Spesso non ci si rende conto dell'enorme lavoro dei traduttori manga. Saper adattare in maniera comprensibile e godibile un'opera scritta in una lingua completamente diversa dalla propria certo è un lavoro da professionisti. Eppure, un traduttore professionista ha dovuto arrendersi a una sfida ben più grande di lui: tradurre i recenti capitoli di Cipher Academy, la nuova serie manga di Nisioisin serializzata sul Weekly Shonen Jump di Shueisha e illustrata da Yuji Iwasaki.
Il capitolo 10, in particolare, ruota attorno ai lipogrammi, ovvero frasi o passaggi che escludono una certa lettera o sillaba. Yugata sfida la compagna di classe Iroha a un'interpretazione della trama di alcuni manga shonen. Tra citazioni a Dragon Ball, One Piece, Demon Slayer, Kochikame, Slam Dunk e The Promised Neverland, il capitolo fornisce diversi esempi di questi lipogrammi, la cui complessità di costruzione è molto elevata. Tanto quanto saperli adattare dal giapponese all'inglese, cercando di mantenere un minimo di corrispondenza nel significato e nel tono: si è optato quindi di traslitterare i lipogrammi giapponesi e di fornire una traduzione il più possibile accurata a fianco.
I lipogrammi in Cipher Academy risultano praticamente impossibili da tradurre in maniera perfetta. Anche i puzzle più semplici e le note a piè di pagina del manga spesso si basano o trattano elementi essenziali della lingua e dell'alfabeto giapponese.
Kumar Sivasubramanian, che lavora nel settore dal 2002, ha annunciato sul suo account Twitter che il 13° capitolo sarà l'ultimo sul quale metterà mano, chiedendo scusa ai lettori del manga. La traduzione passerà a un'altra persona, già designata.
A questo punto, una domanda che sorge spontanea è cosa accadrebbe se la serie ricevesse un adattamento animato.
Fonti consultate:
ScreenRant
AnimeNewsNetwork
https://t.co/T2gL5a5uXK Sorry, peeps, Chapter 13 will be my last.
— KumarSivasubramanian (@kumarprime) February 19, 2023
Il capitolo 10, in particolare, ruota attorno ai lipogrammi, ovvero frasi o passaggi che escludono una certa lettera o sillaba. Yugata sfida la compagna di classe Iroha a un'interpretazione della trama di alcuni manga shonen. Tra citazioni a Dragon Ball, One Piece, Demon Slayer, Kochikame, Slam Dunk e The Promised Neverland, il capitolo fornisce diversi esempi di questi lipogrammi, la cui complessità di costruzione è molto elevata. Tanto quanto saperli adattare dal giapponese all'inglese, cercando di mantenere un minimo di corrispondenza nel significato e nel tono: si è optato quindi di traslitterare i lipogrammi giapponesi e di fornire una traduzione il più possibile accurata a fianco.
I lipogrammi in Cipher Academy risultano praticamente impossibili da tradurre in maniera perfetta. Anche i puzzle più semplici e le note a piè di pagina del manga spesso si basano o trattano elementi essenziali della lingua e dell'alfabeto giapponese.
Kumar Sivasubramanian, che lavora nel settore dal 2002, ha annunciato sul suo account Twitter che il 13° capitolo sarà l'ultimo sul quale metterà mano, chiedendo scusa ai lettori del manga. La traduzione passerà a un'altra persona, già designata.
Iroha è uno studente non particolarmente brillante che si è iscritto alla Cipher Academy, un istituto molto severo nel quale gli studenti devono decifrare codici dopo codici dopo codici. Iroha riesce però a salvare la faccia grazie a Kogoe, una strana compagna di classe che gli dona degli occhiali che nascondono qualità molto utili.
A questo punto, una domanda che sorge spontanea è cosa accadrebbe se la serie ricevesse un adattamento animato.
