Si è tenuto, lo scorso 10 dicembre, all'Università Ca' Foscari di Venezia, Hiroshima, Nagasaki, Fukushima: ricerca, traduzione, didattiva e impegno sociale, un incontro di presentazione della nuova edizione, a cura di Hikari, di Gen di Hiroshima (Hadashi no Gen) di Nakazawa Keiji.
L'incontro, durato circa 2 ore e mezza, ha visto avvicendarsi diversi relatori, trattanti ciascuno un campo specifico dell'opera. Data l'eccessiva lunghezza del testo (più di 70.000 caratteri), abbiamo deciso di pubblicare separatemente le varie parti dell'incontro.
PARTE I - Genbaku bungaku, la letteratura della bomba atomica
Buongiorno, sono Toshio Miyake dell'Università Ca' Foscari, Venezia e insegno Società giapponese contemporanea. Il mio intervento può essere di mediazione tra quello molto evocativo e polifonico della prof.ssa Bienati e per fare questo il mio intervento di oggi si dividerà in tre punti.
La prima è una contraddizione di tipo universale, ed è legata alla guerra in epoca moderna, cioè che le guerre moderne, simboleggiate in astratto da questi funghi atomici, hanno espresso la contraddizione intrinseca della tecnologia che da una parte porta benessere e prosperità ma dall'altra comporta la possibilità della distruzione di massa, della disumanizzazione e dell'annientamento totale di intere città e popolazioni. Di questo, anche le immagini molto note di funghi atomici su Hiroshima e Nagasaki esprimono o riportano una dimensione contradditoria universale e astratta.
Il nucleare esprime anche contraddizioni di tipo geopolotico legate all'aspetto giapponese post-bellico come stato nazione e alla sua sovranità sui generis, abbastanza limitata per quanto riguarda la sua autonomia.
Le bombe atomiche rappresentano la fine della seconda guerra mondiale, e di conseguenza la sconfitta dell'impero giapponese e l'occupazione da parte delle forze alleate, guidate dagli USA, dal 1945 al 1952.
Dopodichè vi è la ricostruzione del Giappone sotto il cosidetto ombrello nucleare degli USA durante la Guerra Fredda, simboleggiato dal grande programma dell'allora presidente degli Stati Uniti Eisenhower “Atoms for Peace” e rappresentato la contraddizione del nucleare come arma e del tentativo di egemonia mondiale degli Stati Uniti tramite l'utilizzo dell'energia nucleare come energia pacifica, in grado di saldare l'alleanza internazionale degli USA in contrapposizione al blocco comunista. Il nucleare esprime anche questa contraddizione geopolitica fondamentale che caratterizza ancora oggi il Giappone contemporaneo: da un lato abbiamo un'autonomia formale dello stato nazione giapponese, ma dall'altro abbiamo una dipendenza totale dagli USA sul piano militare, politica e dell'industria energetica, perchè il programma Atoms for Peace, nel caso del Giappone, significa una propria politica energetica basata sulla ricerca e costruzione di centrali nucleari. E per finire, la dipendenza dagli Stati Uniti è anche economica, in quanto gran parte del miracolo giapponese e delle costruzioni che vanno dal '50 all'ultimo decennio si basa sul mercato USA come primo mercato d'esportazione di prodotti giapponesi.
Infine, la terza contraddizione espressa dal nucleare è di tipo geografico-energetico: abbiamo un territorio al contempo ad altissimo rischio sismico e con la massima concentrazione di reattori nucleari. Nel 1955 viene varata la Legge Base per l'Energia Atomica, tramite cui stanziare enormi risorse istituzionali per la ricerca, la progettazione e la costruzione delle prime centrali nucleari in Giappone, mentre il primo reattore nucleare viene costruito nel 1966 a Tokai; nel 1985 addirittura è la volta dell'impianto più grande al mondo, a Kashiwazaki Kariwa, arrivando nel 2010 alla situazione pre-Fukushima di 54 reattori nucleari producenti il 29,2% dell'energia totale prodotta in Giappone.
Queste contraddizioni così importanti ed irrisolte che hanno caratterizzato le situazioni ed i temi legati al nucleare hanno avuto delle ripercussioni importanti anche sui discorsi di identicà collettiva e nazionale.
