, senza i trope di mode e tutto il resto. Qualcosa di classico e fuori dal tempo.
Con il fatto oggi si consuma molto più on demand, concordo che sarebbe più che possibile. Anche se l'idea originale dei meisaku era forse quella "educational" indirizzata ai bambini, portando loro capisaldi della letteratura mondiale. Ma non vedo motivo per non provare a battere ancora questa strada, ampliata appunto dai mezzi moderni.
Trovo comunque che certi prodotti andrebbero celebrati e preservati meglio, non solo un ricordo dei cartone del mattino di quando si era bambini. In fondo sono stati anche storia. Delle belle edizioni home video sarebbe bello averle. Per alcune magari un restauro.
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