Fonti consultate:
ScreenRant
AnimeNewsNetwork
Da noi presuppongo non arriverà mai, visto che non riescono nemmeno a tradurre i 4 Koma, dove giochi di parole sono presenti in gran quantità, senza perdere la battuta originale.
Un vero peccato, ma almeno mi sento meno solo
Non c'è nulla di male e sono convinto che sia molto apprezzato la ma, purtroppo, per apprezzarlo, è necessaria una profonda conoscenza non solo della lingua giapponese ma anche della loro cultura.
Una anche buonissima traduzione non basta e capisco la frustrazione dei traduttori.
Adattare vuol dire rendere fruibile il prodotto di una lingua a chi di quella lingua non conosce nulla, per fargli capire e fargli comunque arrivare lo stesso messaggio o significato.
Esempi in tal proposito sono molteplici e in tutte le lingue.
Ad esempio in italiano la domanda "quanto una fragola più una fragola? Fa 30"; è illogico, ma in giapponese ichigo + ichigo (uno cinque + uno cinque) ha più senso.
In inglese se un personaggio pronuncia una frase con la "r", potrò dire che ha la "r" moscia, ma se in italiano quella frase non ha la "r"?
Purtroppo, universalmente, si è affermato il concetto che una lingua vada tradotta e non adattta.
Se si "adatta" allora tanto vale non portare questo manga in Italia, visto che sarebbe completamente stravolto.
Dici che ormai si traduce e si adatta poco, ma dal mio punto di vista, sia in ambito manga, anime e videogiochi, ho visto ultimamente troppi adattamenti e poche traduzioni. Nei videogiochi ad esempio ho visto sfaceli in Xenoblade Chroniscles, dove hanno cambiato persino i nomi propri dei personaggi (cosa che facevano negli anime negli anni 90).
L'esempio che hai messo delle fragole, io l'avrei tenuto così in italiano mettendo una nota che spiega il gioco di parole. Se si iniziano a cambiare tutti i giochi di parole e le battute, quello che stai leggendo non è più l'opera originale, ma qualcosa di nuovo.
L'abilità del traduttore sta nel tradurre inizialmente in maniera precisa quello che viene detto e fare gli adattamenti nella giusta misura. Purtroppo invece si punta a distruggere il contesto giapponese (che interessa pochi) per avere un prodotto vendibile a tutti, fregandosene della fedeltà all'originale.
Io dico che dipende... perché si può voler decidere di tradurre e trascurare l'emozione che ne deve far scaturire quella battuta, o adattare dicendo altro ma mantenendo l'emozione, in entrambi i casi si non stai leggendo l'opera originale, perché in modo o nell'altro cmq qualcosa cambia dall'opera originale
Meno male che non fai il traduttore e che per quanto riguarda Nisio siamo ben coperti visto che sia Davide Campari che Alessandro Colombo apprezzano l'autore e sono disposti a sbattersi per fare un lavoro fedele e fruibile (poi ovviamente se c'è roba strana costa di più tradurlo, ma gli editori che vanno a prendere Nisio lo sanno).
Esatto. Nel momento stesso in cui usi un'altra lingua ti discosti dall'originale.
Allora non lamentatevi delle traduzioni di Cannarsi, che sono letterali appunto per salvaguardare l'esatto significato della frase in giapponese.
Nel momento in cui importi un prodotto e lo vuoi rendere fruibile ad altri devi scegliere fra il divulgare i concetti e le idee di quel prodotto (adattamento) o le parole di quel prodotto (traduzione).
Le due cose insieme a volte e impossibile farle, ed è il caso di questo articolo. Siamo proprio sicuri che non era possibile creare, ex novo, in inglese, dei giochi di parole con lo stesso fine e lo stesso intento?
In una puntata di card captor Sakura vi è un gioco di parole fatto con i kanji: il modo più veloce di cambiare l'acqua in ghiaccio. Con i kanji è solo un trattino da aggiungere, ma se devo tradurlo è un problema. Anzi doppio.