Da una parte nucleare come alterità, come qualcosa di passato, che ha a che fare con la seconda guerra mondiale, o qualcosa di straniero, come la bomba atomica che viene dagli Stati Uniti ed è in possesso di potenze straniere o addirittura aliena, nella fantascienza in cui gli alieni lo usano come arma, devastante, contaminante, pericolosa... in pratica cattiva.
Parallelamente, abbiamo il nucleare come identità, in riferimento al presente ed al futuro: il nucleare diventa sinonimo di energia pacifica, pulita, sicura.
In pratica abbiamo due ambiti molto elaborati, istituzionalizzati, popolari e presenti in tutti gli ambiti della cultura giapponese – perchè il nucleare attraversa non solo la letteratura ma anche il cinema, il teatro e le subculture popolari – che però rimangono abbastanza separati, almeno fino a Fukushima. Tant'è che per esempio uno delle istituzioni più importanti legate alla bomba atomica, quella del Museo della pace di Hiroshima, è tutto legato alla guerra, alla bomba, al pacifismo ma non parla minimamente dei reattori nucleari: sembrano due realtà completamente distinte.
E infine abbiamo Fukushima, dove queste contraddizioni passate sono state scoperchiate, nuovamente emerse in tutta la loro difficoltà. L'11 marzo 2011 vi è stato il triplice disastro: terremoto e tsunami nel Giappone nordordientale che ha portato all'incidente nucleare al reattore Daiichi della centrale di Fukushima col meltdown di 3 reattori su 6 presenti e il più alto livello di emergenza nucleare mai registrato nella storia (livello 7), pari a quello di Chernobyl, con contaminazione radioattiva ed evacuazione di 200mila residenti.
Da lì in poi, a dimostrare queste contraddizioni irrisolte nella società del Giappone contemporaneo, sono nate proteste di massa e movimenti antinucleare; gli esponenti di spicco del movimento letterario si sono espressi in maniera aperta contro il nucleare. Si tratta di proteste e movimenti di massa che in Giappone non si vedevano dagli anni '70, fine anni '60.
Oggi il trattamento di questi temi è ancora secondo me del tutto aperto, irrisolto, con tante voci, anche divergenti, su come ripensare il presente e il passato legato al nucleare in Giappone.
Vi è un'industria culturale, base dello sviluppo del fumetto giapponese, che negli anni '70 ha superato il mercato del fumetto americano ed europeo sommati insieme, per giungere agli anni '90 in cui si è avuto il massimo sviluppo dell'editoria manga, ad avere il 40% dell'intera editoria giapponese occupata dal manga, volumi o riviste.
Un altro aspetto è la diversificazione del target e socializzazione inedite derivate da tale diversificazione; l'espansione del mercato ha portato ad un'estensione anagrafica a tutte le età e fruizione: bambini, giovani, adulti e anziani, con anche forme emergenti di identificazione giovanile note anche in Europa: doujinshi, cosplay, otaku, fujoshi, ecc...
Da questa diversificazione è derivata un'eterogeneità stilistico-estetica senza pari in altri contesti nazionali: infiniti generi, temi e sottotemi, con variazione e sperimentazione espressiva molto sviluppata di conseguenza anche una complessità semantica, narrativa e intellettuale: si va da opere più mainstrem che devono piacere a tutti ad opere più settoriali, d'avanguardia o sperimentali.
Negli ultimi 2-3 decenni vi è stato inoltre l'aumento della convergenza trans-mediale, cioè la capacità del fumetto di interconnettere un mondo più esteso, sconfinando nell'animazione, videogiochi, design, pop-art ed anche nell'ambito del digitale online fondendosi sul piano globale.
Lo sviluppo più recente, che permette al manga di essere così importante in Giappone, è la legittimazione istituzionale, sia accademica che statale. Già da un paio di decenni esiste un ambito accademico legato agli studi sul manga (manga kenkyu), con università, facoltà, corsi di laurea interamente dedicati; lo stesso governo da un decennio circa ha riformulato la sua stessa politica culturale di nation-branding, inserendo le culture popolari, specialmente quelle basate sul manga, come nuova immagine rappresentativa del Giappone nel XXI secolo. Questa strategia è nota come “Cool Japan”.
