Lucca 2015: l'editore nostrano Goen porta in Italia uno dei suoi mangaka di punta, Usamaru Furuya. Già noto al grande pubblico italiano grazie alla pubblicazione di svariate opere, Furuya è conosciuto come autore di grande valore, capace di creare storie dal contenuto spesso forte e destabilizzante ma sempre accompagnate da un disegno elegante e raffinato nella sua crudezza. 
Durante quest'ultimo Lucca Comics & Games, Usamaru Furuya ha partecipato a ben cinque incontri, rispondendo alle domande del pubblico e mostrando sempre cortesia e un modo di fare garbato e disponibile che ben si addice ad un artista del suo calibro.

Il primo evento in programma è stato un press cafè nella mattina di giovedì 29 ottobre.

Ci chiediamo se il suo sia un nome vero o d'arte, perché sembra quasi un nome da samurai.
La cosa che non sapevo è che c'è un parallelo con altri autori: Furuya si è diplomato alla scuola di fumetti di Tezuka per corrispondenza, così come all'epoca fece il maestro Schultz.
Ha fatto un fumetto basato sul romanzo del 1948, Lo squalificato, che tratta temi come l'alienazione sociale e la ricerca di se stessi, mentre in tempi più recenti ha affrontato un tema più europeo con La crociata degli innocenti. Da temi molto giapponesi ha spaziato ad altri più occidentali, un po' come altri autori hanno fatto con la rivoluzione francese e i miti nordici. Qual è la sua fascinazione nei confronti dell'immaginario europeo? Dato che Lei è comunque insegnante di storia dell'arte.

Ringrazio innanzitutto di essere stato invitato a una manifestazione così importante. Ieri sono arrivato e non mi aspettavo tanta bellezza. Ero teso, ma in senso positivo. Ho mangiato troppo e ora non mi sento molto bene, quindi mi scuso in anticipo se per caso dovessi sentire il bisogno di alzarmi spesso.
Ho visto, diversi anni fa, un programma su History Channel dedicato alle crociate. Ci si chiedeva se fossero esistite o fossero state solo mitologia. Questa curiosità mi è rimasta in testa a lungo. Ma vero o falso che fosse, quei ragazzi sono partiti per combattere, sono stati venduti. Sarebbe stata una storia troppo triste per un manga. Dopo un po' ho voluto approfondire la storia della Shinsengumi, ho messo assieme le conoscenze sulle crociate acquisite dieci anni prima, ho pensato di mescolarne gli spunti e di crearne una storia.
La Shinsengumi era nata con una volontà genuina di salvare il Giappone, quasi come fossero dei santi, che poi però  questa genuinità si è persa, facendo nascere conflitti, ed evaporando.
Ma creare una storia di crociate, per me che vivo in Giappone, era difficile: mi sentivo limitato nel documentarmi. Ho chiesto ad esperti esterni di storia europea, così ho scoperto, ad esempio, che all'epoca non esistevano i bottoni per gli abiti. Ho saputo dei templari, e così via. Ho letto libri sull'architettura delle Chiese etc, così ho ricostruito il mondo europeo del 1200, ma serbo qualche timore nel portare questa storia a Voi in Europa, perché senz'altro conoscete quel mondo meglio di me.

Lei ha adattato Jisatsu Circle (Suicide Club) e Ningen Shikkaku (Lo Squalificato). Sappiamo che per il primo ha avuto mano libera da Sion Sono (il regista del film che gli commissionò la versione a fumetti), per il secondo invece ha dichiarato apertamente che il finale è stato cambiato per dare un senso di speranza che mancava nel romanzo originale. Com'è stato quindi il processo di adattamento?
Alle superiori mi piaceva molto lo scrittore Dazai Osamu, autore de Lo squalificato, e andando a scuola, tutti i giorni, passavo sempre davanti a un luogo a lui vicino, il fiume Tamagawa, e lo pensavo. E quindi mi sono chiesto: "se Dazai fosse in vita ai giorni nostri, come avrebbe raccontato il tema proposto nel suo romanzo?". Così ho cercato di interpretare il suo pensiero.
Se avete letto il manga avrete notato che ho dedicato 100 pagine alla descrizione del personaggio che perde la sua umanità, volevo mostrare il percorso di decadenza di un uomo.
Perché la speranza? Perché non voglio terminare nessuna delle mie storie con un senso di disperazione, proprio non mi piace. L'ho fatto anche in Suicide Club, Hikari Club e La crociata degli innocenti, mi piace lasciare sempre un pizzico di speranza.
Il regista Sono mi aveva chiesto di fare un fumetto per promuovere il suo film, la storia di per sé è difficile da rendere in manga; nella prima scena, 50 studentesse si buttano sotto un treno. Allora ho chiesto: "se lascio intatta la scena iniziale, per il resto posso modificare la storia a mio piacimento?". La risposta fu positiva, quindi continuai. Poi all'epoca Sono non era famoso, era povero e senza lavoro. Cercava qualunque modo per promuovere il suo lavoro. L'unica cosa negativa è che ho avuto solo un mese di tempo per lavorarci, quindi ho dovuto fare davvero in fretta.

In quale dei personaggi di Hikari Club pensa di rispecchiarsi di più?
C'è un personaggio con una benda sull'occhio (Katsuya Tabuse ndr)... ecco, quello. Piace molto alle ragazze, di contro però, lui non sa proprio come approcciarle, pertanto somiglia moltissimo a com'ero io all'epoca.

Genkaku Picasso: anche lei come il protagonista della storia ha un pittore/artista preferito?
Sì, anche a me, come al protagonista della storia, piace tantissimo Leonardo da Vinci. A 25 anni ho proposto di creare una storia su di lui ma l'idea è stata bocciata. Un giorno però spero di poterla realizzare. Un altro artista che amo è Botticelli. Ho visto una sua mostra in Giappone e sono rimasto letteralmente incantato. Alla facoltà in cui insegno, il mio ruolo è quello di professore di arte contemporanea, quindi mi  piacciono anche altri artisti, ad esempio, Gerhard Richter. Mi piace proprio il suo modo di essere artista, astratto e concreto allo stesso tempo. E dietro c'è sempre e  comunque una tecnica mirabile e avanzata.

