Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Steins;Gate Fuka Ryouiki no Deja vu e Punta al top! 2 Diebuster ed il manga Strobe Edge.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Dopo gli eventi della serie principale, Rintaro, colpito da dei continui déjà vu legati ai drammatici ricordi risalenti alle wordline alternative, fatica ad accettare la nuova realtà della wordline definitiva, da lui denominata "Steins;Gate". Questo creerà dei problemi al suo "Reading Steiner", che si sovraccaricherà, generando un'interferenza quantistica con un'altra wordline in cui egli non è mai esistito, e in cui nessuno si ricorda di lui. Spetterà a Makise Kurisu risolvere il problema, viaggiando indietro nel tempo per poter salvare il suo amato...

Il film di "Steins;Gate" è un prodotto riservato esclusivamente ai fan della serie originale, che ne hanno adorato le situazioni, i paradossi e i personaggi. Si tratta comunque di un film non indispensabile, che non aggiunge nulla di nuovo alla serie e al suo finale, ma che comunque fornisce un bello studio del personaggio di Makise Kurisu, la geniale fisica teorica che tutti noi ben conosciamo. Numerose saranno le sue riflessioni, che culmineranno nella comprensione della sofferenza del suo partner e nella sottolineatura dei concetti fondamentali della serie originale, come il fatto che l'amore, i ricordi e l'individualità di ognuno di noi possano superare le barriere spazio-temporali.

Ho osservato una certa difficoltà nel condensare tutti gli aspetti della serie televisiva in un unico film: "Steins;Gate" è un'anime complesso, che ha bisogno di tempo per svilupparsi e per culminare nella sua atipica drammaticità. Un'ora e mezza non basta: nel film si notano dei passaggi discontinui nello svolgersi degli eventi e dei buchi narrativi assenti nella serie originale. Il tutto è comunque credibile, grazie al carisma della rossa protagonista e ai suoi notevoli monologhi.

Abbiamo a che fare con un film riflessivo, senza neanche un minimo dell'azione e della tensione che c'erano nella serie originale. Un film che si basa su personaggi, dialoghi e monologhi, che ripropone una regia capace e dei momenti poetici in pieno stile "Steins;Gate". L'unica pecca è solamente la sceneggiatura, che fatica a far stare tutto in un unico lungometraggio. Sinceramente avrei preferito un'altra serie più approfondita: sarebbe stata fattibile, dato il grande successo del suddetto titolo.

In conclusione, questo film è un ottimo complemento a uno dei migliori anime giapponesi degli ultimi anni. Se adorate "Steins:Gate", passerete sicuramente sopra ai suoi difetti, alla sua a volte ridondante introspezione e ad alcuni passaggi di script assai nebulosi e vaghi. Perché, dopotutto, rivedere ancora una volta i personaggi di "Steins;Gate" potrebbe essere solamente una gran bella cosa.