In questo rapporto tra nucleare e manga vorrei sottolineare sopratutto l'aspetto legato alla convergenza trans-mediale: due sono le parole per capire cosa sia questa convergenza che io chiamo anche convergenza mangaesque:
“ 'media-mix' è un termine popolare in ambito industriale [giapponese] e si riferisce alla pratica di rilasciare prodotti interconnessi per una vasta gamma di 'piattaforme' mediatiche (animazione, fumetti, videogiochi, film, colonne sonore) e di merci (magliette, borse, modellini, accessori per cellulari ecc.). è una condizione definibile come 'interconnessione seriale di merci mediatiche', nella quale merci e tipi diversi di media non sono isolati come prodotti, ma sono interrellati e comunicano tra di loro, in genere attraverso l'esistenza di un personaggio principale e un mondo narrativo.”
[Marc STEINBERG, The Emergence of the Anime Media Mix: Character Communication and Serial Consumption, Tesi PhD, Rhode Island: Brown University, 2009, p. 4]
Questo è un termine che viene utilizzato in Giappone già dalla metà degli anni '70 nell'ambito dell'industria culturale.
Il secondo termine chiave è quello della convergenza culturale e mediatica, che riguarda un cambiamento riguardo ai rapporti tra media nell'ambito più internazionale e globalizzato. La sua definizione più nota è:
“La convergenza […] rappresenta un cambio di paradigma – il passaggio da contenuti specifici per un medium a contenuto che fluiscono su più canali mediatici, a una maggiore interdipendenza dei sistemi di comunicazione, a modalità molteplici di accesso ai contenuti e, infine, a relazioni ancora più complesse tra i grandi media top-down e la cultura partecipativa bottom-up.”
[Henry JENKINS, Cultura convergente. Dove collidono i vecchi e i nuovi media, Milano, Apogeo, 2007 (I ed. 2006), p. 266]
Si tratta quindi di uno sviluppo che non riguarda solo i media, che possono influenzarsi a vicenda e compenetrarsi, ma riguarda anche l'assetto del capitalismo contemporaneo, cioè il rapporto tra le grandi aziende che producono i prodotti mainstream e le subculture, i fan, che fruiscono con un rapporto sempre più attivo nei confronti di questi prodotti della convergenza, tanto che si parla di prosumers, produttori e consumatori allo stesso tempo.
All'interno di questa convergenza mangaesque, secondo me uno degli aspetti fondamentali che ha contribuito alla crescita del fumetto in Giappone e alla sua estensione all'infuori, ci sono tre fasi strategiche, tutte ispirate ai temi del nucleare, che andiamo ora ad analizzare.
Tetsuwan Atomu è importante perchè il suo autore, Tezuka Osamu, è considerato il cosidetto Dio del manga, perchè ha posto, nell'immediato periodo post-bellico, i paradigmi di quello che diventerà il manga contemporaneo, per lo meno quello mainstream. A partire dallo stile kawaii, iper-carino, personaggi con grandi occhi, forme arrotondante; lo story manga, il manga narrativo esteso per migliaia di pagine con la trattazione di temi universali, introspezione psicologia, intreccio narrativo molto complesso; l'adozione di tecniche derivanti dalla fotografia e dal cinema che hanno permesso che il manga che conosciamo oggi venisse definito “flusso narrativo” o “narrativa visualizzata”, in contrasto con la narrativa illustrata, più statica, del fumetto mainstream europeo.
Importante per il nostro discorso è anche l'adattamento televisivo del manga Tetsuwan Atomu, il primo manga ad essere trasposto in televisione come serie animata, dal 1963 al 1966, con un grandissimo successo di pubblico, sancendo il passaggio su larga scala verso la convergenza mediatica alimentata dalla popolarità di questo personaggio, il più noto personaggio manga in Giappone nel dopoguerra e quindi l'icona perfetta nazionale del Giappone come campione di pace, tecnologia progresso e quindi del nucleare come identità, a esprimere il sogno del Giappone degli anni '50 e '60 verso il futuro e il progresso.
Dall'opera sono stati tratti diversi adattamenti, diventando l'opera trans-mediale più letta e vista in Giappone sull'olocausto atomico.
Gen rappresenta quindi l'icona nazionale del Giappone come vittima, del nucleare come alterità, che pian piano si è anche cercato di rimuovere, tramite questa prospettiva della dimenticanza dei temi del nucleare, come qualcosa del passato, che si può rievocare nostalgicamente e che può creare identità tramite la comunione delle sofferenze patite in modo quasi indescrivibile dopo la bomba atomica.
Nella mostra sono state mostrate alcune di queste opere, dal mostro radioattivo Gojira al gatto atomico Doraemon ad Akira, a Yamato fino a Evangelion, così come anche opere di Murakami stesso, ad esempio i suoi funghi nucleari neopop.