La invitiamo quindi a vedere una mostra sui meccanismi creati da Leonardo che è in corso proprio a Lucca in questo periodo.
L'ho saputo. Ci andrò sicuramente.

Qual è il riconoscimento del fumetto in Giappone: è considerato un'arte come le altre o è considerato di serie B?
In Giappone si ha una bassa considerazione dell'arte. Sono pochissime le persone che possono vivere solo grazie ad essa. Di recente si è sviluppata una tendenza per cui gli artisti hanno iniziato a prendere influenze dai manga, e penso che vogliano in questo modo costruire un nuovo filone di arte.
Un po' come quando il Giappone si aprì alle influenze dell'occidente e venne a conoscenza della sua arte, credo che ora possa nascere una nuova arte nipponica contando su questo tipo di contaminazioni. In Giappone l'arte non ha un retaggio storico come qui in Italia. I manga invece hanno un mercato enorme e fanno parte della vita quotidiana di chiunque, sia di chi legge che di chi non li legge. I manga sono una cosa naturale, mentre l'arte è solo per pochi appassionati, sono due cose molto diverse. Io stesso nasco dall'arte, ne faccio parte. Anch'io ammirando l'arte, faccio manga, e così via...

Per quale sua opera vorrebbe essere ricordato (o pensa di essere ricordato) tra 100 anni?
Penso che i manga stessi non rimarranno tra cento anni. E' il destino di ogni cosa commerciale, però il valore delle tavole cartacee, il genga, quello rimarrà.
Adesso mescolo tecniche digitali a quelle analogiche, ma ad esempio la mia prima opera era fatta solo col pennino, e penso che per questo motivo, per me, abbia più valore delle altre.
 
Molti iniziano da bambini a disegnare i loro eroi. Quali erano i suoi soggetti?
Certamente Tezuka e i suoi manga, ho iniziato già a nove anni a fare i miei primi manga, imitando i suoi; ma quand'ero più piccolo, a 4/5 anni mi piaceva disegnare sulle pareti. Poi, nel periodo dell'invio dei biglietti augurali per le festività ai parenti, allora potevo sfogarmi, ne realizzavo più di un centinaio. E mi sfogavo liberamente.

Palepoli e Plastic Girl: rappresentanza della sua passione per il post modernismo. Vorrebbe tornare un giorno a parlare di quello?
In realtà tornare alle origini per me significherebbe ritornare a dipingere a olio, è questo che sento dentro. Dato che con molti manga si vira verso il digitale, è probabile che si arriverà ad una situazione equivalente a quella della musica, pagando un tot si potranno scaricare i manga, e nessuno può fermare questa tendenza.
A me interessa di più il lavoro di tipo manuale, ciò che rimane fisicamente tra le mani. E tra 5 o 10 anni può darsi che mi ritroverò nel mio studio proprio a dipingere.

Il tema della decadenza della persona, le interessa ancora? Potrebbe essere valido per una sua futura opera?
Quando faccio una storia, inizio da un tema, nel senso che devo avere la voglia di raccontare qualcosa. Ora come ora ad esempio, vorrei raccontare una storia a tema circense. Poi creo i personaggi e le loro dinamiche. Da lì creo la storia e tutto il resto. 
Forse dentro di me sono talmente attratto dal tema della decadenza dell'essere umano che le mie storie non possono prescindere da esso, per quanto ci provi. Può darsi che un giorno, di contro, farò una storia del tutto allegra. Ma io d'altronde sono cresciuto con le fisse di chi si ostinava a dire che nel 1999 sarebbe finito il mondo, forse è per questo che sono così.

Lei ha iniziato con la rivista Garo, piuttosto alternativa. Quali sono gli autori che l'hanno ispirata? 
Sono tanti. In Palepoli, ad esempio, ho fatto parodie di diversi manga, quindi pur non mettendo nulla di propriamente mio, in un certo senso si può ben dire che ne esca comunque un prodotto 'originale'. E per me l'originalità è anche questo, perché per forza, anche facendomi influenzare da altri autori, alla fine nasce qualcosa di mio.
In Hikari Club imito il modo di disegnare di Suheiro Maruo. Anche in questo modo costruisco comunque una mia originalità. 
Ad esempio, per La crociata degli innocenti non sono stato influenzato solo dai manga o dall'arte, ho preso come modello le bambole artigianali giapponesi (ningyo), con occhi grandi e innocenti, adatti a rappresentare i ragazzi protagonisti. Volevo illustrare una storia come se fosse un teatro/mondo delle bambole, di fantasia.
Invece, per quanto riguarda gli autori... Moroboshi, Hisashi Eguchi, Azuma Hideo, Tezuka, Kezo Miyanishi... non posso dire solo un nome, ce ne sono tanti, e tutti mescolati.



Il secondo appuntamento è stato uno showcase tenutosi giorno 30 presso la Chiesa dei servi: il sensei Furuya ha realizzato uno sketch di Zera (uno dei protagonisti di Hikari Club) mentre rispondeva alle domande del pubblico e del moderatore. 

Abbiamo con noi Usamaru Furuya, un autore che molti conosceranno per Hikari Club ma anche molti altri manga. Oggi ci mostrerà le sue tecniche di disegno e parlerà con noi di come disegna e realizza i suoi manga. Furuya è un autore molto particolare nel panorama giapponese, poiché nasce da una formazione accademica molto solida fondata sulla pittura e sulla scultura, quindi sarà interessante scoprire come un artista, pittore e scultore, si sia approcciato al mondo dei manga.
Ho frequentato l'università di belle arti, studiavo pittura a olio. Dopo la laurea sono diventato docente di belle arti per le scuole superiori e ho fatto questo lavoro per 12 anni. Ho iniziato a 22 anni e a 24 ho intrapreso la carriera di mangaka. Quando facevo l'insegnante non ero del tutto soddisfatto, era come se mi mancasse qualcosa. Mi occupavo di arte figurativa, all'epoca molto di tendenza, e in quel periodo mi è venuta voglia di passare ai manga, qualcosa di più semplice, come i disegni che facevo da bambino. Rispetto alle belle arti il mondo dei manga era più allegro e divertente. Un giorno ho comprato un foglio e una matita e ho iniziato a disegnare, è stata una cosa molto improvvisa, come un fulmine a ciel sereno. Quel giorno ho deciso di diventare un mangaka.