8.0/10
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Il genere shoujo, mi spiace dirlo, è spesso sottovalutato o maltrattato dalle minimizzazioni che se ne fanno. Gli shoujo sono articoli particolari, che vanno presi con le pinze per alcuni, trattati con riguardo. Per altri non sono neppure da considerare, vengono scartati a priori.
Rimane ancorato a questo genere di commedia romantica a tinte pastello il pubblico, che, più che un capolavoro, più di una forma d'arte, più di una facile e rapida via di fuga dalla quotidianità che vincola, cerca in regalo un sentimento particolare, sia esso di gioia o vaga malinconia, quello un po' dolente che ci accompagna quando rivanghiamo i ricordi di quanto appartiene al passato o vediamo in chi ci è attorno il bozzolo delle crisalidi che nella realtà sono, in prospettiva di chi diventeranno come siamo stati costretti a fare noi prima di loro.
Fruibile per tutti, è alla fine il sognatore e più del sognatore l'idealista e chi vuole perdersi per un po' nei meandri della memoria ad avvicinarsi allo shoujo, che diventa per questo motivo una forma di espressione prettamente emotiva, un crescendo di immagini e rappresentazioni in cui il lettore, immedesimandosi, ritrova una parte di sé e se ne re-innamora. È il rimpianto di ciò che si è perduto, o, in casi eccezionali, di ciò che non è stato possibile realizzare o vivere, vedendolo compiersi e concretizzarsi.
Più che l'idealista, allora, è il cercatore di ricordi uno dei primi ad approcciarsi al mondo shoujo. Chi non cerca nuovi mondi o mondi alternativi a quello che conosce già. Il cercatore non ne sente il bisogno. Divora i ricordi come se fossero pane e inchiostro, briciole di stelle. Guarda un bel paesaggio, rievocandone uno simile e ricostruendoci sopra il pomeriggio di un'intera infanzia o l'alba invernale della sua adolescenza.
È al cercatore che vede e osserva e tace e trova, che sente e prova ogni emozione con la veemenza vivida di una pennellata, è a lui, a voi, a te che mi rivolgo, consigliando caldamente questo manga.
Strobe Edge è uno shoujo, sì, fiero di ciò che lo contrassegna e lo qualifica come tale.
Uno shoujo esente da difetti? Non saprei dirlo o assicurare il contrario. È a lettura calda, appena terminata, che scrivo, perciò ho ancora nella mente l'effetto fiorito che l'opera ha esercitato su di me, la pallottola tiepida che mi ha fatto provare mentre sfogliavo le pagine, il divertimento, la simpatia.
Ci sono cliché? Sì, ma questo non lo forza in schemi banali, arbitrari. Tutt'altro. Costringe l'autrice ad esplorare strade battute, ingegnando nuovi attrezzi e utensili per smuovere il lettore, fargli comprendere e assimilare le situazioni tra cui i personaggi si destreggiano, nei modi personali e a loro più congeniali e che chi legge finisce presto con il riconoscere come il loro modus operandi.
Le caratterizzazioni sono buone? I personaggi sono macchiette già viste di personaggi venuti a noia? Qui, devo aprire una breve parentesi. Quando si parla di caratteri, tutti diventiamo giudici ed esperti, puntiamo il dito contro. Basta poco per etichettare qualcuno come dolce, gentile, solare, solitario, eccentrico, introverso: un gesto sbagliato o un sorriso, un atto di indelicatezza indeliberata compiuto al momento sbagliato; e questo nella realtà. In quella di carta e china rendere le sfumature di una personalità, le variabili e le incostanze che fanno scoprire i vari e infiniti lati di una persona, sta alla bravura del mangaka. La ricerca di sé non ha fine. È così che si creano personaggi a tutto tondo, a chiasmo. Ossimori viventi di frivolezze umane e volubilità. Ed è così che un carattere come quello di Ninako, la protagonista femminile, di così semplice e immediata interpretazione, si trasforma in una scoperta continua. Una scoperta indubbiamente gradevole e spiritosa, dalle molteplici e inaspettate qualità.
Ninako è alla prese con il suo primo amore, primo passo nel cammino che porta ad essere grandi, ad aprire gli occhi su tante e tante cose. Se a primo acchito l'impressione è quella di trovarsi di fronte una ragazzina ingenua e puerile, fatua e un po' sciocca, con la testa tra le nuvole, in pochi capitoli bisogna ravvedersi. Ed è qui che l'autrice mostra l'insospettabile: la tenacia, la costanza, una vena di bambina nel modo onesto che Ninako ha di avvicinarsi agli altri, il coraggio e le speranze di una ragazza che dopo un rifiuto non prova rabbia, rancore o si lascia travolgere dall'amarezza del disincanto, decidendo non di lottare per l'impossibile, ma di conservare finché può la bellezza e la grazia di quello che prova.
È un personaggio positivo e dinamico, che acquista maggiore spessore pagina dopo pagina, un suo perché. È allora che vien da pensare che anche i bambini, soprattutto i bambini, nella loro purezza, nella curiosità e nell'ignoranza delle prime esperienze, nella perspicacia pulita e vivace della loro innocenza, provino le stesse emozioni degli adulti, i loro stessi impulsi e desideri, ma meno distruttivi e devastanti. I bambini provano ciò che prova un adulto e dalla loro hanno cuori più grandi e limiti ristretti, corpi in miniatura.
Il protagonista maschile, Ren, è una controparte bilanciata e ben riuscita e lì dove la maggior parte dei compagni di scuola vede in lui un ragazzo laconico e "duro", Ninako indovina la vena gentile e pacata che solo noncuranza al giudizio altrui, desiderio di tranquillità e in buona dose riservatezza gli impediscono di rivelare. Per ritornare in tema di ossimori viventi e personaggi a chiasmo, fatti di contrasti e dolcezze e asprezze comuni alla realtà.
Potrei parlare per ore e ore degli altri personaggi, non mero contorno, ma anche loro protagonisti. Gli amici, i compagni, gli "avversari": tutti reali, eloquenti, incisivi, forti, nitidi come certe screziature di colore.
Mi astengo.
Troviamo amicizie e amori, primi, secondi, di ogni genere. Che poi che senso ha parlare di tipi, di classificarli? L'amore è amore e basta, così dovrebbe essere. Si ama e si vive e se si smette di amare si continua a vivere, sperando di avere la fortuna di amare un'altra volta o di conservare abbastanza quel primo da riuscire a ricordarlo in seguito senza troppo dolore.
L'autrice ce ne convince senza quasi averne l'intenzione. L'aria che si respira è quella scolastica, adolescenziale, in cui tutto è possibile perché tutto deve ancora succedere e i primi errori non gravano poi così tanto sul cuore e sulla coscienza.
I disegni rispecchiano le note serene dell'ambientazione. Tratti sicuri, occhi espressivi ed enfatizzati e visi poco ordinari, ma carichi di vigore e intensità.
Che dire della trama? E qui cado io nelle banalizzazioni. È uno shoujo. È ovvio che affronti e mostri di petto determinate situazioni, certi argomenti, ma lo fa con dolcezza, naturalezza, disarmante schiettezza e una qual certa delicatezza, proprio per rimanere nell'ottica dei primi passi in un mondo del tutto nuovo, terra inesplorata. Tutto acquisisce una nota autentica e intima, genuina. Non ci sono storie impossibili e fosche che vanno per le lunghe o grandi e intricate sottotrame, ma una linearità coerente che non viene a stancare e che, contrariamente a quanto si possa pensare, finisce con il sedurre, quasi, fa respirare e non trepidare come troppo spesso accade. Ammorbidisce il viso in un sorriso che alla fine è costretto ad aprirsi, vasto e sconfinato.