Little Boy sancisce un'altra fase importante, in cui il nucleare diventa un simulacro postmoderno e globalizzato del Giappone contemporaneo, inserendosi in una fase molto importante che riguarda anche l'attualità.
Quindi, per concludere, Hadashi no Gen è diventato nuovamente un simbolo conteso e contradditorio, che esprime secondo me in maniera molto complessa tutta questa serie di tensioni irrisolte che hanno caratterizzato il Giappone postbellico e contemporaneo.
A breve pubblicheremo la terza parte dell'incontro, a cura del prof.ssa Marcella Mariotti, dal titolo:
L'incontro, durato circa 2 ore e mezza, ha visto avvicendarsi diversi relatori, trattanti ciascuno un campo specifico dell'opera. Data l'eccessiva lunghezza del testo (più di 70.000 caratteri), abbiamo deciso di pubblicare separatemente le varie parti dell'incontro.
PARTE I - Genbaku bungaku, la letteratura della bomba atomica
PARTE II: IL GIAPPONE NUCLEARE: CONTRADDIZIONI, CONVERGENZA MANGAESQUE E GEN DI HIROSHIMA
a cura del prof. Toshio Miyake
Buongiorno, sono Toshio Miyake dell'Università Ca' Foscari, Venezia e insegno Società giapponese contemporanea. Il mio intervento può essere di mediazione tra quello molto evocativo e polifonico della prof.ssa Bienati e per fare questo il mio intervento di oggi si dividerà in tre punti.
- Le contraddizioni del Giappone nucleare
La prima è una contraddizione di tipo universale, ed è legata alla guerra in epoca moderna, cioè che le guerre moderne, simboleggiate in astratto da questi funghi atomici, hanno espresso la contraddizione intrinseca della tecnologia che da una parte porta benessere e prosperità ma dall'altra comporta la possibilità della distruzione di massa, della disumanizzazione e dell'annientamento totale di intere città e popolazioni. Di questo, anche le immagini molto note di funghi atomici su Hiroshima e Nagasaki esprimono o riportano una dimensione contradditoria universale e astratta.
Il nucleare esprime anche contraddizioni di tipo geopolotico legate all'aspetto giapponese post-bellico come stato nazione e alla sua sovranità sui generis, abbastanza limitata per quanto riguarda la sua autonomia.
Le bombe atomiche rappresentano la fine della seconda guerra mondiale, e di conseguenza la sconfitta dell'impero giapponese e l'occupazione da parte delle forze alleate, guidate dagli USA, dal 1945 al 1952.
Dopodichè vi è la ricostruzione del Giappone sotto il cosidetto ombrello nucleare degli USA durante la Guerra Fredda, simboleggiato dal grande programma dell'allora presidente degli Stati Uniti Eisenhower “Atoms for Peace” e rappresentato la contraddizione del nucleare come arma e del tentativo di egemonia mondiale degli Stati Uniti tramite l'utilizzo dell'energia nucleare come energia pacifica, in grado di saldare l'alleanza internazionale degli USA in contrapposizione al blocco comunista. Il nucleare esprime anche questa contraddizione geopolitica fondamentale che caratterizza ancora oggi il Giappone contemporaneo: da un lato abbiamo un'autonomia formale dello stato nazione giapponese, ma dall'altro abbiamo una dipendenza totale dagli USA sul piano militare, politica e dell'industria energetica, perchè il programma Atoms for Peace, nel caso del Giappone, significa una propria politica energetica basata sulla ricerca e costruzione di centrali nucleari. E per finire, la dipendenza dagli Stati Uniti è anche economica, in quanto gran parte del miracolo giapponese e delle costruzioni che vanno dal '50 all'ultimo decennio si basa sul mercato USA come primo mercato d'esportazione di prodotti giapponesi.
Infine, la terza contraddizione espressa dal nucleare è di tipo geografico-energetico: abbiamo un territorio al contempo ad altissimo rischio sismico e con la massima concentrazione di reattori nucleari. Nel 1955 viene varata la Legge Base per l'Energia Atomica, tramite cui stanziare enormi risorse istituzionali per la ricerca, la progettazione e la costruzione delle prime centrali nucleari in Giappone, mentre il primo reattore nucleare viene costruito nel 1966 a Tokai; nel 1985 addirittura è la volta dell'impianto più grande al mondo, a Kashiwazaki Kariwa, arrivando nel 2010 alla situazione pre-Fukushima di 54 reattori nucleari producenti il 29,2% dell'energia totale prodotta in Giappone.