Una cosa che si nota dalla produzione del sensei Furuya è che spesso attinge dalla cultura più alta per portarla nel mondo pop del manga. Con quale proposito si approccia al mondo del fumetto e quale background cerca di introdurre?
Non credo di essere diverso dagli altri fumettisti, ci sono molti mangaka più acculturati di me, con conoscenze in vari campi.
Quando inizio una nuova storia mi faccio guidare dall'ispirazione. Ci sono molti modi diversi di fare manga, una cosa essenziale, secondo me, è l'essere bilanciati, a partire dagli schizzi arrivando alla trama, inoltre è importante dosare per bene il messaggio che si vuol mandare ai lettori e il divertimento personale nel creare quella storia. Se il mio messaggio è preponderante su tutto il resto, la storia sembrerà più una predica. 

Dove prende l'ispirazione per una nuova storia?
Da tante cose, per esempio il mio ultimo lavoro (Teiichi no Kuni) è basato sulla vita scolastica. Il sistema scolastico giapponese punta all'indipendenza degli studenti, esiste ad esempio il consiglio studentesco, che ha un suo presidente. La storia racconta questa dinamica scolastica come se fosse un racconto politico; tra gli studenti ci sono delle fazioni opposte, nascono dei conflitti, così racconto un lato brutto dell'essere umano, trasporto a scuola la bruttezza del mondo politico. E' stata un'idea che è nata in modo molto naturale, come se fosse caduta dal cielo. Un altro esempio è il mio manga Joshikousei ni Korosaretai (Vorrei essere ucciso da una studentessa): per prima cosa mi è venuto in mente il titolo e da lì ho creato la storia di un professore delle superiori che vorrebbe morire per mano di una studentessa. Ogni storia nasce in modo diverso, Genkaku Picasso è nato in un momento in cui non stavo molto bene e seguivo una terapia molto particolare, dovevo stringere in mano una vitamina per vedere se riuscivo ad assorbirla... ho fatto poche sedute perché era una cosa troppo strana. Genkaku Picasso racconta la storia di una persona che riesce a vedere ciò che la gente ha dentro, e tramite i suoi disegni, a curarla.

Nelle sue storie ci sono molti elementi grotteschi e violenti spesso inseriti, in modo palese o meno, nella realtà quotidiana. Mi chiedo se l'uso di questa violenza sia una critica alla società o piuttosto una rassegnata constatazione.
In Hikari Club ho usato molte scene crudeli e violente, anche se il messaggio della storia è semplicemente di non uccidere. Tramite scene di morte ho cercato di esprimere questo concetto. Non è che mi piaccia disegnare scene violente, ma tramite esse posso mandare il mio messaggio, mostrare quanto la violenza sia brutta. E' questo che ho fatto con Hikari Club. Nel mio manga Kanojo wo Mamoru 51 no Houhou (51 modi per salvarla) c'è un grande terremoto, quindi ho disegnato molti cadaveri, non perché mi piacesse ma perché come saprete il Giappone è un paese ad alto rischio sismico, quindi da abitante di questo paese, ho voluto mostrare come bisogna essere sempre pronti ad una simile evenienza. Se qualcuno mi domandasse "ti piace disegnare scene cruente?", non direi esattamente di no.

Come lavora sulla tavola quando realizza i suoi manga?
Molti conosceranno il "name", lo storyboard; dopo averlo finito lo faccio vedere al mio editor e faccio le eventuali modifiche. Lo storyboard è sempre a doppia pagina, va creato immaginando come verrà in stampa. Poi inchiostro con il pennino, faccio delle linee sottili con il maru pen. Dal 1995 in poi ho iniziato a lavorare in digitale sui retini e le inchiostrazioni ma quasi tutto il lavoro è fatto a mano. Per un periodo ho lavorato interamente in digitale ma è una tecnica con cui non mi sentivo a mio agio, il mio fisico ne risentiva e non riuscivo più a dormire, quindi ho abbandonato il lavoro digitale.

Si avvale di assistenti o lavora da solo?
Dipende dai lavori, ne ho 2 o 3 che lavorano con me il lunedì, martedì e mercoledì. Si occupano degli sfondi, applicano i retini e i neri. Oggi è difficile trovare assistenti di qualità ma ne esistono alcuni di alto livello che possono vivere con questo lavoro, affiancando molti mangaka famosi.
 

Furuya ha esordito su Garo, una rivista indipendente. Ci può parlare dell'influenza che questa esperienza ha avuto sui suoi manga e com'è stato lavorare su una rivista così importante, dal taglio poco commerciale?
Il lavoro fatto su Garo ha costruito le fondamenta del mio essere mangaka. La storia che ho disegnato su questa rivista (Palepoli) usava la tecnica del "puntinato", per disegnare una vignetta perdevo anche un giorno intero, quindi, dopo aver fatto questo penso di poter fare davvero tutto.

Com'è nata la collaborazione con Sion Sono per Suicide Club?
Sono adesso è un regista di fama internazionale ma a quel tempo era povero, non aveva né soldi né lavoro. Eravamo amici, veniva spesso a trovarmi e un giorno mi disse che aveva fatto un nuovo film e mi chiese se potessi aiutarlo a promuoverlo. Avevo solo un mese di tempo, quindi normalmente avrei rifiutato, poiché si trattava di un tempo troppo breve, ma dato che era mia amico, accettai. Ho visto il film ma era una storia impossibile da riportare in manga, quindi gli chiesi se avrei potuto mantenere solo la scena iniziale (quella delle 50 studentesse che tenendosi per mano si lanciano sotto ad un treno) e cambiare il resto della storia a mio piacimento. Sono accettò, anche perché non aveva molta scelta.