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Nel 2004 cade il ventennale della fondazione dello studio Gainax, nato nel 1984 col nome di Daicon Film e cambiato appena un anno dopo con quello che tuttora porta; per festeggiare l'avvenimento, si decide di tornare al passato, di guardare alla prima serie a episodi realizzata dalla Gainax e diretta da quell'Hideaki Anno che avrebbe conseguito fama mondiale con Neon Genesis Evangelion, ossia Punta al Top! Gunbuster. In verità la storia di Noriko e Kazumi, della lotta dell'umanità contro invasori alieni insettoidi, del mecha colossale dalle braccia conserte e la posa badass non aveva bisogno di un sequel, ma si decide lo stesso di realizzare una storia ambientata migliaia di anni dopo la prima, spingendo il pedale dell'acceleratore su tamarragine, demenzialità ed esagerazioni. Nasce così Punta al Top 2! Diebuster, per la regia di Kazuya Tsurumaki (già visto alla regia della parte finale di Le situazioni di Lui & Lei, della prima metà di The End of Evangelion e della serie OAV FLCL) e il character design di Yoshiyuki Sadamoto.

La storia si ambienta, come già detto, in un lontano futuro, in cui l'umanità ha colonizzato interamente il sistema solare, ma non si è spinta oltre a causa dell'esistenza di mostri spaziali; contro la loro minaccia, l'agenzia Fraternity ha costituito un corpo di giovani piloti capaci di pilotare le Buster Machines, i cosiddetti Topless (chiara l'allusione sia al titolo sia al fatto che la protagonista ancora una volta finisce con le tette al vento fin dal primo episodio). La protagonista in questo caso è Nono, ragazza marziana che desidera diventare una Topless e pilotare una Buster Machine, perché vive nella totale venerazione di Noriko (l'eroina della prima serie), da lei chiamata Nonoriri; quando conosce Lal'c, una Topless che pilota la Buster Machine Dieux-Neuf, stringe subito amicizia con lei e vi vede un modello da seguire, instaurando lo stesso tipo di rapporto che c'era fra Noriko e Kazumi nella prima serie. Tuttavia Nono pare priva di qualsiasi attitudine come Topless e questo la porterà a cercare in tutti i modi di realizzare il suo sogno, fino a scoprire un'incredibile verità sulla propria natura…