Il primo è che improvvisamente butto fuori il lettore dalla sua immersione con un pugno: legge tutto in italiano e, improvvisamente, si trova dei kanji (che non necessariamente deve conoscere), il secondo è che è un quesito che non regge in nessuna lingua, se appunto, non lo mostri.
Un altro esempio di necessita di adattare cambiando il testo originale te lo posso riporta col film "ferrari vs ford"
Nella versione originale vi è una scena in cui il rappresentante della ford parla con Ferrari. Il rappresentante parla in inglese, una terza persona traduce in italiano e Ferrari risponde in italiano.
Ma se il film è in italiano? Se mi limito a tradurre ho tizio A che dice una frase, tizio B che al ripete identica nella stessa lingua e Ferrari che risponde col tizio B che ripete la frase identica. Ammetterai che è imbarazante e ridicola come scena. Si è quindi scelto di adattarla. Il rappresentante legale parla con termini legali e il tizio b non fa l'interprete, ma il consulente legale, non traduce le frasi, ma le spiega con termini semplici.
Comunqeu mi sembra coerente che enigmi spesso impossibili da risolvere (mi ricordo quello dei pallini di 3 dimensioni che lasciava non dette metà delle informazioni) siano impossibili da tradurre in tempi brevi.
Già sarebbe diverso doverli tradurre per la versione tankobon potendo iniziare a lavorare dalla pubblicazione su rivista
Credo si tratti di descrivere il manga usando solo alcune sillabe e non tutte altre.
In Italiano sarebbe una cosa tipo "descrivi One piece senza usare la lettera R e P" (essendoci poche lettere e tante sillabe per noi è più facile dire cosa non puoi usare e non cosa puoi usare)
E quindi devi dire qualcosa tipo "un giovane sogna la qualifica di miglior navigante illegale"
😱
Si concordo, ho dato un’occhiata ai primi capitoli, secondo me non è un’opera portabile… tra l’altro alcuni di queste “sfide” ho letto siano complicate pure per i giapponesi.
@solista in situazioni normali sono d’accordo con te, l’esempio del film Ford Ferrari o del gioco di parole sulle fragole sono perfetti, il problema è che qua non riguarderebbe una singola battuta o una piccola parte, ma praticamente tutto il manga, per quello penso sia difficile portarlo in un’altra lingua…
Ecco, in casi come questi potrebbe essere finalmente utile.
Nel caso specifico, pensando ad un’ipotetica edizione italiana (semmai ci sarà) le strade percorribili immagino sarebbero due:
1) Libera traduzione del dialogo con asterisco e nota esplicativa, che è sicuramente la via più rapida ed indolore (tipo: “In originale il personaggio utilizza solo determinate sillabe”)
2) Utilizzo di determinate sillabe con cui “ricostruire” all’incontrario le frasi (cioè, utilizzando un sillabario italiano, prima crei “La frase su Demon Slayer/One Piece/Slam Dunk ecc.” e dopo prepari lo “schema” con le singole sillabe da utilizzare).
Sarebbe comunque un lavoraccio, ma almeno è una soluzione attuabile a differenza di veri lipogrammi, che prevedono l’uso di una sola vocale per tutte le parole della frase (e vorrei proprio vedere come costruire un testo di senso compiuto con parole con solo delle I o delle U……al di là poi del fatto che le frasi da trasporre in tutto sono sei e le vocali solo cinque).
Comunque, per rendere l’idea di cosa sarebbe un lipogramma, metto sotto spoiler un celebre testo di Umberto Eco creato usando solo la vocale A.
Casta, santa, brava, allatta, alata gatta, cavalla, capra (narra Saba).
Fa sana panna, sala la pappa al baccalà, la dà alla panza, alla garganta, all’amata ragazza nata. Canta la nanna.
S’alza all’alba, s’attarda, abbassa tarda la lampada, ramazza, s’arrabatta, paga la rata.