Queste contraddizioni così importanti ed irrisolte che hanno caratterizzato le situazioni ed i temi legati al nucleare hanno avuto delle ripercussioni importanti anche sui discorsi di identicà collettiva e nazionale.
- Il Giappone nel 1945 è sconfitto, diventa il simbolo dell'aggressione perpetuata nei confronti dei paesi asiatici, un criminale di guerra.
- Solo pochi anni dopo, nei primi anni '50, abbiamo uno spostamento di queste rappresentazioni collettive nei confronti del Giappone, grazie alla pubblicazione delle prime immagini su Hiroshima e Nagasaki (dopo il 1952) che fa nascere nell'opinione pubblica l'idea del Giappone come vittima dell'era nucleare.
- Infine, nella seconda metà del decennio, la ricostruzione sempre più accellerata del paese sposta l'immagine del Giappone verso quella di campione della pace, della scienza e della tecnologia.
Da una parte nucleare come alterità, come qualcosa di passato, che ha a che fare con la seconda guerra mondiale, o qualcosa di straniero, come la bomba atomica che viene dagli Stati Uniti ed è in possesso di potenze straniere o addirittura aliena, nella fantascienza in cui gli alieni lo usano come arma, devastante, contaminante, pericolosa... in pratica cattiva.
Parallelamente, abbiamo il nucleare come identità, in riferimento al presente ed al futuro: il nucleare diventa sinonimo di energia pacifica, pulita, sicura.
In pratica abbiamo due ambiti molto elaborati, istituzionalizzati, popolari e presenti in tutti gli ambiti della cultura giapponese – perchè il nucleare attraversa non solo la letteratura ma anche il cinema, il teatro e le subculture popolari – che però rimangono abbastanza separati, almeno fino a Fukushima. Tant'è che per esempio uno delle istituzioni più importanti legate alla bomba atomica, quella del Museo della pace di Hiroshima, è tutto legato alla guerra, alla bomba, al pacifismo ma non parla minimamente dei reattori nucleari: sembrano due realtà completamente distinte.
E infine abbiamo Fukushima, dove queste contraddizioni passate sono state scoperchiate, nuovamente emerse in tutta la loro difficoltà. L'11 marzo 2011 vi è stato il triplice disastro: terremoto e tsunami nel Giappone nordordientale che ha portato all'incidente nucleare al reattore Daiichi della centrale di Fukushima col meltdown di 3 reattori su 6 presenti e il più alto livello di emergenza nucleare mai registrato nella storia (livello 7), pari a quello di Chernobyl, con contaminazione radioattiva ed evacuazione di 200mila residenti.
Da lì in poi, a dimostrare queste contraddizioni irrisolte nella società del Giappone contemporaneo, sono nate proteste di massa e movimenti antinucleare; gli esponenti di spicco del movimento letterario si sono espressi in maniera aperta contro il nucleare. Si tratta di proteste e movimenti di massa che in Giappone non si vedevano dagli anni '70, fine anni '60.
Oggi il trattamento di questi temi è ancora secondo me del tutto aperto, irrisolto, con tante voci, anche divergenti, su come ripensare il presente e il passato legato al nucleare in Giappone.
- Il nucleare: dal manga alla convergenza trans-mediale
Vi è un'industria culturale, base dello sviluppo del fumetto giapponese, che negli anni '70 ha superato il mercato del fumetto americano ed europeo sommati insieme, per giungere agli anni '90 in cui si è avuto il massimo sviluppo dell'editoria manga, ad avere il 40% dell'intera editoria giapponese occupata dal manga, volumi o riviste.
Un altro aspetto è la diversificazione del target e socializzazione inedite derivate da tale diversificazione; l'espansione del mercato ha portato ad un'estensione anagrafica a tutte le età e fruizione: bambini, giovani, adulti e anziani, con anche forme emergenti di identificazione giovanile note anche in Europa: doujinshi, cosplay, otaku, fujoshi, ecc...
Da questa diversificazione è derivata un'eterogeneità stilistico-estetica senza pari in altri contesti nazionali: infiniti generi, temi e sottotemi, con variazione e sperimentazione espressiva molto sviluppata di conseguenza anche una complessità semantica, narrativa e intellettuale: si va da opere più mainstrem che devono piacere a tutti ad opere più settoriali, d'avanguardia o sperimentali.