Traducendo Hikari Club ho letto che da ragazzo avrebbe voluto far parte della compagnia teatrale Tokyo Grand Guignol, fondata da Norimizu Ameya, ma quando cercò di entrarvi, era stata chiusa. Gli piacerebbe vedere in futuro un suo manga in versione live o teatrale?
Ammiravo molto quella compagnia ma non avevo il coraggio di entrare a farne parte, ero uno studente delle superiori. Quando trovai il coraggio la compagnia non esisteva più. Quando frequentavo l'università ho comunque fatto teatro. Mi piace esprimermi con il corpo, mi piace la danza, esiste un gruppo di danza contemporanea che adoro, infatti, il mio nome d'arte, Usamaru, viene da Maru, il capo di questo gruppo. Mi piace esprimermi in tanti modi ma attualmente comunque mi esprimo al meglio con i manga, sono soddisfatto così.

Nel suo lavoro esistono aspetti negativi che vorrebbe cambiare?
Sì, ci penso tutti i giorni. La mia editor però è bravissima!



Il terzo evento, svoltosi giorno 1 novembre porta il titolo "Comics Talk: 5 buone ragioni per fare fumetti, con Usamaru Furuya e Tsutomu Nihei" che, accanto a Furuya, ha visto la partecipazione del collega Tsutomu Nihei e di altri 3 fumettisti di diverse nazionalità, ossia: Richard Mc Guire (autore della graphic novel Here), Matt Fraction (sceneggiatore Marvel, The Invincible Iron Man, The Immortal Iron Fist, Uncanny X-Men, Occhio di Falco) e Winshluss (Persepolis).
Per completezza ed interesse viene riportato l'evento completo, comprendente quindi anche le parti relative agli altri autori, inoltre, è importante premettere che il sensei Nihei ha partecipato alla discussione con un tono molto scherzoso e goliardico. Per capire meglio alcune sue risposte, vi invitiamo a guardare il video.

Come siete arrivati al fumetto e perché lo avete scelto?
W:Ho fatto un percorso molto comune, leggevo fumetti da bambino e pensavo di voler fare il fumettista ma poi sono finito col fare musica. Solo a 25 anni ho ripreso a disegnare con l'idea di voler fare fumetti e anche se era considerata un'arte minore, pensavo che non avrei mai potuto farne un lavoro, quindi ho vissuto la cosa come in un far west, privo di regole ma ricco di contaminazioni con il cinema e la musica, senza nessuna pressione né veri obiettivi. Credo che questo sia il modo migliore per affrontare qualsiasi arte.
F: Mi sono innamorato dei fumetti quando ero molto giovane, da piccolo li disegnavo sulla carta della stampante e li rilegavo per regalarli ai miei amici. Quando mi sono reso conto che fare l'astronauta era un'aspirazione troppo assurda mi sono iscritto a belle arti con l'idea di fare fumetto e ho fatto anche esperienza come animatore. A scuola ho imparato a creare storie che coinvolgessero i lettori, rendendoli partecipi. E' uno strumento molto intimo e potente... ed è molto meglio che avere un lavoro vero!
Mc G: Avevo 2 fratelli che leggevano fumetti di supereroi ma non me ne sono mai interessato; il primo fumetto di cui mi sono davvero innamorato era Crazy Cat. Ho iniziato a pensare ai fumetti solo molti anni più tardi, a scuola ho studiato scultura, poi ho formato una band. Insomma, tutta la mia formazione è stata un insieme di cose diverse. La mia graphic novel, Here, è basata sul mio primo tentativo di pubblicare un fumetto. Negli anni dal 1989 ad oggi ho realizzato pochissimi fumetti, mi sono dedicato all'animazione, ho lavorato con vari mezzi di comunicazione e la cosa mi rende parecchio orgoglioso.
Furuya: Da piccolo amavo i manga e copiavo i fumetti altrui. Dopo il liceo ho frequentato la facoltà di belle arti e ho studiato arte contemporanea. Dopo la laurea ho iniziato a fare l'insegnante di arte ma non mi sentivo soddisfatto. Ho provato anche a creare qualcosa da esporre in galleria, ma ho iniziato a dubitare di me stesso e della strada che avevo intrapreso, così a 24 anni mi sono ricordato del fatto che da bambino amavo disegnare manga. Da quel momento, pur continuando ad insegnare, ho preso a disegnare manga e dopo circa 6 mesi, sulla rivista Garo è stata pubblicata la mia prima opera, Palepoli. Garo però era una rivista indipendente quindi non c'era la sicurezza che avrei avuto altri lavori dopo, e pur avendo ricevuto altre offerte, per 12 anni ho continuato a fare l'insegnante. In quel periodo, avendo questo posto fisso, pensavo di continuare a fare il mangaka per hobby, mentre oggi, pur essendo diventato il mio lavoro principale, continuo a vederlo come qualcosa che faccio per il mio divertimento personale, il mio scopo principale è divertire me stesso.
N: Mi sono sempre piaciuti i manga, mi piacciono anche adesso, e ho sempre desiderato diventare un mangaka.

Cosa avete trovato di più stimolante nel fumetto rispetto ad altri media? E cosa di più difficile?
W: Non sono cose comparabili, quando faccio film o lavoro con altri media, lavoro piuttosto su dei progetti. Cinema e fumetto sono un mezzo, ho un amore spropositato per il fumetto semplicemente perché con esso posso essere completamente autonomo e questa autonomia si avvicina di più al mio sogno di bambino di essere artista e creare. Da giovane non avevo un soldo, mi bastavano un foglio bianco e una matita per andare su marte, nella preistoria e fare quello che volevo. Ci sono cose che non avrei potuto realizzare ad esempio nel cinema o nell'animazione, perché ci vogliono molti soldi, mentre con il fumetto avevo solo bisogno di tempo, è tutto quello che un fumetto richiede. Il fumetto è un'arte a sé, con i suoi codici e le sue regole, non è comparabile ad altri media.
F: Adoro collaborare e mi piace tantissimo imparare come far funzionare una storia con la persona con cui collaboro. Dopo 1000 pagine mi sento come se me ne servissero altre 1000 per migliorarmi... ed è la cosa che più detesto!
Mc G: Tutti i media con cui lavoro si sostengono e si influenzano l'un l'altro. Proprio perché uso tanti media posso trovare i punti di forza di ognuno, ad esempio quando lavoravo su Here, ne creavo anche una versione e-book, quindi alla fine, anche se la storia è uguale, l'esperienza della storia e il risultato, sono molto diversi. Lavorare all'e-book è stato come remixare una mia canzone, forse perché faccio musica vedo le due cose in modo diverso.
Furuya: Quando mi occupavo di arte contemporanea avevo molte spese, ho esaurito tutti i miei risparmi per dedicarmici. Quando ho iniziato a creare manga non avevo nessuna garanzia, ma il semplice fatto che per realizzarli non dovevo sborsare denaro mi rendeva felice. E così, pur senza un grande dispendio di mezzi ho iniziato a guadagnare e a poter vivere di questo lavoro che mi ha addirittura portato in Italia, mi rende immensamente felice. Credo che sia il momento più felice della mia vita.
N: Io ho sempre disegnato manga ma ormai non trovo più la cosa molto interessante, quindi due mesi fa mi sono ritirato.