Salda, parca, accatta la patata, la castagna, l’ananas, la lasagna, l’anatra, la bacca, la lana, la matassa all’arca, alla cassapanca.
Mamma: apax.
Accastata, ama papà. Ma a gara l’Altra trama la cabala, Magdala da sassata, stramba, laccata, balzana prava da caldana, barbara atta al marasma.
Pazza papà assalta, matta n’allarga la patta, la gratta, n’azzanna la palla, la slappa, la palpa, la bagna, la sbrana… Avvampa affannata, s’aggrappa alla barba, attratta accavalla l’anca anarca, alza la gamba… Ah la gazza fa gazzarra!
La casa? Spaccata, affamata. La mamma s’adatta. Ammalata d’asma, avanza stanca, la scarpa da panda, slabbrata, scalcagnata, la larga casacca strappata, la spalla abbassata.
Annaspa affranta, casca dalla scala, almanacca, s’allarma ch’accada la frana, la valanga, la cataratta all’altana, alla capanna.
Alza lagna alla navata. Anta: aspra astra. L’Altra, prava, scaltra, ladra, mala razza da satana (salamandra da sabba), ama la cassata, la canasta, la salangana, l’allappa l’Albana d’annata (marsala, malaga, grappa), l’Alfa, fa la vasca smaccata, balla la czarda, la pavana, la lambada, la sarabanda al Gala, pazza scarta la carta a baccarà, fa l’alalà all’Atalanta, anagramma.
L’Aga Khan l’arrazza, l’appaga anal. Ama la palanca, s’abbassa a tanta manna: va a Panama, ammarra la barca, svaccata, vaga s’aggrada, vaga raccatta tanta caparra dannata, l’accapparra, l’accastara a Calatrava, alla banca ammassa dracma, sfarfalla.
Assatanata dalla gangia, fa da ganza al gagà barabba, ah la bazza! Farà la grana, avrà la lacca, l’agata, la granata, la malacca. Ammazzala! Sbanda la madama, Lallarallà!
Ma paga la magagna! Batta la nasata! Dramma: la vacca da bassa tacca attracca alla mammana!
Passata la farsa (la scampagnata, la bravata, la cagnara, la stravaganza, la cavalcata), manca lassa la tasca. Magna cacca. Arsa dalla vana mattana, datata, sdata, baldracca scassata, frasca, cagna, fantasma, cala gabbata a Malta, a Zara.
Accaldata d’afa vasta alla savana, passa all’ambra araba, all’armata afra – aspra masnada, amalgama d’abracadabra, casamatta, santabarbara d’Ambaradam.
Basta. Amara, s’ammazza all’Asmara. Cala la bara.
Sfido chiunque a creare un testo del genere in poche righe per descrivere cose come Kochikame o Demon Slayer, magari usando solo vocali come E o O………auguri
Comunque, tornando al tema traduzione/adattamento……
Semplicemente non c’è una risposta univoca, dipende da caso a caso, da opera ad opera e da traduttore a traduttore (o adattatore).
Io personalmente ritengo che ci voglia un minimo di elasticità mentale, sia da parte di chi quell’opera la importa nella propria lingua sia da parte di chi ne fruisce.
Disprezzo abbastanza il “metodo cannarsiano” (chiamiamolo così) per cui l’adattamento è solo un “anacronistico orpello” (cit.) e l’importante è solo rendere il giapponese in italiano in scala 1:1, costruzione sintattica compresa; d’altra parte però non mi va molto giù neanche l’idea di chi arbitrariamente si mette a cambiare o stravolgere concetti con la scusa di rendere l’opera più fruibile (come se il pubblico a cui quell’opera è rivolta fossero tutti una manica di babbuini deficienti).
Ma lo stesso discorso lo applico comunque anche ai lettori, perché bisogna accettare per forza di cose che un calco perfetto da una lingua all’altra NON esiste.