Negli ultimi 2-3 decenni vi è stato inoltre l'aumento della convergenza trans-mediale, cioè la capacità del fumetto di interconnettere un mondo più esteso, sconfinando nell'animazione, videogiochi, design, pop-art ed anche nell'ambito del digitale online fondendosi sul piano globale.
Lo sviluppo più recente, che permette al manga di essere così importante in Giappone, è la legittimazione istituzionale, sia accademica che statale. Già da un paio di decenni esiste un ambito accademico legato agli studi sul manga (manga kenkyu), con università, facoltà, corsi di laurea interamente dedicati; lo stesso governo da un decennio circa ha riformulato la sua stessa politica culturale di nation-branding, inserendo le culture popolari, specialmente quelle basate sul manga, come nuova immagine rappresentativa del Giappone nel XXI secolo. Questa strategia è nota come “Cool Japan”.
In questo rapporto tra nucleare e manga vorrei sottolineare sopratutto l'aspetto legato alla convergenza trans-mediale: due sono le parole per capire cosa sia questa convergenza che io chiamo anche convergenza mangaesque:
“ 'media-mix' è un termine popolare in ambito industriale [giapponese] e si riferisce alla pratica di rilasciare prodotti interconnessi per una vasta gamma di 'piattaforme' mediatiche (animazione, fumetti, videogiochi, film, colonne sonore) e di merci (magliette, borse, modellini, accessori per cellulari ecc.). è una condizione definibile come 'interconnessione seriale di merci mediatiche', nella quale merci e tipi diversi di media non sono isolati come prodotti, ma sono interrellati e comunicano tra di loro, in genere attraverso l'esistenza di un personaggio principale e un mondo narrativo.”
[Marc STEINBERG, The Emergence of the Anime Media Mix: Character Communication and Serial Consumption, Tesi PhD, Rhode Island: Brown University, 2009, p. 4]
Questo è un termine che viene utilizzato in Giappone già dalla metà degli anni '70 nell'ambito dell'industria culturale.
Il secondo termine chiave è quello della convergenza culturale e mediatica, che riguarda un cambiamento riguardo ai rapporti tra media nell'ambito più internazionale e globalizzato. La sua definizione più nota è:
“La convergenza […] rappresenta un cambio di paradigma – il passaggio da contenuti specifici per un medium a contenuto che fluiscono su più canali mediatici, a una maggiore interdipendenza dei sistemi di comunicazione, a modalità molteplici di accesso ai contenuti e, infine, a relazioni ancora più complesse tra i grandi media top-down e la cultura partecipativa bottom-up.”
[Henry JENKINS, Cultura convergente. Dove collidono i vecchi e i nuovi media, Milano, Apogeo, 2007 (I ed. 2006), p. 266]
Si tratta quindi di uno sviluppo che non riguarda solo i media, che possono influenzarsi a vicenda e compenetrarsi, ma riguarda anche l'assetto del capitalismo contemporaneo, cioè il rapporto tra le grandi aziende che producono i prodotti mainstream e le subculture, i fan, che fruiscono con un rapporto sempre più attivo nei confronti di questi prodotti della convergenza, tanto che si parla di prosumers, produttori e consumatori allo stesso tempo.
All'interno di questa convergenza mangaesque, secondo me uno degli aspetti fondamentali che ha contribuito alla crescita del fumetto in Giappone e alla sua estensione all'infuori, ci sono tre fasi strategiche, tutte ispirate ai temi del nucleare, che andiamo ora ad analizzare.
- Tetsuwan Atomu di TEZUKA Osamu
Tetsuwan Atomu è importante perchè il suo autore, Tezuka Osamu, è considerato il cosidetto Dio del manga, perchè ha posto, nell'immediato periodo post-bellico, i paradigmi di quello che diventerà il manga contemporaneo, per lo meno quello mainstream. A partire dallo stile kawaii, iper-carino, personaggi con grandi occhi, forme arrotondante; lo story manga, il manga narrativo esteso per migliaia di pagine con la trattazione di temi universali, introspezione psicologia, intreccio narrativo molto complesso; l'adozione di tecniche derivanti dalla fotografia e dal cinema che hanno permesso che il manga che conosciamo oggi venisse definito “flusso narrativo” o “narrativa visualizzata”, in contrasto con la narrativa illustrata, più statica, del fumetto mainstream europeo.