Siamo dunque di fronte a un degno sequel di quel Punta al Top! Gunbuster che, pur non essendo un capolavoro e pur con tutte le sue ingenuità, si dimostrava un ottimo titolo mecha e un eccellente esordio per un grande regista quale Hideaki Anno? Niente affatto! Si nota fin da subito il divario che separa le due serie: Gunbuster era un'alternanza di momenti leggeri e altri (molto) drammatici, che mostrava un'umanità minacciata dall'annichilimento totale e disposta, pur di sopravvivere, a distruggere interi pianeti (come Giove, ridotto a nucleo di una bomba scagliata nel buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea) e in cui si compiva la maturazione psicologica (in verità tra forzature e ingenuità di una comunque buona sceneggiatura) delle due protagonisti; Diebuster, invece, è una continua farsa, demenziale per buona parte della serie e poi di colpo seria e drammatica nel finale, sorretta da una sceneggiatura confusionaria, sconclusionata, indigesta a meno che non si guardi solo al lato tecnico e quindi all'orgia registica di colori, animazioni, mazzate e tamarrate messa su da Tsurumaki, che non solo è ben riuscita e mozza il fiato, ma anticipa quello che sarà Sfondamento dei cieli Gurren Lagann. E Gurren Lagann sembra anticipato anche dalle proporzioni sempre più grandi dei combattimenti e dei mecha, capaci di diventare grandi quanto la Terra o di distruggere buchi neri; ma in verità già l'Ideon tagliava in due i pianeti e creava buchi neri, già lo Shin Getter Robot col suo Tomahawk di pura energia tranciava di netto i satelliti galileiani di Giove, sicchè Diebuster si colloca come ennesimo anello di congiunzione fra questi titoli (a cui bisognerebbe aggiungere anche Gunbuster per i motivi spiegati sopra) e l'ultimo grande lavoro di casa Gainax.

Anche la caratterizzazione dei personaggi risulta indigesta, fra una protagonista irritante (per motivi diametralmente opposti a quelli di Nonoriri), una co-protagonista che sembra la copia mal fatta di Rei Ayanami, l'ennesima incarnazione di Jung-Asuka e una costellazione di personaggi secondari insulsi o, se va bene, a malapena abbozzati. Anche il character design, opera di Sadamoto, è distante parecchio dalla bellezza cui ci aveva abituato in Nadia ed Evangelion, per non parlare degli anni luce (per rimanere in tema fantascientifico) che lo separano da quello più maturo, "serio" e fascinoso, di Haruhiko Mikimoto, che aveva costituito uno degli elementi di maggior fascino di Gunbuster.

Qualcosa di buono, però, Diebuster ce l'ha. Oltre al merito di aver "anticipato" quello che poi sarà l'ultimo grande successo qualitativo e commerciale di casa Gainax, ossia Sfondamento dei cieli Gurren Lagann, il sequel di Gunbuster offre una chiave di lettura dell'organizzazione dei Topless da non sottovalutare: i piloti delle Buster Machines sono tutti adolescenti, ragazzi, e difatti la loro crescita si configura anche come perdita di quell'appartenenza al mondo dei Topless che tanto amano; la loro è una paura di crescere e di perdere la loro adolescenza. Ovviamente questa chiave di lettura "seria", fra l'altro poco sviluppata, non nobilita l'intera opera, né lo fa il magnifico finale che si ricollega direttamente a Gunbuster. In ogni caso, la visione di Diebuster potrebbe far piacere a chi ha già amato Sfondamento dei cieli Gurren Lagann e voglia assistere a qualcosa di simile, benché su una scala minore (sia in termini di esagerazioni sia di durata), mentre chi ha apprezzato Gunbuster e le sue atmosfere quasi sicuramente lo odierà o comunque lo riterrà non all'altezza del predecessore.