Qual è stato il momento più memorabile della vostra carriera? Memorabile o anche difficile.
F
: In America i fumetti escono il mercoledì, quello è il momento più bello e più brutto della settimana perché sono orgoglioso del lavoro che ho fatto ma al contempo vedo tutti i difetti che non posso più correggere. Penso che quello sia il fumetto migliore su cui abbia mai lavorato, poi lo vedo... e mi sembra il peggiore!
N: Mi avete interrotto mentre stavo pensando, quindi non sono riuscito a trovare cosa dire.
Furuya: Tutte le mattine mi sveglio alle 6 e dalle 7 alle 10 mi prendo del tempo per riflettere, spesso rimango per tutto il tempo imbambolato senza che mi venga nessuna idea. Stephen King ha detto che bisognerebbe guardare un foglio bianco e pensare. Soffro molto quando non mi viene in mente nessuna idea, ma quando questa arriva, sono così felice che finisco per fare i salti di gioia. Questo momento è ciò che mi fa andare avanti.
Mc G: E' difficile parlare del processo creativo, perché una parte talmente grande di ciò che si fa nasce in maniera istintiva. Come molti sapranno, fare fumetti è molto difficile. Ci sono stati momenti in cui ho avuto delle difficoltà e ho dubitato di me stesso e delle mie capacità. La cosa più importante è avere fiducia in se stessi.
W: Il momento più eccitante è quando sto disegnando, suona il telefono e vedo che è un messaggio del mio editor che mi dice "arrivo tra un quarto d'ora"... quello è il momento più eccitante del mio lavoro.

Qual è la storia che più vi è piaciuto scrivere e quale ritenete la migliore?
Mc G
: E' una risposta semplice perché non ho fatto molti fumetti. E' sempre una lotta creare un fumetto ma questa difficoltà è anche ciò che li rende divertenti.
F: Ho appena finito il mio progetto preferito ma non è stato ancora pubblicato! E' ancora un fumetto potenziale, quindi è perfetto... quando uscirà, sarà terribile!
Furuya: Hikari Club, che è stato appena pubblicato in Italia, si basa su uno spettacolo teatrale che ho visto quando ero ancora uno studente, ma mi restò così impresso che dieci anni dopo averlo visto pensai di farne un manga. Lo ritengo quindi il più importante, quello che più mi è piaciuto scrivere, perché lo considero come un fil rouge che unisce il me stesso giovane e il me stesso adulto. Mi raccomando, leggetelo.
N: Tutto le cose che volevo dire le hanno più o meno dette gli altri.

Avete una persona di riferimento con cui confrontarvi alla fine di un lavoro?
Mc G: E' molto importante avere qualcuno di cui fidarsi, soprattutto gli amici. Anche il confronto con l'editor è importante, bisogna imparare a fidarsi anche quando ci sono delle cose che fanno un po' storcere il naso.
N: Anche se ho degli assistenti faccio quasi tutto il lavoro da solo, mentre scrivo sono da solo, quindi no, non ho nessuno con cui confrontarmi.
Furuya: Di solito mostro l'idea iniziale solo agli editor, quindi la loro opinione è tutto. Però se mostro il mio lavoro agli editor è perché mi sento sicuro, se non lo fossi non lo mostrerei nemmeno. Se il mio editor dice che il lavoro gli piace, allora piacerà anche a tutti gli altri, e dato che sono arrivato fino in Italia, vuol dire che non mi sbaglio.
F: Mi fido dei miei collaboratori.
W: No, io non ascolto nessuno.

Quale fumetto altrui avreste voluto creare?
F
: (rivolgendosi a Mc Guire) Penso che il tuo lavoro sia il più rivoluzionario e straordinario mai visto in lingua inglese, e stando seduto qui ho capito che ho vissuto la mia vita come descritto nel tuo libro. Hai fatto un lavoro incredibilmente profondo e penetrante. Mi taglierei una mano per riuscire a fare un fumetto come il tuo. Oppure vorrei aver fatto Batman... così sarei ricco!
Mc G: Per me è Popeye, lo ritengo uno dei più divertenti per il modo in cui è disegnato, per come si esprime. E' semplicemente uno dei miei preferiti, anche se so che non sarei minimamente capace di fare qualcosa del genere.
Furuya: Un manga scritto da Nihei. Da ragazzi abbiamo creato insieme un magazine e più che i miei mi piacevano i manga che disegnava lui. Ma siccome il suo genio è qualcosa che va al di là di tutto, nessun altro giapponese potrebbe imitarlo. Avrei voluto scrivere Blame!. E poi dai suoi manga sono stati tratti degli anime, quindi sono molto invidioso di questo.
N: Hikari Club, di Furuya. Buono, buono!
W: Non si tratta di un libro in particolare ma piuttosto tutto il lavoro di un autore. Prima avevo parlato di Maus di Art Spiegelman, ma ci sono anche Frank Miller, Moebius in un certo periodo della sua carriera. 



Il quarto appuntamento, "Manga tra seinen, gekiga e sperimentazione, con Usamaru Furuya e Shintaro Kago", svoltosi domenica 2 Novembre, ha visto la partecipazione congiunta dei due autori che hanno risposto alle domande del moderatore e del pubblico.

