Recensione
Michiko e Hatchin
4.0/10
Ecco un'altra serie droppata dopo poche puntate: Michiko & Hatchin. Non sapendone assolutamente nulla, l'ho guardata con mente sgombra da pregiudizi, che però sono nati praticamente subito. È bastata la sigla iniziale a farmi inarcare un sopracciglio, poche immagini sono state sufficienti per pensare: ok, quest'anime serve solo a mostrare le grazie della protagonista. Probabilmente è un giudizio un tantino duro, ma questa prima sensazione non se n'è più andata.
<b>Attenzione! Spoiler!</b>
Hana/Hatchin è un'orfanella maltratta dalla famiglia adottiva. A salvarla non arriva il principe azzurro, ma una bellona assurda, Michiko, che praticamente la rapisce sul suo mega scooter(!). Michiko è in qualche modo legata a Hatchin, come testimoniato dal tatuaggio che ha sul ventre, uguale a quello della bambina (e soprassediamo sul fatto che Hana l'abbia già da neonata). Seguono inseguimenti vari con prevedibili cambiamenti nel rapporto fra le due.
<b>Fine spoiler</b>
Il motivo per cui Michiko si dia tanto da fare per Hatchin - mocciosa il cui carattere non ispira la minima simpatia, né pietà né affetto - non l'ho capito, e sinceramente non mi ha incuriosita abbastanza da farmi reggere tutta la storia. Il problema (grosso) di questa serie è che, a parte la figura di Michiko, che pure ha i suoi difetti, il resto ha un sapore un po' stantio. Quante volte abbiamo già visto delle orfanelle maltrattate? E dei malviventi (che poi tanto cattivi non sono) inseguiti da poliziotti? Quanti inseguimenti spettacolari sempre a lieto fine ci sono stati? Quanti litigi e riappacificazioni ci siamo sorbiti finora? Si è cercato di mascherare tutto questo “già visto” mettendo gli elementi in una scenografia latineggiante, probabilmente il Brasile. Bell'idea, l'ambientazione mi è piaciuta davvero molto. Ma anche qui gli strafalcioni non sono mancati: ok che in Brasile c'è un'alta percentuale di immigrati giapponesi (circa 1,5 milioni di individui su 190 milioni di popolazione totale), ma è mai possibile che tutti i personaggi incontrati dalle protagoniste siano Giapponesi? A questo punto tanto valeva ambientare la trama a Okinawa, il sole, le palme e le spiagge ci sono anche lì.
Tirando le somme, qui di buono c'è lo sforzo fatto nel tentare d'inserire elementi già visti/abusati in un contesto innovativo, quasi a volerne mascherare la ripetitività. È un tentativo lodevole, lo riconosco, che però non è andato a buon fine, perché le pecche saltano immediatamente agli occhi. Sono perfettamente consapevole che sia difficile trovare idee nuove, però non può essere una giustificazione per una serie in cui ci sono davvero troppi “ma questo non ricorda quell'anime/manga?”.
Bel tentativo, ma fallito (purtroppo). Voto: 4.
<b>Attenzione! Spoiler!</b>
Hana/Hatchin è un'orfanella maltratta dalla famiglia adottiva. A salvarla non arriva il principe azzurro, ma una bellona assurda, Michiko, che praticamente la rapisce sul suo mega scooter(!). Michiko è in qualche modo legata a Hatchin, come testimoniato dal tatuaggio che ha sul ventre, uguale a quello della bambina (e soprassediamo sul fatto che Hana l'abbia già da neonata). Seguono inseguimenti vari con prevedibili cambiamenti nel rapporto fra le due.
<b>Fine spoiler</b>
Il motivo per cui Michiko si dia tanto da fare per Hatchin - mocciosa il cui carattere non ispira la minima simpatia, né pietà né affetto - non l'ho capito, e sinceramente non mi ha incuriosita abbastanza da farmi reggere tutta la storia. Il problema (grosso) di questa serie è che, a parte la figura di Michiko, che pure ha i suoi difetti, il resto ha un sapore un po' stantio. Quante volte abbiamo già visto delle orfanelle maltrattate? E dei malviventi (che poi tanto cattivi non sono) inseguiti da poliziotti? Quanti inseguimenti spettacolari sempre a lieto fine ci sono stati? Quanti litigi e riappacificazioni ci siamo sorbiti finora? Si è cercato di mascherare tutto questo “già visto” mettendo gli elementi in una scenografia latineggiante, probabilmente il Brasile. Bell'idea, l'ambientazione mi è piaciuta davvero molto. Ma anche qui gli strafalcioni non sono mancati: ok che in Brasile c'è un'alta percentuale di immigrati giapponesi (circa 1,5 milioni di individui su 190 milioni di popolazione totale), ma è mai possibile che tutti i personaggi incontrati dalle protagoniste siano Giapponesi? A questo punto tanto valeva ambientare la trama a Okinawa, il sole, le palme e le spiagge ci sono anche lì.
Tirando le somme, qui di buono c'è lo sforzo fatto nel tentare d'inserire elementi già visti/abusati in un contesto innovativo, quasi a volerne mascherare la ripetitività. È un tentativo lodevole, lo riconosco, che però non è andato a buon fine, perché le pecche saltano immediatamente agli occhi. Sono perfettamente consapevole che sia difficile trovare idee nuove, però non può essere una giustificazione per una serie in cui ci sono davvero troppi “ma questo non ricorda quell'anime/manga?”.
Bel tentativo, ma fallito (purtroppo). Voto: 4.