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Prosegue la collaborazione tra AnimeClick.it e Una Stanza Piena di Manga, blog dedicato al fumetto giapponese che, seppur dando un'indubbia importanza ai vecchi classici, presenta anche approfondimenti dedicati a titoli più contemporanei.
In questa rubrica aperiodica andremo a riportare le analisi di questi manga, per la maggior parte inediti in Italia, così da far conoscere ai nostri lettori alcuni titoli di indubbio interesse forse poco noti e, perché no, magari convincere qualche editore italiano a pubblicarlo anche da noi.
Alcune di queste analisi potrebbero contenere spoiler più o meno pesanti sulla trama dell'opera analizzata (finale compreso), per cui all'inizio di ogni recensione segnaleremo il "grado" di spoiler presente.

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L'appuntamento di oggi è dedicato a Dōsei Jidai e contiene spoiler sulla trama; viene inoltre rivelato il finale dell'opera.


Dosei jidai CoverAutore: Kamimura Kazuo

Anno di pubblicazione: 1972

Numero di volumi: 6

Edizione consultata: Action Comics

Editore: Futabasha


C’erano ancora tracce di notte in quella debole luce bianca.
La notte si intrecciava al giorno
negli angoli delle strade, sotto ai fiori, nei giardini delle case altrui.
Non si poteva chiamare né notte né giorno.
Era un’indefinita ora bianca
che forse
somigliava a noi due.

Shiroi jikan
(L’ora bianca) è uno dei capitoli più intensi di Dōsei Jidai (L’epoca della convivenza, 1972), il manga che consacra Kamimura Kazuo (1940-86) come uno dei più popolari autori dei primi anni Settanta. A parlare è la protagonista Kyōko, una ragazza di ventidue anni che convive con Jirō, il fidanzato di un anno più grande. Siamo nel 1972 e la storia di una coppia che decide di andare a convivere senza prima sposarsi non può che catalizzare l’attenzione di pubblico e critica. E ovviamente, il successo è dietro l’angolo, tra drama per la televisione, due film e un 45 giri. Sono gli anni delle contestazioni studentesche, dei cortei contro la guerra in Vietnam, della musica psichedelica e della ripresa economica del Giappone, eppure nulla di tutto ciò trapela da questo manga: l’unico elemento di sovversione è dato dalla decisione dei due ragazzi di andare convivere in un misero appartamento, di nascondere alle proprie famiglie, agli amici e ai vicini il loro stato di conviventi. Il primo episodio inizia in maniera tanto naturale quanto spontanea: i due sono ancora distesi sul loro futon come una qualsiasi coppia prima del risveglio. Jirō è un illustratore che collabora saltuariamente con qualche rivista, mentre Kyōko lavora presso un’agenzia pubblicitaria. I due passano le loro giornate nella spensieratezza più totale, fanno piccoli viaggi, si divertono come due bambini su un treno, si amano sulla spiaggia incuranti degli sguardi della gente, ascoltano i dischi dei Beatles. Ma il mood che sorregge il loro apparente e spensierato rapporto, nasconde un lato triste, carico di sofferenze e di incomprensioni. Dopotutto, la loro storia viene introdotta al lettore con le seguenti parole: “L’amore si nutre sempre di alcuni errori. E se c’è bellezza nell’amore, è grazie agli errori che un uomo e una donna commettono. E così, se l’amore finisce sempre in lacrime e proprio perché l’amore ne è la dimora”. I dubbi e le paure colgono di frequente Kyōko che spesso si interroga sul futuro di questo amore, sulla sua breve durata, simile al veloce appassire di un asagao estivo: “Noi, proprio come gli asagao. Soltanto in estate. Quando l’estate finirà, moriranno appassiti. Quando l’estate finirà….”. E il lieto fine che non arriva mai, è preceduto da una serie di storie collaterali in cui violenza, sofferenza, disagio, perversione, alienazione e morte sembrano farla da padrone e sembrano presagire a Kyōko l’impossibilità di un amore convenzionalmente “diverso”. Ben presto la coppia dovrà fare i conti con una gravidanza e con tutto ciò che ne consegue, con i traumi di una decisione presa con troppa leggerezza, con i tormenti di un amore che genera solo sofferenza. Ma se è vero che l’amore finisce sempre in lacrime, anche il loro rapporto sarà destinato a questa fine, con un ultimo abbraccio sulla spiaggia tra le lacrime di entrambi.
Pubblicato sulle pagine di Weekly Manga Action dal 1972 al 1973, Dōsei Jidai ha segnato un’epoca, diventando un fenomeno sociale e di costume. Alcuni critici come Kajii Jun (n.1941) e Natsume Fusanosuke (n.1950) hanno disapprovato certe scelte di Kamimura Kazuo, responsabile di aver narrato un insieme di storie eccessivamente drammatiche e artatamente costruite, nonché ideatore di una storia d’amore triste e senza alcuna possibile via di salvezza. Ma come suggerisce Maria Teresa Orsi, “rimane il fatto che questa operazione è stata condotta con un certo mestiere; il racconto si legge bene ed è sostenuto da un disegno dal tratto naturalistico, limpido e gradevole”, con una scelta di inquadrature e virtuosismi grafici, aggiungeremo noi, che non avevano e non hanno tuttora eguali. Al di là delle critiche e delle lodi, Dōsei Jidai ha rappresentato per un’intera generazione di giapponesi un manifesto in cui identificarsi e vedersi riflessi. L’indefinitezza del rapporto d’amore tra Kyōko e Jirō, le loro sfuriate, il loro volersi bene, le loro angosce di giovani alla ricerca di un posto nel mondo ne hanno fatto la coppia emblema del disagio e della follia d’amore. Di un amore tanto bello quanto fragile, come si legge nelle seguenti parole di Kyōko:

Sia la felicità che l’infelicità sono sempre indistinte.
Ma va bene così.
Mi piacciono le cose indefinite,
quelle che possono rompersi facilmente,
quelle simili a una bugia,
quelle che assomigliano a un sogno.
Mi piacciono le cose fuggevoli.