Com'è nata la passione per il fumetto? Sia come lettori che come fumettisti.
Furuya
: Prima di diventare mangaka ho lavorato come insegnante di arte in un liceo subito dopo la laurea all'accademia delle belle arti. Contemporaneamente ho iniziato a disegnare manga. Mi occupavo di arte contemporanea ma verso i 24 anni mi sentivo insoddisfatto del mio percorso e ricordandomi dell'amore che avevo da bambino per il disegno, ho deciso di diventare un mangaka. E' stato come un fulmine a ciel sereno. Quando facevo arte contemporanea, mi servivano molti soldi, mentre il pensiero che per disegnare manga mi bastano un foglio e una penna, mi soddisfa molto moltissimo. Sono molto grato della semplicità dei mezzi che occorrono per creare un manga ma al contempo sono grato del percorso che ho fatto, perché mi ha condotto dove sono ora.
Kago: Da piccolo, a 5-6 anni, mi piaceva disegnare manga, alle scuole superiori sono entrato in un gruppo di mangaka e ho iniziato a disegnare. In quel momento non pensavo ancora di farne una professione ma già da piccolo desideravo fare un lavoro creativo, all'epoca più dei manga mi piaceva il cinema quindi il mio desiderio era di entrare in quel mondo per fare il regista o il produttore. Però, per produrre un film ci vogliono molti soldi e un gran dispendio di energie, quindi, quando ho capito che fare il regista era una strada troppo difficile, mi sono chiesto cosa in tal senso avessi potuto fare da solo e ho pensato ai manga. Ho iniziato a 19 anni e ho capito che era la mia strada. Per adesso voglio continuare a fare manga, ma chissà, magari un giorno proverò una nuova esperienza nel campo delle arti visive.

Nei vostri fumetti si nota a volte la presenza dell'autore nelle storie. E' un modo per entrare in contatto con il pubblico o per esprimere ed esplorare al meglio la storia?
Furuya:
Mi vengono in mente Lo squalificato e Palepoli. Nel manga tratto dal romanzo di Dazai, che si svolge in epoca moderna, si parte dal ritrovamento del diario di Yozo, mentre lo creavo riflettevo su chi potesse essere la persona che lo ritrova e ho pensato a me stesso. In questo modo si trasmette al lettore un maggior senso di realismo ma è anche una soddisfazione per l'autore, perché leggendo lui stesso il diario contemporaneamente disegna la storia. Probabilmente, rispetto ad altri mangaka, sono consapevole della volontà di inserire la mia figura nelle mie storie, forse succede per effetto dei manga che leggevo da bambino, quelli di Tezuka ad esempio, ero felice quando vedevo un autore che amavo all'interno dei suoi manga, quindi quando sono diventato mangaka forse ho voluto che i miei lettori provassero quella stessa sensazione di felicità.
Kago: Appaio nel mio manga Fraction, in questa storia avviene un terribile omicidio e il mio personaggio, Shintaro Kago, viene coinvolto. C'è un motivo per tutto ciò: la storia è ovviamente di fantasia ma volevo creare un'atmosfera realistica e per riuscirci ho inserito me stesso nel racconto, volevo che il confine tra realtà e finzione fosse molto flebile. per raggiungere questo realismo nei disegni mi sono fatto fotografare e ho ricalcato l'immagine. Chi ha letto Fraction sa che ad un certo punto della storia c'è un grosso colpo di scena, in un certo senso si può dire che io abbia ingannato il lettore inserendo me stesso e facendo credere al lettore che fosse un episodio reale.

Entrambi gli autori mostrano nelle loro storie uno sguardo molto attento al presente. Gli scenari in cui si svolgono sono sempre molto veri e mostrano spesso dettagli molto crudi del Giappone di oggi. Mi chiedo se lo facciano con occhio critico o se sia una semplice osservazione di quello che è il Giappone di oggi.
Kago:
Nelle mie storie ho trattato anche passato e futuro. Per creare una storia spesso mi ispiro a fatti reali sentiti in tv o letti sul giornale e alle chiacchierate con gli amici, le mie storie rispecchiano quindi il Giappone attuale in modo satirico. Mi piace usare la satira o il black humor perché sono sempre stato un fan di Monty Phiton, un'opera che mi ha influenzato molto; in terza media ho visto il film al cinema, il modo di far ridere era del tutto diverso dai soliti programmi della tv giapponese, parlava di fatti che per la morale giapponese erano dei tabù.
Furuya: Scrivo con l'intento di attirare l'attenzione sui problemi della società moderna, ad esempio, Lo squalificato parla di un ragazzo che a poco a poco diventa un emarginato. In 51 modi per salvarla invece si parla di un terremoto che colpisce la città di Tokyo e analizzo i comportamenti che potrebbero avere le persone coinvolte e come la città ne risentirebbe: è un manga ambientato nel futuro ma si basa su un fatto potenzialmente reale, lo scopo è quindi quello di soffermarsi a pensare a problematiche che spesso si ignorano, pensare sia a quello che potrebbe accadere ma anche al come un disastro di questo tipo potrebbe essere evitato o risolto. Spesso vengo frainteso, descrivo senza barriere anche scene molto forti, ma non è che il mio scopo sia unicamente disegnare scene di quel tipo.

Cosa vi porta a mostrare in modo così dettagliato la violenza nelle vostre storie?
Furuya:
In Hikari Club ci sono scene molto cruente, omicidi, ma il messaggio della storia è che non bisogna uccidere le persone, i miei disegni vogliono mandare questo messaggio: è sbagliato uccidere o far uccidere. E' una specie di denuncia, bisogna capire questa cosa nel proprio cuore. Anche in 51 modi per salvarla, le scene cruente, i cadaveri, le ho mostrate proprio per far capire quanto sia terribile la violenza che si scatena tra le persone quando accade un evento talmente disastroso. Io sono una persona molto buona, ho due bambini, quindi anche se disegno queste cose il mio messaggio è l'opposto di quello che può sembrare.
Kago: A me invece piace molto disegnare scene violente. Furuya sensei ha parlato dei suoi figli, ma anche io sono padre di una bambina di 6 anni. Mia figlia dice "mio padre è quello che disegna le teste che esplodono!". Comunque considero le mie storie comiche, se pensate ai film muti, ricorderete che anche lì ci sono spesso esplosioni ma facevano ridere. Anche Monthy Phiton fa ridere anche mostrando sangue che schizza, in Europa forse è più diffuso il black humor. Io considero comiche le mie storie ma capisco che qualcuno possa non percepirle così.