Che sia un proverbio, una rima, un gioco di parole, un significato nascosto, un’allusione ecc. è inevitabile che sfumature linguistiche così infinitesimali vengano perse durante il processo (“lost in traslation”, per l’appunto) e va semplicemente accettato, punto e basta.
Partendo poi dal fatto che il giapponese è una lingua tremendamente complicata da tradurre/adattare (io non ne capisco un’acca ma so che esistono singoli ideogrammi che, in senso lato, necessiterebbero di frasi lunghe 2-3 righe per essere ben tradotte…e questo senza neanche tirare in ballo il fatto che è una lingua ambigua perfino sul genere e il plurale dei sostantivi, o le differenze tra sillabari Hiragana, Katakana e Kanji), me ne vengono in mente a iosa di esempi di questo tipo in manga (ma anche anime), si potrebbe letteralmente scrivere un libro al riguardo.
(Metto sotto spoiler altrimenti il messaggio verrebbe troppo lungo).
La cosa viene esplicitata solo a sfida conclusa, ma ovviamente nella traduzione italiana non c’è praticamente nulla che lo lasci intuire prima al lettore, per cui in questo caso si è completamente perso il “senso ultimo” della prova in sé.
(Tra parentesi la Jpop, dopo aver assorbito la GP Publishing, ha rieditato daccapo Medaka Box con una traduzione ex-novo proprio perché la prima edizione a marchio GP aveva troppi errori di traduzione e/o adattamento……ed è quella che lessi anch’io all’epoca ).
2) Nel manga di Detective Conan ci sono UNA MONTAGNA di enigmi e significati nascosti dietro alla lettura degli ideogrammi, tutti utilizzati come indizi per risalire all’identità del colpevole di turno (e mostrare ovviamente l’abilità logico-deduttiva di Conan nel riuscire a capirne il significato).
Ricordo ancora un caso (in uno dei primi 30 volumi mi pare) in cui si poteva scoprire un termine da ricollegare all’assassino solo tramite il primo ideogramma di una serie di titoli di un quotidiano giapponese: ovviamente era impossibile rendere lo stesso schema linguistico in italiano, e la Star Comics (giustamente) si limitò a mettere un asterisco con una nota esplicativa (cosa che comunque fanno ancora per tantissimi casi di Detective Conan).
3) Anche il manga di One Piece è pieno così di significati nascosti o semplici giochi di parole (a proposito di dialoghi ambigui e indizi disseminati in ogni dove…) che semplicemente vengono persi al momento della traduzione.
Quello che mi è rimasto in mente più di tutti è, per esempio, il Lumacofono, ovvero Den Den Mushi in originale.
In giapponese il termine “dendenmushi” (scritto でんでんむし) significa letteralmente “lumaca”, ma Oda ha utilizzato altri kanji totalmente omofoni per scrivere il termine (ovvero 電伝虫) che, presi singolarmente, significano “Insetto per le comunicazioni elettriche/telefoniche”.
Quindi, per un lettore giapponese, c’è questo doppio senso nel significato di una parola che si legge allo stesso modo (dendenmushi) ma che significa due cose diverse.
Per l’italiano in questo caso specifico (che non è nemmeno lontanamente uno dei più spinosi nella traduzione di One Piece) si è optato per un neologismo simpatico nel manga (Lumacofono) o per la traduzione inglese nell’anime (Radio snail); il gioco di parole effettivo era impossibile da rendere in un’altra lingua, quindi a voler essere pignoli si può parlare tranquillamente anche qui di “lost in traslation”.
4) Quando in lingua originale c’è un personaggio che, invece del giapponese standard, si esprime con una forte inflessione dialettale (magari del Kansai, mentre la storia è ambientata nel Kanto) c’è sempre il problema del “se” rendere questa sfumatura anche in italiano e soprattutto “come”.
Su questo punto io ricordo due casi in particolare, uno che incredibilmente ci stava bene (quindi è stato secondo me un adattamento “corretto”) e un altro che mi ha fatto letteralmente venire i brividi dall’orrore.