Importante per il nostro discorso è anche l'adattamento televisivo del manga Tetsuwan Atomu, il primo manga ad essere trasposto in televisione come serie animata, dal 1963 al 1966, con un grandissimo successo di pubblico, sancendo il passaggio su larga scala verso la convergenza mediatica alimentata dalla popolarità di questo personaggio, il più noto personaggio manga in Giappone nel dopoguerra e quindi l'icona perfetta nazionale del Giappone come campione di pace, tecnologia progresso e quindi del nucleare come identità, a esprimere il sogno del Giappone degli anni '50 e '60 verso il futuro e il progresso.
- Hadashi no Gen di NAKAZAWA Keiji
Dall'opera sono stati tratti diversi adattamenti, diventando l'opera trans-mediale più letta e vista in Giappone sull'olocausto atomico.
Gen rappresenta quindi l'icona nazionale del Giappone come vittima, del nucleare come alterità, che pian piano si è anche cercato di rimuovere, tramite questa prospettiva della dimenticanza dei temi del nucleare, come qualcosa del passato, che si può rievocare nostalgicamente e che può creare identità tramite la comunione delle sofferenze patite in modo quasi indescrivibile dopo la bomba atomica.
- Little Boy: The Arts of Japan's Exploding Subculture di MURAKAMI Takashi
Nella mostra sono state mostrate alcune di queste opere, dal mostro radioattivo Gojira al gatto atomico Doraemon ad Akira, a Yamato fino a Evangelion, così come anche opere di Murakami stesso, ad esempio i suoi funghi nucleari neopop.
Little Boy sancisce un'altra fase importante, in cui il nucleare diventa un simulacro postmoderno e globalizzato del Giappone contemporaneo, inserendosi in una fase molto importante che riguarda anche l'attualità.
- Conclusioni: Gen di Hiroshima, ieri e oggi
- Ieri (1970-2000) Hadashi no Gen è diventato il simbolo pacifista e democratico contro ogni ideologia militarista, nazionalista, discriminatoria delle minoranze: nel manga viene descritta la situazione difficile dei dissidenti politici, degli hibakusha e delle minoranze etniche, come gli zainichi, i coreani in Giappone. Si è avuta anche una diffusione capillare, dall'alto, nelle biblioteche pubbliche e scolastiche del manga; l'anime veniva proiettato in molte scuole come un rituale annuale, come commemorazione.
- Oggi (2000, -) vi sono nuovi paradigmi di lettura legati a questo manga. Questo ha a che fare col tema della dimenticanza rispetto a quanto successo a Hiroshima e Nagasaki, che per me non è solo una questione temporale di lontananza dove il ricordo tende a diluirsi, ma ha anche a fare con le nuove generazioni, persone diverse che hanno un modo diverso di interpretare e vedere le opere legate al nucleare. Per esempio ci sono dei sondaggi fatti nei confronti dei giovani di come vedono oggi il fumetto, e i ragazzi non lo percepiscono come un manga storico, legato alla bomba atomica, ma come un manga horror, per tutte le scene raccappriccianti che a loro fanno impressione; tutto il contesto storico o ideologico non viene più colto.
Quindi, per concludere, Hadashi no Gen è diventato nuovamente un simbolo conteso e contradditorio, che esprime secondo me in maniera molto complessa tutta questa serie di tensioni irrisolte che hanno caratterizzato il Giappone postbellico e contemporaneo.
a cura del prof. Toshio Miyake
A breve pubblicheremo la terza parte dell'incontro, a cura del prof.ssa Marcella Mariotti, dal titolo:
PARTE III: Gen di Hiroshima: workshop di traduzione e 'didattica sociale'
Grazie mille per l'approfondimento, aspetto con impazienza il prossimo ^^
Davvero un'ottimo articolo ed un interessantissimo video, su argomenti importanti e, troppo spesso, sottovalutati. Complimenti a Slanzard e tutto lo staff di Animeclick, continuate così!
@Wildflower.2: Dici davvero bene! Questi video, in particolare quello del professor Miyake, sono da vedere assolutamente, e da far vedere soprattutto a quelli che hanno ancora la puzza sotto il naso quando si parla di manga; dopo non potranno più dire che il fumetto non è degno di essere considerato cultura!
:-) Per leggerlo bisogna metterlo su un leggio, se non si vuole un'infiammazione al tunnel carpale della mano !!
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