Quali sono gli autori del passato che vi hanno influenzato?
Furuya:
Oltre a Osamu Tezuka, quando andavo alle medie ci sono stati Azuma Hideo, Moroboshi Daijiro, alle superiori Maruo Suehiro. Non riesco a contarli tutti, mi piace moltissimo Miyazaki, anche il pittore tedesco Gerhard Richter. Sono tutti parte di ciò che sono oggi.
Kago: Per quanto riguarda i disegni, da bambino mi piaceva Mizuki Shigeru, crescendo mi è piaciuto molto Otomo. Da bambino mi colpì molto il surrealismo di Salvador Dalì. Per quanto riguarda le storie, sono stato influenzato da Monty Phiton, Fujiko F. Fujio. Mi piace molto anche il romanziere Yasutaka Tsutsui, autore di La ragazza che saltava nel tempo, ha scritto moltissime storie diverse da quella, completamente all'opposto.

Il sensei Kago ha parlato della "scena dell'inganno" di Fraction, quella tecnica l'ha usata anche in un altro suo manga, Harem End. Anche in un film di David Lynch succede qualcosa di simile, si è per caso ispirato quel film o a scene simili apparse in altre pellicole?
Kago:
No, non mi sono ispirato a quel film ma ad alcuni racconti gialli giapponesi. Mi piacciono molto i romanzi gialli, ad esempio, in Sherlock Holmes, Watson racconta ciò che fa il suo amico Sherlock; il romanzo giallo crea l'illusione che il fatto fantastico sia reale. Succede spesso anche nel mondo dei manga che un autore si palesi nelle sue stesse storie.

Cosa conoscete del fumetto europeo e cosa ne pensate? Che somiglianze e che differenze trovate con il fumetto giapponese?
Kago:
In Giappone arrivano pochi fumetti europei e americani, io mi sono ispirato a Moebius ma la maggior parte dei mangaka non conosce gli autori europei. Ieri ho notato molti fumetti in stile manga, quasi degli ibridi, quindi, forse, il confine tra fumetto europeo e giapponese sta svanendo a poco a poco. Negli ultimi anni pare che gli autori europei diano più importanza alle espressioni del viso, forse succede proprio perché si ispirano ai manga.
Furuya: Io invece possiedo molti fumetti europei, ad esempio Moebius e Enki Bilal, ritengo che questi due autori abbiano avuto un forte impatto sui fumettisti giapponesi. Moebius ha sicuramente influenzato gli autori che ho citato prima, e anche noi siamo stati influenzati da due autori giapponesi a loro volta influenzati da Moebius. I manga sono diventati molto più stilosi e moderni per influsso di questo autore. Prima il disegno giapponese aveva un tratto molto spesso e statico rispetto a quello europeo, forse, senza questo autore anche Death Note sarebbe stato disegnato con un tratto diverso.
 

Per finire, Furuya ha presieduto l'evento "Negli abissi della psiche con l’horror-movie Litchi Hikari Club", durante il quale ha spiegato in cosa consiste il progetto live action di Hikari Club, e dopo aver commentato i due trailer, ha risposto alle domande del pubblico.
 


Sono passati ben dieci anni dalla creazione del manga alla realizzazione del film. Si era pensato varie volte di realizzare questo progetto, addirittura in un'occasione avrei dovuto fare io il regista e l'avanzamento dei lavori era andato molto avanti, ma quando l'idea si è davvero concretizzata si è pensato di scegliere un altro regista. Il regista Naito è ancora un principiante, ma aveva precedentemente realizzato un film molto scioccante, proprio per questo si è pensato che fosse adatto come regista di questo film, e lui stesso, quando gli è stato proposto, si è detto fan entusiasta del manga.
Per circa un anno è andata avanti la scrittura della sceneggiatura, rifatta 5 volte, e il regista ha voluto inserire nella trama anche le due storie dei due volumi del prequel.La differenza dei prequel è che il protagonista non è più Zera, ma i giovani studenti all'avvento del Club.
I protagonisti saranno attori molto popolari in Giappone, il film uscirà a febbraio.
Fino ad ora questi ragazzi avevano fatto solo drama ad argomento amoroso, sarà interessante scoprire la reazione dei fan nel vederli in un ruolo così diverso e scioccante.
Nel primo trailer non si capisce ancora quale sarà il cast, quando è stato presentato, c'erano tante persone che scommettevano su chi avrebbe interpretato chi.
Il secondo invece, è stato presentato assieme alla dichiarazione del cast completo, e a quel punto ci sono state sia reazioni di gioia che di stupore.
E' stato scioccante che questo manga sia diventato un film, è addirittura passata una news al notiziario e ha fatto scalpore.

Mi sembra evidente che una delle fonti di ispirazione sia Maruo. E' effettivamente così?
Nel manga c'è un personaggio ispirato a quell'autore, un indovino che si chiama Marukidomaru, ed è proprio a causa di quelle parole che Zera inizia a percorrere la strada del suo pensiero di onnipotenza e invincibilità.
La storia si ispira ad uno spettacolo teatrale della compagnia Tokyo Grand Guignol in cui Maruo sensei interpretava quell'indovino, e all'epoca aveva anche disegnato il poster dello spettacolo.
Gli scrissi una lettera per chiedergli il permesso di lavorare su di un manga tratto da quello spettacolo. Nutro un grande rispetto per lui, ho cercato di disegnare il manga con uno stile quanto più possibile vicino al suo.

Lo intuisco anche dallo stile, le labbra scure, e così via.
Lo stile è quello di disegnare i ragazzi come se fossero donne, molto femminili. Sì, ne ho preso ispirazione. Quando disegno le divise scolastiche scure, le pieghe degli abiti le disegno col bianco, anche questa caratteristica è sua.