In Food Wars/Shokugeki no Soma (ora mi sfugge se fosse l’anime o proprio il manga), quando all’inizio della storia compare il personaggio di Tadokoro, per rendere al meglio l’idea del fatto che lei, al di là dell’aspetto, fosse una ragazzina un po’ rozza e campagnola (una provincialotta insomma), gli autori hanno fatto ricorso al dialetto (che “le scappa” quando assaggia un buon piatto ed è quindi meno “contenuta”).
Come è stato reso tutto ciò in italiano? Con lei che dice “E’ bbbbono ‘na cifraaaa!!”……cosa che personalmente mi ha fatto accapponare la pelle
In questo caso io avrei DECISAMENTE optato per un banalissimo asterisco con una nota “sta parlando in dialetto” a pie’ pagina, perché questa decisione nell’adattamento finisce per dare una connotazione innaturale e forzata rispetto alla situazione (anche considerando che, nella lingua italiana, il romanesco è comunque un dialetto “forte” al pari del napoletano o del siciliano).
Però, sempre parlando di dialetti, mi torna in mente anche il linguaggio scelto per adattare i dialoghi del Re Nikochan in Dottor Slump e Arale: anche in quel caso il personaggio in lingua originale si esprime con un dialetto giapponese e in italiano è stato reso di volta in volta con un dialetto diverso (romanesco, veneto, napoletano, milanese ecc.), ma incredibilmente……ci sta benissimo!
L’effetto comico è mantenuto inalterato pur con con un adattamento così libero e lontano dall’originale, ma aiutato anche dal fatto che è proprio anche il contesto della storia in sé ad essere comico, per cui in questo caso un po’ isolato si è trattato comunque di una scelta azzeccata (che la Star Comics ha poi riproposto nella Perfect Edition del manga, che aveva ritradotto daccapo rispetto alla prima edizione).
5) Nel primo volume del manga di Ghost Inn il protagonista usa un’espressione (sicuramente frutto di un “libero adattamento”) che però mi è rimasta in testa ancora adesso a distanza di qualche anno, nonostante non reputi il manga in sé un granché (ma va beh, qui è questione di gusti).
Ad una domanda che gli viene fatta (“Ma come farai ad esorcizzare i fantasmi? Non conosci le formule adatte!”) il protagonista fa un’affermazione del genere “……gli tiro un bel cartone!” e fa vedere il pugno.
La frase nell’originale giapponese è sicuramente più banale (del tipo “gli do un pugno!”), mentre quella italiana ha addirittura una sfumatura quasi dialettale……eppure secondo me è molto “efficace” come resa linguistica, primo perché detta da un ragazzino (protagonista di uno shonen ecchi) e secondo perché non è un adattamento che tradisce il significato originale ma allo stesso tempo da una connotazione molto leggera e “simpatica” (per così dire) al personaggio.
Insomma l’ho trovata una scelta linguistica azzeccata, per quanto non pienamente attinente al significato originale (ma nemmeno così lontana o innaturale).
Insomma, per concludere il discorso: tradurre e/o adattare un’opera non è di certo una passeggiata, meno ancora se la lingua di partenza e quella d’arrivo sono così diverse per grammatica, lessico e struttura sintattica.
Non biasimo il traduttore che ha alzato bandiera bianca per questo manga, ma penso che comunque valga sempre la pena di sforzarsi a fare un lavoro il più possibile fedele all’originale nonostante i mille problemi (e confidando nella comprensione del pubblico, che non può sempre pretendere la “perfezione assoluta”).
Quanto a Cipher Academy……spero di vederlo un giorno anche in Italia, anche solo per vedere se e come verrebbe tradotta/adattata questa pagina
Guarda sul manga specifico il problema è che non c’è solo questo enigma, ma è tutto così.
Se facessi una traduzione 1:1 non avrebbe senso per noi, e non potresti nemmeno affidarti a delle note, dovresti proprio fare tipo una pagina del manga seguita da una pagina con la spiegazione, una roba orribile per me.