C'è anche Frankenstein tra le influenze di quest'opera?
La storia è molto diversa dallo spettacolo teatrale. Una delle cose che mi ispirò fu sicuramente Frankestein, un'altra era un fatto realmente accaduto: un gruppo di studenti si era rinchiuso in un albergo nei pressi del monte Asama, durante gli anni 70 e l'aveva reso la propria base, costringendo anche le persone che vi lavoravano ad obbedire ai loro ordini. Tutti coloro che si opponevano venivano ammazzati, morirono tantissime persone in quel luogo. Il fatto che ci fosse un movimento studentesco riunito per opporsi a tutti coloro che non gli andavano a genio mi ha profondamente influenzato.
Nel manga racconto la storia di questi studenti che crescendo si imbruttiscono, e la bruttezza degli adulti è proprio la cosa che più rifuggono. In contrapposizione a ciò, al lato opposto della storia, c'è la bellezza nel rapporto tra Kanon e il robot.
Uno degli attori della compagnia ha commentato dicendo che il manga ha perfettamente reso quella che era l'idea dello spettacolo. Gli pareva che il manga somigliasse a un altro fatto accaduto negli anni '80, quando precipitò un jumbo e al telegiornale passò l'immagine di una ragazza che veniva sollevata dalle macerie da un elicottero di salvataggio. Un aereo che anziché trasportare le persone le uccideva e una sola ragazza recuperata da quelle macerie: è proprio l'immagine che dà il manga di Hikari Club.

Una domanda sulle trasposizioni. Un film tratto da manga, a sua volta tratto da una pièce teatrale. In precedenza c'era stato l'adattamento di un romanzo (Lo squalificato) e un manga tratto da un film (Suicide Club). Cosa ne pensa delle trasposizioni e qual è il suo approccio a questo tipo di operazione?
Pensare di poter realizzare qualcosa basandomi unicamente sul mio talento è una cosa che non faccio spesso. E' un pensiero forte. Attraverso il contagio delle idee con altre persone o opere, riesco a scoprire sempre un nuovo me stesso.
Ad esempio in passato creai un manga con Otsuichi sensei e mi accorsi della grande differenza che esisteva tra noi due. Stavolta con Hikari Club, il dna del maestro Maruo sento come se fosse entrato anche dentro di me. Attraverso le contaminazioni cerco di ampliare le mie vedute.
Con Naito ad esempio è la stessa cosa, i critici ritengono che ci sia stata una commistione di interventi tra me e lui. Naito è uno che quando fa un film tratto da un manga cerca di ampliare il proprio modo di vedere le cose.

Il tema del disagio giovanile (vedasi sua vecchia opera sulle kogal) sembra che sia un tema importante per Lei. C'è in effetti un fil rouge più profondo?
Riconosco che mi ritrovo spesso nelle mie opere, ma non l'ho fatto intenzionalmente. Forse perché quand'ero studente provavo repulsione nei confronti del mondo adulto e timore nei confronti di quello esterno. Mi preoccupavo di cosa avrei fatto e chi sarei diventato in futuro, sentivo il bisogno di fuggire.
In realtà, una volta adulti non succeda nulla di male, questa tematica l'ho trattata poi in Genkaku Picasso. E' una storia dedicata al me stesso di quand'ero studente.

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Il cast del live action vede al lavoro attori giovani e famosi. Ne è soddisfatto, pensa che siano adeguati? Ha avuto modo di sceglierli?
Ho partecipato alle audizioni per la scelta del cast e di Kanon, Zera l'ho scelto anch'io, mentre per gli altri ha fatto il regista. Anche Kanon l'ho scelta io.
Quando si fanno le audizioni si fa una sorta di ordine. Qualcuno va meglio, altri vanno peggio. Siccome però non ero pratico di questa cosa, non ho messo bocca. E forse anche il mio staff ha preso parte, c'è del loro.
Ma comunque la scelta è stata lunga, il risultato è che tutti stanno benissimo nella loro parte.

Ieri, all'incontro con gli altri fumettisti, lei ha detto di essere "invidioso" del fatto che alcune del sensei Nihei opere siano state trasposte in anime. Hikari Club invece è diventato un film. Ritiene che sarebbe stato preferibile un anime, quindi qualcosa di articolato in più episodi, o pensa che un live riesca a rendere meglio una storia forte e dura come questa?
In realtà anche il manga, una volta letto, dovrebbe dare la sensazione di aver visto un film.  Per fare un anime ci sarebbe stato bisogno di una storia un po' più lunga. Per un film animato invece, sarei molto interessato a vedere come i miei disegni potrebbero muoversi. Ma forse in Giappone non verrebbe permessa una cosa simile, proprio per legge.
E però quella cosa di Nihei la dissi perlopiù per gentilezza...

Ha nostalgia dell'assoluta libertà che avevano le 4 vignette su Garo oppure sta bene nel tipo di lavoro che realizza ora?
Non lo so, a dire il vero... Non sono una persona che pensa a cosa farà nel futuro... vado per gradi, a progetti. Lavorando in questo modo ho fatto il mangaka per 20 anni. Di norma mi chiedo al massimo fino alla prossima opera. Ma non, a che cosa farò tra cinque anni.
Sul fronte nostalgia, no, ho piuttosto un brutto ricordo di tanta fatica. Quel tipo di arte era fatta più di critiche e di ricerca degli aspetti negativi. Era come se fossi sempre sotto esame, come se mi venissero continuamente sottolineati i miei difetti.
Nei manga invece ho raccolto solo elogi da parte di altri mangaka, ed erano pure ricchi, e quindi ho pensato che quando ci si afferma si fa davvero una bella vita!

Una domanda sul suo metodo di lavoro: lei ha collaboratori e usa i computer?
Ora vi racconto la mia giornata tipo. Alle 6 mi alzo e faccio jogging, prendo il caffè e dedico un po' di tempo a pensare. Poi inizio a buttare giù delle bozze al computer, e al digitale faccio la parte della struttura, sulla base di una sceneggiatura.
Poi torno a casa e alle 10:30 viene l'assistente a casa mia, e iniziamo a disegnare. Scrivo direttamente sul foglio con matita e poi con penna ricalco. Su mia indicazione gli assistenti disegnano gli sfondi, e a volte anch'io, specie per le scene più importanti.
Lavoro fino alle 22:00, il giorno dopo tutti i disegni vengono scannerizzati al pc e aggiungo i retini. Scrivo 20 pagine a settimana, 80 al mese.




Per tutti i quattro giorni della fiera, il sensei Furuya ha partecipato a delle sessioni di autografi organizzate da Goen, firmando gli albi dei suoi fan e regalando dei bellissimi sketch.