La soluzione migliore sarebbe adattarlo, almeno in inglese, con la collaborazione dell’autore originale, ma non penso sia una cosa fattibile.
Sul discorso in generale, per me un’opera va sempre adattata alla lingua in cui viene tradotta, ovviamente senza inventarsi cose di sana pianta, ma mantenendo il senso che voleva dare l’autore, e ti faccio l’esempio del Signore degli Anelli e la sua nuova traduzione: giusto sistemare varie parti che erano state tradotte in maniera errata la prima volta, ma sbagliato voler fare su alcune cose, alcuni nomi, anche importanti, o la poesia dell’anello iniziale, una traduzione secca, facendo risultare dei termini epici, visto anche il contesto dell’opera, come roba degna di fantozzi…
Ecco, così detto mi viene il mente quel giochino che fanno al preserale d'estate, alla Rai, quello dove due persone dicono una frase alternando una parola ciascuno e il terzo deve essere lesto a capire cosa stanno descrivendo.
Tipo: Cosa naviga senza motori.
E la risposta è ... ... ... Veliero?
Chiedo a degli esperti, di opere nostrane conosco pochissimo, ma noi abbiamo autori che giocano così bene con la lingua? Abbiamo fumetti su giochi di parole, sfide mentali/logiche/linguistiche simili?
"Allora non lamentatevi delle traduzioni di Cannarsi, che sono letterali appunto per salvaguardare l'esatto significato della frase in giapponese".
Sulla questione, visto che hai citato Eco, consiglio l'ottimo e non troppo difficile "Dire quasi la stessa cosa" di Umberto Eco appunto.
Può dare più di uno spunto sulla questione.
Per restare OT, è sempre una questione di soldi.
Probabilmente il traduttore non viene/veniva pagato abbastanza per il mostruoso lavoro di traduzione/adattamento da fare.
Sì ma se il risultato è una pseudolingua che esiste solo nella sua testa me ne frego se i suoi adattamente sono i più fedeli possibili. Tra quello che fa lui e quelli che si inventano traduzioni di sana pianta ci sono delle SANE vie di mezzo.
Se fosse materiale di studio e ricerca sarebbe preferibile quella alla lettera.
Trattandosi di manga ( = sollazzo) si vada per adattamento.
Mi sembra una faccenda ben più complicata e dei casi di Detective Conan giocati sulla lingua (che trovo sempre molto gradevoli, ma sono uno qui e un là) e di Esercizi di Stile di Queneau tradotti da Eco, ma francese e italiano sono lingue sorelle quindi la cosa era più fattibile.
Spero che il nuovo traduttore sia pagato bene, così magari si scoraggia meno...
Si cerca di essere il più fedele possibile, ma la priorità assoluta è trasmettere l'emozione, le idee e i concetti. Facendo così, si arriva a delle situazioni "intraducibili" ed è qui che c'è bisogno di creatività e di abilità nel risolvere i problemi. Alla fine, un traduttore/adattatore può anche inventare completamente parte di un contenuto pur di renderlo fluido e sensato.
DETTO QUESTO voglio anche dire che si può sempre aggiungere una spiegazione alla fine del volumetto. Una sezione di curiosità sul manga, una specie di "lo sapevi che..." e qui si può spiegare come era in originale e tutto il resto. In questo modo si ottiene sia una lettura fluida e gradevole che il mantenimento di informazioni originali per chi vuole imparare qualcosa di nuovo.
Ma Cannarsi mica sa il giapponese, a lv amatoriale forse...ma lui si affida ad un traduttore, quindi se la tesi è la "traduzione fedele" non serve cannarsi, basta prendere la traduzione letterale fatta dal traduttore e mettere quella, in ogni caso non serve a nulla cannarsi perchè lui dovrebbe essere un adattatore che non vuole adattare per non rovinare la traduzione
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